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Omero in Finlandia

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onussen
view post Posted on 3/8/2005, 20:56




Ben conosciute da tutti sono le due grandi opere scritte dal poeta greco Omero : l'Iliade e l'Odissea. La reale esistenza di Omero per la verità è dubbia.

Cantami, o Diva, del Pelide Achille
L'ira funesta, che infiniti addusse
Lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
Generose travolse alme d'Eroi,
E di cani e d'augelli orrido pasto
Le salme abbandonò. Così di Giove
Il senno s'adempia, dacchè discordi
Fè primamente una superba lite
Il re de' prodi Atride e il divo Achille.
E qual de' Numi inimicolli? Il figlio
Di Latona e di Giove. Irato al Sire
Destò nel campo un feral morbo il Dio
E il popolo peria; colpa d'Atride
Che fece a Crise sacerdote oltraggio.
Degli Achivi era Crise alle veloci
Prore venuto a riscattar la figlia
Con molto prezzo. In man le bende avea
E l'aureo scettro dell'arciero Apollo,
E agli Achei tutti supplicando, e in prima
Ai due supremi condottieri Atridi.
O Atridi, ei disse, o coturnati Achei,
Se gli eterni d'Olimpo abitatori
Concedanvi espugnar la Priameja
Cittade
, e salvi al patrio suol tornarvi,
Deh mi sciogliete la diletta figlia,
Ricevetene il prezzo, e il saettante
Figlio di Giove rispettate. Al prego
Tutti acclamar. Doversi il sacerdote
Riverire, e accettar le ricche offerte.
Ma la proposta al cor d'Agamennone
Non talendando, in guise aspre il superbo
Accommiatollo e minaccioso aggiunse:
Vecchio, non far che presso queste navi
Ned or, nè poscia più ti colga io mai;
Che nulla ti varrà del Dio lo scettro,
Nè l'infula. Costei franca non sia
Finchè vecchiezza non la sfiori in Argo
Lungi dal patrio tetto, entro la nostra
Reggia, al travaglio delle tele intenta,
E alla custodia del regal mio letto.
Or và, nè m'irritar, se salvo ir brami,
Disse; e al comando l'atterrito veglio
Obbedia. Taciturno incamminossi.
Del risonante mar lungo la riva;
E in disparte venuto [...]

[...] A lui che un giorno
La ben chiomata partoria Latona
Ad Apollo dal cor fe' questo prego:
Dio dall'arco d'argento, o tu che Crisa
Proteggi e l'alma Cilla, e sei di Tenendo
Possente imperador, Sminteo pietoso,
Odimi: s'unqua ghirlandai le porte
Del tuo sacro delubro, e di giovenchi
I pingui lombi io t'arsi e di caprette,
Questo voto m'adempi; il pianto mio
Paghin puniti dal tuo stral gli Achivi.
Si disse orando. L'udì Febo, e scese
Dalle cime d'Olimpo in gran disdegno
Coll'arco sulle spalle e la faretra
Tutta chiusa. Mettean le frecce orrendo
Su gli omeri all'irato un tintinnio
Mentre i passi movea, calando avvolto
Di notturna caligine. Piantossi
Delle navi al cospetto: indi uno strale
Liberò dalla corda, ed un ronzio
Terribile mandò l'arco d'argento.
Prima i giumenti e i can veloci assalse,
Poi le schiere a ferir prese vibrando
Le mortifere punte, e degli spenti
Arder per tutto si vedean le pire.
Nove giorni volar pel campo Acheo
Le divine saette. A parlamento
Nel decimo chiamò le turbe Achille,
Che gli pose nel cor questo consiglio
Giuno la diva dalle bianche braccia.
De' moribondi Achei fatta pietosa.
Come fur giunti e in un raccolti, in mezzo
Levossi Achille piè-vloce, e disse:
Atride, or sì cred'io, che ramingando
Darem volta di nuovo al patrio lido,
Se pur morte fuggir ne fia concesso:
Che guerra e peste ad un medesmo tempo
Ne struggono. Ma via; qualche indovino
Interroghiamo, o sacerdote, o pure
Interprete di sogni (che da Giove
Anche il sogno procede) onde ne dica
Perchè tanta con noi d'Apollo è l'ira:
Se di preci o di vittime neglette
Il Dio n'incolpa, e se da agnelli e scelte
Capre accettando l'odoroso fumo
Il crudel morbo allontanar gli piaccia.
Così detto s'assise. In piedi allora
Di Testore il figliuol Calcante alzossi
De' veggenti il più saggio, a cui le cose
Eran conte, che fur, sono o saranno;
E per quella che dono era d'Apollo
Profetica virtù, de' Greci a Troja
Avea scorto le navi. Ei dunque in mezzo
Pien di senno parlò queste parole:
Amor di Giove, generoso Achille,
Vuoi tu che dell'arcier sovrano Apollo
Ti riveli lo sdegno? Io t'obbedisco.
Ma del braccio l'aita e della voce
A me tu pria, signor, prometti e giura;
Perchè qui d'Argo il regnator cui tutti
Obbediscon gli Achei, ne fia sdegnoso.
Quando il potente col minor s'adira,
Reprime ei sì del suo rancor la vampa,
Per alcun tempo, ma nel cor la cova,
Finchè prorompa alla vendetta. Or dimmi,
Se salvo mi farai. Parla securo,
Rispose Achille, e del tuo cor l'arcano,
Qual ch'ei si sia, dì franco. Per Apollo
Che pregato da te ti squarcia il velo
De' fati, e aperto tu lo squarci a noi,
Per questo Apollo a Giove caro io giuro:
Nessun, finch'io m'avrò spirto e pupilla,
Con empia mano innanzi a queste navi
Oserà violar la tua persona,
Nessuno degli Achei; no, s'anco parli
D'Agamennone, che superbo or vanta
Dell'esercito tutto il sommo impero.

(Iliade, Libro Primo, traduz. di Vincenzo Monti, 1815)
http://books.google.it/books?id=VVVIAAAAYA...=gbs_navlinks_s

Achei: Greci. Il figlio di Latona e di Giove, Febo: il dio Apollo. Condottieri Atridi (Agamennone e Menelao), Agamennone (Agamennone) , Achille: re achei. Priameja Cittade: la città di re Priamo, Troia o Ilio. Giuno: la dea Giunone.

CITAZIONE
Nella mitologia greca, la guerra di Troia è narrata come una sanguinosa guerra combattuta tra i Greci e la potente città di Troia per il controllo dell'Ellesponto. Secondo la tradizione [...] il conflitto ebbe inizio a causa del rapimento di Elena, la regina di Lacedemone (la futura Sparta) ritenuta la donna più bella del mondo. Il marito di Elena, Menelao, grazie all'aiuto del fratello Agamennone radunò un incredibile esercito, formato dai maggiori comandanti dei regni greci e dai loro sudditi, muovendo così guerra contro Troia. Il conflitto durò 10 anni, con gravissime perdite da entrambi i lati. Fra le vittime abbiamo Achille, il più grande eroe greco, figlio del re Peleo e della dea Teti [...] Troia cadde dopo dieci anni di assedio grazie all'astuto piano di Ulisse, il piano del cavallo di legno che si mostrò un vero successo che cambiò le sorti della guerra.

L'Iliade finisce in verità con la cerimonia funebre per Ettore, la cremazione del corpo e la raccolta delle ossa in un'urna d'oro. E' ancora oggetto di studi e controversie la questione sulla veridicità storica degli avvenimenti della guerra di Troia. Alcuni studiosi pensano che vi sia un fondo di verità dietro gli scritti di Omero, altri pensano che l'antico poeta abbia voluto raggruppare diversi avvenimenti accaduti durante guerre e assedi, nel periodo della civiltà micenea, in unico conflitto, quello fra greci e troiani.
Alcuni studiosi pensano anche che Omero non sia mai esistito [...] gli storici hanno collocato cronologicamente l'episodio verso la fine dell'età del Bronzo, intorno 1300-1200 a.C., in parte accettando la datazione di Eratostene.

Gli eventi del conflitto sono noti principalmente attraverso l'Iliade di Omero, in quanto gli altri testi letterari del "Ciclo Troiano" sono ormai perduti e conosciuti solo tramite posteriori testimonianze. Singoli eventi sono infatti descritti in innumerevoli testi della letteratura greca e letteratura latina, dipinti o scolpiti in numerose opere d'arte. Grazie a queste testimonianze è stata ricostruita la guerra di Troia come si studia oggi nei testi scolastici. I testi più autorevoli sono pertanto senza dubbio l'Iliade e l'Odissea di Omero, composte intorno al IX secolo a.C. Entrambi narrano una piccola parte del conflitto [...] Gli altri avvenimenti dello scontro sono tratti dai cosidetti poemi del ciclo epico: i Canti Ciprii, l'Etiopide, la piccola Iliade, Iliou Persis, i Nostoi e la Telegonia. Sebbene di questi poemi sopravvivano ormai solo pochi frammenti [...]

I poemi di Omero e quelli del ciclo epico prendono spunto dalla tradizione orale [...] Nei secoli successivi drammaturghi, scrittori e filosofi presero spunto dagli eventi della guerra di Troia per le loro opere. I tre grandi tragediografi ateniesi, Eschilo, Sofocle ed Euripide, scrissero molti drammi sui personaggi della guerra di Troia. Fra gli scrittori romani il più importante è senza dubbio Virgilio. Nel secondo libro dell'Eneide, descrive il sacco di Troia ispirandosi sicuramente ai fatti narrati nei poemi del ciclo epico [...]

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Troia

La città di Troia, nota anche con il nome di Ilio, viene collocata dagli studiosi, sulla base delle testimonianze degli antichi, in Asia Minore, l'odierna Anatolia in Turchia.

"I Sassoni cominciano a farsi conoscere nel settentrione della Germania.
1199 - Menelao, re di Lacedemone = 36.
1198 - Elena è rapita da Paride, la qual cosa cagiona la guerra di Troia.
1194 - Agamennone è prescelto capo de' Greci contro i Troiani.
1193 - Principio della guerra contro Troia.
Gnia-thritz-hengo, primo re de' Tibetani.
1189 - Thuori, re d'Egitto = 7.
1188 - Jefte vince gli Ammoniti [...] Jefte è proclamato giudice d'Israello = 5.
1185 - Morte d'Achille, figlio di Peleo.
1184 - Troia è presa e incendiata dai Greci confederati per vendicarsi di Paride che rapì Elena sposa di Menelao, re di Lacedemone (2)".


("Cronologia universale" di Giovanni Battista Rampoldi, 1828)
http://books.google.it/books?id=DKBSAAAAcAAJ&dq=

www.arsbellica.it/pagine/antica/Troia/troia.html
https://digilander.libero.it/syntmentis/Sto...ecia/Troia.html
www.achille.it/la_guerra_di_troia.htm

Riguardo alla cronologia, gli autori dell'antichità, greci e non greci, riportano date differenti: 1194 - 1184 a.C. Eratostene e Diodoro Siculo; 1208 - 1198 a.C. Manetone e Giulio Africano; 1202 - 1192 a.C. Timeo; 1260 - 1250 a.C. o 1272 - 1262 a.C. Erodoto; 1299 - 1233 a.C. Plinio il Vecchio; 1344 - 1334 a.C. Duride di Samo; 1145 - 1135 a.C. Eforo di Cuma; 1200 - 1190 a.C. Velleio Patercolo; 1210 - 1200 a.C. Tucidide e via dicendo. Siamo intorno al 1200 a.C. Nel mondo classico greco-romano, nessuno metteva in dubbio la realtà di quegli avvenimenti.

www.edicolaweb.net/arca024r.htm

Archeologicamente parlando, tra il 1300 e il 1200 a.C. in Grecia raggiunse il suo apogeo la civiltà micenea: da qui l'assimilazione tra gli Achei di Omero e i Micenei.

CITAZIONE
Troia sorgeva all'imbocco dello stretto dei Dardanelli (l'Ellesponto), sul lato turco, e sembra che all'epoca dei fatti (circa il 1200 a.C.) avesse una considerevole importanza strategica. Data la sua posizione poteva controllare ogni traffico diretto verso il Mar Nero e la Colchide (la regione a nord-est del grande bacino). Si dice che fosse un grande emporio per l'oro e per l'argento e che vi arrivasse la giada dalla Cina. Per questo motivo gli Achei desideravano impossessarsene e la attaccarono, cingendola d'assedio.

Fonte: www.latecadidattica.it/odissea/cause_guerra_troia.pdf

CITAZIONE
Gli Achei [...] son detti anche Argivi, dalla città di Argo, o Danai, cioè "figli di Danao", quindi "occidentali" rispetto agli orientali Troiani. Oggi li si associa più che altro ai Micenei, dalla città di Micene. Nell'Iliade con il nome di Achei vengono indicati i popoli greci che presero parte alla Guerra di Troia. In età storica sono detti Achei gli abitanti dell'Acaia Ftiotide, nella Tessaglia meridionale, e dell'Acaia Egialea, corrispondente all'omonima regione denominata Acaia e parte dell'Arcadia.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Achei

http://it.wikipedia.org/wiki/Civiltà_micenea
http://it.wikipedia.org/wiki/Micene
http://www.google.it/search?site=imghp&tbm...8&q=micenei&oq=
http://www.google.it/search?site=imghp&tbm...=mycenaeans&oq=

L'Acaia, la Ftiotide, la Tessaglia e l'Arcadia sono tutte regioni della Grecia. Bisogna ricordare che la storicità della guerra di Troia è tuttora oggetto di dibattito fra storici e archeologi.

"Troia o Ilio divenuta immortale nelle opere di Omero e di Virgilio fu fondata da Tros, che la chiamò Troia dal suo nome, ed Ilio dal nome di suo figliuolo. Alcuni credono che a' tempi di Alessandro il grande essa fosse un villaggio, ragguardevole soltanto pel tempio di Minerva; che venisse dallo stesso conquistatore tutta rinnovata ed abbellita; che i Romani, quando entrarono per la prima volta in Asia trovandola ridotta al misero primiero suo stato, nulla risparmiassero per restituirla all'antico splendore; e che Augusto l'ornasse di magnifici edeifizii. Le rovine di questa nuova Ilio vennero descritte da Belonio, dallo Spon e da Brun (2). Ora però che l'antico regno di Priamo è stato esplorato con minutezza, e che si riconobbe il corso del Simoenta e dello Scamandro, venne ben anche dimostrato che l'antica Troia, l'Ilium d'Omero sorgeva sul colle, ora occupato dal villaggio di Bunarbachi; mentre l'Ilium del secolo di Strabone era più presso al mare (3)". ("Il costume antico e moderno" di Giulio Ferrario, Robustiano Gironi, Ambrogio Levati, 1829).
http://books.google.it/books?id=K4TUAAAAMAAJ&dq=

Erodoto (V secolo a.C.) scrisse di aver interrogato i sacerdoti egiziani a proposito di Ilio e delle vicende connesse:
"Interrogati da me in proposito, i sacerdoti mi raccontarono su Elena che le cose erano andate così: dopo aver rapito Elena da Sparta, Alessandro fece rotta verso il proprio Paese, ma, giunto nel Mare Egeo, i venti contrari lo spinsero fino al Mare d'Egitto; di qui (i venti non cessavano) arrivò in Egitto e precisamente alla foce di quel ramo del Nilo oggi chiamato Canobico e alle Tarichee (Saline). C'era sulla spiaggia, e c'è ancora, un tempio di Eracle: chi vi si rifugia, di chiunque sia servo, se si fa imprimere il santo marchio (Stigmate) consacrando se stesso al dio, non può più essere toccato; tale regola si è conservata identica dalle origini fino ai giorni nostri. Insomma alcuni servi infidi di Alessandro, venuti a sapere della norma in vigore nel tempio, sedutisi come supplici del dio denunciarono Alessandro: con l'intenzione di rovinarlo raccontarono tutta la storia di Elena e il torto commesso ai danni di Menelao. Pronunciarono le loro accuse di fronte ai sacerdoti e di fronte al guardiano del ramo Canobico che si chiamava Toni. Toni udì le accuse e subito, con la massima sollecitudine, inviò a Menfi un messaggio indirizzato a Proteo, che diceva così: "E' giunto uno straniero di stirpe teucra, autore in Grecia di una azione nefanda: ha sedotto la moglie del suo ospite e ora è qui con lei, e con ingenti ricchezze, trascinato nel tuo Paese dalla forza dei venti. Dobbiamo lasciarlo andare impunito oppure requisirgli quanto si è portato dietro fino a qui?". Proteo inviò una risposta di questo tenore:"Quell'uomo, chiunque sia, che ha agito da empio nei confronti del suo ospite, prendetelo e portatelo davanti a me. Voglio proprio vedere che cosa mai potrà dire". Appresa la risposta, Toni cattura Alessandro e gli sequestra le navi, quindi lo conduce a Menfi insieme con Elena e con i tesori, e assieme anche ai supplici. Quando ebbe tutti di fronte a sè, Proteo chiese ad Alessandro chi fosse e da quali mari venisse; quello gli elencò i suoi antenati, disse il nome della sua patria e spiegò la rotta seguita dalle sue navi. Poi il re gli chiese dove avesse preso Elena e, poichè Alessandro divagava nel discorso e non diceva la verità, i servi che si erano fatti supplici lo accusarono denunciando per filo e per segno il suo misfatto. Per ultimo parlò Proteo: "Quanto a me - disse - se non considerassi fondamentale non uccidere nessuno degli stranieri che arrivano nel mio Paese trascinati dai venti, io prenderei vendetta su di te per il Greco; tu sei un miserabile: dopo aver ricevuto i doni di ospitalità hai compiuto una azione così empia! Accostarsi alla moglie dell'ospite! E questo ancora non ti è bastato: l'hai istigata alla fuga e te la sei portata via, l'hai rapita. Ma neppure questo ti è bastato: hai saccheggiato la casa del tuo ospite prima di partire. Ora dunque, anche se mi guardo bene dall'uccidere uno straniero, non per questo ti lascerò condurre via la donna e le ricchezze: le terrò in custodia per l'ospite greco, fino a quando lui stesso vorrà venirsele a riprendere. Quanto a te e ai tuoi compagni di viaggio, vi concedo tre giorni per lasciare il mio Paese e trasferirvi altrove, altrimenti vi tratteremo come nemici". Così dunque i sacerdoti raccontano l'arrivo di Elena presso Proteo; a mio parere questa versione era nota anche a Omero, ma per la composizione del suo poema epico non si prestava altrettanto di quella da lui accolta; ecco perchè la trascurò pur palesando di esserne a conoscenza: lo si capisce da come nell'Iliade Omero racconta del girovagare di Alessandro (e in nessun altro punto si smentisce): di come fu portato dai venti, avendo con sè Elena, vagando di qua e di là e di come giunse a Sidone, in Fenicia [...] Domandai ai sacerdoti se ciò che i Greci raccontano delle vicende di Ilio è falso o no, ed essi mi risposero citando quanto, a sentir loro, avevano appreso da Menelao in persona: dopo il ratto di Elena, dissero, un grande esercito greco aveva raggiunto la terra dei Teucri, in aiuto di Menelao; una volta sbarcato e accampato l'esercito, furono mandati a Ilio dei messaggeri, tra i quali lo stesso Menelao; essi entrarono nelle mura della città, reclamarono la restituzione di Elena e delle ricchezze che Alessandro aveva sottratto e si era portato via, e chiesero soddisfazione pr i torti subiti. Ma i Troiani risposero allora come avrebbero sempre risposto anche in seguito, giurando e non giurando che Elena e i tesori non si trovavano lì bensì in Egitto; e non era giusto, dicevano, che dovessero rendere conto loro di quanto era in mano di Proteo, il re egiziano. I Greci, convinti di essere presi in giro, strinsero d'assedio la città, finchè non la conquistarono; quando poi, espugnate le mura, non trovarono traccia di Elena e continuarono a sentirsi ripetere lo stesso discorso, allora ci credettero e i Greci inviarono presso Proteo Menelao in persona. Menelao giunse in Egitto, risalì il fiume fino a Menfi, dove spiegò esattamente quanto era accaduto: allora ricevette grandi doni ospitali e potè riprendersi Elena, sana e salva, nonchè tutte le ricchezze. Però Menelao, pur avendo ottenuto ciò, si comportò da uomo ingiusto nei confronti degli Egiziani: le avverse condizioni del tempo gli impedivano di partire, mentre era già pronto a salpare; dato che il ritardo si protraeva, tramò un'azione esecranda: prese due bambini, figli di gente del luogo, e li usò come vittime per un sacrificio; in seguito, quando si scoprì che aveva commesso tale delitto, fuggì con le sue navi in direzione della Libia, odiato e inseguito. Dove poi si sia diretto gli Egiziani non erano in grado di dirlo; di una parte dei fatti ammettevano di avere informazioni indirette, ma di quanto era successo nel loro Paese vantavano una sicura conoscenza. Questo mi narrarono i sacerdoti egiziani; quanto a me sono d'accordo sulle notizie relative a Elena, sulla base di alcune considerazioni [...]".

Alessandro: Paride.
Proteo: re d'Egitto.


Edited by onussen - 9/4/2014, 06:34
 
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onussen
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Troia:

http://it.wikipedia.org/wiki/Troia
http://en.wikipedia.org/wiki/Troy
www.treccani.it/enciclopedia/troia/
http://spazioinwind.libero.it/popoli_antic...nore/Troia.html

Omero, l'Iliade e l'Odissea:

http://it.wikipedia.org/wiki/Iliade
http://it.wikipedia.org/wiki/Odissea
www.treccani.it/enciclopedia/tag/iliade
www.treccani.it/enciclopedia/tag/odissea
www.liberliber.it/libri/h/homerus/index.php
www.google.com/search?q=iliade&btnG...bks&tbo=1&hl=it
www.google.com/search?q=odissea&btn...bks&tbo=1&hl=it
www.google.com/search?q=omero&btnG=...bks&tbo=1&hl=it

L'Iliade e la guerra di Troia:

www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tb...Cerca+nei+libri
http://kidslink.scuole.bo.it/ic6-bo/scuola...ade/indice2.htm
www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tbo=1&q=war+troy
http://books.google.it/books?id=5RlcAAAAQA...=gbs_navlinks_s
www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tbo=1&q=troia+omero
http://books.google.it/books?id=CEwVAAAAQA...=gbs_navlinks_s

Mappa e ricostruzione del viaggio di Ulisse (Odissea), secondo le tradizionali vedute mediterranee:

http://web.tiscalinet.it/apaone/ilvero.htm

Omero:
www.progettobabele.it/Consiglilettura/omero.php
www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=552
http://it.wikipedia.org/wiki/Omero
http://bfp.sp.unipi.it/dida/oscrit/omeric.htm
www.treccani.it/Portale/elements/ca...icola_Omero.xml
http://books.google.it/books?hl=it&q=omero
www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tbo=1&q=homerus
http://en.wikipedia.org/wiki/Homer
http://guide.supereva.it/letteratura_fanta...01/239684.shtml

L'antica Asia Minore (oggi si chiama Turchia):
www.treccani.it/enciclopedia/asia-minore/

Ricostruzioni della città di Troia:

I ruderi di Troia:
www.google.it/images?hl=it&source=i...l=&oq=&gs_rfai=
www.google.it/images?hl=it&source=i...l=&oq=&gs_rfai=
www.duepassinelmistero.com/ilion.htm

Esisteva una città anatolica chiamata Wilusa e uno dei suoi re si chiamava Alaksandus.

Particolarmente interessanti sono il Trattato di Alaksandus (circa 1280 a.C.) e la lettera Manopa-Tarhundas.

Wilusa è Ilios/Ilio?

Alaksandus è Alessandro di Troia/Paride?

www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tbo=1&q=ilios
www.google.it/images?hl=it&source=i...l=&oq=&gs_rfai=
http://en.wikipedia.org/wiki/Hisarlik
www.varchive.org/nldag/archiss.htm
www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tbo=1&q=hissarlik
www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tbo=1&q=troy+homer

Le vicende mitiche di Troia:
www.scribd.com/Athanor/d/34484701/5...ONE-DI-TARTESSO

CITAZIONE
Nell'anno 1871 l'archeologo tedesco di H. Schliemann dà inizio agli scavi di Troia. Schliemann localizza l'antica città grazie alle indicazioni di Omero nei pressi della collina di Hissarlik in Turchia e ha la gioia di scoprire un sito archeologico strutturato in numrose stratificazioni a testimonianza di una civiltà antichissima e travagliata. Il cosidetto tesoro di Priamo risulterà poi di parecchio antecedente al periodo delle gesta omeriche e verrà trafugato dai sovietici, da Berlino a Mosca, alla fine della Seconda guerra mondiale. La scoperta di questa città leggendaria sarà rafforzata dal rinvenimento avvenuto cinque anni dopo, a opera dello stesso Schliemann, delle tombe reali di Micene. Le fonti storiche antiche sono, al pari delle moderne, in grande disaccordo circa l'esatta datazione della decennale impresa: si va dalla datazione più antica, di Duride e di altre fonti, che la collocano nel 1344-1334 a.C., a quella dello Psudo-Erodoto e, pare, di Erodoto stesso e di Tucidide che la collocano dal 1280-1270 a.C., fino alla più recente, proposta da Diogene Laerzio, che la fa risalire al 1160-1150 a.C. Alcuni archeologi ritengono che l'Ilio di Omero sia identificabile con Troia VII, realmente distrutta da un incendio verso il 1260 a.C., ma, considerando che l'attendibile tradizione cronografica ellenistica colloca l'impresa negli anni 1194-1184 a.C., possiamo verosimilmente sostenere che agli inizi del XII secolo a.C. la prospera città di Troia, Ilio per i Greci, costituisce un importante centro commerciale frigio posto pressochè all'imbocco dell'Ellesponto. In questo periodo la città domina sull'intera zona della Propontide (Mar di Marmara), e controlla quindi il Bosforo e l'accesso al Ponto Eusino (Mar Nero). La sua potenza costituisce un impedimento per i traffici e la circolazione degli Achei in questa zona strategica, e questi decidono pertanto di coalizzare le loro forze per abbatterla e, verosimilmente agli inizi del XII secolo a.C., la flotta della confederazione achea muove guerra a Troia. Omero, il cantore (aedo) cieco dell'VIII secolo a.C. al quale numerose città greche e ioniche si gloriano di aver dato i natali, è l'autore o forse soltanto l'ispirato collettore e redattore di tradizioni, tramandate oralmente da secoli, che si riferiscono a questo pluriennale assedio; l'eco della grande impresa, la mitizzazione dello scopo e dei protagonisti che nel tempo ne conseguono rappresentano il nucleo dell'Iliade. Quest'ultima costituisce, con l'Odissea, che narra l'avventuroso ritorno di Ulisse in patria, una fonte impareggiabile per la conoscenza delle origini del mondo greco, sebbene sia necessario considerare che Omero scrive di eventi accaduti all'incirca quattro secoli prima. Le sue testimonianze, benchè frutto di una tradizione orale che risale sicuramente all'epoca dei fatti, devono essere in un certo senso filtrate [...]

Fonte: http://books.google.it/books?id=6YiAHASn1ToC&dq=

Edited by onussen - 9/4/2014, 07:23
 
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onussen
view post Posted on 4/8/2005, 01:46




Le avventure di Heinrich Schliemann

Schliemann

http://biografieonline.it/biografia.htm?Bi...rich+Schliemann
www.google.it/search?hl=it&site=img...chliemann&btnG=
http://it.wikipedia.org/wiki/Heinrich_Schliemann
http://en.wikipedia.org/wiki/Heinrich_Schliemann
www.treccani.it/Portale/sito/scuola...schliemann.html
www.unmuseum.org/troy.htm
http://digidownload.libero.it/nonnatrastul...0di%20Troia.pdf
www.artleo.it/alarte/ee/testi/egizi...ro_di_troia.pdf
http://books.google.it/books?id=ZWUTO9rGeVwC&dq=
www.google.it/search?q=heinrich+sch...m=bks&tbo=1&hl=
www.treccani.it/enciclopedia/tag/heinrich-schliemann/
www.sioechcf.it/allegati/storia/schliemann_cap_11.pdf
http://cerhas.uc.edu/troy/q415.html
www.usu.edu/markdamen/1320Hist&Civ/chapters/04TROY.htm
www.age-of-the-sage.org/archaeology/heinrich_schliemann.html
www.britannica.com/EBchecked/topic/...rich-Schliemann
www.encyclopedia.com/topic/Heinrich_Schliemann.aspx
www.archaeological.org/pdfs/publica...HandlistA5S.pdf
www.scribd.com/search?query=HEINRICH+SCHLIEMANN

La scoperta di Troia

www.carmencovito.com/rossanero/schl...ta_di_Troia.pdf
www.google.it/search?tbs=bks%3A1&tbo=1&q=heinrich+schliemann

Ma quei ruderi che ormai tutti chiamano ruderi di Troia, lo sono veramente? ci sono altre prove,a parte certe rassomiglianze con le descrizioni omeriche? E' emerso mai dagli scavi, che continuano ancora oggi, un oggetto con qualche iscrizione da cui si possa ricavare una parola come Ilio o Troia?

"Nel Settecento", secondo la Treccani on-line,"vennero alla luce alcuni documenti epigrafici che attestavano fuori di ogni dubbio l'esistenza in quel luogo di un insediamento ellenistico e romano chiamato Ilio.In seguito a questa scoperta e alla corrispondenza delle descrizioni geografiche contenute nell'Iliade con la topografia del sito,nel corso dell'Ottocento alcuni studiosi avanzarono l'ipotesi che in quello stesso luogo si trovassero anche i resti della Troia preistorica e quindi di quella omerica.Troia fu riconosciuta da da H. Schliemann,con una delle più celebri scoperte della storia dell'archeologia,sulla piccola altura di Hisarlik,alla confluenza dello Scamandro con il Simoenta presso lo sbocco dei Dardanelli".

CITAZIONE
Nel 1870 Heinrich Schliemann,seguendo alla lettera le descrizioni dell'Iliade,fece degli scavi su una collinetta sulla quale sorgeva il villaggio turco di Hissarlik:trovò effettivamente una antica città;anzi trovò molti strati,ciascuno dei quali corrispondeva a una città.Non ebbe nessun dubbio nell'identificare in una di esse la Troia omerica e,in una serie di oggetti ritrovati,il "tesoro di Priamo" (che asportò senza troppo formalizzare).Ma Schliemann non era un archeologo ma un ricco mercante con la passione dell'archeologia e soprattutto con il sogno,covato fin da giovane,di ritrovare la Troia cantata da Omero.

Scavò in fretta e senza metodo,per cui molti elementi preziosi per identificare i reperti,andarono irrimediabilmente perduti.Altri archeologi continuarono poi,con maggiore competenza,le ricerche e ritennero di identificare la Troia omerica in un altro strato.Le ultime ricerche sono state eseguite,in questi anni,da una spedizione guidata dal prof. Manfred Korfmann dell'Università di Tubinga.

Ciò che è stato accertato è che il luogo è stato abitato dalla Preistoria (dal 3200 a.C.) fino ai nostri giorni.Si contano nove strati:periodicamentela città veniva distrutta,ma risorgeva dopo qualche tempo usando come fondamenta le rovine della precedente:si tratta di un procedimento molto comune che ritroviamo un pò dappertutto.Evidentemente il sito era considerato particolarmente idoneo,trovandosi in un luogo elevato dominante l'importantissimo stretto dei Dardanelli (Ellesponto per i Greci).

Ma è corretto identificare uno di quegli strati,non importa ora quale,con la Troia omerica?L'unico elemento che mette in relazione gli scavi di Hissarlik con Troia,è soltanto il fatto che i primi si trovano proprio nel luogo indicato dall'Iliade.Per il resto le ricerche ci indicano soltanto un luogo abitato ininterrottamente da più di 3000 anni,ma nulla ci dice che una di queste città si chiamasse Troia (o Ilio),o che fosse distrutta da una spedizione di Greci.L'identificazione,quindi,con Troia,non trova alcun riscontro obbiettivo,nessun elemento sia pur genericamente probante.Nessuna iscrizione,nessun documento di nessuno dei popoli del Medio Oriente accenna,nemmeno vagamente,ai fatti narrati da Omero:nessun elemento storico quindi convalida le antiche leggende.

Fonte: http://cronologia.leonardo.it/storia/troia.htm

Rimane solo il fatto che i Romani costruirono un insediamento chiamato Nuova Ilio (Novum Ilium) nelle vicinanze dell'area in cui Schliemann riportò alla luce quegli antichi centri abitati sovrapposti l'uno sopra l'altro.

www.treccani.it/enciclopedia/scaman...;-Arte-Antica)/
http://ebooks.cambridge.org/chapter.jsf?bi...80511711572A023
http://whc.unesco.org/en/list/849
http://ebooks.cambridge.org/chapter.jsf?bi...80511711572A026
http://archaeology.about.com/od/hterms/g/troy.htm

"A cinque chilometri dall'Ellesponto si eleva nella pianura troiana una collina detta Hissarlik. Alcuni avanzi di una città che vi rimanevano, si erano potuti identificare col Novum Ilium dell'epoca romana, fondazione fatta nel medesimo luogo, ove nell'epoca greca ed ellenistica si trovavano altre città col nome di Ilion. E che questo fosse anche il sito anticamente occupato dall'Ilion di Omero, lo si credeva generalmente in tutta l'antichità, ad onta dei dubbii emessi dall'erudizione alessandrina, la quale cercava l'Ilion di Omero più nell'interno del paese [...] la maggior parte degli scienziati, i quali nel nostro secolo studiarono la questione topografica [...] quasi unanimemente collocavano Ilion in un sito chiamato Bunarbasci, sulle pendici dl monte Balidagh. Che le condizioni topografiche di questo luogo male corrispondessero alle descrizioni omeriche, importava poco ad una critica disposta appena a concedere un fondamento reale agli elementi principali di quella descrizione, mentre i particolari si ritenevano più o meno immaginarii e variabili secondo le esigenze della poesia. Di ciò peraltro non si poteva persuadere lo Schliemann, quando nel 1868 per la prima volta visitò la pianura troiana, e che aveva nella mente un'immagine molto concreta e determinata del quadro descritto da Omero [...]". ("Nuova Antologia", volume 115, 1891, Francisco Protonotari).

http://www.limonepiemonte.it/istituzionale...archeologia.pdf

Edited by onussen - 9/4/2014, 07:17
 
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onussen
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Musa, quell'uom di moltiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
Gittate d'Ilion le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L'indol conobbe; che sovr'esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni
Mentre a guardar la cara vita intende,

E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desiava i suoi compagni,
Che delle colpe lor tutti periro.
Stolti ! che osaro violare i sacri
Al Sole Iperion candidi buoi
Con empio dente, ed irritaro il Nume,
Che del ritorno il dì lor non addusse.
Deh parte almen di sì ammirande cose
Narra anco a noi, di Giove figlia e Diva.
Già tutti i Greci, che la nera Parca
Rapiti non avea, ne' loro alberghi
Fuor dell'arme sedeano, e fuor dell'onde,
Sol dal suo regno e dalla casta donna
Rimanea lungi Ulisse: il ritenea
Nel cavo sen di solitarie grotte
La bella venerabile Calipso,
Che unirsi a lui di maritali nodi
Bramava pur, Ninfa quantunque e Diva.
E poichè giunse al fin, volvendo gli anni,
La destinata dagli Dei stagione
Del suo ritorno in Itaca, novelle
Tra i fidi amici ancor pene durava.
Tutta pietà ne risentian gli Eterni,

Salvo Nettuno, in cui l'antico sdegno
Prima non si stancò, che alla sua terra
Venuto fosse il pellegrino illustre.
Ma del Mondo ai confini, e alla remota
Gente degli Etiopi in duo divisa,
Ver cui quinci il sorgente ed il cadente
Sole gli obbliqui rai quindi saetta,
Nettun condotto a un'ecatombe s'era
Di pingui tori e di montoni; ed ivi
Rallegrava i pensieri a mensa assiso,
In questo mezzo gli altri Dei raccolti
Nella gran reggia dell'Olimpio Giove
Stavansi; e primo a favellar tra loro
Fu degli uomini il padre e de' Celesti
Che il bello Egisto rimembrava, a cui
Tolto avea di sua man la vita Oreste,
L'inclito figlio del più vecchio Atride.


(Odissea, Libro Primo, traduz. di Ippolito Pindemonte, 1829)
http://books.google.it/books?id=lIATAAAAQAAJ&dq=

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Nella foto: la Porta dei Leoni a Micene.

www.imicomp.com/call_leo.htm
www.edicolaweb.net/nw03_08a.htm

CITAZIONE
L'Odissea si svolge principalmente nel Peloponneso e nelle isole ioniche, ma identificare esattamente i luoghi visitati da Ulisse appare quasi impossibile, anche perchè il testo offre in genere assai pochi spunti per identificare geograficamente i luoghi. Gli studiosi non sono nemmeno unanimemente concordi nell'identificare l'Itaca di Odisseo con la moderna Itaca, poichè le descrizioni geografiche e il numero di isole dell'arcipelago non corrispondono. Tradizionalmente si identifica nella Sicilia la terra di Ciclopi e dei Lestrigoni, in una delle Eolie l'isola in cui Ulisse incontrò il dio Eolo, e in Corfù la terra dei Feaci, Scheria. Successivamente sono stati proposti molti altri luoghi, la maggior parte di questi situati nell'area mediterranea, ma alcuni studiosi sono anche arrivati ad ipotizzare che Ulisse abbia raggiunto l'Oceano Atlantico o addirittura che tutta la sua vicenda si sia svolta nel Mar Baltico con un supposto Omero nel Baltico.

Fonte: http://it.wikiversity.org/wiki/Odissea

CITAZIONE
Nell'Odissea di Omero, la narrazione sui Feaci si lega al sistema dei valori della xenia, quella che era la forma di ospitalità del mondo greco. Omero racconta di come accolsero benevolmente Ulisse, fornendogli la nave che lo avrebbe riportato in patria, pur sapendo che con questo gesto sarebbero incorsi nell'ira di Poseidone. Il loro re è Alcinoo, la cui moglie era Arete, una donna che avrà un ruolo importante nel determinare l'aiuto dato a Ulisse. Loro figlia era Nausicaa, la prima a imbattersi nell'eroe greco reduce dal naufragio e a offrirgli l'ospitalità. Le narrazioni tradizionali tratteggiano i Feaci come un popolo che vive in un locus amoenus, in condizioni di felicità e prosperità, caratteri che rimarcano per contrapposizione le dure condizioni di vita a cui sono sottoposti i Greci. Incerta è l'ubicazione che la tradizione letteraria greca assegna a questo popolo: accanto all'immaginaria Iperia, vi è la collocazione che li vorrebbe gli antichi abitanti di Corcira (l'odierna Corfù), accolta da Tucidide. Strabone, nella sua Geografia, la colloca invece nel mezzo dell'Oceano Atlantico, al pari di Ogigia, l'isola della ninfa Calipso. Nonostante questi tentativi di individuazione, Scheria è da considerarsi una creazione fantastica.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Feaci

www.dfll.univr.it/documenti/Occorre...atdid638842.pdf
www.feaci.it/letteratura/FEACI.htm
http://mitologia.dossier.net/odisseo.html
www.treccani.it/enciclopedia/scheri...edia-Italiana)/
http://en.wikipedia.org/wiki/Scheria
http://www.larassegnadischia.it/Letteratur...a-champault.pdf
www.sacred-texts.com/cla/aoto/aoto35.htm
http://tecalibri.altervista.org/C/CITATI-P_mente.htm
http://www.academia.edu/1893563/Eroi_in_vi...ecia_in_Etruria
http://web.tiscali.it/ximenes/nausicaa/ulisse_in_sicilia.htm
www.sullacrestadellonda.it/mitologia/ulisse.htm
www.canino.info/inserti/monografie/...lisse/index.htm
www.pittau.it/Sardo/odissea.html
www.ischiainsula.eu/difesa-belli/le...df/scheriaN.pdf
www.treccani.it/enciclopedia/feaci_(Enciclopedia-Italiana)/
www.roccioso.it/mitologia/o/odisseac.htm

Uno studioso tedesco, Armin Wolf, pensa che la terra dei Feaci sia la Calabria, mentre altri ipotizzano che il mondo e il palazzo reale dei Feaci siano usciti dal ricordo della splendida civiltà cretese, dei fasti e del dominio sul mare (talassocrazia) che la caratterizzarono.

Edited by onussen - 9/4/2014, 09:32
 
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onussen
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Calipso, Ogigia e Plutarco

http://it.wikipedia.org/wiki/Calipso
www.treccani.it/enciclopedia/calipso/
http://mitologia.dossier.net/calipso.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Ogigia
www.treccani.it/enciclopedia/tag/ogigia/
http://it.wikipedia.org/wiki/Plutarco
www.treccani.it/enciclopedia/plutarco/

"Ma io, che son l'istrione, da principio vi nominerò l'autor della favola, se altri nol vieta, cominciando con un verso d'Omero:

Giace nel vasto mar l'isola Ogigia

la quale è lontana dalla Britannia verso occidente la navigazione di cinque giorni.
Tre altre distanti il medesimo spazio l'una dall'altra sono poste dinanzi a quella, verso l'estivo occaso del sole. In una di queste favoleggiavano i barbari essere stato rinchiuso Saturno da Giove; il quale come figliuolo custodì quell'isole, e il mare che si chiama Cronio, o veramente Saturnio, ed ebbe le sue stanze alquanto più a basso".
(Plutarco).

http://books.google.it/books?id=y6ZQAAAAcAAJ&vq=

CITAZIONE
Omero nel Baltico

di Felice Vinci

Sin dai tempi antichi la geografia omerica ha dato adito a problemi e perplessità: la coincidenza tra le città, le regioni, le isole descritte, spesso con dovizia di dettagli, nell'Iliade e nell'Odissea ed i luoghi reali del mondo mediterraneo, con cui una tradizione millenaria le ha sempre identificate, è spesso parziale, approssimativa e problematica, quando non dà luogo ad evidenti contraddizioni: ne troviamo vari esempi in Strabone, il quale tra l'altro si domanda perchè mai l'isola di Faro, ubicata proprio davanti al porto di Alessandria, da Omero venga invece inspiegabilmente collocata ad una giornata di navigazione dall'Egitto. Così l'ubicazione di Itaca, data dall'Odissea in termini molto puntuali - secondo Omero è la più occidentale di un arcipelago che comprende tre isole maggiori: Dulichio, Same e Zacinto - non trova alcuna corrispondenza nella realtà geografica dell'omonima isola del Mar Ionio, ubicata a nord di Zacinto, ad est di Cefalonia e a sud di Leucade. E che dire del Peloponneso, descritto come una pianura in entrambi i poemi?

Insomma la geografia omerica fa riferimento ad un contesto del quale conosciamo bene la toponomastica, ma che, nel contempo, se confrontato con la realtà fisica del mondo greco, presenta incomprensibili anomalie, rese ancor più evidenti dalla loro stessa coerenza interna: ad esempio, quello "strano" Peloponneso appare pianeggiante non saltuariamente, ma sistematicamente, e Dulichio, l'isola "Lunga" ("dolichòs" in greco) situata da Omero nei pressi di Itaca ma inesistente nel Mediterraneo, viene menzionata più volte, anche nell'Iliade. Si configura in tal modo un universo sostanzialmente chiuso e inaccessibile, al di là di qualche parziale congruenza e nonostante la familiarità dei nomi, la quale rischia di diventare un elemento più fuorviante che utile alla soluzione del problema. Una possibile chiave per penetrare finalmente in questa singolare realtà geografica ce la fornisce Plutarco, il quale in una sua opera, il De facie quae in orbe lunae apparet, fa un'affermazione sorprendente: l'isola Ogigia, dove la dea Calipso trattenne a lungo Ulisse prima di consentirgli il ritorno ad Itaca, è situata nell'Atlantico del nord, "a cinque giorni di navigazione dalla Britannia".

Partendo da tale indicazione e seguendo la rotta verso est, indicata nel V libro dell'Odissea, percorsa da Ulisse dopo la sua partenza dall'isola (identificabile con una delle Faroer, tra le quali si riscontra un nome curiosamente "grecheggiante": Mykines), si riesce subito a localizzare la terra dei Feaci,la Scheria, sulla costa meridionale della Norvegia, in un'area in cui abbondano i reperti dell'Età del Bronzo. Qui, al momento dell'approdo di Ulisse nella terra dei Feaci, si verifica una sorta di "miracolo": il fiume (dove il giorno successivo il nostro eroe incontrerà Nausicaa) ad un certo punto inverte il senso della corrente ed accoglie il naufrago all'interno della sua foce. Tale fenomeno, incomprensibile nel Mediterraneo, sembra attestare proprio una localizzazione nordatlantica, dove in effetti l'alta marea produce la periodica inversione del flusso negli estuari (nel Tamigi la risalita dell'onda di marea, che favorisce l'ingresso delle navi nel porto, proprio come accade ad Ulisse, è di molti chilometri). Inoltre, nell'antica lingua nordica "skerja" significava "scoglio".

Da qui, con un viaggio relativamente breve il nostro eroe fu poi accompagnato ad Itaca, situata, secondo Omero, all'estremità occidentale di quell'arcipelago su cui il poeta ci fornisce tanti particolari, estremamente coerenti fra loro ma totalmente incongruenti con le isole ionie: ora, una serie di precisi riscontri consente di individuare nel Baltico meridionale un gruppo di isole danesi che vi corrisponde in ogni dettaglio. Le principali infatti sono proprio tre: Langerland (l' "Isola Lunga": ecco svelato l'enigma dlla misteriosa Dulichio), AEro (la Same omerica, anch'essa collocata esattamente secondo le indicazioni dell'Odissea) e Tasinge (l'antica Zacinto). L'ultima isola dell'arciplago verso occidente, "là, verso la notte", ora chiamata Lyo, è proprio l'Itaca di Ulisse: essa, a differenza della sua omonima greca, coincide in modo stupefacente con le indicazioni del poeta, non solo per la posizione, ma anche per le caratteristiche topografiche e morfologiche. E nel gruppo si ritrova persino l'isoletta, "nello stretto fra Itaca e Samo", dove i pretendenti si appostarono per tendere l'agguato a Telemaco. Inoltre, ad oriente di Itaca e davanti a Dulichio giaceva una delle regioni del Peloponneso, che a questo punto si identifica facilmente con la grande isola danese di Sjaelland: ecco la vera "Isola di Pelope", nell'autentico significato del termine. Il Peloponneso greco, invece, situato in posizione corrispondente nell'Egeo, malgrado la sua denominazione non è un'isola: questa contraddizione, inspiegabile se non si ammette una trasposizione di nomi, è molto significativa.

Ma c'è di più: sia i particolari, riportati nell'Odissea, del rapido viaggio in cocchio di Telemaco da Pilo a Lacedemone lungo una "una pianura ferace di grano", sia gli sviluppi della guerricciola tra Pili ed Epei raccontata da Nestore nell'XI libro dell'Iliade, da sempre considerati incongruenti con la tormentata orografia della Grecia, si inseriscono alla perfezione nella realtà della pianeggiante isola danse. Quanto a Ulisse vi sono delle singolari convergenze tra la sua figura e quella di Ull, guerriero ed arciere della mitologia nordica; inoltre lungo le coste e le isole del mar di Norvegia, attraversato dalla Corrente del Golfo - identificabile con il mitico "fiume Oceano" - troviamo molti suggestivi riscontri alle sue celebri avventure, le quali traggono probabilmente origine da racconti di marinai e da elementi del folklore locale, trasfigurati dalla fantasia del poeta e resi poi irriconoscibili dalla trasposizione in un contesto totalmente diverso. Esse in definitiva si rivelano l'estremo ricordo di antiche rotte oceaniche dei navigatori dell'età del bronzo: i riferimenti geografici forniti da Omero ci consentono di ricostruirle puntualmente. Per di più, certi fenomeni in apparenza incomprensibili - quali Rupi erranti, il canto delle Sirene, il gorgo di Cariddi o le danze dell'aurora nell'isola di Circe - una volta ricondotti alla loro originaria dimensione atlantico-settentrionale trovano immediatamente una spiegazione. Addio Grecia, addio mare Mediterraneo!

Cerchiamo ora la regione di Troia. L'Iliade la situa lungo l'Ellesponto, sistematicamente descritto come un mare "largo" o addirittura "sconfinato", è pertanto da escludere che possa trattarsi dello Stretto dei Dardanelli, dove giace la città trovata da Schliemann, la cui identificazione con la Troia omerica d'altronde continua a suscitare forti perplessità: pensiamo alla critica che ne ha fatto il Finley nel suo Il mondo di Odisseo. Ora, lo storico medioevale danese Saxo Grammaticus nelle sue Gesta Danorum menziona in più occasioni un singolare popolo di "Ellespontini", nemici dei Danesi, e un "Ellesponto" curiosamente situato nell'area del Baltico orientale; che si tratti dell'Ellesponto omerico? Esso potrebbe identificarsi con il Golfo di Finlandia, il corrispondente geografico dei Dardanelli, poichè d'altra parte Troia, secondo l'Iliade, era ubicata a nord-est del mare (altro punto a sfavore del sito di Schliemann), per la nostra ricerca è ragionevole orientarci verso un'area della Finlandia meridionale, là dove il Golfo di Finlandia sbocca nel Baltico. E proprio qui, in una zona circoscritta ad occidente di Helsinki, s'incontrano numerosissime località i cui nomi ricordano in modo impressionante quelli dell'Iliade, ed in particolare gli alleati dei Troiani: Askainen (Ascanio), Reso (Reso), Karjaa (Carii), Nasti (Naste, capo dei Carii), Lyokki (Lici), Tenala (Tenedo), Kiila (Cilla), Kiikoinen (Ciconi) e tanti altri. Vi è anche una Pavda, che richiama la nostra Padova, la quale secondo la tradizione venne fondata dal troiano Antenore (e gli Eneti o Veneti, che Tacito nella Germania menziona accanto ai Finni, nell'Iliade vengono enumerati tra gli alleati dei Troiani); inoltre i toponimi Tanttala e Sipila - sul monte Sipilo fu sepolto il mitico re Tantalo, famoso per il celebre supplizio - indicano che il discorso non è circoscritto alla sola geografia omerica, ma sembra estendersi all'intero mondo della mitologia greca.

E Troia? Proprio al centro della zona così individuata, in una località, a mezza strada fra Helsinki e Turku, le cui caratteristiche corrispondono esattamente a quelle tramandate da Omero - l'area collinosa che domina la vallata con i due fiumi, la pianura che scende verso la costa, le alture alle spalle - scopriamo che la città di Priamo è sopravvissuta al saccheggio e all'incendio da parte degli Achei ed ha conservato il proprio nome quasi invariato sino ai nostri giorni: Toija, così si chiama attualmente, è ora un pacifico villaggio finlandese, rimasto per millenni ignaro del proprio glorioso e tragico passato. Varie visite in loco, a partire dall'11 luglio 1992, hanno confermato le straordinarie corrispondenze delle descrizioni dell'Iliade con il territorio attorno a Toija, dove per di più si riscontrano eloquenti tracce dell'età del bronzo.

Fonte: www.estovest.net/letture/omero.html

"Sin dai tempi antichi", dice Felice Vinci, "la geografia omerica ha dato adito a problemi e perplessità per le sue incongruenze: un clima freddo, battaglie che proseguono nella notte, eroi biondi intabarrati in pesanti mantelli di lana, fiumi che invertono il corso, isole e popoli introvabili nell'area mediterranea. E così si è radicata tra gli addetti ai lavori l'idea che Omero si sia inventato un mondo immaginario, poetico". La parola Danimarca richiama alla mente la parola Danai, l'altro nome degli Achei omerici.

A Anfiarao qualor data in consorte
Erifile, che al fato
Estremo avrebbe il suo marito esposto,
E qual pegno fedele era del forte
Patto, essi furo assunti a eccelso stato
Da' biondi Danai: e quando a lor fu posto
In cura quello stuol, che a Tebe chiusa
Da sette porte giunse
Per infausto cammin.

(Pindaro, 518-438 a.C.)

http://books.google.it/books?id=1WrDmvv9heMC&DQ=

Di Patroclo procede il cataletto
Da' compagni portato, che sul morto
Venian gittando le recise chiome,
Di che tutto il coprian.
Di retro Achille
Colla man gli reggea la tremolante
Testa, e plorava sui funebri onori,
Con che all'Orco spedia l'illustre amico.
Giunti al luogo lor detto, il mesto incarico
Deposero, e a ribocco intorno a quello
Adunar pronti la funerea selva.
Recatosi in se stesso, un altro avviso
Fece allora il Pelìde: allontanossi
Dal rogo alquanto, e il biondo si recinse,
Che allo Sperchio nudria, florido crine;

E, al mar guardando con dolor [...]

(Iliade)

Pria vanne a Pilo, e interroga l'antico
Nestore: Sparta indi t'accolga, e il prode
Menelao biondo, che dall'arsa Troja
Tra i loricati Achivi ultimo giunse.

(Odissea)

www.cartesio-episteme.net/ep8/Ogigia.pdf
http://tecalibri.altervista.org/V/VINCI-F_omeroC.htm
www.antikitera.net/articoli.asp?ID=3
www.centrostudilaruna.it/vinci.htm
www.controluce.it/notizie-old-html/...8/21-storia.htm
www.duepassinelmistero.com/omeronelbaltico.htm
www.incontrostoria.it/Omero2.htm

CITAZIONE
Molti indizi sembrano avvalorare l'origine nordica dei poemi omerici: le gesta di Achille e di Ulisse potrebbero risalire a un'età in cui le stirpi elleniche non erano ancora giunte nel Mediterraneo. Ma allora: dov'è Troia? C'è un piccolo borgo nella Finlandia meridionale, posto su un'altura tra due fiumi, a poca distanza dal mare; il suo nome è Toija. Per quanto sia oggi insignificante alla vista, doveva essere abitata dagli uomini già in tempi molto antichi - antecedenti l'Età del Ferro. Nella sua area infatti non è difficile imbattersi, scavando, in splendidi esemplari di spade e punte di lancia. Qualche millennio fa, quando ancora molta terra finlandese non si era sollevata dai flutti, questa Toija doveva trovarsi proprio sulla costa del vasto Mare Baltico al cospetto di una piccola isola.

Fonte: www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=31866

www.philipcoppens.com/troy.html
www.centrostudilaruna.it/omeronelba...switcher=mobile
http://it.wikipedia.org/wiki/Omero_nel_Baltico
http://en.wikipedia.org/wiki/The_Baltic_Or...39;s_Epic_Tales

Il Sole di mezzanotte

CITAZIONE
Il meccanismo dll'alternarsi delle stagioni può essere compreso più facilmente utilizzando un mappamondo (nel quale l'asse terrestre è ben visibile) e una lampada per simulare rispettivamente la Terra e il Sole. Osservando con attenzione il mappamondo possiamo accorgerci che durante l'estate in un emisfero la zona che si trova attorno al polo corrispondente è talmente esposta al Sole da impedire il sopraggiungere della notte; in altre parole in quel periodo il Sole non scende mai sotto l'orizzonte, cioè non tramonta mai. Questo è il famoso fenomeno del Sole di mezzanotte visibile durante le rispettive estati nell'emisfero nord al di sopra del Circolo Polare Artico e nell'emisfero sud al di sopra del Circolo Polare Antartico. Il fenomeno prende nome dal fatto che alla mezzanotte locale il Sole è ancora ben visibile al di sopra dell'orizzonte. Procedendo nella nostra simulazione ci accorgeremmo, altresì, che durante l'inverno la zona atttorno al polo è talmente inclinata in direzione opposta al Sole che il Sole non appare mai; in altre parole in quel periodo il Sole rimane sempre al di sotto dell'orizzonte e la notte regna incontrastata. In quelle occasioni è possibile osservare il meno famoso fenomeno della "Luna di mezzogiorno", cioè la Luna piena visibile durante il mezzogiorno locale in piena notte.

Fonte: http://planet.racine.ra.it/testi/anature.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Sole_di_mezzanotte
http://it.wikipedia.org/wiki/Notte_polare
http://en.wikipedia.org/wiki/Midnight_sun
www.google.com/search?hl=it&site=im...idnight+sun&oq=

CITAZIONE
L'età del bronzo scandinava, o età del bronzo nordica secondo la denominazione data da Oscar Montelius, indica il periodo dell'età del bronzo in Scandinavia e Danimarca, tra il XVIII secolo a.C. e il VI secolo a.C. (1800-500 a.C. circa), nel quale si sviluppò una cultura estesa ad est fino all'Estonia e successiva alla cultura della ceramica cordata. Generalmente è ritenuta la diretta antecedente delle culture protogermaniche dell'età del ferro. I siti scandinavi raggiunsero più tardi l'età del bronzo rispetto ad altri siti europei, ma conservano numerosi oggetti in buono stato di conservazione: tessuti in lana, manufatti in legno o in bronzo ed oro, di raffinata fattura, prodotti con metalli importati dall'Europa centrale. Sono stati individuati numerosi petroglifi, che proseguono una tradizione già iniziata con l'età della pietra nordica, ma adattano in numerosi casi simboli e raffigurazioni di origine europea e mediterranea, CON POSSIBILI INFLUSSI DALLE CULTURE MICENEA E VILLANOVIANA, DAI FENICI E DALL'EGITTO ANTICO, giunti attraverso le vie del commercio dell'ambra, che dalle coste del Mar Baltico si ritrova fino ALLE TOMBE MICENEE. L'importanza della navigazione per queste popolazioni è mostrata dalla frequenza di raffigurazioni di navi nei petroglifi, alcune delle quali hanno forme tipicamente mediterranee, e dalle cosidette "navi di pietra", circoli funerari di pietre infisse verticalmente nel terreno che tracciano il perimetro di una nave, che si riferiscono probabilmente alla nave funebre del defunto [...] Oscar Montelius suddivise l'età del bronzo nordica in sei sottoperiodi, ai quali faceva quindi seguito "l'età del ferro pre-romana".

° I (1800-1500 a.C.)
° II (1500-1300 a.C.)
° III (1300-1100 a.C.)
° IV (1100-900 a.C.)
° V (900-700 a.C.)
° VI (700-500 a.C.)

Un'altra suddivisione corrente è quella in età del bronzo antico (1800-1100 a.C.) ed età del bronzo recente (1100-550 a.C.). Nell'epoca in cui si diffuse la cultura dell'età del bronzo nordica, il clima era divenuto più mite, paragonabile all'attuale clima mediterraneo, in seguito ad un cambiamento climatico verificatosi intorno al 2700 a.C. Questo riscaldamento permise una crescita di popolazione e possibilità di coltivazione (in Scandinavia esisteva LA VITE). Un ulteriore cambiamento del clima tra la metà del IX secolo a.C. e la metà del VII secolo a.C. portò in seguito ad un clima più freddo ed umido e diede forse origine alla leggenda del Fimbulvetr nella mitologia norrena. Questo cambiamento climatico potè spingere le tribù germaniche più a sud, verso l'Europa continentale: alcuni popoli germanici si attribuirono in epoca storica un'origine scandinava (Longobardi, Burgundi, Goti ed Eruli). L'influenza scandinava sulla Pomerania e sulla Polonia settentrionale a partire dal III periodo fu comunque molto forte, tanto che alcuni autori includono queste regioni tra quelle della cultura dell'età del bronzo scandinava. A causa dei cambiamenti climatici e della diminuzione della popolazione si ritiene generalmente che la cultura dell'età del bronzo scandinava sia andata incontro ad un periodo di recessione culturale nelle sue fasi finali, per circa un millennio, fino al sorgere della cultura vichinga. Sulla base delle raffigurazioni sui petroglifi e dei ritrovamenti archeologici, si ritiene che la religione si incentrasse sul culto di un dio solare, ritenuto percorrere il cielo su un carro trainato da cavalli e che viene raffigurato per mezzo di una figura con l'attributo di una ruota solare (un cerchio con iscritta una croce). Nei petroglifi viene anche rappresentata una coppia di gemelli divini, riflessa nella frequente dualità degli oggetti sacri e doveva esistere anche una dea madre (Nerthus nella mitologia successiva). Una figura rappresentata nei petroglifi con un'ascia o un mantello è forse una raffigurazione primitiva del più tardo dio Thor. I sacrifici di animali, oggetti o anche di uomini erano connessi con l'acqua e i riti si svolgevano spesso in luoghi sacri presso piccoli laghi o stagni, dove sono stati rinvenuti numerosi manufatti.

Tutto questo e altro ancora lo troverete qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Età_del_bronzo_scandinava

http://en.wikipedia.org/wiki/Nordic_Bronze_Age
http://it.wikipedia.org/wiki/Petroglifo
http://en.wikipedia.org/wiki/Scandinavian_prehistory
http://en.wikipedia.org/wiki/Prehistoric_Sweden
http://it.wikipedia.org/wiki/Età_del_bronzo_atlantica
http://it.wikipedia.org/wiki/Età_della_pietra_nordica

Secondo l'autore di "Omero nel Baltico", la cultura del bronzo scandinava è da considerarsi antenata e progenitrice della civiltà micenea.

CITAZIONE
Il carro solare di Trundholm (Solvognen in lingua danese) è un manufatto bronzeo risalente alla tarda Età del Bronzo, realizzato col metodo della cera persa. E' conservato nel Nationalmuseet di Copenaghen. La statua raffigura un cavallo ed un grande disco, entrambi collocati in una struttura a forma di carro con ruote e raggi. Il cavallo è sostenuto da un tondino, posto sopra quattro ruote, collegato al disco, che è sostenuto da due ruote. Tutte le ruote presentano quattro raggi. Il disco ha un diametro di circa 25 cm e presenta solo sul lato destro una patina dorata; il perchè di ciò è stato interpretato come un'antica credenza diffusa presso le popolazioni nordiche. Esse ritenevano che il sole venisse trasportato lungo il cielo da est a ovest durante il giorno, presentando il suo lato luminoso alla terra, mentre di notte avrebbe compiuto il viaggio in senso inverso, mostrando alla terra il suo lato oscuro. La scultura fu scoperta nel 1902 nella landa di Trundholm (Zelanda occidentale), situata nella costa nordoccidentale dell'isola della Selandia (Sjaelland) in Danimarca, in una regione conosciuta come Odsherred [...] E' datata XV-XIV sec. a.C. Gli studiosi ritengono che il disco rappresenti Sol, una divinità solare della mitologia norrena, figlia di Mundilfoeri e moglie di Glenr.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Carro_solare_di_Trundholm

www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=461
http://en.wikipedia.org/wiki/Trundholm_sun_chariot
www.google.com/search?hl=it&site=im...t+trundholm&oq=

Helios, il dio greco dell'astro solare:

http://it.wikipedia.org/wiki/Helios
http://en.wikipedia.org/wiki/Helios
http://it.wikipedia.org/wiki/Apollo
www.treccani.it/enciclopedia/helios...;-Arte-Antica)/
www.google.com/search?hl=it&site=im...19&q=helios&oq=

Il tumulo di Kivik:

http://en.wikipedia.org/wiki/The_King's_Grave
www.google.com/search?hl=it&site=im...raves+kivik&oq=

"A sua volta il prof. Klavs Randsborg", scrive Felice Vinci, "mette in rilievo che certi reperti dell'archeologia scandinava, ed in particolare le figure incise sulle lastre del tumulo di Kivik, nella Svezia meridionale, presentano rimarchevoli affinità con i modelli dell'arte egea, al punto da indurre qualche studioso del passato a ipotizzare che quel monumento fosse opera dei Fenici".

http://books.google.it/books/about/Kivik.h...AAJ&redir_esc=y
www.rockartscandinavia.com/images/articles/randsborga9.pdf

Edited by onussen - 17/4/2014, 17:17
 
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onussen
view post Posted on 4/8/2005, 14:53




CITAZIONE
Quali conseguenze ne derivano? Che il povero Ulisse, di cui tante avventure sono state narrate e rinarrate, andava errando lassù lassù, non lungi dalla Finlandia, nell'Atlantico settentrionale. Ma passiamo dal greco al latino, e veniamo a Tacito. Nella sua Germania, al capo terzo, si registra con cautela come Ulisse abbia vagato nei mari del nord.

Qui citerò più ampiamente, e prendo la versione di Filippo Tommaso Marinetti, quale apparve nella "Collezione Romana" diretta da Ettore Romagnoli (anno 1928, ovvero anni VI, dati i tempi). Non è la più raccomandabile, certamente, ma è la più dimenticata che esista [...] Traduce, comunque, il Marinetti:"Alcuni pensano che anche Ulisse, nel suo lungo e favoloso errare in quei paraggi dell'Oceano, abbia toccato le terre della Germania, e Ascimburgo sulla riva del Reno tuttora abitata sia stata da lui fondata e nominata Askipùrgion".

E poi dice che "vi era un'ara consacrata a Ulisse con l'aggiunta del nome di suo padre Laerte, ed alcuni monumenti e sepolcri con iscrizioni greche esistono sul confine della Germania e della Rezia. Non intendo confermare nè confutare tutto ciò: ciascuno lo neghi o lo accetti a suo talento". Ora, il Vinci, non nega e non accetta, ma rovescia la prospettiva tacitiana, come la plutarchesca.

Non è che Ulisse sia finito, variamente vagabondo, nel profondo del nord, avendo superato, alla dantesca, qualche colonna erculea. Anzi, dal profondo nord è disceso nel profondissimo sud. Così l'Iliade come l'Odissea sono saghe baltiche, che remotissimi scaldi o aedi hanno riambientato, andando dal polo verso l'equatore, in luoghi affatto incompatibili e impertinenti con la geografia effettuale. E così hanno fatto, in connessione con antichissime migrazioni di genti, che hanno ribattezzato, con nomi scandinaveggianti, quelle zone mditerranee ove si sono insediate.

Fonte: www.disinformazione.it/omero.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Cornelio_Tacito
www.treccani.it/enciclopedia/publio-cornelio-tacito/

"Del resto dicono recente e da poco assegnato il nome di Germania, poichè quelli che attraversarono il Reno e cacciarono i Galli, ora chiamati Tungri, allora si denominavano Germani: e di conseguenza a poco a poco avrebbe avuto il sopravvento il nome della tribù, non quello dell'intera nazione [...] Alcuni narrano che presso di loro fu anche Ercole, celebrato come il più valoroso di tutti gli eroi pronti a entrare in battaglia [...] Del resto alcuni credono che anche Ulisse in questo suo lungo e leggendario peregrinare sia giunto in questo Oceano, approdato alle terre della Germania; fu fondato e così da lui denominato Asciburgio, sito ancor oggi abitato sulla riva del Reno; e anzi dicono che nello stesso luogo fu un tempo trovata un'ara consacrata da Ulisse, aggiuntovi il nome del padre Laerte, e che nella zona di confine tra Germania e Rezia sussistano ancora tombe con iscrizioni in caratteri greci. Il che non ho in animo nè di confermare nè di rifiutare; ognuno a suo piacimento vi presti fede o no" (Tacito).

http://books.google.it/books?id=y2GIHbtrN6sC&hl=

Tosto che alla cittade e all'alte mura
Vicini fummo, tra i virgulti densi,
E nelle canne paludose a terra
Giacevam sotto l'armi. Impronta notte
Ci assalse: un crudo Tramontan soffiava,
Scendea la neve, qual gelata brina,
E gli scudi incrostava il ghiaccio. Gli altri,
Che manti aveano e tuniche, tranquilli
Dormian, poggiando alle lor targhe il dosso.
Ma io, partendo dai compagni, il manto
Nella stoltezza mia lasciai tra loro,
Non isperando un sì pungente verno;
E una tunica, un cingolo e uno scudo
Meco sol tolsi.

(Odissea)

E noi tranquilli sedevam, la cura
Al timonier lasciandone, ed al vento.
Quanto il dì risplendè, con vele sparse
Navigavamo. Spento il giorno, e d'ombra
Ricoperte le vie, dell'Oceano
Toccò la nave i gelidi confini,
Là 've la gente de' Cimmerj alberga,
Cui nebbia e bujo sempiterno involve.
Monti pel cielo stelleggiato, o scenda,
Lo sfavillante d'or Sole non guarda
Quegl'infelici popoli, che trista
Circonda ognor perniziosa notte.
Addotto in su l'arena il buon naviglio,
E il montone e la pecora sbarcati,
Alla corrente dell'Oceano in riva
Camminavam, finchè venimmo ai lochi
Che la Dea c'insegnò.

(Odissea)

"I Portoghesi si vantavano altre volte di discendere da Ulisse, e Lisbona altro non è che Olissipo (Ulissipoli). Una Olissipo (Odissea d'Eustazio e di Stefano di Bisanzio), si trovava sulla costa occidentale dell'Ispania, a breve distanza da Malaca; ed un Asclepiade, Mirleo, afferma d'aver veduto co' proprii occhi, nel tempio di Minerva in Tudertania, monumenti del soggiorno di Ulisse. Se ne trovano anzi, si assicura, fino in Germania e nel golfo di Caledonia. Una tradizione raccolta da Tacito fa d'Ulisse il fondatore d'Ascipurgio. Le tombe con greche iscrizioni sparse sui confini della Rezia e della Germania, secondo lo stesso storico, furono riferite ai viaggi d'Ulisse sul continente". ("Biografia universale", 1838).

http://it.wikipedia.org/wiki/Cimmeri
www.treccani.it/enciclopedia/cimmeri/

Edited by onussen - 17/4/2014, 16:34
 
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Jim75
view post Posted on 4/8/2005, 19:03




Come abbiamo considerato in altri 3d di questa sezione, i toponimi si muovono con l'espandersi dei popoli e l'amnesia della storia. Del resto, chissà che fra 1000 anni non esisterà solo la Venice americana... forse no, se qualcosa dell'infinita documentazione non andrà perduta.
Ma nel passato? Prima che omero od esiodo cominciassero a narrare? Ricorderemmo forse noi il medioevo senza letteratura?
Allora abbiamo visto come le colonne d'ercole potevano essere prima di gibilterra, in sicilia; e ancor prima i dardanelli, seguendo migrazioni che trasferivano il conosciuto mare dal ponto eusino all'egeo, al mediterraneo orientale e poi il tirreno. E l'oceano. Non mi stupirei una provenienza iperborea della civiltà achea. Non mi stupirei leggendo diodoro siculo che racconta della parentela che ne intercorreva e che univa Delo alla britannia attraverso la divinità di Apollo, venerato in qui e nel "recinto" di pietre britannico sempre protetto dai sacerdoti, magari stonhenge stonhenge.
Non mi stupirei leggendo le argonautiche, in cui si medea descrive l'antica e segreta rotta danubiana custodita dai colchi, alternativa ai dardanelli per uscire dal mar nero e rintracciare magari un Rodano che ti faccia uscire nel mediterraneo occidentale. Bisogna conoscere bene le vie fluviali del nord europa, però...

Affascinante come teoria e quindi come 3d. Altre colonne e altri mari interamente circondati da terra. E ancora la groenlandia tra qui e la.
 
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onussen
view post Posted on 14/8/2005, 00:38




Jim 75:
CITAZIONE
Come abbiamo considerato in altri 3d di questa sezione, i toponimi si muovono con l'espandersi dei popoli e l'amnesia della storia [...] Allora abbiamo visto che le colonne d'ercole potevano essere prima di gibilterra, in sicilia; e ancor prima i dardanelli, seguendo migrazioni che trasferivano il conosciuto mare dal ponto eusino all'egeo, al mediterraneo orientale e poi il tirreno. E l'oceano. Non mi stupirei una provenienza iperborea della civiltà achea. Non mi stupirei leggendo diodoro siculo che racconta della parentela che ne intercorreva e che univa Delo alla britannia attraverso la divinità Apollo, venerato in qui e nel "recinto" di pietra britannico sempre protetto dai sacerdoti, magari stonehenge [...] Non mi stupirei leggendo le argonautiche, in cui medea descrive l'antica e segreta rotta danubiana custodita dai colchi, alternativa ai dardanelli per uscire dal mar nero e rintracciare magari un Rodano che ti faccia uscire nel mediterraneo occidentale. Bisogna conoscere bene le vie fluviali del nord europa, però ... Affascinante come teoria e quindi come 3d. Altre colonne e altri mari interamente circondati da terra. E ancora la groenlandia tra qui e la.

Ben detto, Jim. "Ora poichè descritto abbiamo i paesi boreali dell'Asia, noteremo anche i prischi fatti degl'Iperborei. Tra gli scrittori antichi Ecateo, ed alcuni altri dicono, che all'incontro della Celtica [1] è nell'Oceano un'isola non minore della Sicilia, e posta sotto la regione artica, la quale è abitata dagli Iperborei, così detti perchè sono più lontani del vento borea. Narrano che ivi il suolo è ottimo ed ubertoso, perchè temperato egregiamente, e perciò due volte ogni anno farvisi raccolto. Favoleggiano in quel paese essere nata Latona; e quindi venerarsi sopra gli altri Dei Apollo; e perchè quegli uomini ogni giorno celebrano con perpetuo canto di laudi quel Dio, e gli rendono sommi onori, tenersi essi come sacerdoti del medesimo. Ivi è sacro ad Apollo un bosco magnifico, ed un tempio di forma rotonda [2], bello, e di molte preziose cose adorno; e v'è pure sacra a lui una città, i cui abitanti sono quasi tutti sonatori di cetra, i quali col suono della cetra accompagnano il canto degl'inni contenenti le imprese di lui. Gl'Iperborei hanno una lingua loro propria; e sono attaccati a' Greci con benevolenza fino dagli antichi tempi contratta; e soprattutto agli Ateniesi e ai Delj. Anzi raccontasi che alcuni Greci penetrarono sino al paese degl'Iperborei, e che vi lasciarono doni aventi iscrizioni fatte con lettere greche: e così che di là venne in Grecia, un certo Abari [3], e che rinnovò co' Delj l'antica amicizia e intrinsichezza. Oltre queste cose dicesi ancora che la luna vedesi da quell'isola in modo, che poco paia distante dalla terra, e che mostra nella sua faccia come certe prominenze, o colli terrestri. E si aggiunge, che Apollo ogni diciotto anni visita una volta l'isola: nel quale spazio di tempo compionsi i ritorni degli astri ai loro primi luoghi, onde quel giro d'anni diciannove da' Greci si chiamò anno magno. In questa apparizione dicono che il Dio suona di notte la cetra, e balla continuamente dall'equinozio di primavera sino al nascere delle Pleiadi, compiacendosi colle lodi delle sue imprese. Il governo della città, e il ministerio supremo del tempio, stanno presso i Boreadi, che sono progenie di Borea, i quali per ordine di successione gentilizia ottengono il principato" (Diodoro Siculo, I secolo a.C.).

[1] Celtica: come suggerisce il nome, l'insieme dei territori abitati dai Celti.
[2] "Ivi [nell'isola di Iperborea] è sacro ad Apollo un bosco magnifico, ed un tempio di forma rotonda" : Stonehenge ?
[3] Abari: molti autori hanno parlato della venuta di Abari in Grecia. Secondo Pindaro, questo fatto accadde al tempo di Creso.

Ma le sconvolgenti teorie dell'ingegner Vinci non finiscono qui ...

Esse vanno oltre Omero e arrivano al più famoso libro del mondo: la Bibbia.

Molti hanno tentato di individuare l'EDEN in un luogo concreto:

http://it.wikipedia.org/wiki/Giardino_dell'Eden

Secondo il Vinci, così come per l'Iliade e l'Odissea, bisogna cercare nel grande Nord:

www.antikitera.net/articoli.asp?ID=26

CITAZIONE
Secondo queste indicazioni, l'Eden si collocherebbe nell'attuale regione della Msopotamia meridionale [...] Un'altra ipotesi sulla localizzazione dell'Eden si trova nel saggio Omero nel Baltico di Felice Vinci, dove l'autore, nell'ambito della totale localizzazione geografica dei poemi omerici in Scandinavia, teorizza diversi collegamenti con le mitologie di molti altri popoli, tra cui quello ebraico. E una volta identificata l'Etiopia con la penisola di Varanger, in Norvegia: "Esaminiamo [...] uno dei fiumi che la bagnano, il Tana (che pertanto potrebbe corrispondere al Gihon biblico): esso nasce in una zona della Lapponia finlandese [...] da cui effettivamente si dipartono altri corsi d'acqua. Uno è l'Ivalo, che i Lapponi chiamano Avvil. L'assonanza con Avila [...] da sola potrebbe essere casuale, ma proprio questo territorio è ricco d'oro" (Felice Vinci, Omero nel Baltico, pagg. 647-648). Il passo citato prosegue con l'identificazione di Tigri ed Eufrate con i loro corrispettivi scandinavi; il complesso di questi fiumi delinea, secondo Vinci, "una sorta di Mesopotamia finnica, straordinariamente assomigliante a quella asiatica"

Fonte: Wikipedia

"Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista [...] Un fiume usciva da Eden per irrigare il Giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avila, dove c'è l'oro. Il secondo fiume che usciva da Eden si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d'Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate" (Genesi).

Edited by onussen - 17/4/2014, 00:52
 
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view post Posted on 21/2/2010, 09:53
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CITAZIONE
Uno dei più antichi ed importanti dibattiti della cultura occidentale, la questione omerica, si è ulteriormente riacceso in questi ultimi tempi in seguito sia alle nuove indagini archeologiche di alcuni ricercatori tedeschi sul sito delle rovine scavate da Schliemann in Turchia, sia in seguito alle rivoluzionarie conclusioni raggiunte da Felice Vinci che sposta geograficamente e cronologicamente l'ambientazione dei poemi omerici, non più nel Mediterraneo del 1200 a. C. ma nella Scandinavia del 2000 a. C. Se fra gli stessi archeologi più tradizionalisti c'è ancora chi dubita che le rovine di Hissarlik possano appartenere alla Troia dell'età ellenistico-romana (e men che meno alla Ilio omerica), dall'altro versante le ricostruzioni di Vinci hanno destato sia apprezzamento e interesse ma anche critiche e contrarietà. In questo articolo si propone una terza via, non certo come comodo compromesso per accontentare tutti, ma come seria analisi sulla travagliata composizione dell'Iliade e dell'Odissea nel corso di almeno un millennnio.

Istoria, il vocabolo greco che significa "storia", sotto il punto di vista filologico deriva dall'unione di altri due termini: istos ovvero "tessuto" (o ancor meglio "tela") e reo, cioè il verbo "scorrere", in questo caso nel senso di "filare per tessere" (una differente interpretazione etimologica che lo fa derivare da histoor, cioè "testimone" o "giudice" non è da preferire in quanto istoria è una parola chiaramente composta, e caratterizzata dalla "omicron" e non dalla "omega"). Similmente al lavoro delle proprie donne ai telai, per i greci arcaici che cominciarono a coniare i concetti ed i termini astratti da consegnare ai propri discendenti – e alla civiltà occidentale – la storia era sostanzialmente un intreccio di vite e vicende di uomini, città, e popoli "tessute" più dal Fato e dagli Dei che dalla volontà umana. Anche le tetre Parche, signore appunto del Fato, dipanavano come un filo la "storia" di ogni mortale fino all'imperscrutabile decisione di reciderne la vita.

Ma se la storia di popoli e città, come la vita degli uomini, era un intreccio fino a formare un tessuto, esso poteva venir simbolicamente "dipanato" in forma di poesia cantata dagli aedi o rapsodi come Omero. E' significativo che il termine greco rapsodos derivi dal verbo raptein, ovvero cucire: questi cantori, tramandavano, ma anche rimaneggiavano unendo canti e miti differenti (chiedendone aiuto alla Musa!) la memoria storica collettiva in un'epoca di generale analfabetismo, in cui ancora pochi conoscevano nel mondo greco le prime forme di scrittura – come la cosiddetta lineare B - precedenti la diffusione della scrittura alfabetica classica, dall'VIII sec. a. C. in poi. L'autore dell'Odissea in questo poema ci presenta due di questi suoi "colleghi": Femia, cantore in mezzo ai Proci nella reggia di Ulisse, e il cieco Demodoco alla corte dei sovrani Feaci. Il primo canta del difficile ritorno a casa di molti greci dopo la caduta di Troia, oggetto di un ciclo di poemi (cosiddetti nestòi) a noi non giunti. Il cantore alla reggia dei Feaci invece dopo aver narrato della lite fra Achille e Odisseo (episodio non riportato da nessuno dei due poemi, ed altrimenti sconosciuto) racconta del famoso episodio del cavallo. E' appunto la narrazione epica che fa Demodoco di questa storia e della caduta di Troia a commuovere Ulisse e ad indurlo a diventare a sua volta egli stesso cantore e dipanatore del filo della memoria, cominciando così a narrare le sue disavventure (libro IX).

Prima però che Omero faccia entrare in scena il suo eroe nell'isola della ninfa Calypso, nel secondo capitolo dell'Odissea riporta un celebre episodio, che come una felice allegoria rende conto del significato e della struttura dell'intero poema, oltre che rappresentare una metafora filologica del concetto di storia come azione e come memoria, come futuro e come passato. Per guadagnare tempo contro le pretese dei Proci, la moglie di Ulisse, Penelope, si impegna nella tessitura di un telo funebre da donare al suo vecchio suocero Laerte, il padre del divino Odisseo, dichiarando che avrebbe fatto la scelta di un nuovo sposo una volta terminatolo. Com'è noto, durante la notte tuttavia disfa tutto quanto ha filato di giorno, in maniera da ingannare i pretendenti e dare il tempo al proprio amato marito di fare ritorno. Se l'Iliade è il poema del destino ineluttabile al quale sono assoggettati gli eroi come Achille, Ettore e la medesima città di Priamo, il secondo poema è invece meno pessimista concedendo ad ogni mortale la possibilità di lottare contro le avversità, disfacendo la trama luttuosa della sorte contraria con l'aiuto della propria astuzia, della propria versatilità (polùtropos, attributo di Ulisse) ed ovviamente anche dell'aiuto dei numi favorevoli: Atena, Apollo, Ermes, e via dicendo. Ma la tessitura diurna di Penelope è anche metafora – come si è detto – della storia agita, vissuta, e intrecciata con quella di altri uomini e città. Viceversa la sua nascosta e più importante attività notturna è sinonimo non solo della narrazione rapsodica della storia ri-vissuta con la parola, ma anche della struttura medesima del poema, quasi un avvertimento dello stesso Omero ai suoi lettori, che di lì a poco si cimenterà con i ricordi dello stesso Ulisse, in una narrazione all'interno della narrazione, ovvero con quello che oggi noi chiamiamo in termini cinematografici, "flash-back".

Una questione sorta già nell'antichità.

Come giustamente hanno fatto notare gli studiosi, l'Odissea è infatti un'opera atipica, non solo fra i due poemi attribuiti ad Omero, ma all'interno del panorama di tutta la letteratura greca. Gli scrittori greci amavano redigere anche i trattati storici in una forma unitaria, lineare e progressiva. Il poema di Ulisse è invece suddiviso in tre parti principali: le ricerche di suo figlio Telemaco, le disavventure dell'eroe per il suo ritorno in patria, e la lotta contro i Proci una volta giunto ad Itaca. E all'interno di questi tre blocchi principali, non mancano naturalmente excursus, flash-back, protagonisti improvvisamente "messi in pausa" per dar voce ad altri personaggi e narrare altre vicende. Più che l'Iliade, l'Odissea è l'opera che – all'interno della millenaria "questione omerica" - confermerebbe quanto sostengono i critici definiti "analitici", ovvero la nascita di tali opere ben prima di Omero – se mai realmente esistito - tramite la progressiva giustapposizione di singoli racconti tramandati in forma orale da generazioni di cantori, che celebravano individualmente le gesta di questo e quell'altro eroe (De Romilly, 1998).

La Grecia al tempo di Omero Che la gestazione dei due poemi omerici abbia attraversato in origine una fase di composizioni orali sembra accertato anche da molti elementi interni al loro stile, come le ripetizioni di appellativi, frasi fatte, modi di dire identici in ogni parte dei due poemi ("Aurora dalle rosee dita", "il mare color del vino", ecc.). E del resto un lungo lasso di tempo di almeno cinque secoli – dal 1260 a. C. (o giù di lì) fino all'VIII sec. - separarono secondo gli stessi scrittori antichi la Guerra di Troia dal periodo in cui visse il misterioso Omero; dunque impossibile non pensare ad una trasmissione orale delle due epopee precedentemente alla loro prima stesura scritta avvenuta forse proprio nello stesso periodo dell'adozione della scrittura alfabetica da parte dei Greci, ovvero proprio nell'VIII sec. a. C. Secondo il parere degli studiosi "neoanalitici" visse realmente in Asia Minore un poeta, o un gruppo di poeti, che in quel periodo si preoccupò di selezionare, ordinare, rielaborare ed infine fissare su papiro in forma coerente ed unitaria la gran massa di storie circolanti sulla guerra avvenuta cinque secoli prima e sulle disavventure occorse ai protagonisti principali dopo la caduta della città (fra le quali ultime, unica opera sopravvissuta fu quella dedicata appunto ad Ulisse). In questa maniera le città elleniche poste sulla sponda egea dell'Asia Minore (Mileto, Samo, Rodi, ecc.) intendevano mantenere e rinsaldare anche culturalmente i legami con la loro madrepatria di origine, così come una ulteriore stesura in forma scritta per ordine di Pisistrato ad Atene nel VI sec. a. C. si svolse in concomitanza con la conquista dell'Ellesponto da parte del tiranno ateniese: la possibilità di controllare l'accesso al Mar Nero, al suo grano ed ai suoi ricchi mercati doveva essere degnamente celebrato nella città della dea Atena, patrona di Ulisse. I redattori incaricati da Pisistrato tuttavia non si astennero dall'effettuare ulteriori rielaborazioni ed aggiunte, come si ha prova nel caso ad esempio di un capitolo dell'Iliade, il X, dove si parla della spia troiana Dolone scoperta e uccisa da Ulisse e Diomede. Ma le manomissioni del testo tuttavia non cessarono nemmeno dopo tale data, e nel corso dei secoli successivi, diversi critici e letterati, il più noto dei quali fu Aristarco di Samotracia (216 a. C. - 144 a. C.) rimaneggiarono più volte i due poemi. Si ritiene che solo negli ultimi due secoli prima dell'era cristiana venne definitivamente fissato il testo di entrambi i poemi, quello che sostanzialmente possiamo leggere ancora oggi: si può spiegare così ad esempio come nell'Iliade il dio fabbro Efesto costruisca robot dorati (autòmati, nel testo greco), sia in forma di oggetti (tripodi) sia sotto forma di ancelle da cui viene servito come fossero schiave, suggerendo che tale descrizione venne aggiunta negli ultimi secoli prima dell'era volgare, quando simili meccanismi pieni di ingranaggi venivano costruiti dagli scienziati alessandrini Erone e Ctesibio (Burgio, 2006).

Nonostante tuttavia i secoli di riedizioni, correzioni, rielaborazioni e sistemazioni varie, tanto l'Iliade quanto l'Odissea risultano ancora pieni di incoerenze, contraddizioni ed anacronismi geografico-temporali. Non si comprende ad esempio perché nell'Iliade una sfida a singolar tenzone tra Paride e Menelao nel canto III venga ripetuta fra due diversi contendenti, ovvero Ettore e Aiace nel canto VII, come se la prima non fosse mai avvenuta. Ed ugualmente ci si chiede perchè sempre nell'Iliade Achille nel canto XVI confidi in una ambasceria da lui precedentemente rifiutata. Un personaggio, Pilemene nel canto V del poema troiano rimane ucciso, ma nel XII torna a vivere, mentre al contrario il muro edificato dagli Achei a difesa del proprio campo figura nei canti VII e XII ma scompare nel resto dell'Iliade.

Cavallo di Troia Le maggiori perplessità tuttavia riguardano gli elementi dell'ambiente in cui si svolge l'azione in entrambi i poemi, poiché tanto i critici antichi quanto quelli contemporanei sono unanimi nell'affermare che i luoghi descritti da Omero non corrispondono se non molto approssimativamente con la geografia del Mediterraneo. Il Peloponneso viene descritto come un'isola, l'Isola di Pelopo appunto, mentre sappiamo che soltanto ai nostri giorni un geografo pedante potrebbe dichiararla tale in seguito al taglio dell'Istmo di Corinto. Fino al XIX secolo – e tanto più nell'epoca di Omero! - era saldamente unito alla terraferma, e non si capisce neppure perché venga descritto sostanzialmente pianeggiante dal momento che è talmente montuoso che molte regioni interne ancora fino a qualche secolo fa restavano isolate per le difficoltà dei collegamenti. Identico discorso vale per Itaca ritratta con caratteristiche differenti dall'isola greca bagnata dal Mar Ionio. Anche le distanze relative tra i differenti luoghi geografici appaiono spesso incoerenti: l'Isola di Faro è proprio a ridosso della costa egiziana, ma già Strabone nel I sec. a. C. si domandava perchè nell'Odissea si afferma che ci vuole un'intera giornata di navigazione, col vento buono, per raggiungerla dall'Egitto. Il clima poi appare differente da quello solare e mediterraneo che esisteva anche al tempo di Omero: nei due poemi il mare viene rappresentato opaco "del colore del vino", i guerrieri combattono spesso al freddo e talvolta devono vedersela con la neve e il ghiaccio. Più che nel Mediterraneo, l'Iliade e l'Odissea sembrano ambientati in un altro contesto geografico, ad una latitudine più settentrionale.

Omero nel Baltico.

Felice Vinci, guidato da alcune significative testimonianze storiche, come quella di Plutarco che localizzava Ogigia, l'isola della ninfa Calipso, nell'Atlantico settentrionale, non esita ad affermare che la guerra di Troia e le disavventure di Ulisse siano accadute in realtà tra il Baltico ed il Mare del Nord. E non nel 1200 a. C. bensì intorno a mille anni prima, nel 2200 o giù di lì. Trasportata con l'immaginazione tutta la scenografia dei poemi omerici in quel contesto geografico, molte stranezze contenute nei loro versi non appaiono allora più tali: il clima più freddo, il mare brumoso, i guerrieri pesantemente vestiti, e via dicendo. Anche la grande battaglia combattuta ininterrottamente per due giorni di seguito senza alcuna pausa per la notte verrebbe spiegata dalle giornate estive molto lunghe e dal sufficiente chiarore che si ha nelle ridotte ore notturne a quelle latitudini. Ma Vinci ha anche identificato precise corrispondenze tra le descrizioni geografiche presenti nei due poemi e molte località dei Paesi Baltici. Così il Peloponneso appare realmente un'isola pianeggiante, cioè Sjaelland, la maggiore delle isole danesi dove adesso sorge anche Copenhagen; nei pressi, l'isola di Lyo corrisponde in maniera ben precisa con la descrizione che fa Omero di Itaca, mentre anche l'omonima isoletta di Faro, a nord della grande isola di Gotland che si trova ad una certa distanza dalle coste della Lettonia e della Polonia (identificabile forse con l'Egitto), poteva costituire l'omerica isola di Faro, ad una giornata di navigazione. La vera guerra di Troia sarebbe stata combattuta dunque in realtà dagli antenati degli Achei omerici, ovvero dalle genti scandinave fino all'incirca al 2000 a. C. (o giù di lì) ancora stabilmente residenti nel Baltico.

In questi ultimi decenni infatti, in seguito a nuovi studi archeologici e linguistici, la tradizionale teoria della provenienza dei popoli indoeuropei da Oriente (dalle regioni del Caucaso e del Mar Caspio) ha perso sempre più terreno a favore dell'idea di una comune origine scandinava (Louth, 1996). Come viene fatto notare dallo stesso Vinci, fino all'incirca al 2000 a. C. la temperatura media del nostro pianeta era più alta di quella attuale, secondo alcuni ricercatori degli anni '70 come Godwin, anche di 2 gradi in più rispetto a quella moderna. Le ricerche paleobotaniche compiute anche a ridosso del circolo polare – in Canada, Norvegia, Siberia, ecc. - hanno accertato per quel periodo (definito "optimum climatico") l'esistenza anche alle alte latitudini, di un tipo di vegetazione che in tempi successivi, anche quelli più caldi come il nostro, si ritrova soltanto a latitudini molto più basse. Fino a 4000 anni fa nelle regioni dove ancora adesso ci sono solo le conifere o addirittura la tundra, si trovavano boschi di querce, noccioli, larici, ecc., ed i progenitori degli antichi greci micenei vivevano e prosperavano in una Scandinavia che come clima assomigliava più all'Inghilterra e alla Francia settentrionale che non a quella alla quale siamo abituati oggi (Le Roy Ladurie, 1980). Dovevano lavorare il bronzo, percorrere il mare (anche al di fuori del Baltico) con le loro veloci navi, antenate dei drakkar vichinghi, e praticare gli scambi da una sponda all'altra e da un'isola all'altra. In realtà di essi non si sa molto, per mancanza sino ad ora di sufficienti campagne di scavo, ma certamente al seguito dei loro sovrani (analoghi ai "wanax" micenei) dovevano scendere frequentemente in guerra, come i greci del Mediterraneo.

Secondo Felice Vinci tra le genti delle due sponde del Baltico, attualmente quella danese-svedese e quella della Finlandia per intenderci, vi era una particolare ostilità che si concretizzò prima del 2000 a. C. in una guerra di grande portata. I sovrani di diverse isole e regioni radunarono le loro navi ed i loro guerrieri, proprio come si legge nell'epica greca, ad Aulide, in realtà nella baia di Norrtälje sulla costa occidentale dell'attuale Svezia, e da lì veleggiarono verso la costa opposta. Obiettivo era una cittadina attualmente nell'entroterra della Finlandia, che 4000 anni fa si trovava però in prossimità del mare. Quella località esiste ancora e porta il significativo nome di Toija. Secondo Vinci sarebbe stato in realtà un insediamento di medie dimensioni, in legno secondo il tipico stile nordico-scandinavo e non la grande città in stile miceneo immaginata da Omero. Anche il muro di cinta sarebbe stato in realtà una palizzata di legno e pietre.

Troll scandinavo Al pari dell'Iliade, anche il poema di Odisseo avrebbe avuto come scenario la Scandinavia ed il Mare del Nord: così ad esempio i giganti Lestrigoni ed il Ciclope Polifemo avrebbero abitato la Norvegia settentrionale dove le leggende nordiche localizzavano i mostruosi Troll; l'isola del dio Eolo andrebbe da ricercarsi in una delle Shetland, dove tradizionalmente le donne anziane vendevano ai marinai fazzoletti annodati con spago per "governare" i venti e scongiurare le tempeste; ed il pericoloso passaggio tra Scilla e Cariddi non sarebbe naturalmente lo Stretto di Messina (analogia apparsa sempre troppo esagerata), bensì il fenomeno vorticoso del "Maelstrom" nel mare di Norvegia.

Intorno al 2000 a. C. poco dopo la guerra contro Toija ed il travagliato ritorno in patria di Ulisse, il clima peggiorò in tutto il pianeta. Probabilmente anche con la complicità della caduta di un meteorite nel Golfo Persico e di ripetute eruzioni del vulcano Campi Flegrei nel Golfo di Napoli, le temperature medie discesero all'incirca di un paio di gradi specialmente nel nostro emisfero, ed il Baltico fu soggetto ad un clima ancora più gelido di quanto non lo sia oggi. Analogamente a quanto poi avrebbero fatto 3000 anni più tardi i loro discendenti vichinghi e variaghi molte delle genti scandinave decisero di lasciare la propria terra d'origine, ma non per motivi di esplosione demografica come nel medioevo, dal clima tornato relativamente più caldo, bensì per l'impossibilità di coltivare una terra gelida. Diffusisi a ondate successive in tutta Europa e per mezza Asia fino in India alla ricerca del caldo sole (e delle ricchezze delle città che incontravano per via) assoggettarono le popolazioni di molte regioni europee ed asiatiche dando origine alle culture indoeuropee come tradizionalmente si conoscono. Ma i Greci Achei e Micenei fecero anche qualcos'altro: spinti dalla nostalgia, assegnarono ad ogni regione del Mediterraneo che toccavano con le loro navi il nome di qualcuno dei paesi che avevano lasciato sul Baltico, cercando di ricostruirne la geografia, anche al prezzo di qualche forzatura. Ecco perchè il montuoso Peloponneso fu equiparato alla pianeggiante "Isola di Pelope", ovvero la Sjaelland, e l'Isola di Faro, quasi attaccata alla costa egizia, venne descritta lontana una giornata di navigazione.

Toija e Wilusa.

Apprezzate anche all'estero, non solo, come ci si potrebbe aspettare, nei paesi Scandinavi, ma anche negli Stati Uniti dove vengono studiate nelle Università americane, le conclusioni di Felice Vinci tuttavia non hanno però mancato di suscitare anche molte critiche e contrarietà. Il motivo non è soltanto la tradizionale diffidenza del mondo accademico verso tutte le teorie nuove e rivoluzionarie, ma anche le ben più concrete testimonianze archeologiche. Specialmente nell'Iliade, Troia viene descritta in maniera ambivalente, ora come una città semplice e arcaica, ora invece dotata di grandi palazzi in stile miceneo, larghe vie, templi e possenti strutture fortificate. Anche se molti studiosi concordano che Omero abbia lavorato certamente di fantasia attribuendo alla Ilio di cinque secoli prima molte caratteristiche delle città greche dei suoi tempi, tuttavia perlomeno fino all'imperatore Giuliano (361 - 363 d. C.) una città chiamata Troia esisteva realmente sui Dardanelli, finché non decadde e di essa non se ne perse anche l'esatta localizzazione. Ma i 9 strati di antiche rovine dissotterrate a partire dal 1870 sulla collina di Hissarlik in Turchia e tutto il paesaggio circostante sembrano corrispondere sufficientemente alla Ilio della tradizione antica nonché alla descrizione omerica, anche se la topografia della città scoperta da Schliemann non coincide proprio esattamente con quanto riportato dall'Iliade. Tuttavia i resti degli edifici, dell'Acropoli e delle mura degli strati VI e VII risalgono proprio al periodo tradizionalmente associato dagli antichi scrittori greci con la guerra contro la potente Ilio. La città dello strato VI (1800 - 1300 a. C.) sembra essere stata danneggiata da un terremoto, ma quella di pochi anni dopo, risalente al 1260 a. C., la VII/a, riporta i segni di un possibile assedio e una successiva distruzione: si hanno infatti tracce di un improvviso aumento di popolazione, dell'ammassamento di grandi scorte nei magazzini e di un successivo incendio. Gli abitanti a cui appartengono i resti ritrovati sembra siano morti assassinati, così come riportato dall'epica.

Fino ad alcuni anni fa anzi sembrava che la città riportata alla luce, pur dimostrandosi più grande, solida e meglio fortificata della Toija di legno identificata da Vinci, fosse più piccola di quanto non la descrivesse l'Iliade. Ma negli ultimi decenni le nuove indagini archeologiche e geologiche di Korfmann e Kraft hanno potuto accertare che i resti trovati da Schliemann sono in realtà quelli dell'Acropoli, la cittadella fortificata. Oltre le mura si estendeva tutto il borgo residenziale e commerciale facente capo al porto i cui resti probabilmente sono ancora da identificare con l'aiuto della geologia. Si è anche appurato che la linea costiera era molto differente da quella attuale, e prima che nel corso dei millenni il fiume Scamandro colmasse coi suoi sedimenti i bassi fondali, il mare si insinuava in prossimità delle attuali rovine. Kraft avrebbe anche identificato il luogo dell'ormeggio delle navi greche ed il muro fatto costruire da Nestore a difesa del loro accampamento. Anche le datazioni al radiocarbonio C14 collimano con il contesto storico ed archeologico, nonostante non manchino anche all'interno degli stessi studiosi tedeschi opinioni contrarie, come quella di Frank Kolb, per il quale le rovine di Hissarlik non possono essere quelle di una grande città commerciale come la Ilio omerica, ma al massimo quella di una piccola fortezza che dominava sull'area rurale circostante. (Giorgetti, 2003; Sindici, 2010).

Impero Ittita Tuttavia l'esistenza e la potenza della grande città di Priamo posta a guardia dei transiti commerciali sui Dardanelli, tra Mediterraneo e Mar Nero, sarebbe anche confermata da altre fonti antiche. Intorno al 1200 a. C. i testi Ittiti documentano la presenza di una importante città nella regione di Arzawa, ovvero l'odierna Turchia occidentale. Il nome di questa città era Wilusa, foneticamente simile ad Ilio dunque, il suo sovrano era Alaksandu che nei poemi omerici (nella forma grecizzata di Alessandro) era un secondo nome di Paride. Essa inoltre risultava contesa tra l'Impero Ittita che occupava anche quasi tutta l'Asia Minore, e i sovrani di Ahhijawa, termine col quale molto probabilmente gli Ittiti designavano la sfera d'influenza anche marittima degli Achei. Insomma se l'ambiente mediterraneo nei poemi omerici risulta contraddittorio ed incoerente tanto da rendere più convincente la ricostruzione di Felice Vinci, non così sembra per la città di Priamo, molto più simile alla Ilio/Wilusa dei Dardanelli che alla Toija baltica. Dove sta allora la verità? Come spesso accade non è escluso che possa appartenere ad entrambi i punti di vista, e può venir adeguatamente rappresentata dalla metafora della tela di Penelope.

Due nomi, due città?

Omero ed i suoi predecessori cantori amavano tessere abilmente le loro storie, specialmente quando queste venivano tramandate oralmente, intrecciando sul telaio della propria cetra, leggende, folklore, racconti di marinai con i miti degli dei e degli eroi. Ma qualsiasi tessuto ha bisogno di almeno due tipi di fili: la trama e l'ordito. I poemi omerici – come abbiamo avuto modo di vedere – sono pieni di elementi doppi: vi sono duelli che si ripetono identici per due volte; vi sono personaggi con due nomi differenti, come Paride/Alessandro; e vi è una medesima città scenario, ma con due nomi diversi: Troia (Toija?) e Ilio (Wilusa?). Viene spontaneo immaginare che questi due nomi identifichino in realtà due città differenti, e due guerre differenti, con vicende simili ed esito analogo, ovvero l'incendio e la distruzione della città assediata a lungo. E magari con due gruppi di sovrani, eroi, personaggi distinti, fusi e confusi poi nel corso dei secoli in un'unica grande vicenda epica. Due nomi, due città differenti oggetto di due guerre distinte combattute a mille anni di distanza l'una dall'altra: nel 2200 nel Baltico contro Tojia, l'altra nel 1260 a. C. contro Ilio sui Dardanelli. La prima combattuta dagli antenati scandinavi in un mondo socio-culturale più semplice potrebbe anche aver avuto in questione, come suggerito anche da Vinci, proprio una bella donna, vittima forse di una razzìa da parte dei baltici dell'odierna Finlandia ai danni dei loro avversari della sponda opposta, le attuali coste della Svezia e delle isole danesi: tutti i residenti di quel versante, chi più chi meno con qualche conto in sospeso, avrebbero allora deciso di fare causa comune per dare una severa lezione, una volta per tutte, ai "Tojiani" e ai loro alleati.

L'altra guerra venne invece combattuta mille anni più tardi contro la Ilio di Schliemann, dai lontani discendenti di quei proto-indoeuropei scandinavi dopo le loro ripetute migrazioni verso il sud e l'Egeo. La ricca città anatolica in quei mille anni era risorta più volte sulle proprie ceneri, tornando alla vita e alla prosperità commerciale dopo i danni ripetutamente provocati da invasioni nemiche, incendi e terremoti. La concorrenza navale che sicuramente esercitava con la sua potente flotta in tutto l'Egeo e la sua posizione strategica a guardia dei Dardanelli, controllando il passaggio marittimo verso il Mar Nero, e fra l'Asia Minore e l'Europa, rappresentavano una spina nel fianco per l'espansionismo commerciale e militare degli Achei Micenei. Questi del resto già controllavano Rodi ed il prospicente litorale dell'Asia Minore, e commerciavano proficuamente con tutto il Mediterraneo, fino alla Spagna. Ilio/Wilusa era però spalleggiata dal potente impero Ittita che si estendeva per quasi tutta l'Anatolia, e dunque era impossibile attaccarla. Anzi intorno al 1300 a. C. gli Ahhijawa/Achei d'Asia vennero sconfitti e resi vassalli dal sovrano di Hattusas Mursili II (Levi, 2004). Ma quando la decadenza travolse l'Impero Ittita poco tempo dopo, per i greci micenei venne il momento opportuno e liberatisi dal protettorato anatolico sbarcarono sui Dardanelli assediando la grande città di Priamo, ancora con i segni di un recente terremoto. Secondo un'interessante tesi, la città sarebbe stata presa nascondendo dei guerrieri achei nelle ceste trasportate da una carovana di cavalli e destinata al rifornimento dei troiani assediati: di qui la leggenda del cavallo (Enrico Pantalone)

Anche la guerra contro Ilio/Wilusa agli aedi micenei dovette sembrare memorabile e degna di essere tramandata fino a fonderla con l'altra impresa di cui serbavano ancora memoria, quella avvenuta mille anni prima nel Baltico. Le rielaborazioni successive hanno poi praticamente reso estremamente difficile distinguere scenari e personaggi appartenenti alle diverse epoche.

fonte: www.cataniacultura.com/147-omero-baltico.htm
 
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RAGNOUOMO
view post Posted on 23/2/2010, 09:36




Non è la prima volta che viene proposta l'idea di antichi collegamenti, ormai dimenticati, tra il mondo della classicità greco-romana e le culture del Nord Europa, tra il bacino del Mediterraneo e le regioni vicine al circolo polare artico, tra i popoli del Sole di mezzanotte e il mondo egeo.

CITAZIONE
... E termina la sua lettera coll'esame dell'ipotesi del Signor Bailly, a cui prese voglia, seguendo le tracce di Rudbeck, di far navigare Ulisse fra i ghiacci del settentrione [...] Secondo il Sig. Bailly l'Italia è un paese troppo recentemente abitato, per potersi ad esso ascrivere l'origine delle religiose favole che si rammentano in quel viaggio di Ulisse; e che debba poi quest'origine ripetersi dal settentrione lo dimostra, secondo lui, il non potersi felicemente cercar la radice delle parole Averno, Plutone, Cocito, Stige, Acheronte, Radamanto etc. sennonchè nell'antico linguaggio del Nort. Secondo lui i Cimmerj, cioè gli abitatori delle tenebre, non mai rischiarate dal sole, ove dall'isola di Circe portossi immediatamente Ulisse, non possono cercarsi che nelle regioni polari; ed Eolo che chiude i venti in un otre, perchè non turbino la navigazion dell'eroe, allude evidentemente all'uso che conservasi tuttavia nella Lapponia di vendere il vento ai naviganti, e di non permettergli l'uscita che disfacendo certi nodi. E non potendo dissimulare le circostanze di quei luoghi rammentati da Omero, che troppo chiaramente indicano un clima temperato, come sarebbero per es. il vino che s'imbandisce alle mense e si adopera ne' sagrificj, la vite che serpeggia per le pareti della grotta d' Calipso, il fico che pende dallo scoglio di Cariddi etc. ricorre il Sig. Bailly al Buffoniano successivo raffreddamento del globo, prima del quale i gelati climi del settentrione soggiacquero, dic'egli, agli ardori della Zona torrida, siccome, secondo lui, lo provano le ossa di elefanti, onde la Siberia trovasi piena.

http://books.google.it/books?id=x3BUAAAAcAAJ&dq=

Il brano proviene dalle Effemeridi letterarie di Roma (1772) di Gregorio Settari. Jean Sylvain Bailly fu un matematico, astronomo, politico e letterato francese (1736-1793). Olaus Rudbeckius (Rudbeck, 1603-1702) fu uno scienziato e scrittore svedese. Mi sembra di trovare delle analogie con le tesi di Vinci.

CITAZIONE
Toija è un tranquillo vilaggio finlandese a nord di Helsinki,in una valle boscosa delimitata da un gruppo di alture,coperte dalla foresta,e due fiumi che confluiscono in una vasta pianura costiera.Qui si è recentemente svolto il convegno internazionale "Toija e le radici della civiltà europea".La topografia del villaggio,infatti,corrisponde perfettamente a quella tramandata da Omero per Troia.Questa è una delle innumerevoli,sorprendenti coincidenze che compongono ciò che si può definire il "codice Vinci",elaborato nel corso di quasi vent'anni di ricerche da Felice Vinci,ingegnere nucleare,sin da ragazzo preda di una vera ossessione omerica ed esposto in ogni minimo dettaglio nelle oltre cinquecento pagine del saggio "Omero nel Baltico" (Palombi editore)."Il reale scenario dell'Iliade e dell'Odissea è identificabile non nel bacino del Mediterraneo,dove dà adito a innumerevoli incongruenze,bensì nell'Europa settentrionale",afferma Vinci."Le saghe che hanno dato origine ai poemi omerici provengono dal Baltico e dalla Scandinavia,dove nel II millennio a.C.,in pieno optimum climatico post-glaciale,fioriva una splendida Età del Bronzo.Intorno al XVI secolo,in seguito al peggioramento del clima,le popolazioni locali migrarono nel Mediterraneo,dando origine alla civiltà micenea.Qui,tra arcipelaghi e penisole dalle incredibili somiglianze con la loro patria,rinominarono i nuovi luoghi di residenza con i toponimi nordici e perpetuarono di generazione in generazione il ricordo dei tempi eroici.Poi,attorno all'VIII secolo a.C.,con l'introduzione della scrittura alfabetica in Grecia,questa antichissima tradizione orale compose il corpo dei poemi omerici.Noi siamo tratti in inganno dalla forma neoclassica della traduzione di Vincenzo Monti,ma la dimensione psicologica dell'Iliade e dell'Odissea ha un senso nordico,molto poco mediterraneo.Circe è una sciamana artica,il canto delle sirene riecheggia una tradizione norvegese:la Hulder,la donna dei Troll (giganti delle montagne talvolta monocoli che richiamano i Ciclopi) che si nasconde dietro le cascate stregando gli uomini con il canto.Ulisse ricorda il guerriero Ull".Inevitabilmente il "codice Vinci" è stato accusato di iconoclastia:"L'idea che il mito mediterraneo possa essere dislocato crea turbamento,ma bisogna uscire dai condizionamenti mentali",replica Vinci."Sin dai tempi antichi la geografia omerica ha dato adito a problemi e perplessità per le sue incongruenze:un clima freddo,battaglie che proseguono nella notte,eroi biondi intabarrati in pesanti mantelli di lana,fiumi che invertono il corso,isole e popoli introvabili nell'area mediterranea.E così si è radicata tra gli addetti ai lavori l'idea che Omero si sia inventato un mondo immaginario,poetico".Seguendo il "codice Vinci",invece,tutte le "stranezze" di Omero sembrano trovare giustificazione,tanto che comincia a trovare seguaci anche nel mondo accademico.Il suo libro è stato presentato dalla professoressa Rosa Calzecchi Onesti,nota grecista e traduttrice dei poemi omerici.Negli Usa è stato adottato come testo al Bard Colege di New York."Gli studiosi dovrebbero ripensare le loro ipotesi circa la diffusione delle popolazioni indoeuropee",ha dichiarato al convegno di Toija il professor William Mullen,del dipartimento di studi classici di quell'ateneo,che ha seguito le rotte indicate nel saggio di Vinci a bordo di una barca a vela.Il "codice Vinci",infatti,disegna una mappa accurata di tutto il mondo omerico.Partendo da Ogigia,identificabile con una delle isole Far Oer (tra le quali si riscontra un nome curiosamente "grecheggiante":Mykines) e volgendo la prua a oriente si localizza la terra dei Feaci,la Scheria,sulla costa meridionale della Norvegia.Qui,al momento dell'approdo di Ulisse,si verifica una sorta di miracolo:il fiume-dove il giorno successivo il nostro eroe incontrerà Nausicaa-a un certo punto inverte il senso della corrente e accoglie il naufrago all'interno della sua foce.Tale fenomeno,incomprensibile in Mediterraneo,è comune nel Nord Atlantico,dove l'alta marea produce la periodica inversione del flusso negli estuari.Quindi,con una navigazione relativamente breve,l'eroe arriva a Itaca.Secondo Omero l'isola si trova all'estremo nord di un arcipelago di cui ci fornisce molti particolari coerenti fra loro,ma totalmente incongruenti con le isole Ionie.Le descrizioni del poeta greco,invece,coincidono perfettamente con un gruppo di isole danesi nel Baltico meridionale:Langeland (ossia Dulichio,l' "isola lunga") ... e Tasinge (l'antica Zacinto).L'ultima isola (a ovest),"là,verso la notte",ora chiamata Lyo,è l'Itaca di Ulisse.A differenza della sua omonima greca coincide in modo stupefacente con le indicazioni omeriche,non solo per posizione,ma anche per caratteristiche topografiche e morfologiche.Troia che,come s'è visto,secondo il Vinci è il villaggio di Toija,si trova a metà strada tra Helsinki e Turku,ben lontana dal sito scoperto da Schliemann,che per altro continua a suscitare forti perplessità.Un'ipotesi suffragata da corrispondenze che si estendono alle aree adiacenti ... Più a nord, poi,è possibile localizzare Cariddi,l'inesorabile gorgo che divora le navi,nella corrente di marea generatrice dei gorghi di maelstrom al vertice sud delle isole Lofoten."Non posso essere certo che la mia ipotesi sia vera",ammette lo stesso Vinci."Ma esiste un complesso di prove che giustificano l'avvio di ricerche archeologiche sui siti individuati da questa teoria alternativa.Se queste dessero risultati positivi,si aprirebbero nuovi orizzonti,di ampiezza significativa per quanto riguarda non soltanto le indagini sulla protostoria ma,addirittura,le origini e gli sviluppi di tutta la civiltà europea".Per il momento,dunque,il "codice Vinci" non ha ancora svelato il mistero dei luoghi omerici.Come ha scritto Eratostene:"Si troveranno i luoghi delle peregrinazioni di Ulisse quando si rintraccerà il calzolaio che ha cucito l'otre dei venti".

http://dweb.repubblica.it/dweb/2008/01/19/...98iso58198.html

CITAZIONE
Per Omero l'Ellesponto è un vasto mare,non uno stretto/a quasi fluviale come lo stretto dei Dardanelli.Quanto a Itaca,essa non rispetta affatto la posizione attribuitale nell'Odissea:non vi è in essa alcuna traccia della descrizione omerica;e d'altra parte,dov'è Dulichio,l' "isola lunga" che dovrebbe essere al suo cospetto?

http://it.wikipedia.org/wiki/File:Istambul...osporus_big.jpg

http://en.wikipedia.org/wiki/File:Dardanelles_landsat.jpg

http://it.wikipedia.org/wiki/Stretto_dei_Dardanelli

http://en.wikipedia.org/wiki/Bosphorus

http://en.wikipedia.org/wiki/Dardanelles

http://en.wikipedia.org/wiki/File:Kefallonia_IthakiWW.jpg

http://en.wikipedia.org/wiki/Ithaca

CITAZIONE
Infine Troia,"Troia VII",portata alla luce da Schliemann,solo forzatamente può essere identificata con la città omerica.L'eminente storico Moses Finley ha reagito apertamente a tale identificazione.Certamente sulla Troade di Omero aleggia un clima ben strano:la neve cade anche sulla spiaggia,gli scudi si incrostano di ghiaccio,la nebbia è onnipresente,gli eroi vestono pesanti tuniche anche d'estate e non sudano mai a causa del sole,che infatti non brucia.

Sembrerebbe quasi che "Omero",o chi per lui,non conoscesse il clima dell'Anatolia,nè tantomeno il Mar Mediterraneo,che infatti nei poemi appare sempre "brumoso" e "livido",avvolto nella nebbia,scosso da tempeste e terribili raffiche di vento,solcato da enigmatiche "rupi galleggianti" che Richard Graves non esitò a spiegare come iceberg!Proprio Richard Graves,un'autorità in fatto di mitologia ellenica,aveva situato le avventure di Ulisso nello scenario dell'Atlantico settentrionale e della costa della Norvegia.

Indipendentemente da Graves,Vinci è giunto alla medesima conclusione e l'ha portata alle estreme conseguenze.Non solo Ulisse si è mosso nel Mare del Nord,in uno scenario oceanico del tutto alieno dalla realtà mediterranea,ma egli stesso era un nordico (si direbbe un marinaio vichingo),come in fondo erano nordici - e qui si esce dal campo delle mere ipotesi - gli Achei e le altre genti elleniche,i "Danai" di cui parla Omero,e che giunsero nel Mediterraneo agli albori della storia europea dell'Età del Ferro.

Vinci è stato fulminato sulla via di Helsinki da un passo di Plutarco,in cui l'autore,riprendendo peraltro una tradizione abbastanza diffusa nell'antichità,mi poneva l'isola di Calipso,Ogigia,a Nord della Britannia,a cinque giorni di navigazione:probabilmente nell'arcipelago delle Far-Oer come punto di partenza,e seguendo meticolosamente le rotte dell'Odissea,Vinci ha individuato la Scheria - la terra dei Feaci,che mai Omero chiama isola - in Norvegia:il Peloponneso e Itaca nelle isole occidentali della Danimarca;la Troade in Finlandia,sulle sponde di quello che in fondo è il Mediterraneo del Nord:il Baltico.

Lì,nella zona di Toija,a parte le armi dell'Età del Bronzo,Vinci ha ritrovato un vero e proprio "giacimento toponomastico".Nel raggio di pochi chilometri,tanti insediamenti portano nomi curiosamente "omericheggianti":Askanien (l'Ascania?),Karija (i Carii,alleati dei Troiani?),Lyokki (i Lici?),Killa (Cilla?),Kikoinen (i Ciconi?).Intorno a Toija si estende una costellazione di nomi che ricordano i nomi delle popolazioni alleate ad Ilio.E non manca neppure il lago Ena,che ricalca il nome della ninfa delle fonti Enonne (figlia del fiume Eneo),che fu il primo e più innocente amore di Paride.Ovviamente,a questo punto Vinci dovrebbe dimostrare che tali toponimi siano antichi non di secoli,ma di millenni.

Per ora va però dato atto che la serie di coincidenze comincia a diventare impressionante e che in nessun'altra parte del mondo questa curiosa corrispondenza di nomi si ripete.Vinci d'altra parte si rende conto che l'ultima parola non può spettare ad argomenti del genere,ma eve riguardare l'archeologia:"la parola passi alla vanga",dice perciò concludendo il secondo libro.Già,ma cosa la "vanga" dovrebbe portare alla luce?Non certo mura ciclopiche,se si vuole seguire il tracciato omerico,non certo roccaforti ben salde come quelle che caratterizzano le roccaforti micenee nel Mediterraneo.Omero dice che le mura di Troia erano un misto di "pietre","tronchi" e "parapetti".

Talvolta i tronchi della muraglia cigolano ed è agevole abbatterli.Perciò i Troiani sono soliti combattere "fuori le mura" per poi rifugiarsi rapidamente all'interno del recinto in caso di difficoltà:quasi un copione da Far West.Omero a un dato punto dice che il recinto del campo acheo avrebbe superato "per gloria" quello troiano!E il recinto degli Achei comprensibilmente era nulla più che una staccionata...D'altra parte sarebbe un anacronismo storico attribuire a una società palesemente arcaica come quella di Ettore e Priamo una struttura urbana che corrisponda a fasi ben posteriori di civilizzazione.

Questa Ilio fatta di pietra e di legno,che può bruciare in una notte, e può essere spazzata via da un'alluvione violenta (Iliade, L.XIII),più che le possenti fortificazioni della civiltà micenea-mediterranea ricorda i tipici insediamenti nord-europei tutti in legno,come,ancora in tempi remotissimi,la fortezza del Cremlino.Constatazioni del genere spiazzano la rocciosa Hissarlik-"Troia" di Schliemann in Anatolia,e suggeriscono che vale la pena di tentare alcuni sondaggi nel terreno finlandese o in quello danese.

In attesa di appoggi finanziari,Vinci si è dato a un'opera di vasto monitoraggio delle fonti della mitologia non solo greco-romana,ma ovviamente anche nordica.Scoprendo per esempio come un autore danese del XII secolo,Saxo Grammaticus,nella sua Historia Danorum,continuamente parli di guerre tra "Danesi" ed "Ellespontini".Ci si è sempre chiesti come i Danesi trovassero modo di combattere,un millennio prima della rivoluzione tecnologica,guerre con le genti dell'Ellesponto mediterraneo.Ma Vinci,con un radicale cambio di prospettive,potrebbe sciogliere questo nodo.E se i Danesi fossero i Danai?E se gli Ellespontini (cioè i Troiani) fossero originariamente popoli del Nord?

www.centrostudilaruna.it/odisseanordica.html

Video:

www.google.it/search?tbm=vid&hl=it&...ro+baltico&gbv=

Felice Vinci non è il solo a proporre ipotesi che situano la mitica città di Troia,e di conseguenza tutti gli eventi che la riguardarono,nel Nord Europa.

CITAZIONE
La Guerra di Troia non fu combattuta in Turchia.Questo ci dice Iman Wilkens nella sua incredibile esposizione storica "Where Troy Once Stood".Wilkens sostiene che Troia sorgeva in Inghilterra e che Micene fosse in Francia.Nel suo libro ci offre prove convincenti di una diversa interpretazione dell'Iliade di Omero.E,nelle sue argomentazioni,Wilkens sostiene due punti focali.
1)La geografia e l'archeologia di Omero non posizionano Troia in Asia Minore nè in altra parte del Mediterraneo.
2)La maggior parte dei nomi dei luoghi che pensiamo siano greci o turchi,sono originariamente,di fatto,celti.
Consideriamo il primo punto.Troia è stata detta avere una popolazione di 50.000 abitanti.Le mura di Troia VII di Schliemann non sono abbastanza vaste da contenere una città così grande.Omero fa grande menzione dell'oceano,non del mare.La tradizione di chiamare oceano l'oceano e mare il mare è antica e storicamente documentata.Aggiungiamo a ciò le descrizioni che Omero fa di coste,flora e fauna oceaniche e altre particolarità della geografia che non descrivono l'area dell'Asia Minore o della Grecia nè qualsiasi altra nel Mediterraneo,e avremo le prove su cui si basano le argomentazioni di Wilkens.

http://katesresources.splinder.com/post/12...6/history-books

www.troy-in-england.co.uk/

http://en.wikipedia.org/wiki/Where_Troy_Once_Stood

Secondo Wilkens,la guerra di Troia avvenne nel XIII secolo a.C. tra tribù celtiche del continente (gli Achei) e tribù celtiche insulari della Gran Bretagna.

Edited by RAGNOUOMO - 14/4/2014, 12:09
 
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RAGNOUOMO
view post Posted on 16/12/2010, 00:58




Gli archeologi norvegesi hanno scoperto una "mini-Pompei" in Norvegia (4 ottobre 2010).
CITAZIONE
La ceramica meglio conservata dell'Età della Pietra, mai trovata in Norvegia,è riapparsa in un sito di abitazione incontaminato non lontano da Kristiansand.La scoperta archeologica è considerata sensazionale.La scoperta del sito di una casa di pietra "sigillata" dal 3500 a.C. ha suscitato grande entusiasmo tra gli archeologi norvegesi del Museum of Cultural History presso l'Università di Oslo.

Il sito di insediamento a Hamresanden,vicino all'aeroporto di Kristiansand a Kjevik nel Sorlandet,appare come se fosse stato coperto da una tempesta di sabbia,possibilmente nel corso di poche ore.La catastrofe per gli occupanti della casa di pietra ha dato agli archeologi un'incontaminata "mini-Pompei",contenente l'intero corredo casalingo di recipienti e pentole,perfettamente restaurabile.

"Questa è la prima volta che abbiamo fatto una ricerca come questa in Norvegia",ha detto il portavoce per lo scavo di Hamresanden,professore assistente Hakon Glorstad,al quotidiano Aftenposten.

"Di solito,i vasi di terracotta di questo periodo,che noi chiamiamo traktbegerkulturen (letteralmente "la cultura dei bicchieri a imbuto") sono rotti e in piccoli pezzi",Glorstad ha detto."Qui li troviamo quasi intatti.Un recipiente intero e completo,di 25-30 cm di altezza,con un diametro di 35 cm al bordo,è stato preso dalla terra intatto,in una zolla di terra"...

Il sito "sarà attentamente scavato e ripulito dall'ultimo granello di terra,circa allo stesso modo di quando uno scopre uno scheletro di dinosauro".Ha aggiunto che il gruppo di lavoro sul sito a Hamresanden ha scoperto così tanti grandi frammenti di ceramica che pensano che possano mettere insieme fino a otto recipienti a forma di bicchiere."Questa è una sensazionale scoperta archeologica",ha affermato Glorstad.

Il sito di abitazione si trova a 11 metri sul livello del mare,oggi,ma era al bordo dell'acqua 5.500 anni fa.La zona di ricerca si trova presso il moderno campeggio Hamresanden,da 70 a 80 metri dal litorale di oggi.Gli scavi sono stati avviati prima di costruire una casa di riposo su quel terreno.Le scoperte sono state effettuate a una profondità di 2 metri sotto terra.Finora sono stati scavati circa 300 metri quadrati ...

"Durante quel periodo,la Norvegia era molto più secca di oggi,e tempeste di sabbia erano tutt'altro che rare,come mostrano i vari strati di sabbia depositati presso il sito",Glorstad ha detto ad Aftenposten."L'indagine pilota dell'anno scorso ha suggerito che avremmo potuto trovare qualcosa qui.

Il sito è ideale per un insediamento costiero,accanto alla foce di un fiume di notevoli dimensioni".Egli ha detto che gli archeologi hanno trovato anche come una ventina di punte di freccia e di strumento artigianali,compresi "manufatti in legno ancora da completare".

Gli scavi di Hamresanden possono produrre nuove informazioni non solo su questo particolare sito,ma anche su come il litorale è cambiato in questa parte della Sorlandet.

Quando questo sito era abitato,era più basso di oggi di 9 metri,mentre l'area di Oslo era 37 metri più in basso nello stesso periodo,dal momento che le regioni dell'interno erano appesantite ulteriormente sotto il peso del ghiaccio dell'era glaciale."Visto che il livello del mare era ancora più basso in tempi precedenti a questo,possiamo aspettarci di trovare siti molto più antichi di abitazione sotto l'acqua nella stessa area",dice Glorstad a Aftenposten.

www.antikitera.net/news.asp?ID=9203

http://ilfattostorico.com/2010/10/08/scope...co-in-norvegia/

http://news.discovery.com/archaeology/mini...-in-norway.html

CITAZIONE
La notizia inserita sul nostro portale della scoperta di una "mini-Pompei" in Norvegia,ci ha fatto pensare all'interessante ipotesi di Felice Vinci (Omero nel Baltico),contattato ci ha rilasciato questa intervista:
-Redazione ANTIKITERA:Cosa ne pensa della scoperta di una "mini-Pompei" in Norvegia?
-VINCI:La notizia del ritrovamento di una "mini-Pompei" norvegese - ossia di una città sepolta da una tempesta di sabbia in tempi antichissimi nel sud della Norvegia,che gli archeologi hanno recentemente riportato alla luce - da voi segnalata ieri,si sposa perfettamente con la teoria da me esposta nel volume "Omero nel Baltico.Le origini nordiche dell'Odissea e dell'Iliade".
-ANTIKITERA:Secondo la sua ipotesi Omero ha ripreso leggende di provenienza "nordica" ambientandola in posti a lui noti (greci),ma riferendo particolari che mal si sposano nei luoghi "canonici" dell'arcipelago greco.
-VINCI:Infatti nella mia ricostruzione del mondo omerico il popolo dei Feaci si colloca proprio nel sud della Norvegia,e,dall'altro canto,secondo l'Odissea il dio Poseidone minaccia "di coprire la loro città con una montagna" (Od. 8.569),per punirli dell'aiuto dato ad Ulisse per tornare ad Itaca.Perciò i Feaci conservavano una precisa memoria di quella catastrofe (o di un'altra simile),al punto da fare a Poseidone "un sacrificio di dodici tori" (Od. 13.182) per stornare quella minaccia,temuta al punto da essere ossessivamente ripetuta quattro volte (Od. 13.152,158,177 e 183) nel giro di pochi versi.

www.antikitera.net/news.asp?id=9216&T=2
 
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