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Accumulatori Ti-Al, ...e la Natura ringrazia!

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icon10  view post Posted on 4/7/2018, 14:59
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Non importa quanto è buio il cammino, guarda solo la Luce di fronte a te.

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Ciao a tutti!

Siccome in questo periodo m'è tornata l'ispirazione (e la voglia) di sviluppare progetti concreti, cioè costruiti anche nella pratica e non solo nella teoria, ho deciso di cimentarmi alla realizzazione di un'idea che accarezzavo da qualche tempo.
Partendo dall'inizio, siccome ho una vera passione per le auto elettriche, mi sono documentato abbastanza approfonditamente su come funzionano, dal principio, al tipo di motori utilizzati, alla potenza e prestazioni raggiungibili, al sistema di accumulo, ecc. e proprio quest'ultimo argomento ha catturato maggiormente il mio interesse. Il motivo è che, se in una comune auto con motore a combustione interna la parte più importante (nonchè quella che fa la differenza per valutarne il valore totale) è proprio il motore, in quelle elettriche è invece il sistema di accumulo della carica a rappresentare la parte più critica.
Il motivo è quello che in gergo viene chiamato "ansia da autonomia".

Come potete facilmente intuire, a nessuno farebbe piacere trovarsi in mezzo ad un autostrada o in un paesino sperduto o, peggio ancora, nel bel mezzo del nulla con la carica delle batterie esaurita e lontano dalla prima colonnina di ricarica o comunque da una presa elettrica, questa è la paura maggiore che ha sempre limitato la diffusione del trasporto elettrico privato. Sebbene infatti sia possibile ricaricare un'auto elettrica anche con una comune presa da 220V non è sempre possibile accedere a tale risorsa, questo per il motivo stesso del fatto che un veicolo viaggia e quindi si trova spesso lontano da suddette prese o colonnine di ricarica.
La capacità di una batteria, o meglio, di un pacco batterie è quindi di importanza capitale nella valutazione di un eventuale acquisto di un'auto elettrica, insieme naturalmente al prezzo di quest'ultima, dove anche in questo caso si viene gravati non poco dal prezzo della batteria stessa, che spesso (per non dire sempre) può arrivare a 5000 euro in più sul costo totale dell'auto in questione.
Le auto elettriche di oggi sono mosse praticamente tutte dalla tecnologia di accumulo al litio, ioni di litio (Li-ion), più spesso come litio-polimeri (Lipo), più capienti ma anche più costose. Il problema delle batterie al litio è che, oltre ad essere costose, basano il proprio principio di funzionamento su due elementi, ovvero litio ma anche cobalto, la cui estrazione può essere effettuata solo in alcune Paesi, creando quindi problemi sociali, ecologici, commerciali e geo-politici non di poco conto. Il litio non è affatto ecologico, sia come estrazione che come smaltimento a fine vita della batteria stessa, che se abbadonata nell'ambiente diventa tossica per l'ambiente stesso e per tutti gli organismi che ne vengano in contatto. Il cobalto poi si trova solo in certi giacimenti che come spesso accade si trovano nelle zone povere dell'Africa, dove i lavoratori sono sfruttati e messi in condizioni di lavoro pericolose e senza sicurezze. Anche alcuni composti del cobalto inoltre non sono innocui per la salute, né per quella delle piante e nemmeno per gli organismi animali (quindi nemmeno per l'uomo, che rischia di trovarseli nel piatto o nel bicchiere senza saperlo).

Ci sono nel mondo diverse ricerche e sperimentazioni su tecnologie alternative, anche molto interessanti, mi sono documentato ampiamente e posso affermare che sono promettenti, sia dal punto di vista delle prestazioni che da quello del prezzo e della sostenibilità. Una per tutte: gli accumulatori alluminio-grafite. Questa tecnologia, sviluppata dai giapponesi dell'ITRI (Industrial Technology Research Institute) e dall'università americana di Stanford, rappresenta una specie di "Santo Graal" delle batterie, unisce infatti in un solo dispositivo praticamente tutti i requisiti necessari per una batteria ricaricabile per uso veicolare, ovvero leggerezza, potenza, capacità, piccole dimensioni, elevato numero di ricariche senza degradamento, basso costo di produzione, sicurezza, semplicità di fabbricazione e di utilizzo e basso impatto ambientale, a questo si aggiunge la possibilità di poterle deformare praticamente come faremmo con un foglio di carta senza venire per questo danneggiate o subire perdite di prestazioni. Sono talmente sicure che possono persino venir forate senza che prendano fuoco, come invece accade spesso a quelle al litio. Infine la virtù più eccezionale di queste batterie è che possono venire ricaricate completamente nel giro di UN SOLO MINUTO! Una notizia entusiasmante che elimina quello che forse è uno dei più grandi difetti della auto elettriche comuni, ovvero il tempo di ricarica. Nello stesso tempo necessario, infatti, per effettuare il pieno di un'auto a benzina è ora possibile, mediante queste batterie, effettuare una ricarica completa della propria auto e ripartire senza problemi.



www.itri.org.tw/eng/Content/MSGPic...276522356353763

Ultimo, ma nient'affatto ultimo come importanza, il fatto che le batterie ad alluminio-grafite hanno una densità di carica TRIPLA rispetto a quelle al litio, caratteristica questa intrinseca dell'alluminio.

E ora veniamo a noi e all'argomento di questa discussione.

La tecnologia delle batterie alluminio-grafite si basa sulla reazione chimica di ossido-riduzione dell'alluminio attraverso un elettrolita a base di cloro, l'alluminio metallico durante la reazione si trasforma infatti in tricloruro di alluminio, questi ioni poi, una volta formatisi, migrano condotti dal campo elettrico verso un elettrodo spugnoso di grafite, che li raccoglie all'interno del reticolo grafitico e li trattiene fino al momento di utilizzare la carica così accumulata. Una volta che la batteria viene collegata la reazione si inverte e le molecole ioniche di cloruro alluminico migrano nuovamente verso l'elettrodo di alluminio, tornando a formare alluminio metallico.
Questo in sintesi è ciò che avviene all'interno di questi accumulatori.

Allora qual'è il problema?
Il problema in realtà non esiste, nel senso che non è un vero problema, almeno fino a quando non accade che queste batterie vengano smaltite in modo non corretto. Benchè infatti il tricloruro di alluminio non sia tossico come il litio e i suoi composti, non è esattamente una sostanza naturale, ha una sua tossicità, per non parlare del vizio che questo metallo possiede di accumularsi nei tessuti delle piante e degli animali, se l'elettrolita infatti viene disperso nell'ambiente viene assorbito dalle radici delle piante e, attraverso le parti che queste ultime vengono consumate dagli animali, viene introdotto nelle cellule di questi ultimi e infine nel corpo delle persone attraverso il consumo di carne.

E' da questo punto che parte la mia idea e la mia sperimentazione, ovvero sfruttare il grande potere energetico dell'alluminio in un modo che non preveda la sua dissoluzione nell'elettrolita e che, quindi, non generi rischi per l'ambiente e per l'uomo.
C'è un sistema chimico che permette di ottenere reazioni di ossido-riduzione che però mantiene integri e al loro posto gli elettrodi di una batteria, soprattutto a livello strutturale. Sto parlando della fosfatazione.
Il mio progetto si basa infatti sulla reazione di un composto molto comune e usatissimo nell'industria chimica, ovvero l'acido fosforico, questo acido viene spesso usato miscelato a quello nitrico come decapante per eliminare lo strato di ossido e ridonare brillantezza a moltissimi metalli, tra cui appunto l'alluminio.
La reazione redox nella fosfatazione alluminica si svolge chimicamente in questo modo:

2(H3PO4) + 2Al <-> 2AlPO4 +3H2

Fin qui tutto bene, se fosse una comune reazione chimica eseguita nella provetta di un laboratorio chimico, ma in una batteria sigillata non si può permettere lo sviluppo di idrogeno gassoso il quale, oltre che estremamente infiammabile ed esplosivo, creerebbe un'enorme pressione all'interno della batteria, che la farebbe esplodere già alla prima utilizzazione. Per evitare questo problema viene spesso adottata, nell'industria degli accumulatori, la soluzione dell'idrurazione metallica, ovvero l'inserimento di un catodo formato da un metallo di transizione, o di una miscela di composti metallici di transizione, che assorbano gli ioni H+ che si formano durante la reazione con l'anodo ottenendo così, a seconda del sistema adottato, quella che in gergo si chiama "intercalazione", oppure la formazione vera e proprie di un composto chimico metallo-idrogeno sotto forma di idrurazione.
Ho deciso anch'io di adottare questa tecnica per l'assorbimento dell'idrogeno, nel mio caso otterrò l'idrurazione di un metallo anch'esso usatissimo industrialmente per questo scopo (ma che poche volte viene usato negli accumulatori elettrici), ovvero il Titanio.
Nella mia batteria, o meglio, nel mio accumulatore, sono presenti quindi queste tre componenti fondamentali: Titanio, Alluminio e acido fosforico all'85% di concentrazione.
Voi forse vi chiederete perchè dover usare una sostanza così pericolosa cme l'acido fosforico, che tutti sanno essere corrosivo e quindi pericoloso. La ragione è dovuta alla sua nulla tossicità. Bisogna infatti distinguere il rischio chimico legato alla corrosività di un composto da quello legato alla sua tossicità biologica. L'acido fosforico è pericoloso solo localmente, corrode i materiali e provoca ustioni a contatto coi tessuti viventi in quanto reagisce chimicamente con essi, ma una volta che la reazione si è conclusa i prodotti stessi della reazione NON provocano effetti secondari sulla salute, nè su quella degli animali nè su quella delle piante, anzi, si può tranquillamente affermare che proprio nei confronti di queste ultime i prodotti della fosfatazione vengono ampiamente utilizzati nell'industria dei fertilizzanti come una mano santa nella crescita di quasi tutte le piante esistenti, sia quelle ornamentali, che quella da frutto che persino quelle selvatiche!

In parole povere, se una batteria contenente acido fosforico viene abbandonata danneggiata nell'ambiente e l'elettrolita stesso fuoriesce dall'involucro, dopo aver reagito col terreno produce nient'altro che comune fertilizzante!
Capite? E' la prima volta che la dispersione di un apparecchio contenete sostanze chimiche pericolose non solo non danneggia l'ambiente naturale ma addirittura lo alimenta e lo fortifica!

La vera innovazione derivata da quest'idea quindi è non solo quella di unire tutti i vantaggi delle batterie all'alluminio eliminandone gli unici difetti, ma anche quella di creare una batteria non solo eco-sostenibile, ma persino benefica all'ecosistema!
Insomma, il passo successivo nelllo sviluppo delle tecnologie energetiche bio-compatibili! :D

Nei prossimi giorni inizierò quindi a procurarmi i materiali e le sostanze chimiche necessarie alla realizzazione pratica del primo in assoluto accumulatore elettrico del futuro, l'accumulatore Titanio-Alluminio-Fosfato.

Vi aggiornerò prossimamente sugli eventuali sviluppi, per adesso vi saluto e a presto! ^_^

Edited by yareol - 26/4/2019, 15:02
 
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view post Posted on 5/7/2018, 13:51
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Dunque, aggiornamento.

Da una piccola ricerca su ebay avrei trovato tutti i materiali necessari per la costruzione della pila, in fondo non è difficile visto che quella che ho in mente per le prime prove non è complessa e consiste solo nei quattro elementi canonici tipici di una pila voltaica, ovvero due metalli diversi separati da uno strato di materiale imbibibile che faccia da separatore e infine l'elettrolita.
I materiali sono, come ho spiegato nel post precedente:

- Una lamina di titanio abbastanza sottile da poter essere tagliata senza eccessiva difficoltà ma anche abbastanza spessa da assorbire sufficiente quantità di idrogeno senza saturarsi del tutto.
- Una lamina di alluminio all'incirca dello stesso spessore.
- Una quantità di acido fosforico sufficiente sia per la prima che per le eventuali successive prove.
- Un tessuto o comunque un materiale avente un'alta bagnabilità, necessaria ad assorbire bene l'elettrolita.


Ecco i risultati che ho trovato:

www.ebay.it/itm/100x500x0-1mm-in-t...x0AAOSw8fZazuQz
www.ebay.it/itm/Titanium-Foil-Vari...xqrWq0fCOLxbB9Q

Il primo è un piccolo rotolo di 10cm di larghezza per 50cm di lunghezza per 1 decimo di millimetro di spessore, sembrerebbe fare al caso mio, che dite?
Viene dalla Cina però, certo c'è scritto titanio puro grado 2 ma non so se fidarmi...
Il prezzo però è talmente economico e addirittura la spedizione è gratis! :o:
Spenderei una scemata ma non vorrei però avere anche delle sorprese, un errore anche banale potrebbe invalidare i risultati dei test e far apparire sbagliata un'idea che magari invece è buona.
Uhm...

Il secondo invece è decisamente più costoso e la spedizione in qualche caso addirittura costa più dell'articolo in sè! Certo, c'è da dire che arriva anche dall'Inghilterra, quindi dovrebbe in teoria essere più garantita sia la qualità che la corrispondenza delle misure dichiarate nell'inserzione. Sono inoltre disponibili diverse misure, riguardo sia la superficie della lamina che lo spessore. Inoltre non ho capito cosa intendono con grado 2 e grado 5 :huh:
Mi sa che dovrò informarmi su questo dettaglio prima di scegliere quale comprare.
In realtà ci sono anche inserzioni che vendono lamine più spesse ma conoscendo le caratteristiche di resistenza meccanica intrinseche del titanio temo mi troverei in difficoltà nel tagliarlo a misura, è uno dei metalli più resistenti del mondo e sinceramente non saprei nemmeno cosa usare per il taglio!

Vabbè, passiamo all'alluminio. Non credo di aver bisogno di pezzi speciali per questo, l'alluminio è un metallo più che presente nelle case sotto tante forme. Avendo io bisogno di una lamina piuttosto sottile penso di avere a disposizione una vasta scelta tra carta per alimenti, vassoi per la cottura al forno, senza contare che anche le comuni lattine per bibite sono in alluminio puro, quindi almeno per quello non dovrei aver bisogno di chissà quali spese ;)

Per l'acido fosforico è diverso temo. Ci sono in giro svariati prodotto usati come decapanti e anticalcare, ma contengono una miscela di componenti di cui l'acido fosforico è solo una parte, importante ma solo una parte, mentre io lo cerco purissimo e più concentrato possibile. Solo prodotti per uso professionali quindi possono garantire questa purezza a una concentrazione sufficiente.

Anche qui dopo una bella ricerca estesa sul mio fedele E-bay mi ha fornito diverse opzioni e venditori

Al che ho trovato diversi venditori che offrono purezze del 100% a diverse diluizioni (e anche a diversi prezzi!).
Questo per esempio potrebbe essere la soluzione ideale, in tutti i sensi.

www.ebay.it/itm/Acido-fosforico-85...KAAAOSw2iJbFrpp

Ben 1 litro di soluzione all'85% a "soli" 13,99 euro + 7,90 euro di spedizione = 21,89 euro totali.

Non è molto in fondo, e considerato che in una pila ce ne va pochissimo, una ventina di gocce al massimo, direi che avrò abbastanza elettrolita per tante e tante prove! :D

E ora passiamo al materiale da imbibire da usare come separatore, sono piuttosto indeciso su cosa usare, ci sono diversi materiali che andrebbero bene, sia come caratteristiche fisiche che come spessore, requisito quest'ultimo che deve essere il minimo possibile, sia per condurre più facilmente e velocemente gli ioni sia per risparmiare sulla quantità di elettrolita necessario.
Carta?
Tessuto di cotone?
Ovatta?
La cosa sicura è che deve essere abbastanza spesso e resistente da impedire agli elettrodi di toccarsi direttamente, ma anche abbastanza sottile e dalla trama abbastanza larga da permettere agli ioni di muoversi liberamente da un elettrodo all'altros senza dover effettuare percorsi contorti, cosa che influirebbe negativamente sulla conducibilità ionica. Una pila o accumulatore infatti deve anche manifestare quella che in fisica si chiama bassa resistenza interna. Ad ogni generatore elettrico reale infatti è associata una propria resistenza elettrica, che in fisica è schematizzata dal simbolo del generatore a cui è collegata in serie, appunto, una resistenza. I generatori reali non sono mai immuni da questo fenomeno e la vera sfida è creare una batteria o accumulatore che manifesti la più bassa resistenza elettrica interna, in modo che la maggiore percentuale possibile di energia venga prodotta senza essere dissipata in calore.

Nei prossimi giorno comunque proverò diversi materiali e vedrò come si comportano.

Per adesso attenderò che arrivino tutti i componenti che ho ordinato, sperando che arrivono prima delle ferie di agosto, così magari faccio in tempo a effettuare qualche test preliminare.

Che dite comunque, vi sembrano appropriati quelli che ho scelto?

A presto! ^_^

Edited by yareol - 8/7/2018, 00:54
 
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view post Posted on 10/7/2018, 10:27
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L'acido fosforico è arrivato! Finalmente posso iniziare a testare la resistenza dei materiali che proverò ad usare per la batteria come separatori tra gli elettrodi. Ho delle vecchie provette imballate da qualche parte, nei prossimi giorni lmetterò dei campioncini di vari tessuti e materiali in immersione nell'acido per 24 ore, poi controllerò in che condizioni si presenteranno, se hanno cambiato consistenza, colore, resistenza ecc. Considerato infatti che saranno impregnati di acido per molto tempo devo essere sicuro che non cambino le loro caratteristiche chimico-fisiche e che mantengano sempre elettricamente separati gli elettrodi, pur garantendo un facile interscambio ionico.
Vi farò sapere l'esito dei test.

A presto! :)

Edited by yareol - 10/7/2018, 22:38
 
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view post Posted on 11/7/2018, 09:57
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Dunque, sono qui ad esporre il risultato delle prove di resistenza dei materiali.
Materiali usati: cotone idrofilo, cotone tessuto, cellulosa sotto forma di carta velina.

Risultato disastroso, nel senso che tutti questi materiali non hanno minimamente resistito all'attacco dell'acido fosforico. Quello che ho trovato stamattina dentro le provette assomigliava molto a una specie di gelatina appiccicosa che nulla aveva a che fare con l'aspetto e la consistenza del materiale che avevo immerso nell'acido.

In fondo avrei dovuto aspettarmelo, l'acido fosforico è molto aggressivo già dai primi trenta secondi di contatto con le sostanze organiche (ma anche molte di quelle inorganiche!) figuriamoci dopo parecchie ore.
Ritengo quindi sia inutile tentare con altri materiali organici, penso farebbero tutti la stessa fine.
Forse dovrei cercare tra le resine sintetiche polimeriche, penso esistano sicuramente materiali in grado di resistere all'attacco di acidi forti, alcali e basi forti. Il problema è che ce ne sono talmente tanti che è difficile anche solo capire da dove iniziare.
Come se non bastasse mi sento anche in dovere di tenere conto delle obiezioni che un industriale muoverebbe intorno alla scelta dei materiali, ovvero: "Quanto mi costa?"
Domanda giustissima, un materiale può essere perfetto per l'utilizzo in un'applicazione, ma quando si tratterà di produrre in serie quale sarà il prezzo finale? Un cliente che vuole servirsi di questo tipo di tecnologia per quanto attraente possa essere sotto molti aspetti dovrà comunque mettere in conto anche quello che dovrà sborsare alla fine, un aspetto che in molti casi è stato decisivo e che spesso ha penalizzato lo sviluppo di una buona idea.
E poi c'è da considerare gli altri fattori, uno prettamente tecnico e uno ecologico.
Le resine sintetiche non sempre sono idrofile e impregnabili, il neoprene ad esempio resisterebbe bene all'azione dell'acido ma è fatto apposta per essere anche impermeabile, quindi nisba.
Molti polimeri ad uso tessile sono impermeabili.
Il vantaggio dell'ecologicità di questa batteria poi andrebbe a farsi benedire perchè praticamente tutti i tessuti sintetici ci mettono moltissimo tempo a decomporsi e quando lo fanno emettono comunque nell'ambiente sostanze non certo benefiche.
Inoltre anche un normale processo di riciclo potrebbe creare problemi non trascurabili perchè il materiale polimerico stesso, una volta giunto il termine di fine-vita della batteria, può risultare non più riutilizzabile e comportare quindi alti costi aggiuntivi di smaltimento.

Insomma, sarà meglio iniziare da subito a cercare info in Rete, suppongo che non sarà una cosa breve, quindi temo dovrete rassegnarvi ad attendere un po'.
 
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view post Posted on 12/7/2018, 15:29
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Mi è venuta in mente un'idea.
Se invece di cercare tra l'infinita lista di polimeri sintetici provassi qualcosa di più comune, di più... come dire...

Si insomma, se provassi con la fibra di vetro?

In fondo è un materiale ormai ben collaudato in molte applicazioni, può essere filato in diametri molto sottili e inoltre... è vetro! Quindi un materiale per sua stessa natura inattaccabile da quasi tutti gli acidi esistenti, tranne quello fluoridrico, che però non fa parte del nostro caso.
Forse dovrei cominciare a cercare qualche prodotto tipo tessuti o panni o altro fabbricati proprio con questo materiale.
 
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view post Posted on 12/7/2018, 19:47
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Se qualcuno ha suggerimenti o info riguardo questo argomento mi farebbero comodo.
 
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view post Posted on 18/7/2018, 17:47
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Oggi hanno cominciato ad arrivare i primi materiali!

Intanto le lamine di Titanio.
Cercando tra i vari venditori ne avevo trovato uno ad Hong Kong (Cina!!!) che mi garantiva la massima purezza del metallo ad un costo ragionevole. Visto che costavano relativamente poco ho approfittato delle basse spese di spedizione per ordinarne 10 rotoli (misure 10cm x 1 metro!) quindi ne avrò abbastanza per fare prove con diverse misure e tipi di assemblaggi.

www.ebay.it/itm/Titanium-Ti-Thin-P...353.m2749.l2649

Oggi sono arrivati e mi sembrano proprio di Titanio puro, sia per il colore che per la flessibilità, che per l'elasticità che per il peso. Oddio, non ho strumenti di analisi spettrografica per determinare se sia davvero Titanio e se sia davvero puro, ma a occhio e croce direi proprio che non mi hanno fregato ^_^

Li ho fotografati e vi ho anche fatto un piccolo video che li mostra in tutta la loro bellezza! :lol:

rotoli_titanio

rotolo_titanio

Estrazione rotoli

Edited by yareol - 18/7/2018, 20:10
 
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view post Posted on 18/7/2018, 18:04
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E ora passiamo alla fibra di vetro!

Eh si perchè alla fine mi sono arreso all'evidenza del fatto che cercare tra tutti i polimeri plastici esistenti e magari testarli uno ad uno non era pensabile, oltre che troppo dispendioso ;)
Alla fine ho deciso che il materiale migliore, come ecologicità, resistenza chimica e costo relativamente basso era proprio la fibra di vetro.
Dovete sapere che questo materiale non si chiama così per modo di dire, non è un nome fittizio commerciale per descrivere una resina sintetica che somiglia al vetro, no no, è proprio VETRO, simile a quello delle vostre finestre, solo che quando viene filato con un diametro al di sotto di una certa soglia diviene flessibile e resistente, non punge, non taglia e può essere anche tessuto come fosse un normale panno, ricavandone stuoie che possono essere imbevute di resina sintetica per formare la famigerata vetroresina, con cui si fanno barche, modellismo, carlinghe di aerei e anche carrozzerie di automobili, proprio grazie alla sua grande resistenza meccanica, alla sua inalterabilità e alla sua leggerezza.
Ma passiamo a noi.
Ho trovato, sempre sul mio fedele E-bay un venditore che offriva una stuoia in fibra di vetro sotto forma di tessuto non tessuto, non so se avete presente quei panni e teli in cui i fili non sono stati tessuti nel vero senso della parola ma composti di fili intrecciati in modo casuale e pressati, ecco, proprio uno di quelli.

www.ebay.it/itm/STUOIA-IN-TESSUTO-...353.m2749.l2649

3,80 euro più 7,90 euro di spedizione, anche stavolta la spedizione costa più dell'oggetto... uhm... comincio a sospettare che decurtano il prezzo del prodotto per renderlo più interessante salvo poi recuperare tutto nella spedizione :lol:

Vabbè, ci stiamo ancora dentro col budget quindi direi che va ancora bene.

Stamattina è arrivata e mi son messo subito a "giocarci".

Domani tenterò di tagliarne un rettangolo a misura e altrettanto farò con qualche lamina di alluminio che troverò in casa, dopodichè darò alla lamina la giusta forma e la rivestirò con la fibra di vetro, in modo da poterla inserire dentro una specie di "bustina" formata dalla lamina di Titanio.
Ancora non so cosa userò per chiudere e sigillare le "bustine" in modo da contenere l'acido fosforico, non posso usare una colla normale perchè temo farebbe la fine della carta dei test di cui sopra...

Vabbè, mi farò venire in mente qualcosa.

Per adesso vi saluto! ^_^

Edited by yareol - 18/7/2018, 20:10
 
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view post Posted on 19/7/2018, 13:48
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Riekkime ragatti!

Approfitto del periodo propizio di motivazione a sperimentare e, come promesso, ritorno al lavoro per concludere la preparazione del prototipo in vista dei primi test che effettuerò prossimamente.

Questo è quello che ho fatto stamattina.

Ho tagliato a misura una lamina di alluminio che faceva da sigillo igienico in un barattolo di orzo (eh si, faccio ancora colazione con L'Orzo Bimbo! :lol: ). Il motivo di questa così strana scelta è dovuto al fatto che un buon anodo deve esporre all'elettrolita la maggior superficie possibile. Purtroppo però per avere una batteria potente ed il più efficiente possibile è necessario concentrare la massima potenza energetica in dimensioni più ridotte possibile. Per superare questo limite senza penalizzare la capacità della batteria si può ricorrere al trucco basato sull'irregolarità della superficie. Una superficie irregolare infatti è molto più estesa a parità di larghezza rispetto a una superficie liscia e quindi anche la quantità di metallo che andrà a fosfatarsi è maggiore.
E' altresì necessario però fare in modo che l'involucro della batteria stessa conservi la sua capacità di flettersi senza danneggiarsi, quindi bisogna assicurarsi che i piccoli rilievi ad avvallamenti della superficie dell'anodo non superino un certo limite di profondità, un po' per mantenere sottile lo spessore della batteria, ma anche e soprattutto per fare in modo che la deformazione dell'anodo rimanga prevedibile e quindi controllabile.

Per farla breve il dischetto d'alluminio recuperato dal barattolo presentava una superficie che in gergo si chiama "bugnata", ovvero provvista di tanti piccoli quadrati disposti a griglia. Abbastanza profondi da estendere significativamente la superficie ma non troppo da irrigidire eccessivamente la lamina.
A questo punto, essendo di forma circolare, ho tagliato la lamina in modo da ottenere un rettangolo che potesse inserirsi facilmente nella "bustina" formata dal catodo in Titanio, che di per sè è di cm10x10.
Mi sono premurato di lasciare sporgere una piccola linguetta su cui poter crimpare una pinza a coccodrillo per collegare la pila ai vari apparecchi (multimetro, alimentatore, lampadine, motorini, ecc.)

Poi sono passato alla fibra di vetro da usare come separatore.
Ho ritagliato la fibra facendo in modo che seguisse la sagoma della lamina d'alluminio ma mantenendo dimensioni leggermente più larghe, questo per permettere l'incollaggio dei bordi del separatore, che andranno così a chiudersi intorno alla lamina, evitando quindi il possibile cortocircuito tra anodo a catodo, i quali ovviamente devono essere collegati elettricamente solo attraverso l'interscambio ionico attuato tramite l'elettrolita.

A proposito di incollaggio, stanotte non ho praticamente dormito pensando a come caspita fare per chiudere sia i bordi del separatore attorno all'anodo in alluminio, sia i bordi dell'involucro in titanio. Certo, magari avrei potuto comprare dell'altra fibra di vetro, magari sotto forma di filo e cucire letteralmente il separatore, effettivamente l'idea non era malaccio, anzi... Però c'erano due obiezioni a tale ipotesi, la prima è che non mi andava di spendere ancora, la seconda, molto più attinente al problema, era che in ogni caso avrei dovuto comunque chiudere in modo analogo anche la "bustina" di titanio. Non potevo certo cucirla come con la fibra di vetro, primo perchè il titanio è decisamente difficile da lavorare con un semplice ago, ma soprattutto perchè questo tipo di chiusura non avrebbe garantito una tenuta stagna che non lasciasse uscire l'acido.
Così spremendo le mie stanche meningi alla fine ho avuto l'illuminazione (che parlando di batterie è tutto dire :D ). Se la fibra di vetro è l'unico materiale inorganico e non metallico che tollera perfettamente la presenza dell'acido senza alterarsi, allora bisogna usare una sostanza simile per incollare i bordi della fibra e del titanio.
Quale sostanza usata per sigillare è simile al vetro?
Semplice, il silicone! Il banale silicone per sigillare le finestre, le docce, i sanitari e quant'altro abbia bisogna di essere a tenuta stagna!
In questo caso ho usato il comune silicone acetico, avente gli usi di cui sopra

Vi posto quindi le foto dell'anodo già rivestito e pronto per essere inserito nella "bustina" catodica.

elettrodo_alluminio_rivestito



Qui invece, grazie alla traslucidità della fibra di vetro, si vede in controluce la lamina di alluminio all'interno del separatore.


elettrodo_alluminio_rivestito_trasparenza




Qui di seguito invece ho fatto un piccolo video che mostra entrambi gli elementi, ho già tagliato e incollato la "bustina" di Titanio col silicone, potete notare infatti la sfilza di mollettine che la tengono chiusa in attesa che il silicone si rapprenda ^_^


www.intercapedine.net/video/elettrodi_pronti.mp4
 
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Intanto che aspettavo l'asciugatura del silicone mi sono distratto un po' a guardare qualche video su YouTube con l'argomento auto elettriche, alchè mi sono imbattutto in questo irresistibile servizio di Quattroruote sulla prima auto elettrica della storia.
Lo sapete quando è uscita la prima elettrica veramente di serie?

Non lo immaginerete mai...


Nel 1912!!! :lol: :D

E andavano anche forte (nel senso che per un periodo superarono persino le vendite di quelle a benzina), purtroppo però c'era in giro un tizio molto pericoloso e con pochi scrupoli di nome Henry Ford, così tutto andò a finire in niente... o quasi!


 
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view post Posted on 19/7/2018, 21:36
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Fatto! Il silicone è asciutto finalmente!

Sono anche riuscito a infilare completamente l'anodo rivestito con la fibra all'interno della "bustina" di Titanio e ora il tutto si presenta così:


batteria_completa



In questa angolazione potete invece notare che la batteria è ancora aperta sul lato superiore, da dove fuoriesce l'attacco dell'anodo in alluminio, ricoperto sempre da uno strato di fibra per evitare il contatto diretto col catodo di Titanio.


batteria_aperta


Domani o comunque nei prossimi giorni riempirò la sottile intercapedine tra l'anodo e il catodo con l'acido fosforico, imbibendo per bene la fibra di vetro e attivando così la batteria. Una volta che sarà tutto ben pieno chiuderò anche quell'ultima fessura col silicone e, una volta rappreso anche quello, inizierò finalmente coi primi test di carica e scarica.

A proposito di questa fase, all'inizio pensavo di caricare la batteria usando un normale alimentatore variabile da laboratorio, che già possiedo, magari partendo da un voltaggio intorno a 1,5 Volt, mi sono reso conto però che un alimentatore non varia voltaggio e corrente in base allo stato di carica della batteria, inoltre nel mio modello posso variare solo il voltaggio ma non la corrente, rischio quindi di sottoporre la batteria ad una corrente troppo alta che finirebbe col sovraccaricarla danneggiandola, oppure produrrebbe idrogeno troppo velocemente perchè il titanio possa assorbirlo, col rischio pertanto di vederla scoppiare come un palloncino, oltretutto spruzzando acido fosforico dappertutto! :o:

A questo punto avrei una mezza idea di usare questo:

caricabatterie

E' un caricabatterie per batterie di tipo Ni-MH (Nickel-Metalidruro), ha un voltaggio di carica intorno a quello tipico di questo tipo di batterie, ovvero circa 1,2 Volt. La peculiarità di questo modello è che ha una tale delicatezza nel caricarle che è diventato famoso per essere l'unico caricabatterie al mondo ad essere in grado di caricare anche le pile NORMALI, avete capito bene, anche quelle a zinco-carbone, che come ben sappiamo NON sarebbero ricaricabili! :o:
Io stesso ho potuto constatare che è proprio vero, ricarica qusi tutte le pile normali tranne (chissà perchè) le Duracell, che invece si riscaldano e tendono a rilasciare l'elettrolita.

Comunque sia, cercherò un modo per collegare i contatti del caricabatterie a quelli del mio accumulatore Ti-Al e lo lascerò in carica - ovviamente monitorandone la temperatura e la pressione interna - fino a quando si spegnerà il led che indica la carica, segno che l'accumulatore è carico.
Sempre SE si spegnerà, ovviamente... :unsure:

Per accendersi si accenderà in ogni caso perchè lo scambio ionico elettrolitico tra anodo e catodo è garantito dall'acido, che dissociandosi in ione fosfato e ioni idrogeno condurrà le cariche da una parte all'altra.
La teoria che sta alla base degli accumulatori dichiara che la carica si conclude quando la trasformazione chimica dell'anodo o del catodo o di tutti e due ha coinvolto completamente il metallo o comunque la superficie degli elettrodi interessati. La condizione migliore per evitare l'autoscarica della batteria è che il prodotto risultante dalla reazione redox sia insolubile nell'elettrolita.
Ora, la teoria di funzionamento dell'accumulatore a fosfatazione è che, appunto, l'anodo di alluminio venga fosfatato durante la carica, una volta che tutta la superficie libera del metallo è stata fosfatata dalla corrente di carica si forma uno strato superficiale di fosfato di alluminio, che di per sè è elettricamente isolante e insolubile nei liquidi polari, quale è appunto l'acido fosforico (ma anche l'acqua contenuta).
Il catodo poi, essendo formato da Titanio puro, è inattaccabile dall'acido e si limita ad assorbire l'idrogeno che si sviluppa dalla reazione che avviene in carica, stoccandolo nel suo reticolo cristallino.

La teoria con cui avverrebbe la scarica (l'uso del condizionale per adesso è obbligatorio) è che, una volta chiuso il circuito attraverso i contatti esterni, l'idrogeno diffonde di nuovo all'esterno del Titanio, diretto verso l'anodo dal suo stesso campo elettrico e dall'attrazione verso gli ioni fosfato ancora provvisoriamente attaccati all'alluminio.
L'idrogeno, avendo un valore di elettronegatività di 2,20 eV è molto più elettronegativo dell'alluminio, il quale si ferma a 1,60 eV, quindi non appena i protoni entrano in contatto con la frazione della molecola formata dall'atomo di fosforo e i quattro atomi di ossigeno la strappano letteralmente dall'alluminio, il quale ritorna a formare alluminio metallico, mentre lo ione fosfato ritorna ad essere acido fosforico, rifomando la soluzione elettrolitica nella sua originale concentrazione e composizione.

C'è da precisare che gli atomi di alluminio, durante la fosfatazione che avviene nella fase di carica della batteria, non si staccano dal resto del metallo. In realtà quello che si forma è un complesso reticolo simil-polimerico in cui più atomi di alluminio condividono uno stesso ione fosfato, questa in effetti sarebbe la condizione ideale ed è per questo che durante la carica è necessario mantenere attentamente costante i valori di voltaggio e di corrente.

Domani cercherò di trovare un modo per collegare uno degli alloggiamenti del caricabatterie all'accumulatore da me ideato e poi lo metterò in carica.

Domani o comunque nei prossimi giorni, secondo il tempo che avrò a disposizione.

A presto quindi! :D

Edited by yareol - 13/2/2019, 21:56
 
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view post Posted on 22/7/2018, 14:07
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Non importa quanto è buio il cammino, guarda solo la Luce di fronte a te.

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Per pubblica utilità del sito ho avuto l'idea di fornire a tutti gli sperimentatori una grande e molto completa tavola periodica degli elementi chimici.
Ve la posto come immagine qui sotto ma potete scaricarla dal link in grandi dimensioni:



Tav_periodica_2_ciccolella

Tavola periodica 3294×2331 pixels - 980 Kb
 
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view post Posted on 31/7/2018, 17:00
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Allora ragatti, eccoci qui a comunicare il risultato dei test.

Purtroppo devo dichiararli fallimentari, non hanno funzionato.
Ho provato a collegare il multimetro poco prima di iniziare a riempire la cella con l'acido fosforico per osservare l'eventuale salita di tensione.
Effettivamente la tensione saliva, ma quando di tanto in tanto mi fermavo (l'acido fosforico ha una consistenza sciropposa e avendo usato una siringa per il riempimento scorreva nell'ago lentamente) la tensione diventava instabile. Al termine del riempimento la tensione massima che ho misurato era di soli miseri 800 millivolt... :( troppo pochi per qualunque applicazione, per non parlare della corrente, che scendeva rapidamente non appena cercavo di misurarla.
Così ho scollegato il multimetro e ho collegato la cella al caricabatterie che ho mostrato nella foto sopra. Non appena ho stabilito il contatto la luce di carica del led si accendeva per una trentina di secondi circa, poi si spegneva, segno che la corrente non scorreva più a la carica era giunta al massimo. Peccato che la "carica" non fosse affatto alta, anzi. Così ho provato a invertire i contatti per vedere se avevo sbagliato la polarità ma come prevedibile la cella, essendo comunque polarizzata, la corrente scorreva continuamente senza mai che il led si spegnesse, segno che non era la polarità giusta (in una batteria la polarità di carica è corretta se la corrente diminuisce man mano che la carica prosegue).

Per farla breve la mia conclusione è che nonostante l'idea funzioni (comunque la carica viene in qualche modo accumulata) l'efficienza e la carica massima sono talmente esigue da escludere qualunque possibile applicazione. La mia ipotesi è che l'alluminio subisce effettivamente la fosfatazione superficiale, ma lo strato di fosfato d'alluminio è talmente sottile e isolante che qualunque tentativo di proseguire la reazione è impossibile, una volta che lo spessore di fosfato ha raggiunto pochi micrometri la corrente si ferma e comunque anche la carica massima raggiunta è veramente troppo bassa.

Inoltre c'è da dire che il titanio non assorbe abbastanza velocemente l'idrogeno che si produce, così una parte abbastanza consistente di esso viene perso sotto forma gassosa, invece che venir imprigionato nel metallo sotto forma ionica.

Si insomma, cari ragazzi: esperimento fallito. :cry:

Non so se riproverò con altre tecniche o altri metodi, non è facile trovare la giusta combinazione di metalli, elettroliti e princìpi di funzionamento.
Ma forse il fatto è che destino mi sta in qualche modo dicendo che usare acido fosforico puro non è una buona idea. Forse è troppo pericoloso e difficile da maneggiare e anche poco sicuro per l'uso commerciale, quindi se anche l'esperimento fosse riuscito e la batteria avesse dimostrato buone possibilità di sviluppo probabilmente avrebbe incontrato molte perplessità e ostacoli, proprio a causa dell'aggressività chimica di questa sostanza.
A proposito, ricordate la scelta del silicone per chiudere e sigillare la cella? Ebbene, persino il silicone è stato attaccato dall'acido e si è staccato riaprendo così la "tasca" di titanio! :o:
Per fortuna che la quantità contenuta dalla cella era troppo bassa per colare fuori, altrimenti immaginate il disastro?

Che delusione però... davvero ci speravo su questa soluzione, mannaggia..... :( :( :(
 
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