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Viaggio agli inferni del secolo., Dino Buzzati, "profeta" contemporaneo.

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yareol
view post Posted on 10/2/2011, 20:41 by: yareol
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Non importa quanto è buio il cammino, guarda solo la Luce di fronte a te.

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Capitolo settimo - Il giardino



Non è tutto infernale all’Inferno. In uno degli schermi di Mrs. Belzeboth vidi laggiù, nel colmo del groviglio urbano, un giardino, era un vero giardino fatto di prati, alberi, aiuole e fontanelle, recinto da un alto muro; bellissimo per la festa della vegetazione all'irrompere della calda primavera. Una stupefacente isoletta di pace, riposo, speranze, buona salute, buoni odori e silenzio. Ancora più strano il seguente fenomeno: mentre la restante metropoli era stancamente illuminata dal flaccido e putrido sole della metropoli, il giardino risplendeva di luce pura come quella delle montagne. Quasi esistesse un invisibile tubo che mettesse in diretta comunicazione il giardino con l'astro, riparando quel breve tratto di città dalle pestilenze e dai furori dell'aria circostante.
Su di un lato del giardino sorgeva una casa a due piani di antico e nobile aspetto, attraverso i finestroni spalancati del primo piano si intravedeva un grande salotto arredato come i vecchi salotti delle case ricche, patriarcali e sicure, in un angolo naturalmente esisteva un pianoforte a mezza coda, al piano sedeva una signora sui sessantacinque anni, coi capelli bianchi e l'espressione mite, suonando abbastanza bene un improvviso di Schubert, e la musica non rovinava affatto il silenzio del giardino perché era musica fatta apposta per non contaminare le paci dell'animo, erano le due e tre quarti del pomeriggio e il sole sembrava contento di vivere.
Su un lato del giardino sorgeva una casupola di stile garbatamente rustico per il custode, che faceva anche il giardiniere. Dalla porta di questa casina uscì una bimba di tre anni che si mise a saltellare sul prato canterellando una sua incomprensibile filastrocca. Attraversato il prato, la bambina si accucciò all'ombra di un cespuglio e subito le venne incontro un coniglietto selvatico, suo amico, che là aveva la sua tana. La piccola prese in braccio il coniglietto e lo portò al sole. Tutto era lieto, felice, perfetto, tale e quale certi quadri un po' leziosi1 dell'ottocento tedesco.
Io mi volsi alla signora Belzeboth che seguiva le mie esplorazioni, e le dissi: << Come la mettiamo, signora? Sarebbe questo l’Inferno? >>.
Da un angolo della sala il sussurrio delle ancelle. E la regina delle amazzoni rispose: << L’Inferno non esisterebbe, ragazzo mio, se prima non ci fosse il Paradiso >>.
Detto così, mi invitò a un altro schermo dedicato esclusivamente al salotto della vecchia distinta signora. Aveva smesso di suonare il piano perché era entrata una visita: un signore sui quarant'anni con occhiali che le esponeva un certo progetto, ma la signora sorridendo scuoteva la testa: << No, dottore, mai e poi mai venderò il mio giardino, preferirei morire piuttosto, grazie al cielo è sufficiente quel po' di rendita che mi rimane >>.
L'altro insistette enormemente, pronunciando delle bellissime cifre, pareva quasi che stesse per cadere in ginocchio. Ma la dama rispondeva di no, di no, piuttosto preferiva morire.

A un terzo schermo mi trasse allora la dominatrice. Passando dinanzi al video puntato ancora sul giardino inverosimile, intravidi il coniglio che stava mangiando delle grandi foglie di lattuga, e la bambina al suo fianco, con soddisfazione materna.
Nel terzo schermo si assisteva a una solenne riunione in una sala ancora più solenne. Era una seduta del Consiglio della Città, tutti i consiglieri seduti ascoltavano un discorso dell’assessore Massinka, incaricato di sovrintendere ai parchi e ai giardini. Il Massinka perorava la causa del verde, dei prati, degli alberi, polmoni della intossicata città. Parlava bene, con argomenti persuasivi e serrati, alla fine si ebbe una vera ovazione. Intanto era scesa la sera.
Mi riportarono al salotto della distinta signora. Entrò un nuovo visitatore più in male arnese2 del primo. Da una cartella estrasse un foglio che portava i timbri delle municipalità, dei governatorati, degli ispettorati, dei ministeri minimi e massimi: per potervi costruire una rimessa per autobus, assolutamente necessaria nella zona, una fetta del giardino veniva espropriata3.

La signora protestò, si indignò e perfino pianse, ma il visitatore se ne andò lasciando sul pianoforte il documento coi malefici timbri e nel momento stesso si udì fuori il frastuono. Una specie di rinoceronte meccanico sfondava il muro di cinta del giardino e con le sue braccia a forma di falce, di tenaglia, di denti, di odio e di distruzione, si avventò sugli alberi, sui cespugli e sulle aiuole della striscia prefissata trasformando tutto, nel giro di pochi minuti, in una poltiglia di terra e di fango. Proprio laggiù aveva la sua tana il coniglietto, la bambina fece appena in tempo a salvarlo. Alle mie spalle, nella sala in penombra, le demoniache ragazzine ghignavano.
Si tornò al Consiglio della Città, erano passati appena due mesi, il professor Massinka esplodeva in irruenti proteste contro lo scempio delle ultime superstiti oasi di verde e alla fine volevano portarlo in trionfo, tale era l’entusiasmo suscitato. Mentre scrosciavano gli ultimi applausi, un messo entrava nel salotto della nostra signora porgendo un foglio coperto di timbri spaventosi: le supreme esigenze della strutturazione urbanistica imponevano l'apertura di una nuova arteria per sbloccare il centro supercongestionato, donde l'esproprio di una seconda fetta di giardino. I singhiozzi della signora furono ben presto coperti dal fracasso frenetico dei bulldozers sitibondi di selvaggia rovina. E si diffuse un acuto odore di manovra elettorale4. Fu un miracolo se la bambina, svegliata di soprassalto, arrivò in tempo a salvare il coniglietto la cui nuova tana stava per rimanere spiaccicata.
Il muro di cinta risorse perciò molto più a ridosso della casa, il giardino era ormai ridotto a una povera fettuccia di prato con tre alberi appena, il sole tuttavia riusciva, ancora, nelle belle giornate, a illuminarlo decentemente e ancora la bambina correva su e giù, ma era un breve cammino, dopo pochi salti le toccava sempre tornare indietro, altrimenti sarebbe andata a sbattere contro il muro.
Dallo schermo del Consiglio della città si udì nuovamente tuonare l’invettiva del benemerito professor Massinka assessore ai parchi e ai giardini, il quale riuscì a convincere tutti gli astanti che la salvezza del pochissimo verde residuo nella città era questione di vita o di morte. Contemporaneamente una specie di volpe umana sedeva nel salotto della signora, persuadendola che un terzo esproprio era in progetto e che unica soluzione per lei era vendere al più presto, sul libero mercato, la rimanente porzione di giardino. All'udire quegli atroci discorsi, lacrime scendevano in silenzio giù per le pallide guance della signora, ma l'altro pronunciava numeri sempre più alti, un milione al metro quadrato, trenta milioni al metro quadrato, sei miliardi al metro quadrato5 e così dicendo porgeva un foglio da firmare e una biro per mettere la firma. La tremula mano della signora non aveva terminato di tracciare l'ultima lettera del suo aristocratico cognome che fuori si scatenò l'apocalisse con dilaceramenti e schianti.
La signora Belzeboth e le sue vallette erano adesso intorno a me e sorridevano beate dell'impresa. Era una serena giornata di Settembre, il giardino non esisteva più, al suo posto un funesto buco, un angusto pozzo nudo e grigio sul cui fondo, con impressionanti contorsioni, riuscivano a entrare e a uscire certi furgoncini. Laggiù il sole non sarebbe arrivato mai più nei secoli dei secoli, e neppure il silenzio, né il gusto di vivere. Nemmeno il cielo si poteva vedere dal sinistro cortiletto, neppure un minuscolo fazzoletto di cielo, tanti erano i fili e i cavi che si intrecciavano, da un lato all'altro del pozzo, per il trionfo dei progressi e delle automazioni. Vidi finalmente la bambina che sedeva, piangendo, col coniglio morto sulle ginocchia. Ma poco dopo la mamma, chissà con quali pietosi espedienti, glielo portò via e, come fanno tutti alla sua età, la bambina ben presto si è consolata. Ora non corre più sui prati e tra i fiori, ma con delle scaglie di cemento e bitume raccolte in un angolo del cortiletto erige una sorta di costruzione, forse il mausoleo6 per la sua amata bestiola. Certo non è più la graziosa bimba di prima, le labbra, quando sorride, hanno agli angoli una piccola piega dura.
Ora mi si chiederà di rettificare, poiché all'Inferno non possono esistere bambini. Invece ce ne sono, eccome. Senza il dolore e la disperazione dei bambini, che probabilmente è la peggiore di tutte, come potrebbe esserci un Inferno comme-il-faut7? E poi, a me stesso che ci sono stato, non è ben chiaro se l’Inferno sia proprio di là, o se non sia invece ripartito fra l'altro mondo e il nostro. Considerando ciò che ho potuto udire e vedere, mi domando anzi se per caso l’Inferno non sia tutto di qui, e io mi ci trovi ancora, e che non sia solamente punizione, che non sia castigo, ma semplicemente il nostro misterioso destino.


_____________________________Fine




1 sdolcinati, ricercati.
2 malvestito, di aspetto trascurato.
3 l'espropriazione è la privazione di un diritto di proprietà perpetrato ai fini della pubblica utilità.
4 si capisce che l'azione è stata compiuta per guadagnare voti alle elezioni.
5 naturalmente le cifre sono espresse in Lire.
6 tomba monumentale.
7 espressione francese, sta per "come si deve".


Edited by yareol - 10/2/2011, 21:02
 
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