XmX

non sparate sul moderatore..., aiutatelo....

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rubinia
view post Posted on 17/2/2005, 16:21




...allora per quanto riguarda le traduzioni di tesla, c'è qualcuno che ha un po' di tempo per riprendere il progetto?

 
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odisseo
view post Posted on 18/2/2005, 18:47




Mi mandi un mp sull'argomento ?
Magari posso mettermici dietro.....

Argomento tecnico o altro ?
Massa di materiale ?
etc etc.....

Odisseo
 
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rubinia
view post Posted on 18/2/2005, 18:50




c'è una discussione su tesla, la trovi su questa sezione,
praticamente si trattava di tradurre la biografia, spetta che ti linko la discussione va...
 
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odisseo
view post Posted on 18/2/2005, 19:13




Ok, scarico e ti faccio sapere.......


Odisseo
 
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odisseo
view post Posted on 20/2/2005, 15:14




Ok rubi...
Ho scaricato il documento e comincio a tradurlo.
I risultati dove te li posto ?
Mp (la tua era piena, l'ultima volta che ci ho provato), mail normale, li faccio avere a xmx ??

Odisseo
 
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view post Posted on 21/2/2005, 15:46
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Immane Rompiball

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Ciao a tutti.
Siccome è un pel pezzetto che ho tradotto il secondo capitolo della biografia di tesla, tanto per stimolare l'interesse, con il permesso della nostra Eccezionale Rubinia posto la traduzione di seguito.
Buona lettura. (io mi sono divertito!)


Ho dovuto convivere brevemente con queste straordinarie esperienze, con la speranza del possibile interesse per gli studenti di psicologia e fisiologia, ed anche perché questo periodo di agonia era di grande influenza nel mio sviluppo mentale e nei miei impegni. Ma è indispensabile che prima vengano descritte le circostanze e le condizioni che li hanno preceduti nelle quali si possono trovare una parziale spiegazione.

Fin dalla giovinezza, io ero preso a concentrare l’attenzione su me stesso. Questo mi causava molte sofferenze, ma dal mio presente punto di vista, fu una benedizione che per nasconderlo avevo imparato ad apprezzare l’inestimabile valore dell’introspezione nella conservazione della vita, così come un traguardo da raggiungere. La pressione delle occupazioni e l’incessante flusso delle impressioni che si riversavano nella nostra coscienza attraverso tutte le vie della conoscenza faceva della moderna esistenza un pericolo in molti modi. Molte persono sono così prese dalla contemplazione del mondo esterno che sono completamente inconsce di quello che succede in loro stesse. La morte prematura di milioni di esse è principalmente rintracciabile in quella causa. Anche quelli che stanno molto attenti, compiono un errore comune nel evitare l’immaginario ed ignorare i reali pericoli. E ciò che è vero per un individuo più o meno può essere applicato alla gente come intero.

L’astinenza non è mai stata tra le cose che gradisco, ma trovo ampia ricompensa nelle condivisibili esperienza che sto adesso facendo. Solo nella speranza di convertire qualcuno ai miei precetti e convinzioni ne elencherò uno o due.

Poco tempo fa ero di ritorno al mio albergo. Era una notte di freddo pungente, il suolo era scivoloso, e nessun taxi da prendere. Mezzo isolato più indietro, camminava un altro uomo, evidentemente ansioso di raggiungere il coperto come me. Ad un tratto mi sono trovato con le gambe in aria. Nello stesso istante ci fu un lampo nel mio cervello. I nervi risposero, i muscoli si contrassero. Io girai di 180 gradi ed atterrai sulle mani. Io ripresi il mio cammino come se nulla fosse successo. Quando l’estraneo mi raggiunse mi chiese: “Che età avete?” guardandomi seriamente.
“Oh, circa cinquantanove” Risposi. “Perché?”
“Perché” disse, “Io ho visto un gatto fare quello che avete fatto ma mai un uomo.” Circa un mese fa volevo ordinare un nuovo paio di occhiali ed andai da un oculista che mi fece le solite prove. Egli mi guardo incredulo mentre leggevo le più piccole lettere ad una considerevole distanza. Ma quando gli dissi che avevo più di sessanta anni egli rimase attonito. I miei amici, spesso, dicono che i miei vestiti mi stanno come dei guanti, ma loro non sanno che sono della stessa taglia di circa quindi anni or sono e mai è cambiata. Durante questo stesso periodo il mio peso non è mai cambiato di una libbra. In questa linea posso raccontare una storia divertente.

Un pomeriggio, di un inverno del 1885, il signor Edison, Edward H. Johnson, il presidente della società di illuminazione Edison, il signor Batchellorm, manager dei lavori ed io stesso entrammo in un piccolo posto di fronte al 65 della quarta strada, dove erano locati gli uffici della compagnia. Qualcuno suggerì di indovinare i pesi e fui indotto a salire su di una bilancia. Edison mi soppesò e disse che pesavo 142 libbre all’oncia, ed indovinò esattamente. Svestito io pesavo 142 libbre ed è ancora il mio peso. Io bisbigliai al signor Johnson: “Come è possibile che Edison ha potuto indovinare il mio peso così precisamente?”

“Bene,” egli disse abbassando ulteriormente la voce. “Ve lo dirò in confidenza, ma non dovrete dire nulla. Egli è stato impiegato per molto tempo in Chicago in un macello dove pesava migliaia di animali. Ecco perché.”

Il mio amico Chauncey M. Dupew, raccontò di un inglese dal quale spuntava fuori uno dei suoi più originali aneddoti e che ascoltò con espressione divertita, ma un anno dopo, scoppio con una sonora risata. Io, francamente, confesso che mi occorse più tempo per apprezzare la barzelletta di Johnson. Ora il mio benessere è semplicemente il risultato di un accurato e misurato modo di vivere e forse, la cosa più impressionante è che tre volte nella mia giovinezza sono stato reso una rovina fisica e senza speranza abbandonato dai dottori. Per lo più a causa di ignoranza e cuor leggero, mi sono trovato in ogni sorta di difficoltà, pericoli e guai dai quali mi sono districato per incanto. Ero quasi affogato, incassato, perso e freddato. Sono fuggito per un capello da cani rabbiosi, verri e altri animali selvatici. Sono passato attraverso terribili malattie ed incontrato tutte le razze di strani eventi e se oggi sono intero e in salute sembra essere un miracolo. Ma come rammento questi incidenti io mi convinco che la mia salvezza non è stata accidentale, ma è stata davvero, il lavoro di una forza divina. L’impresa di un inventore è essenzialmente di salvarsi la vita. Sia che egli convogli forze, migliori apparecchiature o fornisca nuovi confort e benessere, egli aggiunge sicurezza alla nostra esistenza. Egli è anche meglio qualificato dell’individuo medio per proteggersi in caso di pericolo perché egli è osservatore e pieno di risorse. Se non avessi avuto altra evidenza che così fosse, nella misura in cui, possedevo quelle qualità, lo avrei scoperto in queste esperienze personali. Il lettore potrà giudicare da se stesso se io menziono uno o due evenienze.

In un’occasione, quando avevo circa quattordici anni, volevo fare paura ad alcuni amici che stavano facendo il bagno con me. Avevo pianificato di nuotare sotto una lunga costruzione sotto acqua per poi riaffiorare dall’altra parte in silenzio. Nuotare era per me facile come lo era per i paperi ed ero sicuro di potercela fare. Quindi mi tuffai in acqua ed appena fuori vista svoltai e procedetti rapidamente verso il lato opposto. Pensando che ero al sicuro sotto la costruzione, affiorai in superficie ma con sgomento urtai contro un trave. Alla svelta nuotai avanti con rapide bracciate finché il mio respiro cominciò a finire. Riaffiorando ancora una volta la mia testa sbatté nuovamente contro il trave. Questa volta cominciai a disperare. Comunque richiamai tutte le mie energie e compii il terzo disperato tentativo, ma il risultato fu lo stesso. La tortura della mancanza di respiro si face impossibile, il mio cervello stava impazzendo e sentivo me stesso affondare. In quel momento, quando la mia situazione appariva assolutamente senza speranza, mi apparve uno di quegli sprazzi di luce e la struttura sopra me apparve davanti agli occhi. Sia che abbia compreso o immaginato che c’era un piccolo spazio tra la superficie dell’acqua e le tavole che stavano sopra i travi, mentre la coscienza se ne stava andando ho galleggiato in su con la faccia premuta tra le tavole a respirare un po’ di aria sfortunatamente mescolata con uno spruzzo di acqua che quasi mi soffocò. Molte volte ho ripetuto questa operazione come in un sogno finché il mio cuore che stava battendo terribilmente veloce, rallentò e riacquistai compostezza. Dopo di ciò compii altri tentativi cercando di nuotare fuori da lì, in quanto avevo perso ogni senso dell’orientamento. Ma alla fine riuscii ad uscire fuori da quella trappola, quando oramai i miei amici mi avevano dato per perso e stavano cercando di ripescare il mio corpo. Quella stagione balneare non fu per me occasione di altre irresponsabilità, ma presto dimenticai la lezione e solo due anni dopo mi trovai in una peggiore situazione.

C’era un mulino di farina con una diga attraverso il fiume vicino la città dove all’epoca io studiavo. Di regola l’altezza dell’acqua era solo due o tre pollici sopra il muro della diga e nuotarci dentro era uno sport poco pericoloso nel quale spesso mi cimentavo. Un giorno andai da solo al fiume per divertirmi, come sempre. Quando arrivai a breve distanza dalla costruzione rimasi terrorizzato notando che l’acqua era salita di livello e mi stava trascinando velocemente. Cercai di uscirne ma fu troppo tardi. Fortunatamente, mi salvai da essere spazzato via aggrappandomi al muro con entrambe le mani, la pressione sul torace era forte ed ero affatica capace di tenera la testa fuori dalla superficie. Non c’era un’anima in vista e la mia voce si perdeva nel rombo dell’acqua della cascata. Lentamente ma irrimediabilmente divenivo sempre più esausto e non più capace di contrastare la corrente. Appena prima di lasciarmi andare e sfracellarmi sulle pietre di sotto, vidi uno di quei lampi di luce, un diagramma familiare che illustrava il principio idraulico che dimostrava che la pressione di un fluido in moto è proporzionale all’area esposta ed automaticamente mi spostai sul mio lato sinistro. Come per magia, la pressione si ridusse e trovai abbastanza semplice in quella posizione resistere alla forza del flusso. Ma il pericolo era ancora avanti. Io sapevo che presto o tardi sarei stato portato via in quanto nessun aiuto mi sarebbe stato portato in tempo anche se avessi attirato l’attenzione di qualcuno. Ora sono ambidestro, ma all’epoca ero mancino e non avevo molta forza nel mio braccio destro. Per quella ragione non mi azzardai a girarmi per riposarmi e nulla rimase se non lentamente spingermi lungo la diga. Dovevo andare via dal mulino verso il quale la mia faccia era girata perché la corrente, li era più forte e l’acqua più profonda. Fu una lunga e dolorosa prova e fui vicino a fallire verso la fine quando trovai una depressione nella muratura. Tentai di passare attraverso con l’ultima goccia di energia rimasta e finii con cadere incosciente sul lato del fiume dove fui trovato. Mi ero strappato via tutta la pelle del lato sinistro e occorsero diverse settimane prima che passasse la febbre e fossi guarito. Queste sono solo due di molti fatti, ma possono essere sufficienti per indicare che se non era stato per l’istinto di un inventore io non sarei sopravvissuto per raccontare la storia.

La gente mi ha spesso chiesto quando e come ho incominciato ad inventare. A questo posso rispondere soltanto dalla mia presente rimembranza alla luce della quale il primo tentativo ambizioso abbastanza da coinvolgere l’invenzione di un apparato ed il metodo impiegato. All’inizio fui anticipato, ma il resto fu originale. Successe in questo modo. Uno dei miei amici entrò in possesso di un amo e di una lenza per pescare che creò eccitazione nel villaggio, ed il giorno dopo tutti andammo a caccia di rane. Io fui lasciato solo e abbandonato perché avevo leticato con quel ragazzo. Io non avevo mai visto un amo e me lo immaginavo come qualcosa di eccezionale, dotato di peculiari qualità, ed ero disperato per non essere uno della combriccola. Preso dalla necessità, trovai un pezzo di filo di ferro lo martellai tra due pietre, fino ad affilare una sua estremità in una punta affilata, lo piegai poi dandogli forma e lo legai ad una corda forte. Tagliai, poi, un’asta, e con eccitazione andai al fosso dove c’erano le rane in abbondanza. Non riuscii a prenderne nessuna ed ero oramai scoraggiato quando mi successe di dondolare l’amo vuoto davanti ad una rana seduta su un sasso. All’inizio si ritirò poi i sui occhi uscirono in fuori e divennero iniettati di sangue, si ingrandì due tre volte la sua taglia e dette un terribile morso all’amo. Immediatamente tirai in su la lenza. Provai poi più e più volte ottenendo sempre lo stesso infallibile risultato. Quando gli altri ragazzi, che a dispetto della raffinata attrezzatura non avevano preso nulla. Mi accorsi che erano verdi di invidia. Per molto tempo tenni il segreto e mi godetti il monopolio, ma finalmente, grazie allo spirito natalizio, ogni ragazzo potè fare lo stesso la seguente estate portando disastro per le rane.

Il mio successivo tentativo, sembra che io abbia agito sotto il primo impulso istintivo che più tardi mi dominò, -- per convogliare le energie della natura al servizio dell’uomo. Lo feci per mezzo dei maybugs o junebugs ( ???) come si chiamano in America, che sono delle vere pesti in quel paese e spesso rompono i rami degli alberi con il semplice peso del loro corpo. Gli arbusti erano neri di questi scarafaggi. Io volevo attaccarne quattro ad una crociera, montata su di un ruotismo, e trasmettere il moto ad un disco grande in modo da ottenere considerevole potenza. Queste creature erano considerevolmente efficienti e una volta partiti non c’era verso di fermarli e continuavano a girare per ore e ore e più che era caldo e più che lavoravano. Tutto andò bene finché uno strano ragazzo arrivò. Egli era il figlio di un ufficiale in pensione dell’esercito austriaco. Quel maniaco mangiava i maybugs vivi e se li godeva come se fossero ostriche. Quella scena disgustosa pose fine alla mia impresa in quel campo promettente e da quella volta non fui più in grado di toccare un maybug o nessun altro insetto.

Dopo ciò, credo, che intrapresi l’attività di smontare e rimontare gli orologi di mio padre. Nelle prime fasi dell’operazione avevo sempre successo, ma spesso fallivo nelle ultime. Così successe che egli pse un improvviso arresto della mia attività in maniera non proprio delicata, e furono necessari trenta anni prima che rimettessi mano in un orologio.

Di lì a poco, mi misi a costruire una specie di fucile a tappi che comprendeva un tubo, un pistone, e due tappi. Quando si sparava, il pistone veniva premuto contro lo stomaco ed il tubo veniva tirato indietro velocemente con entrambe le mani. L’aria in mezzo ai due tappi era compressa e saliva di temperatura ed uno dei tappi veniva espulso con fragore. L’arte consisteva nello scegliere un tubo di diametro adeguato tra quelli che si trovavano nel nostro giardino. Quel fucile mi riuscì bene, ma la mia attività interferiva con i vetri della nostra casa ed incontro un doloroso scoraggiamento.

Se ricordo bene, dopo cominciai ad intagliare spade da pezzi di arredamento che avevo raccolto. A quell’epoca ero sotto l’influenza della poesia nazionalista Serba e pieno di ammirazione per le gesta di quegli eroi. Ero preso ad ore ad abbattere i miei nemici in forma di piante di granturco che rovinai parte delle colture e mi porto a prendere diversi sculaccioni da mia madre. Inoltre queste non erano del tipo formale ma del tipo genuino.

Comunque, queste cose erano ormai alle spalle quando compii sedici anni e avevo frequentato il primo anno di scuole elementari nel villaggio di Smiljan dove abitava la mia famiglia. In quell’epoca traslocammo nella piccola città di Gospic lì vicino. Quel cambio di residenza fu una calamità per me. Mi ruppe il cuore lasciare i nostri piccioni, galline, e pecore, ed le magnifiche oche che abitualmente salivano, di giorno, fino alle nuvole per poi tornare a terra per mangiare la sera in formazione di guerra, in modo così perfetto che avrebbero fatto vergognare uno squadrone di aerei pilotati dai migliori aviatori dei giorni moderni. Nella nostra nuova casa io ero altro che un prigioniero, guardavo la gente estranea che si vedeva attraverso le finestre. La mia ritrosia era tale che avrei preferito fronteggiare un leone ruggente che uno dei ragazzi della città che gironzolavano lì vicino. Ma la mia prova più dura arrivò domenica quando dovetti vestirmi ed attendere messa. Mi occorse un incidente, che il solo pensiero, faceva andare a male il mio sangue come latte avariato per gli a venire. Fu la mia seconda avventura in chiesa. Non molto tempo prima, fui messo in una bara per una notte in una vecchia cappella su di una montagna inaccessibile che era visitata solo una volta all’anno. Fu un’esperienza terribile, ma questa volta fu anche peggio.

C’era una facoltosa signora in città, una brava ma pomposa donna, che abitualmente veniva in chiesa imbellettata e vestita di un lungo strascico seguita da molti attendenti. Una domenica io avevo appena finito di suonare le campane nel campanile e correvo giù dalle scale quando questa grande dama apparve spazzando il pavimento con lo strascico. Si strappò con forte rumore che apparve come una salva di moschettieri sparata da reclute. Mio padre era livido in volto di rabbia. Mi dette una gentile sberla nel viso, l’unica punizione corporale che egli mi abbia mai somministrato ma la sento ancora oggi. L’imbarazzo e la confusione che seguì fu indescrivibile. Io fui praticamente ostracizzato finché qualcosa successe che mi redense e mi riportò alla stima della comunità.

Un giovane mercante imprenditore organizzò un dipartimento di vigili del fuoco. Un nuovo camion antincendio fu acquistato, nuove uniformi e personale addestrato per le parate e per il servizio fu assunto.
Il camion fu dipinto impeccabilmente di rosso e di nero. Un pomeriggio, fu programmata la prova ufficiale per il camion e fu portato al fiume. L’intera popolazione uscì di casa per presenziare lo spettacolo. Quando tutti ebbero finito di parlare e la cerimonia si concluse il comando di pompare l’acqua fu dato, ma neppure una goccia di acqua usci dalla pompa. I professori e gli esperti tentarono invano di trovare dove fosse il problema. Il rumore finì quando io arrivai sulla scena. La mia conoscenza dei meccanismi era nulla e non conoscevo nulla della pressione dell’aria ma istintivamente ma tastai il tubo di aspirazione e sentii che era collassato. Quando entrai nell’acqua e lo aprii l’acqua scaturì di colpo e neppure un vestito della domenica fu salvato. Archimede correndo nudo per le vie di Syracuse (?) ed urlando Eureka al massimo di voce non fece più impressione di me stesso. Fui portato sulle spalle e fui l’eroe del giorno.

Dopo esserci trasferiti nella città frequentai un corso di quattro anni alle Scuole Normali come preparazione ai miei studi all’ Università o al Reale Ginnasio. Durante questo periodo i miei impegni di ragazzo ed esperienze come le grane, continuarono.

Oltre ad altre cose, ottenni la singolare distinzione di campione di acchiappa corvi del paese. Il mio metodo di procedere era estremamente semplice. Io andavo nella foresta, mi nascondevo negli arbusti, ed imitavo il canto degli uccelli. Di solito ricevevo molte risposte ed in breve tempo un corvo volava fino agli arbusti vicino a me. Dopo di ciò tutto ciò di cui avevo bisogno era di tirare un pezzo di cartone per distrarre la sua attenzione, saltare fuori e agguantarlo prima che riuscisse districarsi dagli arbusti. In quella maniera ne potevo catturare quanti ne volevo. Ma in una occasione successe qualcosa che mi fece rispettarli. Avevo preso una coppia di bei esemplari e stavo tornando a casa con un amico. Quando lasciammo la foresta, migliaia di corvi si erano riuniti in una spaventosa banda. In pochi istanti ci inseguirono e ci circondarono. Il divertimento durò fino a quando ricevetti una beccata dietro la testa che mi accoppò. Dopo mi attaccarono crudelmente. Io mi affrettai a rilasciare i due uccelli e fui contento di raggiungere il mio amico che si era rifugiato in una cava.

Nell’aula della scuola c’era qualche modello meccanico che mi interessava ed attirava la mia attenzione verso le turbine ad acqua. Io ne costruì molte e mi divertivo a farle andare. Un caso può illustrare quanto straordinaria sia stata la mia vita. Mio zio non condivideva il mio interesse in questi passatempi e più di una volta mi rimproverò. Io ero affascinato dalla descrizione delle cascate del Niagara. Io mi ero immaginato una enorme ruota azionata dalle cascate. Io dissi a mio zio che sarei andato in America e avrei portato a termine questo progetto. Trenta anni dopo vidi (adattamento) la mia idea portata a compimento alle cascate del Niagara e rivelò la profondità del mistero della mente.

Io realizzato molti altri tipi di progetti e di apparati ma tra questi, le balestre che io ho costruito erano le meglio. Le mie frecce, quando sparate, scomparivano dalla vista, e se tirate da vicino perforavano una tavola di pino da 25 millimetri. Attraverso la ginnastica esercitata sui muscoli dello stomaco dal caricare degli archi delle balestre sviluppai una pelle simile a quella di un coccodrillo sull’addome, e spesso penso se non è a causa di questo esercizio che tutt’ora riesco a digerire anche le pietre. Nemmeno posso non citare le mie performance con la fionda che mi hanno permesso di dare un impressionante esibizione all’ippodromo. E ora racconterò una delle mie prestazioni con un singolare uso della guerra che renderà incredulo il lettore.

Io mi esercitavo mentre camminavo con mio zio lungo il fiume. Il sole stava tramontando, le trote giocherellavano e di tanto in tanto qualcuna saltava fuori dall’acqua. Il loro corpo splendeva accuratamente definito contro i sassi sul fondo. Certamente qualsiasi ragazzo avrebbe colpito un pesce in quelle condizioni propizie ma io intrapresi un più difficile impegno e così predissi a mio zio, nei minimi dettagli che cosa intendevo fare. Stavo per tirare una pietra per colpire un pesce, schiacciarlo contro un sasso e tagliarlo in due. Così detto e fatto. Mio zio mi guardò quasi impaurito ed esclamò fuori di se: “Vade retro satana”. E per alcuni giorni non mi parlò più. Gli altri record, anche se grandi, saranno offuscati, ma mi sento di potere riposare sugli allori per almeno un centinaio di anni.


Edited by Lawrence - 21/2/2005, 15:47
 
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rubinia
view post Posted on 21/2/2005, 15:57




CITAZIONE (odisseo @ 20/2/2005, 15:14)
Ok rubi...
Ho scaricato il documento e comincio a tradurlo.
I risultati dove te li posto ?
Mp (la tua era piena, l'ultima volta che ci ho provato), mail normale, li faccio avere a xmx ??

Odisseo

secondo me tirate su, postandoci sotto il 3d di tesla, li saranno più facilmente consultabili a tutti...

grazie davvero per il lavoro che fate
 
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maxwell2
view post Posted on 21/2/2005, 16:20




Complimenti Lowrence per la traduzione. ...Tra le varie vicissitudini del giovane Telsa ho trovato molto interessante e "divertente" l ' aneddoto della diga !
 
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rubinia
view post Posted on 21/2/2005, 16:36




...nun è che te va di dare una manina con le traduzioni max????
 
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maxwell2
view post Posted on 21/2/2005, 16:52




Purtroppo le mie conoscenze di inglese sono limitate! ....se mi dici che capitolo è rimasto potrei provarci con qualche "strumento" a mia disposizione!

Edited by maxwell2 - 21/2/2005, 16:53
 
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view post Posted on 21/2/2005, 17:02
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Immane Rompiball

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Mi dispiace ma a me è toccato quello più facile e anche più corto.
Ma mi sento in colpa e se avrò tempo andro avanti, anche su grande richiesta di alcuni amici.
Via e diamoci dentro di dizionario!
 
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rubinia
view post Posted on 21/2/2005, 17:18




CITAZIONE (maxwell2 @ 21/2/2005, 16:52)
Purtroppo le mie conoscenze di inglese sono limitate! ....se mi dici che capitolo è rimasto potrei provarci con qualche "strumento" a mia disposizione!

....il primo è postato, penso che odisseo si occupi del secondo.....
 
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view post Posted on 21/2/2005, 18:16
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Immane Rompiball

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NOOOO io ho già tradotto il secondo il secondo è quello postato quì sopra. Il primo non mi ricordo chi lo ha tradotto. Restano il terzo ed il quarto!
Se no alla fine il secondo lo traduciamo due volte.
Ciao
 
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rubinia
view post Posted on 21/2/2005, 18:35




ah, scusa, allora manca pure il primo lowrence... io ho ricevuto solo notizie da te.....
 
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200 replies since 31/12/2004, 12:25   7292 views
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