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cancro

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oro
view post Posted on 3/11/2009, 21:15 by: oro

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E' anche sbagliato dire che la genetica la si usa troppo spesso come scudo, i dati scientifici la dicono diversamente, la visione che si ha della scienza (e non dei medici o delle terapie, ma della scienza, è più che altro sempre errata):


Il cancro è il risultato della moltiplicazione anomala di cellule che nel corso degli anni hanno accumulato una serie di alterazioni in geni diversi (nei tumori più frequenti: 5 o 6), cruciali per lo sviluppo della malattia. Questi guasti (chiamati mutazioni) possono avvenire nel DNA di qualunque cellula del corpo, ma di solito non nelle cellule germinali, cioè non in quelle che formeranno il patrimonio genetico dei figli. Sono perciò mutazioni non ereditabili. Esiste però una piccola minoranza di famiglie in cui lo stesso tumore si ripresenta ad ogni generazione perché una di queste mutazioni è avvenuta proprio nelle cellule germinali e quindi può essere trasmessa dal genitore ai figli. Con uno o più geni cruciali difettosi fin dalla nascita, è molto più probabile che in qualche cellula avvengano con il tempo le ulteriori mutazioni capaci di innescare la malattia.
Per alcuni tumori la trasmissione ereditaria è una rarità; per altri invece un'eventualità piuttosto frequente. È il caso, per esempio, del retinoblastoma (più del 35 per cento dei casi), del cancro alla prostata prima dei 55 anni (43 per cento dei casi), del carcinoma midollare della tiroide (25 per cento), del cancro al seno femminile (intorno al 6 per cento) e maschile (più del 15 per cento), del cancro al colon (15 per cento) e del cancro all'ovaio (circa l'8 per cento). Nel complesso si stima che quelli ereditari rappresentino circa il 5-10 per cento di tutti i tumori.
Chi eredita la mutazione non è malato e non è neppure sempre condannato con certezza ad ammalarsi in futuro. Il fatto che la malattia si sviluppi oppure no è infatti condizionato spesso da altri fattori sia ereditari che esterni, primo tra tutti lo stile di vita.


La stragrande maggioranza dei tumori (quel 95% circa che non si definisce familiare) è quindi di natura "sporadica", ma ha una possibile componente genetica: tramite un esame del DNA, cioè, si possono trovare, all'interno di ogni individuo, dei geni che agli oncologi sono già noti come "rischiosi" e che indicano una predisposizione a sviluppare la malattia. Predisposizione che può essere di due tipi: verso il tumore (quel gene combinato con altri può condurre ad un cancro) o verso i fattori ambientali (esempio classico: il fumo). Nel primo caso si parla di combinazione poligenica, un evento particolare e con una casistica sterminata di possibili varianti, ma su cui si concentrano le attenzioni di moltissimi studiosi.
Nel secondo si hanno già indicazioni più definite, come quelle di geni metabolici che, mischiati - per esempio - a determinate sostanze tipiche di alcune diete orientali, portano ad un rischio più elevato di un cancro del fegato, proprio come avviene con altri geni metabolici che - se combinati al fumo - comportano in quella persona un rischio di tumore ai polmoni di due volte superiore.

Ci sono polimorfismi genetici che gli oncologi già conoscono come "sfavorevoli" nello sviluppo del tumore (ad esempio a carico del gene BRCA2 per la mammella, MLH1 per il colon, RNASEL per la prostata) ed è da questi che si parte nelle attuali indagini scientifiche, alla ricerca di nuovi mezzi per sconfiggere la malattia. Un risultato significativo è stato ottenuto recentemente proprio da un gruppo guidato da Tommaso Dragani e da Emanuela Taioli, che hanno studiato il ruolo di un polimorfismo genetico del gene L-myc nella prognosi del cancro polmonare, ma anche di altri tipi comuni come quello del seno, del colon e della prostata (i risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Clinical Research).
"Abbiamo scelto il gene L-myc perché aveva già dato evidenza di essere un fattore di rischio. Ora abbiamo dimostrato d'essere in grado di predire che, se il paziente ha un determinato polimorfismo di questo gene, la malattia si svilupperà in lui in modo più o meno aggressivo, a seconda di determinate circostanze", spiega Dragani.
Alla luce di questa scoperta, dunque, gli specialisti avranno uno strumento in più per prevedere l'evoluzione clinica delle neoplasie e, di conseguenza, scegliere la terapia più adeguata per ogni singolo paziente, i farmaci più adatti. Conclude Emanuela Taioli: "Poter prevedere come si svilupperà il tumore è una grandissima conquista, che ci consente di fare la nostra mossa prima che la neoplasia si espanda. E che ci aiuta anche a scegliere la giusta dose di farmaci, limitando anche gli effetti collaterali".


Tumori della mammella: genetica e familiarità
In linea generale, tumore familiare è un termine che indica una incidenza dei tumori in una famiglia, (linea materna o paterna) mentre il termine ereditario suggerisce la presenza di una mutazione dimostrata dal test genetico o sospettata dall’analisi dell’albero genealogico.

* tumore ereditario (5-10 %) caratterizzato da mutazioni genetiche che si trasmettono a discendenti (BRCA1, BRCA2, BRCAX)
* tumore familiare (15-20%) descrizione di casi multipli nella stessa famiglia, senza che vi sia una evidente trasmissione della malattia da una generazione alla successiva o sia riconosciuto un gene responsabile
* tumore sporadico (70-75%): correlata a fattori ambientali in individui che non presentano familiarità, né ereditarietà.

 
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