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CONTIENE SOLFITI

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rinez
view post Posted on 22/8/2006, 06:25




Ciao

e' da qualche mese che vedo questa scritta su tutte le bottiglie di vino, probabilmente e' entrata la legge per cui i produttori devono obbligatoriamente dichiararlo; ma la domanda e': quanto fanno male i solfiti? Quando compravo l'acqua minerale sapevo che per bere una buona acqua non ci dovevano essere ne' solfiti, ne' solfati, ed ora me li ritrovo nel vino.

Che ne dite?
 
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Mauro M
view post Posted on 22/8/2006, 07:47




Quanto solfito è presente nel vino venduto in Italia? Esiste sul mercato un vino ottenuto senza ricorrere a questo additivo? E’ vero che i vini dal prezzo più basso sono anche quelli con più solfito?
A queste ed altre domande ancora ha cercato una risposta l’indagine condotta dal Movimento Consumatori su scala nazionale.
90 diversi vini, rossi, bianchi e rosé, sono stati acquistati da punti vendita in 14 città sparse in tutta Italia (tabella1).
Si tratta di bottiglie dei più noti e diffusi vini italiani e pure vini di importazione francesi, spagnoli, portoghesi, cileni, australiani, californiani.
Ipermercati, supermercati, hard discount, enoteche, piccoli negozi sono stati scandagliati per individuare vini appartenenti anche a diverse fasce di prezzo, oscillanti alla fine tra un minimo di 0,59 euro/l per un vino bianco da tavola ad un massimo di 34 euro/l per un bianco Ramandolo DOCG annata 2000. A sorpresa, tra questi due vini non c’è quasi differenza nel tenore in solfiti (tabella2). Entrambi ne contengono in dose elevata, anche se entro i limiti consentiti.

Ma che cosa è il solfito e soprattutto può essere dannoso alla nostra salute?

La solfitazione dei mosti e dei vini è una pratica diffusa fin dall’inizio del 1900. L’anidride solforosa, che in soluzione da origine ai solfiti, si trova nel vino in due forme, libera e combinata (tabella3). E’ un additivo consentito dalla legge nei limiti fissati: massimo 200 mg/l di anidride solforosa totale, senza distinzione tra vini bianchi e rossi, per la normativa italiana; massimo 160 mg/l per i vini rossi e massimo 210 mg/l per i vini bianchi, per la normativa Europea, con deroghe che permettono agli Stati Membri di elevare il valore massimo di 40 mg/l. Valori più elevati sono fissati per i vini dolci.
L’impiego dell’anidride solforosa è sempre stato considerato indispensabile sia nella tecnologia di produzione dei vini bianchi che di quelli rossi, per una serie di proprietà che andremo ad analizzare. Attualmente però c’è una forte tendenza a limitare l’uso di questo additivo. L’anidride solforosa è una sostanza ad elevata tossicità ed inoltre a dosi troppo elevate altera le caratteristiche del vino (tabella4). Già bevendo un bicchiere di vino contenente i valori massimi consentiti di anidride solforosa il consumatore raggiunge la Dose Giornaliera massima Accettabile indicata dalle organizzazioni mondiali della sanità.
Inoltre l’anidride solforosa, a concentrazioni anche solo di tracce, è considerato un allergene ed è compresa nell’elenco delle sostanze che possono dare allergie, la cui presenza in un alimento dovrà in futuro essere obbligatoriamente segnalata in etichetta.
Oggi il progresso tecnologico ed impiantistico nelle cantine sembra rendere possibile una riduzione dell’impiego dell’anidride solforosa, anche se gli esperti del settore ritengono che non possa essere eliminata del tutto.


Esiste un vino senza solfito?

Tutte le bottiglie prelevate in 45 diversi punti vendita sono state inviate in uno dei laboratori più esperti nell’analisi della genuinità del vino: si tratta del Laboratorio Eurofins di Nantes, del prof. Martin, l’inventore di una delle principali tecniche per scoprire la sofisticazione dei vini. Le metodiche di analisi da lui messe a punto sono oggi adottate in tutti i principali laboratori europei di controllo sul vino.
A questi esperti abbiamo chiesto di determinare la concentrazione di anidride solforosa totale presente nei vini, dopo aver accertato la perfetta integrità della bottiglia e dei sigilli di chiusura. Il metodo utilizzato per l’analisi è stato quello ufficiale O.I.V. (Office International de la Vigne e du Vin)
Ed una prima risposta l’abbiamo ottenuta:
esistono sul mercato dei vini rossi senza solfiti o comunque con valori al limite della rilevabilità del metodo di analisi. Ne abbiamo trovati 3, uno cileno, uno francese ed uno italiano ottenuto da uve da agricoltura biologica (tabella5). Tutti i vini bianchi invece contenevano solfiti.

Perché si utilizza l’anidride solforosa nel processo di vinificazione? Se ne può ridurre la quantità?

A questo punto diventa essenziale approfondire a che cosa serve l’addizione di anidride solforosa e quale azione esplica nel mosto e poi nel vino. Le sue azioni sono molte e soprattutto dobbiamo fare una distinzione tra vino bianco e vino rosso.
Senza entrare nei dettagli tecnici, si può approssimare dicendo che nella tecnologia di produzione dei vini bianchi la solfitazione esplica un’azione antisettica e selettiva, molto utile in una prima fase per limitare lo sviluppo di batteri o di lieviti selvaggi consentendo agli starters selezionati di produrre una buona fermentazione; in una seconda fase per conservare il vino. Inoltre i solfiti sono in grado di bloccare le ossidazioni date dall’ossigeno disciolto nel vino e dagli enzimi che accellerano le reazioni ossidative, conservando meglio le qualità organolettiche. Contribuiscono poi a rendere più limpido il mosto.
Nella tecnologia di produzione del vino rosso, oltre alle azioni sopra citate, la solfitazione ha una importante attività: permette di estrarre meglio il colore e l’aroma dalle vinacce nel corso della macerazione. Mantiene poi il colore rosso, evitando il viraggio al marrone nel tempo.
Tutte queste diverse azioni sono note da tempo, adesso però esistono strumenti tecnologici che permettono un impiego più attento e mirato dell’anidride solforosa.
Per quanto riguarda l’azione antisettica e selettiva, esistono sicuramente tecnologie alternative: un elevato standard igienico nella cantina permette di tenere sotto controllo i batteri; uno stretto controllo dei tempi e temperature di inoculo degli starters permette di ottenere la fermentazione voluta senza ricorrere all’additivo; fondamentale è la qualità delle uve dal punto di vista igienico sanitario e dell’igiene nelle operazioni che vengono condotte nelle fasi di prefermentazione e fermentazione.
Insomma in questa prima fase della vinificazione, lavorando bene e con attenzione, con l’aiuto delle moderne tecnologie, si può fare a meno o quasi della solfitazione.
Questo permette di limitare l’uso dell’additivo alle fasi finali, in modo da usare meno anidride solforosa e ritrovarne meno nel vino. Inoltre si è visto come la solforosa presente sarà meno legata ai componenti del vino, quindi più libera di esplicare la sua azione conservante, anche a minori concentrazioni.
Anche per la salvaguardia del colore e delle altre qualità organolettiche, esistono oggi tecnologie alternative che permettono comunque di ridurre il ricorso all’additivo, che dovrebbe essere fatto in modo mirato e controllato, anche nel rispetto del consumatore.
Non è facile tradurre tutto questo in numeri. Abbiamo preso in esame le indicazioni che derivano dai disciplinari di produzione del vino da agricoltura biologica, dove la solfitazione è consentita ma fortemente limitata allo stretto necessario. Si può affermare che, impiegando un buon processo di vinificazione, la concentrazione di anidride solforosa totale dovrebbe rimanere inferiore a 60 mg/l per il vino rosso e inferiore a 80 mg/l per i vini bianchi. Allo stato attuale del progresso tecnologico nelle cantine, questi valori potrebbero essere un buon compromesso tra esigenze tecniche di produzione e salute del consumatore.

I risultati

Innanzitutto è stato verificato il rispetto dei limiti massimi consentiti dalla leggi vigenti.
Su 32 vini rossi analizzati, due sono risultati al limite del massimo consentito dalla normativa europea per i vini rossi, anche se rientravano nel limite consentito in Italia. Si tratta di un lambrusco e di un cabernet, quest’ultimo ottenuto da uve da agricoltura biologica! (tabella6)
Tutti i vini bianchi e rosé sono risultati entro i limiti massimi consentiti.

A questo punto risulta interessante per il consumatore verificare quanti vini contengono una moderata concentrazione di solfiti, inferiori ai limiti dettati da una buona pratica di vinificazione.

Dei vini rossi, 14 risultano con un contenuto di anidride solforosa totale inferiore a 60 mg/l (tabella7). Oltre ai tre vini risultati pressoché esenti da anidride solforosa, i valori più bassi corrispondono ad un dolcetto di Diano d’Alba, ad un carménere cileno, ad un beaujolais francese e ad una bonarda.
Notiamo che di questi 14 vini a minor concentrazione di additivo, ben sei sono di importazione.
Possiamo sintetizzare dicendo che circa il 44% dei vini rossi esaminati contiene valori moderati dell’additivo, che come abbiamo visto vanno a corrispondere in linea di massima ad una migliore qualità delle uve, dell’igiene in cantina, ad una maggiore controllo tecnologico del processo produttivo.
Per il restante 56% i valori sono superiori (tabella8) a questo limite per così dire ideale per il consumatore, fino anche a valori decisamente elevati che, come abbiamo visto, una maggiore attenzione in cantina ed un maggiore rispetto per il consumatore potrebbero sicuramente ridurre.
Dei 58 vini bianchi e rosé, solo 12 (20%) risultano con una concentrazione inferiore agli 80 mg/l, valore che potrebbe essere sufficiente con un processo di vinificazione ben controllato (tabella9). Il restante 80% presenta valori superiori fino a concentrazioni quasi al limite del consentito ( i valori più elevati sono indicati in tabella10, per gli altri si rimanda alla Tabella Completa Riassuntiva dell’indagine).

Ma una attenta disamina dei risultati, delle etichette e degli scontrini di acquisto permette altre considerazioni parimenti interessanti per il consumatore.

I vini meno cari sono anche quelli che contengono più solfito?

Abbiamo suddiviso i vini per fasce di prezzo: quelli inferiori a 4 euro/litro, quelli tra 4 e 9 euro/litro, quelli superiori a 9 euro/litro ( tabella11 per i rossi, tabella12 per i bianchi e rosè).
In effetti, si nota una differenza, sia per i rossi che per i bianchi. In entrambe i casi, pur con delle eccezioni, come evidenziato dai valori minimi e massimi per fascia di prezzo, i valori medi di anidride solforosa totale risultano più alti nei vini appartenenti alla fascia più bassa di prezzo.

C’è differenza se acquistiamo il vino nei negozi o nella Grande Distribuzione?

Abbiamo suddiviso tutti i vini acquistati per le due grandi tipologie di punto vendita: negozio e negozio specializzato; grande distribuzione.
La differenza nei valori medi è rilevante, anche se i valori massimi e minimi indicano che ci possono essere eccezioni (tabella13). Comunque si può affermare che un vino acquistato in un negozio contiene mediamente meno solfito. E questo è sicuramente un altro dato molto interessante per il consumatore e speriamo uno stimolo a migliorare per chi opera nella Grande Distribuzione.

I vini DOC contengono meno solfiti dei vini da tavola? E se acquisto vini da agricoltura biologica? O vini di importazione?

Se da un lato il consumatore è spinto, nelle enoteche e dalle riviste specializzate, ad acquistare vini DOC o IGT come garanzia di qualità, una pubblicità martellante promuove vini da tavola. Spesso inoltre i prodotti biologici vengono considerati migliori dal punto di vista della salubrità. Anche in questo caso abbiamo valutato il tenore medio di anidride solforosa per le diverse tipologie di prodotto.
Acquistare un prodotto italiano è quanto ci sentiamo spesso ripetere. Abbiamo quindi anche messo a confronto i prodotti italiani con quelli di importazione (tabella14).
I risultati danno ancora una volta indicazioni chiare al consumatore:
I vini da tavola mediamente contengono un maggior tenore di solfiti rispetto ai vini a denominazione di origine o Igt.

Bere Bio non sembra dare particolari vantaggi: soprattutto si nota una fortissima oscillazione nei valori di additivo. Sorprende trovare valori più elevati rispetto ai limiti normalmente indicati nei disciplinari. Tutto questo sembra indicare prodotti non ben controllati nella fase produttiva e scarsamente verificati dagli enti certificatori.
Sorprende poi i valori di anidride solforosa sui prodotti di importazione: mediamente presentano valori inferiori alla produzione nazionale.
Anzi, a ben vedere, i prodotti mediamente con meno additivo sono quelli di importazione extra CEE (tabella15).
Alcune considerazioni tecniche si possono fare: la riduzione dei solfiti richiede l’uso di tecnologie avanzate, quali l’iperossigenazione, non sempre ben accolte dai produttori italiani in quanto tendono a livellare le caratteristiche varietali dei vini (bianchi), per quanto riguarda le qualità aromatiche. A dire il vero alcuni ricercatori non concordano su questo aspetto, non avendo riscontrato variazioni apprezzabili delle caratteristiche dei vini sottoposti a iperossigenazione. Forse sarebbe opportuno approfondire bene questi aspetti da parte dei produttori italiani, visto il tipo di prodotto che sta arrivando dai mercati extraeuropei e alla sempre maggiore attenzione del consumatore alla sanità dei prodotti.
Giova inoltre ricordare che i solfiti possono essere sostituiti in parte da altri additivi, più costosi e con delle limitazioni. Probabilmente la soluzione migliore è di adottare più tecnologie alternative ai solfiti, integrandole con una elevata igiene di produzione ed alta qualità sanitaria delle uve, per ottenere una progressiva riduzione dei solfiti: azione probabilmente già in atto all’estero ed in alcune cantine italiane, ma che non interessa ancora in modo ampio la produzione nazionale.

Conclusioni

I prodotti sul mercato italiano, per quanto riguarda il tenore in solfiti, rientrano tutti nei limiti di legge nazionali, però presentano una fortissima oscillazione dei valori. Tra i vini di importazione, soprattutto extra CEE e tra i vini nazionali di qualità si trovano i valori più contenuti dell’additivo. Sembra premiare il consumatore l’acquisto nei negozi e nelle enoteche. Al contrario i vini da tavola ed i vini acquistati nella grande distribuzione possono contenere valori più alti di additivo.
Acquistare Bio non sembra premiare il consumatore, soprattutto per la forte diversità di solfiti tra un prodotto e l’altro.
Il consumatore dovrebbe porre attenzione alla problematica solfiti, tenendo conto che un buon bevitore, acquistando vini a maggiore tenore dell’additivo, può anche superare le dosi accettabili per giorno raccomandate dalle organizzazioni mondiali della sanità

L’indagine, condotta dal Movimento Consumatori nell’ambito del progetto “Questione di etichetta”, realizzato anche con il finanziamento del Ministero dell’Industria, è stata organizzata e coordinata dal Movimento Consumatori di Cuneo che si è avvalso della collaborazione scientifica dello Studio del dr. Alessando Occelli.

Il prelievo dei campioni è stato effettuato dalle sezioni del Movimento Consumatori presenti nelle città di Andria, Caserta, Catanzaro, Cuneo, Firenze, Genova, Lecco, Livorno, Milano, Modena, Roma, Torino, Venezia, Verona.


Cuneo 9 settembre 2004









Solfiti negli alimenti - Innocui? Non per tutti

For sensitive individuals there is no safe level.
Any amount of undeclarated sulphite may trigger
an adverse reaction in a susceptible individual.

Solfiti, bisolfiti, metabisolfiti... sono tutti derivati dell’anidride solforosa e vengono comunemente usati come conservanti nella preparazione di bevande analcoliche come succhi di frutta e bevande alcoliche (vino, birra, liquori). Non li avete mai incontrati in etichetta? È possibile, visto che non vengono sempre dichiarati. La legge italiana, infatti, non obbliga i produttori di vino ad indicare in etichetta gli ingredienti e i coadiuvanti usati, eppure non tutti sanno che il vino può subire aggiunta di mosto (per aumentarne la gradazione), aggiunta di enzimi, caseine, gelatine, acido tartarico per aumentare l’acidità, e i solfiti per la conservazione e via di questo passo. La legge fissa comunque un limite di 10mg di solfiti per kilogrammo di prodotto, ma in taluni casi questo limite non viene rispettato.

Ma quanti solfiti ingeriamo anche a nostra insaputa? Tenta di fare chiarezza una ricerca condotta nel 2000 da alcuni ricercatori dell’Istituto Nazionale di Nutrizione Umana che ha quantificato, sulla base dei livelli di solfiti contenuti negli alimenti, che un bambino può assumerne fino a 23mg al giorno, mentre un adulto può arrivare a 50mg. Questi valori superano la DGA (Dose Giornaliera Accettabile) fissata per i solfiti a 0.7mg/kg/die. Questo significa che un bambino di 30kg di peso dovrebbe assumerne al massimo 21mg, mentre un adulto di 60kg non più di 42mg.

Qualche buon motivo per evitare alte dosi di solfiti? Questi composti contenuti negli alimenti e nelle bevande vengono assorbiti dall’organismo e sono ritenuti responsabili di lesioni alla mucosa intestinale e della riduzione dei livelli di vitamina B1. Inoltre numerosi studi hanno dimostrato che causano reazioni allergiche nei soggetti sensibili. Si è stimato che dal 5% al 10% dei soggetti asmatici adulti siano ipersensibili ai solfiti. Questa percentuale sale al 21% per i bambini asmatici. Sulla base di questi dati, non sarebbe giusto indicarli nelle etichette? Non è un diritto dei consumatori essere informati? Di questa problematica si è occupata anche la Commissione Europea, che ha recentemente approvato un emendamento. Nel 2005 entrerà in vigore una normativa che prevede che sulle etichette dei vini e di altri alimenti debba essere indicata la presenza di solfiti in proporzione superiore a 10 mg/litro. In America? E' obbligotario dichiararli da un pezzo ... come? Non sono sempre loro i cattivi?

Altri link:
Sulfite Sensitivity and Eating Out
Allergen/Additive/Preservative Search or Allergens By Category
 
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odisseo
view post Posted on 22/8/2006, 11:13




Mica facile farne a meno per un piccolo produttore

Odisseo
 
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energya
view post Posted on 7/12/2006, 19:11




ho guardato la bottiglia di vino ma mi dice : contiene solfiti
<_< eh e fin qui.
Grazie dell'info,era un pò che mi domandavo cosa fossero sti solfiti ^_^
Non ho capito una cosa,se io bevo mezzo bicchiere a pasto di vino rosso con una percentuale di solfiti diciamo intorno al 60mg/l come stabilito dalla norma italiana,rientro nei limiti di assunzione di solfiti? in poche parole,quanto vino si può bere per poter dire che si rimane entro i limiti ?in base sempre alla percentuale giusta
 
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bymax
view post Posted on 7/12/2006, 19:21




CITAZIONE (energya @ 7/12/2006, 19:11)
in poche parole,quanto vino si può bere per poter dire che si rimane entro i limiti ?in base sempre alla percentuale giusta


E' difficile da quantificare, perchè la percentuale di solfiti varia da vino a vino

Possono essercene pochissimi come il massimo

In linea generale più un vino è buono meno solfiti e altre porcherie dovrebbe avere
 
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Roby 64
view post Posted on 7/12/2006, 20:27




Rimane poi il fatto che tra le porcherie, il solfito è il meno peggio, e al giorno d'oggi sarei più preoccupato di sapere se quello che stò bevendo, ha mai visto un acino d'uva. <_< :D
 
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unreal19
view post Posted on 10/12/2006, 12:01




ciao , peccato però che il solfito , può scatenare delle crisi di asma ,
io cmq lo bevo ugualmente , un mezzo bicchiere a pasto .
saluti a tutti :D
 
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berebene
view post Posted on 22/9/2008, 14:17




SENZA SOLFITO si può, e anche senza tutti gli altri additivi.

L'Erboristeria la Camomilla (www.lacamomilla.it sta a milano ma spedisce su ordinazione) vende il vino fatto solo con l'uva. Sia bianco che rosso della cantina Torboli.
 
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Manuel20
icon14  view post Posted on 28/12/2016, 12:41




CITAZIONE (Mauro M @ 22/8/2006, 07:47) 
Quanto solfito è presente nel vino venduto in Italia? Esiste sul mercato un vino ottenuto senza ricorrere a questo additivo? E’ vero che i vini dal prezzo più basso sono anche quelli con più solfito?
A queste ed altre domande ancora ha cercato una risposta l’indagine condotta dal Movimento Consumatori su scala nazionale.
90 diversi vini, rossi, bianchi e rosé, sono stati acquistati da punti vendita in 14 città sparse in tutta Italia (tabella1).
Si tratta di bottiglie dei più noti e diffusi vini italiani e pure vini di importazione francesi, spagnoli, portoghesi, cileni, australiani, californiani.
Ipermercati, supermercati, hard discount, enoteche, piccoli negozi sono stati scandagliati per individuare vini appartenenti anche a diverse fasce di prezzo, oscillanti alla fine tra un minimo di 0,59 euro/l per un vino bianco da tavola ad un massimo di 34 euro/l per un bianco Ramandolo DOCG annata 2000. A sorpresa, tra questi due vini non c’è quasi differenza nel tenore in solfiti (tabella2). Entrambi ne contengono in dose elevata, anche se entro i limiti consentiti.

Ma che cosa è il solfito e soprattutto può essere dannoso alla nostra salute?

La solfitazione dei mosti e dei vini è una pratica diffusa fin dall’inizio del 1900. L’anidride solforosa, che in soluzione da origine ai solfiti, si trova nel vino in due forme, libera e combinata (tabella3). E’ un additivo consentito dalla legge nei limiti fissati: massimo 200 mg/l di anidride solforosa totale, senza distinzione tra vini bianchi e rossi, per la normativa italiana; massimo 160 mg/l per i vini rossi e massimo 210 mg/l per i vini bianchi, per la normativa Europea, con deroghe che permettono agli Stati Membri di elevare il valore massimo di 40 mg/l. Valori più elevati sono fissati per i vini dolci.
L’impiego dell’anidride solforosa è sempre stato considerato indispensabile sia nella tecnologia di produzione dei vini bianchi che di quelli rossi, per una serie di proprietà che andremo ad analizzare. Attualmente però c’è una forte tendenza a limitare l’uso di questo additivo. L’anidride solforosa è una sostanza ad elevata tossicità ed inoltre a dosi troppo elevate altera le caratteristiche del vino (tabella4). Già bevendo un bicchiere di vino contenente i valori massimi consentiti di anidride solforosa il consumatore raggiunge la Dose Giornaliera massima Accettabile indicata dalle organizzazioni mondiali della sanità.
Inoltre l’anidride solforosa, a concentrazioni anche solo di tracce, è considerato un allergene ed è compresa nell’elenco delle sostanze che possono dare allergie, la cui presenza in un alimento dovrà in futuro essere obbligatoriamente segnalata in etichetta.
Oggi il progresso tecnologico ed impiantistico nelle cantine sembra rendere possibile una riduzione dell’impiego dell’anidride solforosa, anche se gli esperti del settore ritengono che non possa essere eliminata del tutto.


Esiste un vino senza solfito?

Tutte le bottiglie prelevate in 45 diversi punti vendita sono state inviate in uno dei laboratori più esperti nell’analisi della genuinità del vino: si tratta del Laboratorio Eurofins di Nantes, del prof. Martin, l’inventore di una delle principali tecniche per scoprire la sofisticazione dei vini. Le metodiche di analisi da lui messe a punto sono oggi adottate in tutti i principali laboratori europei di controllo sul vino.
A questi esperti abbiamo chiesto di determinare la concentrazione di anidride solforosa totale presente nei vini, dopo aver accertato la perfetta integrità della bottiglia e dei sigilli di chiusura. Il metodo utilizzato per l’analisi è stato quello ufficiale O.I.V. (Office International de la Vigne e du Vin)
Ed una prima risposta l’abbiamo ottenuta:
esistono sul mercato dei vini rossi senza solfiti o comunque con valori al limite della rilevabilità del metodo di analisi. Ne abbiamo trovati 3, uno cileno, uno francese ed uno italiano ottenuto da uve da agricoltura biologica (tabella5). Tutti i vini bianchi invece contenevano solfiti.

Perché si utilizza l’anidride solforosa nel processo di vinificazione? Se ne può ridurre la quantità?

A questo punto diventa essenziale approfondire a che cosa serve l’addizione di anidride solforosa e quale azione esplica nel mosto e poi nel vino. Le sue azioni sono molte e soprattutto dobbiamo fare una distinzione tra vino bianco e vino rosso.
Senza entrare nei dettagli tecnici, si può approssimare dicendo che nella tecnologia di produzione dei vini bianchi la solfitazione esplica un’azione antisettica e selettiva, molto utile in una prima fase per limitare lo sviluppo di batteri o di lieviti selvaggi consentendo agli starters selezionati di produrre una buona fermentazione; in una seconda fase per conservare il vino. Inoltre i solfiti sono in grado di bloccare le ossidazioni date dall’ossigeno disciolto nel vino e dagli enzimi che accellerano le reazioni ossidative, conservando meglio le qualità organolettiche. Contribuiscono poi a rendere più limpido il mosto.
Nella tecnologia di produzione del vino rosso, oltre alle azioni sopra citate, la solfitazione ha una importante attività: permette di estrarre meglio il colore e l’aroma dalle vinacce nel corso della macerazione. Mantiene poi il colore rosso, evitando il viraggio al marrone nel tempo.
Tutte queste diverse azioni sono note da tempo, adesso però esistono strumenti tecnologici che permettono un impiego più attento e mirato dell’anidride solforosa.
Per quanto riguarda l’azione antisettica e selettiva, esistono sicuramente tecnologie alternative: un elevato standard igienico nella cantina permette di tenere sotto controllo i batteri; uno stretto controllo dei tempi e temperature di inoculo degli starters permette di ottenere la fermentazione voluta senza ricorrere all’additivo; fondamentale è la qualità delle uve dal punto di vista igienico sanitario e dell’igiene nelle operazioni che vengono condotte nelle fasi di prefermentazione e fermentazione.
Insomma in questa prima fase della vinificazione, lavorando bene e con attenzione, con l’aiuto delle moderne tecnologie, si può fare a meno o quasi della solfitazione.
Questo permette di limitare l’uso dell’additivo alle fasi finali, in modo da usare meno anidride solforosa e ritrovarne meno nel vino. Inoltre si è visto come la solforosa presente sarà meno legata ai componenti del vino, quindi più libera di esplicare la sua azione conservante, anche a minori concentrazioni.
Anche per la salvaguardia del colore e delle altre qualità organolettiche, esistono oggi tecnologie alternative che permettono comunque di ridurre il ricorso all’additivo, che dovrebbe essere fatto in modo mirato e controllato, anche nel rispetto del consumatore.
Non è facile tradurre tutto questo in numeri. Abbiamo preso in esame le indicazioni che derivano dai disciplinari di produzione del vino da agricoltura biologica, dove la solfitazione è consentita ma fortemente limitata allo stretto necessario. Si può affermare che, impiegando un buon processo di vinificazione, la concentrazione di anidride solforosa totale dovrebbe rimanere inferiore a 60 mg/l per il vino rosso e inferiore a 80 mg/l per i vini bianchi. Allo stato attuale del progresso tecnologico nelle cantine, questi valori potrebbero essere un buon compromesso tra esigenze tecniche di produzione e salute del consumatore.

I risultati

Innanzitutto è stato verificato il rispetto dei limiti massimi consentiti dalla leggi vigenti.
Su 32 vini rossi analizzati, due sono risultati al limite del massimo consentito dalla normativa europea per i vini rossi, anche se rientravano nel limite consentito in Italia. Si tratta di un lambrusco e di un cabernet, quest’ultimo ottenuto da uve da agricoltura biologica! (tabella6)
Tutti i vini bianchi e rosé sono risultati entro i limiti massimi consentiti.

A questo punto risulta interessante per il consumatore verificare quanti vini contengono una moderata concentrazione di solfiti, inferiori ai limiti dettati da una buona pratica di vinificazione.

Dei vini rossi, 14 risultano con un contenuto di anidride solforosa totale inferiore a 60 mg/l (tabella7). Oltre ai tre vini risultati pressoché esenti da anidride solforosa, i valori più bassi corrispondono ad un dolcetto di Diano d’Alba, ad un carménere cileno, ad un beaujolais francese e ad una bonarda.
Notiamo che di questi 14 vini a minor concentrazione di additivo, ben sei sono di importazione.
Possiamo sintetizzare dicendo che circa il 44% dei vini rossi esaminati contiene valori moderati dell’additivo, che come abbiamo visto vanno a corrispondere in linea di massima ad una migliore qualità delle uve, dell’igiene in cantina, ad una maggiore controllo tecnologico del processo produttivo.
Per il restante 56% i valori sono superiori (tabella8) a questo limite per così dire ideale per il consumatore, fino anche a valori decisamente elevati che, come abbiamo visto, una maggiore attenzione in cantina ed un maggiore rispetto per il consumatore potrebbero sicuramente ridurre.
Dei 58 vini bianchi e rosé, solo 12 (20%) risultano con una concentrazione inferiore agli 80 mg/l, valore che potrebbe essere sufficiente con un processo di vinificazione ben controllato (tabella9). Il restante 80% presenta valori superiori fino a concentrazioni quasi al limite del consentito ( i valori più elevati sono indicati in tabella10, per gli altri si rimanda alla Tabella Completa Riassuntiva dell’indagine).

Ma una attenta disamina dei risultati, delle etichette e degli scontrini di acquisto permette altre considerazioni parimenti interessanti per il consumatore.

I vini meno cari sono anche quelli che contengono più solfito?

Abbiamo suddiviso i vini per fasce di prezzo: quelli inferiori a 4 euro/litro, quelli tra 4 e 9 euro/litro, quelli superiori a 9 euro/litro ( tabella11 per i rossi, tabella12 per i bianchi e rosè).
In effetti, si nota una differenza, sia per i rossi che per i bianchi. In entrambe i casi, pur con delle eccezioni, come evidenziato dai valori minimi e massimi per fascia di prezzo, i valori medi di anidride solforosa totale risultano più alti nei vini appartenenti alla fascia più bassa di prezzo.

C’è differenza se acquistiamo il vino nei negozi o nella Grande Distribuzione?

Abbiamo suddiviso tutti i vini acquistati per le due grandi tipologie di punto vendita: negozio e negozio specializzato; grande distribuzione.
La differenza nei valori medi è rilevante, anche se i valori massimi e minimi indicano che ci possono essere eccezioni (tabella13). Comunque si può affermare che un vino acquistato in un negozio contiene mediamente meno solfito. E questo è sicuramente un altro dato molto interessante per il consumatore e speriamo uno stimolo a migliorare per chi opera nella Grande Distribuzione.

I vini DOC contengono meno solfiti dei vini da tavola? E se acquisto vini da agricoltura biologica? O vini di importazione?

Se da un lato il consumatore è spinto, nelle enoteche e dalle riviste specializzate, ad acquistare vini DOC o IGT come garanzia di qualità, una pubblicità martellante promuove vini da tavola. Spesso inoltre i prodotti biologici vengono considerati migliori dal punto di vista della salubrità. Anche in questo caso abbiamo valutato il tenore medio di anidride solforosa per le diverse tipologie di prodotto.
Acquistare un prodotto italiano è quanto ci sentiamo spesso ripetere. Abbiamo quindi anche messo a confronto i prodotti italiani con quelli di importazione (tabella14).
I risultati danno ancora una volta indicazioni chiare al consumatore:
I vini da tavola mediamente contengono un maggior tenore di solfiti rispetto ai vini a denominazione di origine o Igt.

Bere Bio non sembra dare particolari vantaggi: soprattutto si nota una fortissima oscillazione nei valori di additivo. Sorprende trovare valori più elevati rispetto ai limiti normalmente indicati nei disciplinari. Tutto questo sembra indicare prodotti non ben controllati nella fase produttiva e scarsamente verificati dagli enti certificatori.
Sorprende poi i valori di anidride solforosa sui prodotti di importazione: mediamente presentano valori inferiori alla produzione nazionale.
Anzi, a ben vedere, i prodotti mediamente con meno additivo sono quelli di importazione extra CEE (tabella15).
Alcune considerazioni tecniche si possono fare: la riduzione dei solfiti richiede l’uso di tecnologie avanzate, quali l’iperossigenazione, non sempre ben accolte dai produttori italiani in quanto tendono a livellare le caratteristiche varietali dei vini (bianchi), per quanto riguarda le qualità aromatiche. A dire il vero alcuni ricercatori non concordano su questo aspetto, non avendo riscontrato variazioni apprezzabili delle caratteristiche dei vini sottoposti a iperossigenazione. Forse sarebbe opportuno approfondire bene questi aspetti da parte dei produttori italiani, visto il tipo di prodotto che sta arrivando dai mercati extraeuropei e alla sempre maggiore attenzione del consumatore alla sanità dei prodotti.
Giova inoltre ricordare che i solfiti possono essere sostituiti in parte da altri additivi, più costosi e con delle limitazioni. Probabilmente la soluzione migliore è di adottare più tecnologie alternative ai solfiti, integrandole con una elevata igiene di produzione ed alta qualità sanitaria delle uve, per ottenere una progressiva riduzione dei solfiti: azione probabilmente già in atto all’estero ed in alcune cantine italiane, ma che non interessa ancora in modo ampio la produzione nazionale.

Conclusioni

I prodotti sul mercato italiano, per quanto riguarda il tenore in solfiti, rientrano tutti nei limiti di legge nazionali, però presentano una fortissima oscillazione dei valori. Tra i vini di importazione, soprattutto extra CEE e tra i vini nazionali di qualità si trovano i valori più contenuti dell’additivo. Sembra premiare il consumatore l’acquisto nei negozi e nelle enoteche. Al contrario i vini da tavola ed i vini acquistati nella grande distribuzione possono contenere valori più alti di additivo.
Acquistare Bio non sembra premiare il consumatore, soprattutto per la forte diversità di solfiti tra un prodotto e l’altro.
Il consumatore dovrebbe porre attenzione alla problematica solfiti, tenendo conto che un buon bevitore, acquistando vini a maggiore tenore dell’additivo, può anche superare le dosi accettabili per giorno raccomandate dalle organizzazioni mondiali della sanità

L’indagine, condotta dal Movimento Consumatori nell’ambito del progetto “Questione di etichetta”, realizzato anche con il finanziamento del Ministero dell’Industria, è stata organizzata e coordinata dal Movimento Consumatori di Cuneo che si è avvalso della collaborazione scientifica dello Studio del dr. Alessando Occelli.

Il prelievo dei campioni è stato effettuato dalle sezioni del Movimento Consumatori presenti nelle città di Andria, Caserta, Catanzaro, Cuneo, Firenze, Genova, Lecco, Livorno, Milano, Modena, Roma, Torino, Venezia, Verona.


Cuneo 9 settembre 2004









Solfiti negli alimenti - Innocui? Non per tutti

For sensitive individuals there is no safe level.
Any amount of undeclarated sulphite may trigger
an adverse reaction in a susceptible individual.

Solfiti, bisolfiti, metabisolfiti... sono tutti derivati dell’anidride solforosa e vengono comunemente usati come conservanti nella preparazione di bevande analcoliche come succhi di frutta e bevande alcoliche (vino, birra, liquori). Non li avete mai incontrati in etichetta? È possibile, visto che non vengono sempre dichiarati. La legge italiana, infatti, non obbliga i produttori di vino ad indicare in etichetta gli ingredienti e i coadiuvanti usati, eppure non tutti sanno che il vino può subire aggiunta di mosto (per aumentarne la gradazione), aggiunta di enzimi, caseine, gelatine, acido tartarico per aumentare l’acidità, e i solfiti per la conservazione e via di questo passo. La legge fissa comunque un limite di 10mg di solfiti per kilogrammo di prodotto, ma in taluni casi questo limite non viene rispettato.

Ma quanti solfiti ingeriamo anche a nostra insaputa? Tenta di fare chiarezza una ricerca condotta nel 2000 da alcuni ricercatori dell’Istituto Nazionale di Nutrizione Umana che ha quantificato, sulla base dei livelli di solfiti contenuti negli alimenti, che un bambino può assumerne fino a 23mg al giorno, mentre un adulto può arrivare a 50mg. Questi valori superano la DGA (Dose Giornaliera Accettabile) fissata per i solfiti a 0.7mg/kg/die. Questo significa che un bambino di 30kg di peso dovrebbe assumerne al massimo 21mg, mentre un adulto di 60kg non più di 42mg.

Qualche buon motivo per evitare alte dosi di solfiti? Questi composti contenuti negli alimenti e nelle bevande vengono assorbiti dall’organismo e sono ritenuti responsabili di lesioni alla mucosa intestinale e della riduzione dei livelli di vitamina B1. Inoltre numerosi studi hanno dimostrato che causano reazioni allergiche nei soggetti sensibili. Si è stimato che dal 5% al 10% dei soggetti asmatici adulti siano ipersensibili ai solfiti. Questa percentuale sale al 21% per i bambini asmatici. Sulla base di questi dati, non sarebbe giusto indicarli nelle etichette? Non è un diritto dei consumatori essere informati? Di questa problematica si è occupata anche la Commissione Europea, che ha recentemente approvato un emendamento. Nel 2005 entrerà in vigore una normativa che prevede che sulle etichette dei vini e di altri alimenti debba essere indicata la presenza di solfiti in proporzione superiore a 10 mg/litro. In America? E' obbligotario dichiararli da un pezzo ... come? Non sono sempre loro i cattivi?

Altri link:
Sulfite Sensitivity and Eating Out
Allergen/Additive/Preservative Search or Allergens By Category

Ciao Mauro, nel tuo interessantissimo intervento inserisci un sacco di informazioni che fanno riferimento a delle tabelle, ma dove possiamo vederle queste tabelle?
 
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8 replies since 22/8/2006, 06:25   10002 views
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