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Viaggio agli inferni del secolo., Dino Buzzati, "profeta" contemporaneo.

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yareol
view post Posted on 31/1/2011, 16:56 by: yareol
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Non importa quanto è buio il cammino, guarda solo la Luce di fronte a te.

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Capitolo secondo - I segreti della "MM"

Così andai a cercare quel Torriani, operaio agli scavi della Metropolitana Milanese, il quale risultava aver casualmente scoperto nel sottosuolo una piccola porta che immetteva all'Inferno.
Come mi aveva detto il direttore, la moglie del Torriani era figlia di un vecchio speditore del nostro giornale: perciò seppi l'indirizzo.
Egli si chiamava Furio Torriani, abitava in un casamento1 in via privata Sanremo 32 dalle parti di porta Vittoria, con la moglie e due bambini. Venne lui ad aprire.
<< Si accomodi professore >> disse indicando la porta del soggiorno << ma temo che... >>
<< Non sono professore >> dissi. << voglia scusare il disturbo. Ho avuto l'incarico di... >>
Era piuttosto alto e tarchiato2. Quarant'anni circa. Abito di grisaglia3, camicia bianca, mani magre e curate, un regolo calcolatore4 spuntava dal taschino della giacca.
Un operaio quello? Infatti operaio non era, bensì perito industriale, assistente di una delle imprese appaltatrici degli scavi. Una chiara e imperativa faccia basso-padana, il sorriso facile, polsi grossi da pugilatore. Altro che uomo delle tenebre.
<< Si accomodi... no è meglio su quella poltrona... la avverto subito che... >>
<< Aspetti a dire di no signor Torriani, noi vorremmo soltanto... >>
Adesso rideva: << Non so neppure io come possa essersi diffusa una voce simile >>.
<< Perchè? Non è vero? >> Un sollievo grandissimo mi prese. Allora era una fandonia, e il servizio andava in fumo.
<< E' incredibile, mi creda. Io non ho parlato a nessuno, solo Dio sa come si è sparsa la voce... E i particolari poi! Come di quel mio compagno che sarebbe entrato e non avrebbe più fatto ritorno. >>
<< Chi sarebbe questo suo compagno? >>
<< Ma non esiste, non è mai esistito! >>
<< Scusi, signor Torriani, ma un granellino di verità ci deve pur essere, altrimenti... >>
Mi fissò divertito: << Un granellino di verità? Ah, questa è magnifica! >>. E scoppio in una delle sue salubri risate.
Allora mi alzai, ero deliziosamente leggero come quando si va dal medico con una maledetta paura e il medico dice che non è niente. Finalmente mi chiedevo come il mio direttore avesse potuto prendere sul serio un'assurdità simile, come io stesso avessi potuto crederci. L'Inferno a Milano? La porta dell'Ade nella capitale del miracolo economico? Avevo voglia di accendere una sigaretta.
<< Non mi resta che chiedere scusa per il disturbo. Sa, il nostro dovere di giornalisti... >>
<< Per carità, nessun disturbo, anzi il piacere di aver fatto la sua conoscenza. >>
In quel momento, girando gli sguardi, notai su di un tavolino una vecchia edizione della Divina Commedia illustrata dal Dorè. Era aperta là dove si vedono da lontano Dante e Virgilio i quali, tra roccioni sinistri, si avviano alla bocca nera dell'abisso.
Fu come un rintocco, come un uncino. Alle mie spalle la gradevole voce del Torriani che mi accompagnava alla porta: << E' stato di notte >> disse. << si lavorava a turni continuati. Era appena passata una escavatrice Grandhopper e dal taglio nella terra smottavano giù sassi e fango quando... >>
<< Dio mio, allora è vero? >>
<< Su su, professore, non è il caso di fare quella faccia. Se lei proprio ci tiene, le potrò mostrare il posto preciso. >>

Benchè naturalmente non credesse a una sola parola di quella storia, l'ingegner Roberto Vicedomini della Metropolitana Milanese, che è l'amabilità in persona, acconsentì ad accompagnare il Torriani e me alla stazione di piazza Amendola. Le piogge della Fiera campionaria5 erano finite e risplendeva una bellissima luna piena appena calante. L'orologio elettrico della piazza segnava la una e cinquanta minuti, ne mancavano dunque dieci all'ora fatale. Un inserviente aprì la porta in ferro della scala centrale e accese le luci.
Tutto laggiù nell'atrio sembrava pronto, da un momento all'altro ci si sarebbe potuti aspettare l'irrompere della folla affannata. Ma adesso c'era una impressionante solitudine.
<< Bello >> dissi tentando di darmi coraggio. << trovo la sistemazione di un gusto perfetto. >>
L'ingegner Vicedomini si volse al Torriani con ironia: << E allora dove? >>.
L'assistente rispose: << In fondo alla banchina A >>.
L'ingresso e l'uscita dei viaggiatori sono controllati da tornelli e cancelletti. I tornelli di ingresso sono rotativi con tre pale a centoventi gradi. Il viaggiatore introduce il biglietto in una fessura. Un dispositivo elettronico controlla che il biglietto sia valido, lo annulla, libera la tornella e la blocca nuovamente passato il viaggiatore. L'introduzione di un biglietto non valido aziona una suoneria d'allarme.
Ma adesso i tornelli di ingresso non ruotavano nè i biglietti venivano introdotti nella fessura, nè i dispositivi elettronici controllavano, nè si udivano suonerie d'allarme perchè tutto ristagnava nell'attesa, la grande giostra non era ancora cominciata.
Scendemmo, si percorse la banchina fino all'estremità nord-occidentale. A circa due metri dal termine il Torriani puntò l'indice su uno dei pannelli di graniglia6 a macchie rosse e grigio scuro che rivestono fino a una certa altezza le pareti.
<< Esattamente qui >> disse. E non aveva più tanta voglia di ridere.
<< Ma adesso è tutto chiuso, è tutto bloccato. >>
<< Questi pannelli si possono togliere facilmente. E' previsto. Dietro, passa una quantità di cavi e può esserci bisogno di una riparazione. Vero ingegnere? >>
L'ingegnere assentì.
<< Ma, dietro al pannello >> dissi << questa famosa porticina sarà stata murata, immagino. >>
<< Per tre quarti >> spiegò il Torriani. << in basso è stato sistemato uno sportello metallico, a carponi ci si può passare. >>
L'ingegnere lo guardò fisso: << Caro Torriani, lei realizza la gravità di quanto sta dicendo? >>
<< Penso di si, ingegnere. >>

Un silenzio sepolcrale e una assoluta immobilità regnavano nella stazione nuova di zecca. Solo dalla nera profondità della galleria dei treni giungeva a intermittenza un misterioso ronzio.
<< E lei sostiene che qui esiste un passaggio, un cunicolo, un corridoio o il diavolo che vuole? >>
<< Esattamente. >>
<< E tutti quelli che lavoravano qui non si sono accorti di niente? >>
<< Certo che si sono accorti, ma hanno creduto fosse un antico camminamento come ce ne sono intorno al Castello Sforzesco. Io invece sono entrato a vedere. >>
<< Lei solo? >>
<< Si. Tanto più che dopo un paio di metri una frana aveva ostruito quasi completamente il cunicolo e passare costava una certa fatica. >>
<< E di là? >> chiese, più che mai scettico, l'ingegnere.
All'estremità di ogni banchina, lato provenienza treni, si hanno due telecamere con distanze focali diverse; una permette di vedere tutta la banchina, la seconda ingrandisce la zona più distante. La scelta tra le due telecamere è fatta, a seconda delle necessità, dal guardasala, il quale ha due monitor, perennemente inseriti, uno per ogni banchina. Ma adesso il guardasala non faceva la scelta fra le due distanze focali. Perchè il guardasala non c'era, non c'era ressa di viaggiatori, di viaggiatori ne esisteva uno il quale si preparava a partire per un paese troppo lontano.
<< Dopo una ventina di metri >> disse il Torriani << ho visto in fondo un po' di luce. C'era una angusta scaletta che saliva in superficie. >>
<< E lei è salito? >>
<< Sissignore. >>
<< Dove è sbucato? In Fiera campionaria? >>
<< Era una strada che non avevo mai visto, piena completamente di macchine. Ferme. Un tale ingorgo che non si muovevano più. Sui marciapiedi invece una folla che andava e veniva come se... Sa le formiche quando si dà un calcio al formicaio? >>
<< Tutto qui il suo inferno? Sarà stata una strada vicina che lei non conosceva. >>
<< Impossibile. E poi vede ingegnere, erano le due di notte quando mi sono cacciato nel cunicolo e di là... di là era giorno chiaro. E quando sono tornato indietro, e al massimo erano passati dieci minuti, ho ritrovato la notte. Se non è l'Inferno... >>
<< E se fosse il purgatorio invece? C'era puzza di zolfo? Ha visto le fiamme? >>
<< Niente fiamme. Il fuoco, piuttosto, era negli occhi di quegli sciagurati. >>
L'ingegnere adesso pareva invelenito, quasi l'altro lo prendesse in giro: << Basta adesso. Vediamolo, questo sportellino. Si dia le mani d'attorno, caro il mio Torriani. C'è qui il nostro Buzzati ansioso, vero, di seguire le sue orme >>.
Il Torriani si volse alle scale d'accesso. << Anselmoo! >> gridò con voce di toro e le ampiezze sotterranee la ripercossero in eco cavernosa.
Di laggiù comparve immediatamente un tizio in tuta con una sacca di cuoio a tracolla.
Il Torriani gli fece un cenno. Quello si, era un operaio. Toccò il pannello ai margini, il pannello si mosse e si aprì come un piccolo ponte levatoio. Comparvero le viscere, un'alta fascia di cavi rivestiti di cortecce rosse, gialle, nere, bianche, a seconda dei circuiti.
<< Ecco >> disse il Torriani indicando uno sportello di ferro al filo del pavimento. Era rotondo con cerniera in alto e tre forchette sporgenti in cui si innestavano tre bulloni snodati, come negli oblò delle navi.
<< Ma questo è un banalissimo dotto di controllo per le cloache!7 >> esclamò l'ingegnere. << Su, Torriani, faccia aprire. Sentirete il rumore dell'acqua. E chissà che puzza. >>
L'operaio svitò i tre galletti8, dischiuse il portello.
Ci chinammo. Di là era buio fitto.
<< Questo non è rumore di acqua >> dissi.
<< Altro che acqua! >> fece il Torriani soddisfatto.
L'ingegnere balbettò qualche cosa e si ritrasse. Confusione, imbarazzo, paura forse.
Di che cosa era fatto il suono che veniva dalle profondità del cunicolo? Che cosa significava il terribile suono? In quel coro sconnesso e folle pareva ogni tanto di distinguere grida e parole umane fittissime (per una confessione fulminea in due tre disperati secondi dopo una lunga vita malvagia all'incombere inaspettato della morte?). O era il ruggito delle macchine, o il singulto delle macchine, o il lamento e il miserere delle vecchie, accidentate, intossicate macchine dell'uomo? Cateratte9 di orrende cose massicce e dure che con selvaggio scroscio precipitava macinando altre cose, tenere queste e dolenti.
<< No, non ci vada >> mi disse l'ingegnere con un filo di voce.
Oramai! Indossata la tuta, impugnata la torcia elettrica. Mi inginocchiai.
<< Addio professore >> disse il Torriani con un sorriso buono.
<< Mi scusi. Forse la colpa è mia. Forse dovevo tacere. >>
Infilai la testa nel pertugio, avanzai strisciando. Il lontano coro divenne un rombo. Laggiù in fondo una punta di luce.


1 caseggiato.
2 di costituzione fisica massiccia.
3 tipo di tessuto in lana pettinata a piccoli punti neri e bianchi coi quali si ottiene una caratteristica tonalità di grigio. Esempio
4 strumento che permette di eseguire con facilità alcune operazioni matematiche. Esempio
5 la Fiera campionaria di Milano si svolge verso la metà di Aprile periodo caratterizzato dalla pioggia.
6 finto granito costituito da frammenti di marmo tenuti insieme da cemento.
7 le fogne.
8 dadi filettati a farfalla fatti per essere avvitati senza l'uso di attrezzi. Esempio
9 cascate, qui intese come frane.


Edited by yareol - 5/11/2015, 15:39
 
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