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Cause di Malattia

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view post Posted on 26/7/2010, 13:27
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*****Richiesto da più parti al fine di avere maggiore chiarezza e se possibile una guida utile, provo a sintetizzare raggruppando diversi temi che possono comunque considerarsi associati.

Senza la pretesa di essere esaustivi e consigliando sempre e comunque di discutere ogni questione di salute con medici e professionisti del settore, siano di medicina convenzionale siano di medicina complementare, meglio un medico che abbia buone conoscenze nell'una e nell'altra scienza che, in realtà, è sempre la stessa e sconsigliando il cosiddetto fai da te.

Vi è da dire che la medicina convenzionale si è ultimamente portata un poco più avanti riconoscendo, nelle parti in cui abbia riconosciuto una "ratio", alcune medicine complementari o "alternative", si và dall'omeopatia all'Ayurveda alla medicina antroposofica e non sono pochi, attualmente, i medici che si occupano sempre più di medicina biologica integrata. La persona che si trovi in condizioni di sofferenza a causa di malattia ha quindi oggi l'occasione di cercare e reperire medici e terapie non convenzionali senza dover effettuare "viaggi della speranza" in chissà quali luoghi lontani. Questo non dice che la qualità sia eccelsa ma si può trovare discreta e buona qualità, occorre la pazienza di cercare, contattare.
La persona che si trova in condizioni di malattia ha anche l'occasione di informarsi meglio e di farsi una propria opinione grazie alla acquisizione di dati e di notizie che possono essere poste a disposizione di chi è interessato.

Se lo scopo è quello di guidare, dare un possibile indirizzo il più possibile chiaro e razionale, ragionevole, sensato, occorrono metro e misura che non possono prescindere dal razionale scientifico assodato e, per andare un poco più oltre, da ciò che ragionevolmente è vicino ad un razionale scientifico e che può comunque essere indagato.

Chi non si occupa di ricerca ritiene spesso che la scienza o la medicina convenzionale siano povere e misere in quanto a conoscenza, ciò non è, non è in primis perchè chiunque abbia elaborato studi, ricerche e anche terapie efficaci lo ha fatto attraverso strumenti e mezzi scientifici, sperimentazioni, test, esami, analisi (al fine di avere il dovuto supporto, e si vedano ad esempio, prendendo il cancro, il Prof. Di Bella ed il suo Metodo come riferimento recente, il Prof. Koch e la sua Terapia Chinonica o Molecolare in passato, ancora il Dr. Buzzi e la sua proteina CRM197, il Dr. Fiore nella teoria della tossinfezione da B.P., il Dr. Zamboni con la sua CCSVI nella Sclerosi Multipla, i ricercatori nel campo dell'Autismo, non da ultimo il Dr. Massimo Montinari, il quale pone un accento grave e a mio avviso razionale, ragionevole, direi logico, sulle cosiddette esorfine tipo Glutine - glutomorfina - e Caseina - casomorfina nonchè su Vaccini e Metalli cosiddetti Pesanti ) in seconda istanza perchè privi di metodo scientifico e di una qualche validazione laboratoristica, strumentale, e di ampia risposta sui pazienti (ampia, non ne basta uno, non ne bastano 2 nè 10 nè 100, deve essere ampia per essere nel tempo tarsferita nell'applicazioen clinica, sui pazienti) non si và da nessuna parte.

Si tratta in realtà di un riprtizione di ciò che in tante parti del forum è già stato scritto molte volte, certamente perdendosi poi in frazioni e sub-frazioni anche lontane nel tempo, si parla di discussioni di anni fà, a partire anche dal 2004, che si perdono un pò nei "meandri" del forum.

Le riprendo, sperando di fare cosa gradita e utile, raggruppandole. Partiamo così.


Cause di Malattia

La disglicemia è considerata una delle cause eziologiche fondamentali in varie malattie connesse all'invecchiamento.

Patologie associate alla Disglicemia.

Artrite reumatoide.
Aterosclerosi.
Dislipidemia.
Uricemia.
Ipertensione.
Sindrome dell'ovaio policistico.
Diabete tipo II.
Malattie cardiocircolatorie.
Tumori.


Segni e sintomi di infezione parassitica.

Dolri addominali e crampi. Anoressia. Malattie autoimmuni. Stanchezza cronica. Stipsi. Depressione delle sIgA. Distensione addominale. Febbre. Intolleranze alimentari. Gastrite. Malattia infiammatoria intestinale. Aumento o diminuzione della permeabilità intestinale. Irregolarità dell'alvo. Sindrome del colon irritabile. Lombalgia. Prurito anale. Arrossamenti e pruriti cutanei. Orticaria. Perdita di peso. Artrite. Sangue nelle feci. Morbo di Crohn. Diarrea. Dissenteria. Flatulenza. Cefalea. Leucopenia. Malassorbimento. Sanguinamento rettale. Vomito.

Conseguenze dell'alterazione cronica della permeabilità intestinale.

Cattiva digestione e malassorbimento cronico dei nutrienti critici per la vita. Passaggio cronico di sostanze tossiche con sovraccarico dei sistemi di detossicazione. Sviluppo di intolleranze alimentari a causa del passaggio di cibo non completamente digerito (proteine ecc...). Passaggio di patogeni intestinali all'interno dell'organismo associato a malattie autoimmuni come l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, patologie tiroidee e miastenia gravis. Degradazione della funzione immunitaria intestinale, lasciando l'organismo più suscettibile all'assimilazione di sostanze tossiche.


Patologie associate ad alterata permeabilità intestinale.

Malattie infiammatorie intestinali. Morbo di Crohn. Malattie infiammatorie articolari. Intolleranza alimentari. Morbo celiaco. Artrite reumatoide. Spondilite anchilosante. Sindrome di Reiter. Affezioni dermatologiche croniche. Disordini allergici. Schizofrenia.


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Patologie associate a Ipocloridria.

Morbo di Addison. Asma. Morbo celiaco. Malattie autoimmuni croniche. Dermatite erpetiforme. Diabete mellito. Eczema. Intolleranze alimentari. Patologie colecistiche. Carcinoma gastrico. Gastrite. Morbo di Grave. Epatite. Lupus eritematosus. Osteoporosi. Anemia perniciosa. Psoriasi. Rosacea. Tireotossicosi. Orticaria. Vitiligine.


Patologie croniche associate alla Sindrome X (Disinsulinismo).

Diabete senile. Cancro mammario. Malattie cardiovascolari. Malattie coronariche. Iperinsulinemia. Iperlipidemia. Ipertensione. Obesità. Sindrome dell'ovaio policistico. Ictus.


Sintomi da riduzione dell'acidità gastrica.

Meteorismo, eruttazioni, pirosi e flatulenza subito o poco dopo i pasti. Senso di pienezza dopo i pasti. Indigestione, diarrea o stispi. Reazioni sistemiche post-prandiali. Nausea dopo assunzione di supplementi. Prurito rettale. Fragilità, sfaldamento ungueale e desquamazione periungueale. Capillari facciali e nasali dilatati (nei non alcolizzati). Acne postadolescenziale. Carenza di Ferro. Infezioni intestinali croniche da parassiti, batteri o lieviti. Cibo non digerito presente nelle feci.


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Condizioni associate ad alterazione dei valori sIgA salivari.

Nefropatia di Berger. Dermatite erpetiforme. Abs secretori antisperma. Glomerulonefrite epatica. Neoplasie IgA. Sindromi virali croniche (EBV; CMV; HIV). Parotite. Gengivite.


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Sintomatologia da Candidosi.

Eruttazione cronica. Crampi. Desiderio smodato per carboidrati (zucchero, pane, pasta ecc...). Dolori muscolari e articolari cronici. Congestione nasale cronica. Infezioni auricolari. Starnuti. Frequenti infezioni urogenitali (cistite ecc...), prurito e perdite. Frequenti cambiamenti di umore. Depressione. Irritabilità. Mancanza di concentrazione. Sindrome premestruale. Sensibilità alimentari. Rushes. Cefalee.


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Sintomi provocati da Intolleranze Alimentari.

Stanchezza cronica. Spossatezza postprandiale. Disturbi vescicali (tenesmo, minzione frequente). Desideri alimentari smodati. Dolori muscolari e articolari. Ritenzione idrica. Edema a caviglie, piedi e mani. Letargia. Eczema. Dermatite. Pallore cutaneo. Eritemi. Eruttazioni postprandiali. Colite. Gonfiori. Meteorismo. Stipsi. Diarrea. Nausea. Vomito. Crampi o dolori addominali. Pienezza gastrica varie ore dopo il pasto. Muco eccessivo in naso e gola. Sinusite. Mal di gola. Tosse cronica. Prurito al palato. Lacrimazione marcata. Sbadigli. Senso di vertigine. Cefalea. Insonnia. Senso di pienezza al capo. Eccessiva sonnolenza. Dolore, ronzio, prurito auricolare. Perdita di udito. Infezioni auricolari ricorrenti. Visione offuscata. prurito e dolore agli occhi. Tachicardia. Extrasistolia. Congestione toracica. Asma. Depressione. Ansietà. Irritabilità. Ottundimento mentale. Confusione. Aggressivtà. Iperattività. Sogni eccessivi. Difficoltà di apprendimento. Svogliatezza sul lavoro. Problemi di linguaggio. Indifferenza. Mancanza di concentrazone.


Piombo.

I segni di tossicità sono: encefalopatia, atassia, iperattività, disturbi del linguaggio, disturbi motori, disturbi dell'apprendimento, aggressività.

Gli organi più colpiti sono reni, fegato e pancreas nonchè cervello e sistema nervoso. Il Piombo è la neurotossina per eccellenza in quanto capace di creare danni nelle cellule del corno anteriore, cervelletto e nervi periferici. Il Piombo altera la biodisponibilità di tutti i principali neurotrasmettitori come dopamina, serotonina, adrenalina, noradrenalina e acido gamma-amminobutirrico (GABA).
Studi recenti conducono a ritenere i livelli elevati di questo metallo come causa della SIDS poichè bloccano la catena respiratoria cellulare.
Livelli elevati deprimono la risposta immunitaria cellulo-mediata e incrementano la produzione di radicali liberi, questo favorisce patologie come cancro e varie malattie cronico-degenerative . Il Piombo interferisce con quasi tutti gli enzimi deputati alla sintesi dell'emoglobina, favorendo lo sviluppo di anemia da Piombo.


Manifestazioni generali.

Vertigini. Artrite reumatoide. Disturbi mestruali. Convulsioni. Sclerosi Multipla. Iperattività. Calo della libido. Epilessia. Disfunzioni epatiche. Nefrite. Diabete. Cancro. Infertilità. Stipsi. Osteoporosi. Osteoartrite. Gotta. Piorrea. Encefalite. Disturbi neuromuscolari. Cecità. carie dentarie. Impotenza. Allucinazioni. Sordità.

Effetti sulla psiche.

Ritardo mentale. Ansietà. Incubi notturni. Psicosi. depressione. Perdita di memoria. Perdita di concentrazione. Cambiamenti di umore. Eccitazione. Schizofrenia.

Effetti endocrini.

Alterazioni nelle gonadotropine. Insufficienza surrenalica. Disfunzioni ipofisarie. Ipotiroidismo.


Mercurio.

Interferisce con numerose attività enzimatiche e di norma provoca danni a reni e fegato. Il metilmercurio è una potente neurotossina i cui sintomi da tossicità sono molti, tra essi ricordiamo: depressione, paura, allucinazioni, perdita di concentrazione, irritabilità, atassia, perdita di memoria e complesso di persecuzione.
In caso ne sia più intossicato il cervelletto il sintomo più diffuso ed evidente è il tremore. Il Mercurio è causa di una sintomatologia esattamente sovrapponibile a quella della Sclerosi Multipla. Anche il Morbo di Alzheimer è strettamente connesso a questo tipo do tossicità, poichè il metallo distrugge i neuroni e inibisce la sitesi proteica, interferendo con gli enzimi di membrana che regolano il passaggio di Sodio e Potassio con conseguente deterioramento della biochimica neuronale.

Manifestazioni generali.

Insonnia. Vertigini. Astenia. Depressione. Nervosismo. Cefalee. Ottundimento mentale. Difficoltà di coordinazione. Tremori. Perdita di memoria. danno renale. Perdita del visus e dell'udito. Dermatiti. Instabilità emotiva. Perdita di appetito.




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Alluminio.

Questa è una sostanza in grado di attivare il cosiddetto cross-linking, provocando un legame tra due punti della stessa molecola, spesso proteica (DNA), a seguito del quale essa diviene sempre più rigida e priva di funzione.
L'Alluminio incrementa la produzione di radicali liberi all'interno del neurone e inibisce una vasta serie di enzimi cerebrali necessari alla produzione di energia cellulare.
La carente produzione energetica provoca fenomeni e sintomi come la perdita di memoria e della capacità di ragionamento associati ad una condizione di affaticamento cronico.
Inibisce il trasporto sinaptico della colina e della dopamina con conseguente disfunzione della neurotrasmissione cerebrale, causando disturbi del pensiero, dell'ideazione, del ragionamento e della memoria a breve termine.
Altera l'attività dell'enzima acetil-colinesterasi, necesssario per la regolazione del livello di acetilcolina. Noradrenalina e dopamina ne vengono alterate a livello della corteccia frontale, dell'ippocampo e del cervelletto.
Gli studi in merito evidenziano come almeno 4 patologie neurodegenerative siano correlate a questo metallo:
Demenza senile o presenile, tipo Alzheimer; Sindrome di Down-Alzheimer; Complesso demenza-Parkinson di Guam; Sclerosi Laterale Amiotrofica di Guam.


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Cadmio.

Metallo necessario in dosi estremamente ridotte, esso è comuqnue molto tossico.
La sua tossicità conduce a problemi cardiocircolatori provocando ipertensione poichè si accumula nei reni dove antagonizza lo Zinco. Il Cadmio è anche neurotossico poichè riduce l'acetilcolina corticale e la serotonina, provocando disturbi comportamentali e perdita di memoria.
Provoca anche anemia sideropenica, enfisema, bronchite cronica, fibrosi polmonare e cancro.


Arsenico.

Contribuisce alla formazione di ROS. Aumenta l'incidenza di neoplasie cutanee, polmonari ed epatiche. Iperpigmentazione di pelle e unghie.

Eccesso.

Anemia megaloblastica anche in presenza di livelli adeguati di vitamina B12 e acido folico. Dermatite. Disturbi sensoriali. Cheratosi. Cefalee. Confusione. Neuropatie periferiche. Dolori muscolari. Covulsioni. Astenia. Nausea. Vomito. Diarrea. Dolori addominali.

E' contenuto anche in Ostriche, Cozze e Gamberi.

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Micotossine

Attualmente, le micotossine rappresentano uno degli aspetti più rilevanti e preoccupanti della contaminazione di alimenti e mangimi (25% delle derrate alimentari secondo la FAO). La loro elevata tossicità e diffusione, il numero crescente delle derrate alimentari passibili di contaminazione e l'impatto delle micotossine sulla salute dell'uomo e degli animali e sull'economia rappresentano alcuni dei parametri causali di questo rischio emergente. Finora sono state identificate più di 300 micotossine (Betina, 1984), ma solo per alcune sono stati riconosciuti effetti tossici. Generalmente, le micotossine sono classificate in due grandi categorie a seconda della disponibilità attuale di informazioni: “micotossine principali o maggiori” e “micotossine minori”.

Gli alimenti maggiormente a rischio di contaminazione sono i cereali (frumento, mais, orzo, avena, segale etc. ), i semi oleaginosi (arachidi, girasole, semi di cotone etc.) , i legumi, la frutta secca ed essiccata (mandorle, noci, nocciole, fichi secchi etc.), frutta e verdura (uva, mele, pere, carote, pomodori etc.), il caffè , il cacao ed il tè verde, le spezie (peperoncino, pepe, zenzero etc.).
E' stato calcolato che nel mondo circa il 25% dei raccolti sono soggetti alla contaminazione da micotossine nelle varie fasi dalla produzione all’immagazzinamento.
Anche i formaggi e gli insaccati possono venire contaminati a causa di crescita delle muffe sulla loro superficie, durante le fasi di immagazzinamento.
E possono comunque risultare contaminati carne, latte e uova, se gli animali sono alimentati con mangimi contaminati. Questo tipo di contaminazione indiretta può avere un grosso rilievo dal momento che nelle formulazioni mangimistiche vengono utilizzate soprattutto le parti più esterne dei cereali che sono anche quelle dove si possono trovare i livelli più elevati di micotossine. Infine, anche vino e birra non sono esenti da rischi, se prodotti a partire da materie prime contaminate.

Giusto per vederne alcune:

AFLATOSSINE (B1, B2, G1, M1, M2)

Epatotossica; Nefrotossica; Cancerogena; Inibizione difese immunologiche; Sviluppo infezioni.

OCRATOSSINA A

Nefrotossica.


PATULINA

Cancerogena


ZEARALENONE

Azione estrogenica; Infertilità


TOSSINA T2

Necrosi mucose; Vomito; Diarrea emorragica; Deficit immunitario; Infezioni; Emorragie.


SOSPETTE MICOTOSSICOSI UMANE



MALATTIA: Aleukia tossica alimentare; ALIMENTO: Cereali; AGENTE EZIOLOGICO: Fusarium spp; TOSSINA: Tricoteceni.

MALATTIA: Nefropatia dei Balcani e Nefropatia tossica interstiziale; ALIMENTO: Cereali; AGENTE EZIOLOGICO: Penicillium; TOSSINA: OTA.

MALATTIA: Beri Beri cardiaco; ALIMENTO: Riso; AGENTE EZIOLOGICO: Aspergillus e Penicillium spp; TOSSINA: Citreoviridina.

MALATTIA: Ergotismo; ALIMENTO: Segale, Cereali; AGENTE EZIOLOGICO: Claviceps purpurea; TOSSINA: Alcaloidi dell'Ergot.

MALATTIA: Tumori esofagei; ALIMENTO: Mais; AGENTE EZIOLOGICO: Fusarium verticillioides; TOSSINA: FB1.

MALATTIA: Epatocarcinoma (aflatossicosi acuta); ALIMENTO: Cereali, Arachidi; AGENTE EZIOLOGICO: Aspergillus flavus e parasiticus; TOSSINA: AFB1

MALATTIA: Malattia di Kashin-Beck; ALIMENTO: Cereali; AGENTE EZIOLOGICO: Fusarium spp; TOSSINA: Tricoteceni.

MALATTIA: Kwashiorkor; ALIMENTO: Cereali; AGENTE EZIOLOGICO: Aspergillus flavus, A. parasiticus; TOSSINA: AFB1.

MALATTIA: Cancro ai testicoli; ALIMENTO: Vari; AGENTE EZIOLOGICO: penicillium; TOSSINA: OTA.

MALATTIA: Difetti al tubo neurale; ALIMENTO: Mais; AGENTE EZIOLOGICO: Fusarium verticillioides; TOSSINA: FB1.

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** Anche questa è una nota degna di rilievo:

"Sempre più frequentemente si trovano, negli ultimi anni, persone con valori alterati di ferritina sierica in assenza di altre cause primarie di sovraccarico di ferro; in questi soggetti si riscontra spesso la presenza di alterazioni metaboliche quali sovrappeso o obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia, iperuricemia, intolleranza glucidica o diabete e steatosi epatica (fegato grasso) in varie combinazioni. In alcuni quadri si realizza un quadro denominato sindrome metabolica caratterizzato dalla presenza di almeno tre dei fattori sopraelencati.

Si ipotizza che il fattore chiave che accomuna i disordini metabolici sopradescritti e la probabile presenza di iperferritinemia sia l'aumentata resistenza delle cellule all'insulina (resistenza insulinica). Questo significa che le cellule sono meno sensibili all'azione dell'insulina, un ormone prodotto dal pancreas e che svolge una funzione fondamentale nel metabolismo degli zuccheri e dei grassi.

Il valore di ferritina alterato è in parte correlabile ad una sofferenza epatica legata ai dismetabolismi presenti, in parte correlabile alla possibile esistenza di un sovraccarico di ferro generalmente di entità lieve moderata. Spesso infatti si associa a questa condizione la steatosi epatica, cioè un fegato grasso, o la steatoepatite non alcolica (caratterizzata oltre che dall'accumulo di grasso anche da infiltrato infiammatorio, da aumento delle transaminasi e da accumulo di ferro). Il ferro può facilitare lo sviluppo di danni a carico delle cellule epatiche, il deposito di materiale fibroso riparativo e infine la cirrosi epatica che può manifestarsi nel 20% di questi pazienti.

Oltre alla predisposizione genetica, anche lo stile di vita (in particolare l'alimentazione) gioca un ruolo principale nello sviluppo di tali patologie complesse. E' importante sottolineare che la sindrome metabolica comporta un aumento del rischio di malattie cardiovascolari oltre che a carico del fegato.

Una delle terapie consigliabili è la terapia dietetica per migliorare la sensibilità dei tessuti all'insulina, tenere sotto controllo il proprio peso corporeo e favorire il miglioramento delle alterazioni metaboliche (colesterolo, trigliceridi). L'obiettivo è imparare a nutrirsi in maniera corretta, dimenticando le cattive abitudini. Una giusta alimentazione, il controllo del peso corporeo e del quadro metabolico sono alla base di una buona qualità di vita e si accompagnano, oltre che ad una riduzione del rischio cardiovascolare, ad una riduzione e ad un miglioramento degli indici epatici e della ferritina.

Inoltre molto importante è l'attività fisica regolare, perché determina cambiamenti fisici e psicologici essenziali per il controllo del peso: non è utile l'esercizio fisico eccessivo, può essere sufficiente una camminata a passo sostenuto per 30 minuti al giorno. Tramite l'esercizio fisico si consumano calorie, si riesce a controllare meglio il desiderio del cibo, si migliora lo stato di salute generale e quello psicologico, riducendo lo stress, potenziando l'autocontrollo e aumentando l'autostima."




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L'insulino-resistenza è un problema molto più diffuso di quanto non si creda, già sopra citata, questo breve articolo chiarisce alcuni aspetti:


Un altro passo avanti nella comprensione dell’insulino-resistenza

Nel diabete tipo-2 (DM2) non è il pancreas che funziona male, ma il fegato, i muscoli e il grasso. In particolare l’insulino-resistenza, vera e propria anticamera del DM2, inizierebbe nei mitocondri. Questi organelli sono le centrali energetiche della cellula che bruciano zucchero (glucosio) per ricavarne energia. Nelle persone diabetiche i mitocondri funzionano male e tutto l’organismo produce energia in modo meno efficiente. Per studiare l’attività dei mitocondri sono disponibili oggi delle tecniche basate su un particolare tipo di risonanza magnetica (MRS). Esaminando il funzionamento dei mitocondri dei figli di persone diabetiche che dimostrano di avere insulino-resistenza, persone senza alcun sintomo e anche senza un eccesso di peso, si osserva una minore efficienza energetica, un accumulo di grasso nelle cellule muscolari ed una ridotta risposta metabolica all’insulina.

Fonte: Petersen KF et al. PLoS Med. 2005 Sep;2(9):e233

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Disturbi neurocomportamentali; Autismo - coinvolgimento di Esorfine (peptidi oppiodi - Glutine, Caseina ecc...), difetti della Permeabilità Intestinale:


III CONGRESSO INTERNAZIONALE “AUTISMO OGGI"


Roma
22 . 23 . 24 novembre 2006



"Disabilità intellettive e sindrome autistica"
Un approccio multidisciplinare: risultati della
ricerca e proposte per favorire la qualità di vita.





IL RUOLO DELLE INTOLLERANZE ALIMENTARI E DEGLI OPPIOIDI NELLA SINDROME AUTISTICA



*Massimo Montinari MD FRSH , **Antonella Costi BD, *** Dr. Nicola Sacco



Presidente Comitato Scientifico STELIOR Ginevra (CH) – Direttore Scientifico Centro Ricerca AIAS di Afragola.- Prometeo Medical S.r.l. Ricerca.- Dirigente Ufficio Sanitario IX reparto Mobile della Polizia di Stato.

** Biologa- Specialista in Biochimica e Chimica Clinica- Dottore di Ricerca in Scienze Infettivologiche – Docente STELIOR Ginevra (CH) – Ricercatrice AIAS di Afragola- .Prometeo Medical S.r.l.Ricerca

***Ispettore C. della Polizia di Stato- Segreteria scientifica dell’ Ufficio Sanitario IX Reparto Mobile della Polizia di Stato Distaccamento di Taranto-


Abstract
Gli oppioidi alimentari che derivano dal glutine e dal latte (glutomorfina e casomorfina) hanno un ruolo importante nella Sindrome Autistica (AS) partecipando allo stato di tossicità con conseguente quadro clinico rappresentato dall’iperattività , autolesionismo e disturbi del comportamento. E’ dimostrato il loro ruolo nelle encefaliti subcliniche (quale la Sindrome Autistica AS) e nelle epilessie farmacoresistenti. La dieta privativa determina un evidente miglioramento del quadro clinico. Vengono formulate delle strette correlazioni tra intolleranze alimentari,con liberazione di citochine, autismo ed epilessia farmacoresistente, in particolare si segnala il ruolo dei peptidi alimentari nella produzione di amine tossiche negli astrociti , che interagiscono con i neurotrasmettitori, indispensabili al coordinamento delle funzioni psico-neuro-motorie e del linguaggio.Viene discusso il ruolo esercitato dai NK come transporters di neurotrasmettitori.





Parole chiave


Autismo, encefalite subclinica,epilessia , peptidi oppioidi.



Introduzione


La somministrazione di diete privative di glutine e latte nei pazienti affetti da Sindrome autistica (AS) , disturbi del comportamento, ed epilessia farmacoresistente, da diversi anni è stata proposta da Reichelt e Shattock, impegnati nella ricerca degli oppioidi glutomorfina e casomorfina nelle urine di soggetti autistici. Dalle loro osservazioni è emersa la presenza degli oppioidi nelle urine dei pazienti affetti da AS, ma alcune osservazioni sperimentali hanno evidenziato la presenza di casomorfina e glutomorfina anche in soggetti non affetti da AS. Tali osservazioni hanno generato non pochi dubbi sulla attendibilità della validità della ricerca di oppioidi condotta da Reichelt e Shattock , tanto da spingere alcuni ricercatori a dubitare della validità dei test eseguiti e contrastare la prescrizione di diete privative di glutine e latte nei pazienti affetti da AS.

Con il presente studio condotto su pazienti affetti da AS, disturbi del comportamento e epilessia farmacoresistente, abbiamo dimostrato come tutti i pazienti portatori di tali quadri clinici, presentavano un aplotipo comune, e come i portatori dello stesso aplotipo, anche se non affetti da patologie del comportamento ed epilessie farmacoresistenti presentassero nelle proprie urine i peptidi oppioidi quali la glutomorfina e la casomorfina.

Tale osservazione dimostra che i peptidi oppioidi sono presenti nelle urine di soggetti con aplotipo comune e che, solamente nei casi sia presente un’alterazione dei meccanismi enzimatici, propri della glia, si determini il transito di tali oppioidi attraverso la membrana ematoencefalica con l’accumulo neuronale e conseguente insorgenza dei differenti quadri clinici.

Tali osservazioni confermano la validità delle ricerche di Reichelt e Shattock aprendo nuove frontiere per l’applicazione dell’immunogenetica alle patologie del SNC e al trattamento della AS nonchè dei disturbi del comportamento.

Gli antigeni d’istocompatibilità individuati sono presenti nei soggetti affetti dalla malattia celiaca, non per questo i pazienti affetti da AS, disturbi del comportamento ed epilessia farmacoresistente, sono celiaci, e questa precisazione è utile per dirimere ogni dubbio sulla correlazione tra celiachia e AS. Il paziente affetto da AS potrebbe essere anche celiaco, ma non esclusivamente, come lo stesso potrebbe essere intollerante al latte, ma non necessariamente. Pertanto celiachia e intolleranza al latte non sono rappresentate, se non occasionalmente, nello stesso soggetto, ma tutti i pazienti affetti da AS presentano invece gli stessi antigeni d’istocompatibilità.

Gli studi condotti da Pelliccia che associa varie forme di epilessia farmacoresistente con il latte, dimostrando un miglioramento del quadro clinico ed EEGrafico dei pazienti dopo la sospensione dell’alimentazione con latte e derivati, trova anche conferma nella presenza dei medesimi antigeni d’istocompatibilità,

Negli ultimi venti anni si è osservato l’incremento esponenziale dei casi di Autismo nei Paesi maggiormente industrializzati, come in Giappone dove si registrano ufficialmente 16 casi ogni 10.000 nati, con una media in tali Paesi variabile tra i 15 ai 20 casi ogni 10.000, con un incremento esponenziale negli ultimi anni, come è riportato precedentemente nella nostra trattazione, dove è più elevato l’uso di vaccini e antibiotici, in quelle popolazioni , definite da Classen, “pulite”.

Non esistono, ad oggi, statistiche italiane attendibili per la differente definizione dei disturbi del comportamento tra cui rientra la AS, pertanto il problema è ancora sottostimato dalle Autorità sanitarie, ma si presenta in rapido incremento.

Un indice attendibile può essere rapportabile alla osservazione dei minori affetti da disturbi del comportamento monitorizzati dalla scuola dell’obbligo, ancor più che dalle strutture sanitarie. La non univocità diagnostica crea ancora una vasta confusione tanto da non consentire appropriati ed urgenti interventi.



Etiopatogenesi



L’etiopatogenesi della “sindrome autistica”(AS) è ampiamente discussa : riconosce diversi fattori quali l’azione del Mercurio, dell’Alluminio, dei DNA virus, virus attenuati, la Fenilchetonuria, l’ Istidinemia, il Deficit di adenilosuccinato-liasi, il Deficit di Diidropirimidina deidrogenasi, la Superattività della 5’-nucleosidasi,il Deficit di Fosforibosil-Pirofosfato,la Carenza dell’enzima ornitina transcarbamilasi, l’esposizione al Talidomide.

Frequentemente si tratta di soggetti con comportamenti autistici, in particolare pazienti affetti da patologie correlate, ma distinte, come nella Sindrome di Asperger, Sindrome da X Fragile, Sindrome di Landau-Kleffner, Sindrome di Rett, Sindrome di Williams.

Tra le ipotesi etiopatogenetiche maggiormente accreditate nella letteratura internazionale rientra oggi l’azione di metalli tossici, quali il Mercurio (Hg) e l’Alluminio (Al) con la loro azione sulle funzioni biochimiche delle cellule nervose, sia neuroni, sia cellule appartenenti alla GLIA, l’azione dei virus attenuati e dei virus lenti. Ci riferiamo espressamente alla possibilità documentata che i metalli pesanti, specie il Mercurio (Hg), sotto forma di vapori, adiuvanti vaccinali, amalgame dentarie, o prodotti industriali , possa determinare danni enzimatici nel ciclo della respirazione cellulare, con danni irreversibili sul DNA, sia nucleare, sia mitocondriale.

Ciò che è importante considerare è che l’azione dei metalli pesanti, con la conseguente insorgenza di una sindrome autistica (AS), non è correlata alle dosi “tossiche” degli stessi, ma all’azione diretta, anche di minimi quantitativi che sono in grado di agire sulla biochimica delle cellule nervose.

Spesso nel trattamento e nell’osservazione di bambini autistici la dieta privativa di glutine e di latte vaccino ha dato risultati ottimali, così come la somministrazione di aminoacidi, in altri casi, ha fatto ben sperare in una terapia definitiva.

In base all’esperienza acquisita e agli studi condotti da ricercatori molto attenti, l’autismo, o sindrome para-autistica come più opportunamente forse dovrebbe essere definita, presenta una stretta correlazione tra il Sistema Nervoso Centrale, in particolare le cellule che compongono la GLIA, il sistema immunitario , nel quale svolgono un ruolo importante gli antigeni d’istocompatibilità, l’apparato digerente ed il sistema neuroendocrino.

Il presente studio ipotizza un ruolo importante ricoperto dalle funzioni biochimiche dei mitocondri, in particolare nel ciclo di Krebs, che rappresentano il motore energetico cellulare e nei quali, l’eventuale carenza enzimatica, potrebbe consentire un accumulo di radicali liberi con il conseguente blocco delle funzioni cellulari.

Fondamentale risulta il ruolo ricoperto dal fenotipo di ogni paziente, infatti le reazioni avverse del SNC sono strettamente correlate a particolari aplotipi.

Abbiamo cercato di esporre tali ipotesi, formulando pertanto delle teorie, dopo aver chiarito e definito alcune patologie che , concettualmente, sono di pertinenza di specialisti gastroenterologi, immunologi, endocrinologi, virologi e microbiologi, nonchè biochimici ed immunogenetisti. Una vera multidisciplinarietà che, a nostro avviso, meriterebbe un approfondimento maggiore in idonei Istituti di ricerca.

Nei pazienti definiti affetti da “sindrome autistica”, o da “ritardo del linguaggio e dell’apprendimento” o da “ritardo psico-motorio” o da altre diagnosi similari ma sempre di n.d.d., la sintomatologia ha sempre un esordio subdolo, quasi mai allarmante per i medici curanti ed i genitori, ma progressivamente evolutivo.



Il quadro clinico

Il quadro clinico è quello di una encefalite subclinica, definita immunomediata, che ha uno specifico interessamento della membrana emato-encefalica; struttura questa che rappresenta un vero “organo immunocompetente” per la ricca presenza di antigeni d’istocompatibilità. Il primo segno clinico costantemente riferito nell’anamnesi è il ritardo del linguaggio o la scomparsa del linguaggio precedentemente acquisito. Spesso i bambini vengono definiti “pigri” o il “comportamento” dei genitori iper o ipo protettivo viene imputato quale causa scatenante la reazione del bambino.

Nella raccolta anamnestica spesso la segnalazione fornita dai genitori circa la comparsa di stati critici dopo la somministrazione dei vaccini non viene quasi mai riportata, se non nel corso di ulteriori osservazioni cliniche per la ricerca di un agente etiopatogenetico. I segni clinici si verificavano tra i sei giorni ed i tre mesi dalla vaccinoprofilassi , mentre nel corso di encefaliti da virus attenuati l’insorgenza dei sintomi si verifica anche dopo 4-5 mesi .

AS e malassorbimento, come il quadro clinico definito come “enterocolite autistica”, potrebbero interagire nei propri meccanismi fisiopatologici, per tal motivo reputiamo indispensabile analizzare le singole patologie separatamente , studiandone i propri meccanismi d’azione, e successivamente ponendole su basi fisiopatologiche ed etiopatogenetiche comuni.



Studio del paziente celiaco

L’inquadramento clinico del paziente celiaco non può prescindere da importanti fattori di discussione quali lo studio della biochimica del glutine ed il suo ruolo nella malattia celiaca (MC), la valutazione del danno intestinale, la correlazione con altre patologie autoimmunitarie , la immunopatologia e i disturbi del comportamento alimentare.

Complesso e discusso risulta ulteriormente il sistema immunitario intestinale nel malassorbimento con la relativa diagnosi differenziale immunologica e la caratterizzazione delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale.

Spunto di discussione e di ulteriore approfondimento risulta nell’immunopatologia del MC nel bambino il ruolo svolto dai peptidi derivanti da proteine alimentari nelle patologie del SNC nonchè il ruolo dei neuropepetidi intestinali nella modulazione della risposta immune e le interazioni tra peptidi e monoamine nel SNC, per giungere alla valutazione del ruolo svolto da “neuroimmunociti” ed immunociti nel SNC in pazienti affetti da MC.

Per chiarire quale sia la stretta correlazione tra AS e malattia celiaca è importante chiarire alcuni punti essenziali, in particolare riconoscere i complessi meccanismi immunologici ed immunogenetici della malattia celiaca.

La Malattia Celiaca (MC) è un’intolleranza permanente al glutine la cui diagnosi fino al 1995 era affidata unicamente all’istologia della mucosa intestinale, mentre oggi di grande ausilio si presenta lo studio immunologico ed immunogenetico.

Sul piano istologico, questa malattia è caratterizzata dalla comparsa di atrofia della mucosa intestinale e di infiltrati linfocitari e plasmacellulari, associata al quadro clinico del malassorbimento.

L’etiopatogenesi non è ancora del tutto chiarita, ma dai più recenti studi emerge prepotentemente il ruolo patogenetico svolto dai meccanismi immunologici.

L’intervento dei fattori genetici nella malattia celiaca (MC) è stato preso in considerazione sin dal 1980, periodo in cui si sono anche affinate le metodiche endoscopiche pediatriche a fibre ottiche, con relativo prelievo bioptico “orientato”; in tale periodo, con i nuovi studi sui fattori genetici è stato chiarito il ruolo eziologico del glutine.

Il glutine viene assunto dalla maggior parte degli individui senza alcuna conseguenza patologica, e soltanto in un piccolo numero di soggetti definiti “suscettibili” il glutine è in grado di provocare lesioni della mucosa digiunale.

La domanda che ne consegue è quale sia l’origine di questa predisposizione: se essa derivi da fattori genetici o dal concorso di fattori ambientali capaci di favorire la sensibilizzazione al glutine . Attualmente si sta osservando un drastico incremento numerico dei soggetti affetti da intolleranza al glutine e al grano, e questo è correlabile all’uso sul mercato internazionale di grano geneticamente modificato, ad elevatissimo contenuto di glutine (colla), che determinerebbe una suscettibilità immunitaria dell’uomo.

Inizialmente, gli studi genetici si sono basati essenzialmente su dati epidemiologici di incidenza e sulla familiarità, tanto da individuare un’incidenza aumentata della MC in Irlanda (1:555 nati vivi) ed Australia( 1:479) e molto bassa invece in Francia(1:4.672).

In nazioni come Inghilterra, Scozia, Finlandia, Svizzera ed Irlanda si è notata una diminuzione dell’incidenza dei casi di MC associata all’incremento della percentuale dei lattanti alimentati al seno o con latti a bassa osmolarità e all’introduzione del glutine oltre il sesto mese di vita.

Tali statistiche sono destinate, nei prossimi anni, a subire una rapida variazione, non solo per la possibilità di una diagnosi più rapida, ma per la maggiore diffusione sul mercato di grano modificato geneticamente.

Il più semplice mezzo per distinguere l’intervento dei fattori ambientali e dei fattori genetici è rappresentato dallo studio dei gemelli.

La percentuale dei gemelli monozigoti (MZ) concordanti per la MC, circa il 76% di tutti i casi pubblicati, è più elevata di quella dei gemelli dizigotici (DZ) che è simile a quella dei fratelli non gemelli. D’altra parte lo studio delle coppie di gemelli MZ discordanti che hanno lo stesso patrimonio genetico e forse anche la stessa esposizione al glutine è importante per identificare quali stimoli ambientali determinino l’insorgenza della MC in uno solo dei due componenti.

Un altro studio dell’analisi genetica consiste nell’identificazione del numero di geni responsabili e delle loro modalità di espressione fenotipica.

Dall’osservazione di numerose casistiche è abbastanza chiaro che la trasmissione della malattia non segue un modello mendeliano semplice, pertanto l’ipotesi di un singolo gene non è più sostenibile, se non ammettendo l’esistenza di altri fattori genetici o ambientali che ne influenzano l’espressione fenotipica .

Anche la varietà dei meccanismi patogenetici suggerisce la possibilità di molteplici fattori di suscettibilità, e conseguentemente il modello genetico più verosimile risulta quello multifattoriale

Pietra miliare nello studio delle genetica della MC è stata l’identificazione della sua associazione con antigeni HLA .

In questo nostro studio esaminiamo dunque la risposta immune intestinale in relazione a quel vasto ed eterogeneo insieme di quadri clinici ed anatomo-funzionali che vengono raggruppati sotto il termine di malassorbimento e attraverso quelle alterazioni del sistema immunitario che potrebbero interferire con il processo di assorbimento.



la biochimica del glutine ed il suo ruolo nella MC
Il glutine è un pool di proteine tra le quali rivestono particolare importanza, per la patogenesi della MC le gliadine. Nell’ambito di questa famiglia sono state distinte, mediante elettroforesi su gel di poliacrilamide, quattro differenti polipeptidi di peso molecolare compreso tra 30 kD e 75 kD definiti a,b,g e w.

Le sequenze aminoacidiche delle gliadine responsabili della malattia, ovvero gli epitopi riconosciuti dalle cellule immunocompetenti, non sono ancora note . Recentemente è stato dimostrato che prodotti della digestione peptico-triptica della gliadina sono in grado di indurre, in vitro, l’espressione degli MHC DR a livello dell’epitelio delle cripte proveniente da pazienti con MC in fase di remissione clinica .

Nella quasi totalità dei pazienti con MC sono stati dimostrati anticorpi antigliadina (AGD). E’ stato osservato che il titolo degli AGD è correlato con l’attività della malattia e si riduce in maniera drammatica nei pazienti sottoposti a dieta priva di glutine. AGD possono essere svelati anche in altre condizioni morbose, tuttavia il riscontro di titoli elevati e la presenza di anticorpi appartenenti alle tre classi principali, ma soprattutto all’isotipo IgA, rappresentano elementi caratteristici della malattia. Infatti gli AGD presenti in soggetti non affetti da enteropatia da glutine appartengono alla classe IgG. Significativo è inoltre il riscontro di AGD diretti verso le singole frazioni delle gliadine. Particolarmente importanti sono gli anticorpi anti-a-gliadina e quelli rivolti verso componenti polipeptidiche della frazione g con peso molecolare di 35 kD e 45 kD. Questi ultimi non sono stati svelati in pazienti con altre patologie del tratto gastroenterico. Inoltre, nei pazienti con MC sono stati documentati anticorpi diretti verso una glicoproteina di 90 kD ad alto contenuto di mannosio presente sia a livello della cute sia nell’intestino.

Recentemente è stata dimostrata un’omologia tra l’a -gliadina e una regione di 54 kD della proteina Elb codificata dall’adenovirus 12 che è abitualmente presente a livello della mucosa intestinale .

Nella patogenesi della MC risulta dunque di grande importanza la suscettibilità genetica; infatti oltre il 90% dei pazienti con tale affezione presenta particolari antigeni HLA. E’ prospettabile che tali antigeni siano in grado di trattenere, con un legame molto stretto, le gliadine sulla superficie delle APC, con conseguente formazione di un coniugato stabile. Ciò consentirebbe una presentazione continuativa di tali antigeni ai linfociti T CD4+ di transito a livello mucosale.

A tale proposito è stata recentemente dimostrata la presenza di cloni di linfociti T HLA-DQ ristretti-glutine specifici .

I suddetti cloni potrebbero rappresentare un forte segnale per i linfociti B con successiva produzione di AGD.

Di grande importanza per comprendere gli effetti iniziali della malattia è anche l’osservazione secondo la quale, in corso di MC in fase attiva ,vi è una forte espansione di linfociti T intraepiteliali CD4-CD8-, cellule che sembrano in grado di indurre la perdita della tolleranza verso antigeni orali.

Non è noto se questo rappresenti un fenomeno primitivo, oppure si tratti di un evento secondario alle alterazioni flogistiche che si verificano a livello delle mucose.

La dimostrata omologia tra l’a- gliadina e il peptide sopra menzionato, codificato dall’adenovirus 12, consente anche di prospettare l’intervento di fenomeni di mimetismo molecolare; in questo caso i linfociti T CD4+ riconoscerebbero gli epitopi in comune con l’a-gliadina e la proteina virale.

Tali linfociti attiverebbero i linfociti B a produrre AGD rivolti verso i determinanti dell’a-gliadina dotati di reattività crociata con le g e w gliadine.

Le lesioni potrebbero essere determinate dai costituenti intracellulari dei granulociti neutrofili ed eosinofili , richiamati a loro volta da citochine prodotte dalle cellule T attivate.

In seguito a stimolo con glutine, a distanza di 4-5 ore compare a livello delle mucose un infiltrato eosinofilo, seguito nelle successive 10-16 ore da un infiltrato di granulociti neutrofili e da segni di rigonfiamento endoteliale. Successivamente compaiono linfociti e plasmacellule sintetizzanti AGD con conseguente formazione di immunocomplessi (IC) costituiti da Ig e gliadine, capaci di fissare il Complemento (C).

L’azione combinata degli enzimi e dei radicali dell’ossigeno, liberati dai neutrofili, nonchè delle proteine dei granuli degli eosinofili e della deposizione di IC con attivazione del C, unitamente al costituirsi di un infiltrato di linfociti T specifici attivati, e successiva liberazione di citochine, rende ragione delle lesioni riscontrabili a livello delle mucose dei pazienti con MC.



Il danno intestinale
La risposta immune contro il glutine causa un danno intestinale con conseguente alterazione delle caratteristiche del sistema immune mucosale, specificamente improntato all’induzione della tolleranza , facendo prevalere le citochine pro-flogogene .

Gli aspetti istopatologici della MC sono caratterizzati dall’accorciamento e scomparsa dei villi intestinali. Queste alterazioni assumono spesso carattere segmentale e sono più accentuate a livello del digiuno anche se possono essere presenti a carico dell’ileo. Anche a livello subepiteliale si riscontrano infiltrati cellulari costituiti da linfociti, plasmacellule, granulociti neutrofili ed eosinofili .

L’autoimmunità potrebbe essere la conseguenza di una incapacità del sistema immune mucosale di sopprimere risposte autoreattive stimolate da comuni fatti infettivi, quali ad esempio le infezioni da enterovirus per il diabete insulino-dipendente .

Gli anticorpi anti transglutaminasi sarebbero solo un epifenomeno locale del danno intestinale, favoriti dal legame dell’enzima con la gliadina.

La gliadina si lega alla transglutaminasi e la risposta antigliadina consente una reazione autoimmune contro la transglutaminasi e forse contro altri autoantigeni.

Questa risposta anticorpale potrebbe interferire con fenomeni biologici quali l’apoptosi delle cellule intestinali e dei linfociti e condizionare in questo modo la comparsa di malattie autoimmuni.Anche alcune caratteristiche dell’infiammazione intestinale, quali l’espansione dei linfociti gamma delta, potrebbero in parte dipendere da reazioni di tipo autoimmune.

Il danno intestinale, sia su base infettiva, sia allergica, aumenta la tossicità della gliadina determinando l’instaurarsi di un circolo vizioso .

Il circolo vizioso che si instaura tra danno intestinale, attivazione della transglutaminasi ed aumento della tossicità della gliadina sembra rendere conto di alcuni fenomeni tipici della storia naturale della celiachia:

- la crisi celiaca, che consiste in un importante aggravamento dell’enteropatia celiaca secondario alla sovrapposizione di una infezione gastrointestinale;

- l’apparente guarigione della celiachia dopo un periodo di dieta.



La dieta interromperebbe il suddetto circolo vizioso e la successiva reintroduzione del glutine, in assenza di altri fattori concomitanti, non porterebbe alla ricomparsa dei sintomi gastrointestinali. Va però sottolineato che una alterata reazione immune persiste nella mucosa intestinale; questa può condurre nuovamente ad una sintomatologia gastrointestinale esprimendosi con una sintomatologia da malassorbimento (anemia, osteoporosi) e, più subdolamente, mediante un disturbo da tolleranza immunologica, può creare le condizioni per lo sviluppo di malattie autoimmuni.



Caratterizzazione delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale
Le cellule infiltranti l’intestino tenue in corso di MC sono rappresentate essenzialmente da linfociti T attivati (CD25+), eosinofili e macrofagi. In particolare in pazienti con MC in fase attiva è stato osservato un incremento dei LIE TCRgd+ a livello del digiuno

L’espansione è maggiore a carico dei linfociti Tgd+ di tipo CD4- CD8- (cellule doppio-negative). La maggiore densità dei linfociti Tgd+ è strettamente associata alla presenza dell’antigene DR3. Analoghe alterazioni sono state riscontrate anche in pazienti con dermatite erpetiforme, malattia che frequentemente si associa alla MC. Il numero assoluto di LIEgd rimane costante sia durante la dieta di eliminazione del glutine, sia durante il test di provocazione con l’alimento. La maggior parte dei cloni di linfociti Tgd+ ottenuti da biopsie digiunali mostra attività citotossica nei confronti di linee cellulari K562 e Daudi.

Nella MC è stato anche osservato un notevole aumento dei LIE CD3+,CD8+ TCRab+.

E’ stato inoltre dimostrato un aumento di cellule CD8+ CD45RO+ a livello dell’epitelio digiunale di pazienti affetti da MC non trattata.

La molecola CD45RO è espressa sui linfociti T intraepiteliali sia ab+ sia gd+, ma preferenzialmente sui primi.

Di grande importanza appare la recente dimostrazione su biopsie digiunali di pazienti con enteropatia da glutine di cellule T HLA-DQ ristrette, specifiche per il glutine. Nei pazienti con MC vi sono inoltre segni di attivazione di macrofagi ed eosinofili degranulati.

La prima difesa pertanto, in riferimento alle cellule T è presente nel timo dove nei primi anni di vita le cellule immature subiscono una vera programmazione immunitaria, ma alcune cellule definite “autoaggressive” di derivazione timica, possono sfuggire al controllo della autoregolazione, per cause generalmente iatrogene, e presentarsi nel torrente ematico con la potenzialità di attivare patologie autoimmunitarie.

Alcuni tessuti però godono di una naturale protezione dall’azione di queste cellule, in particolare il cervello e il midollo spinale a causa dello specifico rapporto di contiguità tra vasi sanguigni e tessuto nervoso, mediato particolarmente dalla glia.

Ma tale naturale protezione anatomica all’ingresso delle cellule T autoaggressive viene meno nel corso dei processi infiammatori o allergo immunologici dei tessuti del SNC, generalmente a causa di DNA virus, metalli pesanti, virus vivi attenuati (vaccinali) o iatrogeni (farmaci), per cui le cellule immunitarie auto-reagenti possono trovare la via per penetrare. Tali osservazioni furono già evidenziate da nostri studi pubblicati nell’aprile 2002 (Massimo Montinari, Autismo- Macro Ed.) e successivamente convalidate dagli studi di Zoltan Fehervari e Shimon Sakaguchi nell’ottobre 2006 (Scientific American). Le nostre osservazioni si riferivano alle caratteristiche delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale che svolgono un ruolo cruciale nella genesi della AS. Quattro anni dopo la nostra osservazione e descrizione dei meccanismi immunitari, gli autori giapponesi, dimostravano come le cellule immunitarie che mostrano un inappropriato interesse verso i tessuti, possono essere bersaglio, e quindi essere distrutte da altre componenti del sistema immunitario. Le cellule immunitarie che svolgono maggiormente questo compito sono pertanto rappresentate dalle cellule T. Quasi tutte queste cellule svolgono un ruolo di cellule mature nel timo e permangono in tutto il corpo come una sottopopolazione specializzata di cellule T.

Gli studi più recenti si sono focalizzati nella ricerca di un regolatore delle cellule T capaci di ridurre le risposte immunitarie auto-aggressive.tale fattore venne battezzato come “distruttore delle cellule T”.

Negli ultimi anni i ricercatori sono riusciti ad individuare nel CD4+ CD25+ quelle “cellule regolatrici”, chiamate comunemente T-regs.

Le T- regs riescono a sopprimere l’attività autoimmunitaria, i meccanismi non sono ancora ben conosciuti, ma si pensa alla codificazione che queste possano avere per le molecole di Classe II del Sistema HLA, facilmente suscettibili della rottura dei ponti disolfuro a causa di metalli o virus.

Tali cellule riescono a sopprimere la moltiplicazione di molte cellule del sistema immunitario e la secrezione di citochine.

Oggi i ricercatori sono convinti che le T-regs sono attivate dal contatto diretto tra cellule e svolgono la funzione di controllo nei confronti di agenti patogeni. Poter attivare dunque le T-regs potrebbe essere una prossima frontiera per controllare le risposte immunitarie che ben si conoscono nella AS come in molte altre patologie autoimmuni.

La gastroenterologia appare senza dubbio una delle aree che ha ricevuto maggiore attenzione da parte degli immunologi ed oggi, pur permanendo ancora dubbi ed incertezze, si può affermare che il tratto gastroenterico ha assunto un ruolo sempre più importante come organo immunologico primario. Appare quindi evidente che ogni alterazione della complessa struttura anatomo funzionale dell’apparato digerente e dell’intestino tenue in particolare, possa modificare il ruolo fondamentale nell’equilibrio del sistema immunitario .

La mucosa intestinale del tenue è continuamente esposta ad una stimolazione antigenica da parte delle sostanze ingerite e della flora microbica presente nel lume. Particolari meccanismi immuni consentono la identificazione e la elaborazione dell’antigene, l’induzione delle risposte immuni cellulari ed umorali, la memoria, la regolazione della tolleranza ed il richiamo del sistema effettoriale che vengono adattati a rispondere alla continua minaccia di lesioni.

Il tessuto linfoide associato all’intestino è costituito sia da aggregati focali (placche di Peyer, appendice), sia da linfociti che da plasmacellule sparsi nella lamina propria e nell’epitelio.

Le placche di Peyer sono ricoperte da un epitelio contenente la cellula membranosa M, che garantisce un accesso specializzato agli antigeni. Nelle placche di Peyer le cellule B, le più numerose, secernono le IgA secretorie (P.M. 390.000), mentre le cellule T, rappresentate da una popolazione più ridotta, comprendono un sottogruppo induttore/coadiutore e uno soppressivo/citotossico, che possono essere caratterizzati in parte da anticorpi monoclonali specifici.

Nelle placche di Peyer non sembrano trovarsi cellule killer naturali e neanche i loro precursori, che potrebbero essere indotti a differenziarsi ad opera dell’interferon .

Nell’epitelio intestinale sono presenti numerosi linfociti T e B, cellule killer naturali ed un piccolo numero di eosinofili, mast-cells, neutrofili e macrofagi.

Le cellule T intraepiteliali reagiscono con un anticorpo monoclonale OTK8, attenuano la risposta immune ed agiscono come cellule citotossiche effettrici (funzione soppressiva/citotossica).

Le cellule epiteliali dell’intestino tenue dell’uomo presentano antigeni simili agli HLA – DR, forse partecipanti alla elaborazione degli antigeni o aventi funzione analoga a quella delle cellule M delle placche di Peyer. Tali antigeni sono assenti nell’epitelio normale del colon, ma si repertano nel 50% delle mucose con carcinomi ad insorgenza in questa sede.

Nella lamina propria prevalgono plasmacellule ed in numero ridotto si ritrovano eosinofili, mast-cells, neutrofili e macrofagi.

Condizione necessaria per sviluppare la celiachia è la presenza sulla membrana delle cellule immunocompetenti di una molecola HLA di Classe II formata da due particolari catene alfa e beta (il cosiddetto eterodimero HLA), codificate dagli alleli a0501 e b 0201, in grado di legare con alta affinità peptidi e gliadina e di presentarli agli specifici linfociti T .

Quando la tipizzazione HLA veniva effettuata con tecniche sierologiche questa configurazione prendeva il nome di DQ2. In realtà non sempre al fenotipo DQ2 corrisponde la presenza dell’eterodimero caratteristico della celiachia. L’eterodimero celiaco è sempre presente quando al DQ2 si associa il DR3 (aplotipo DQ2-DR3) e in soggetti con aplotipo DQ2-DR7/DR5.

Nel primo caso, l’analisi di linkage ci mostra che sullo stesso cromosoma sono presenti sia i geni della catena a, a0501, sia quelli della catena b, b0201 (configurazione in cis).

Nel secondo caso i due geni si trovano su cromosomi diversi (in trans): sul cromosoma che esprime la specificità sierologica DR7 è presente la sequenza A0501 per la catena alfa. In una minoranza dei celiaci (8%) la predisposizione è legata al DQ8 associato al DR53, ugualmente dotato di alta affinità per la gliadina.

Per quanto necessario, l’HLA non è però sufficiente a far sì che si sviluppi la malattia. Solo una piccola parte dei soggetti con gli HLA descritti (presenti quasi nel 40% della popolazione) ha la celiachia.

L’assenza degli HLA tipici ha comunque un elevato valore predittivo negativo nella diagnosi di celiachia.

Per identificare aree genomiche in linkage genetico con la celiachia, al di fuori dell’HLA, è stato eseguito uno studio basato sul polimorfismo di particolari sequenze di DNA dette microsatelliti, distribuite lungo l’intero genoma. Da questa indagine emerge la conferma del ruolo preponderante della regione HLA, ma studi più approfonditi sono necessari per valutare il possibile interessamento in questa regione di geni diversi dall’HLA.





Il sistema immunitario intestinale e il malassorbimento nell’Autismo
Alterazioni del sistema immune intestinale possono interferire con il processo di assorbimento, determinando particolari sindromi cliniche che interessano il piccolo intestino.

Nel 1995 Lucarelli S ed altri, hanno posto delle strette correlazioni tra intolleranze alimentari e autismo, in particolare, segnalando il ruolo dei peptidi alimentari nella produzione di effetti tossici a livello del SNC che interagissero con i neurotrasmettitori, evidenziavano l’intolleranza al latte vaccino presente in 36 pazienti autistici; osservavano un miglioramento dei sintomi dopo circa due mesi dalla sospensione dalla dieta del latte vaccino, con un incremento delle IgA per caseina, latto-albumina e beta-lattoglobulina, nonchè IgG e IgM per caseina.

Nella AS sono presenti frequentemente disordini gastrointestinali,correlati essenzialmente al malassorbimento , al quale si associa nel 70% dei casi una patologia da reflusso gastro-esofageo. Nella nostra esperienza il reflusso gastro-esofageo era correlato soprattutto a gastropatie da intolleranze alimentari (latte e glutine).

Nel novembre 1999,osservazioni analoghe sono state riportate da Horvath K ed altri :essi dimostrano la presenza, in pazienti autistici di disordini gastrointestinali, specialmente esofagite da reflusso, e malassorbimento di disaccaridi. Gli autori osservano anche un incremento di secrezione bilio-pancreatica che depone per un interessamento dei recettori della secretina del fegato e del pancreas.

E’ importante documentare ulteriori condizioni di malassorbimento che favoriscono l’accumulo di amine tossiche a livello del SNC, in particolare negli Astrociti:

Deficit selettivo di IgA. E’ una condizione di immunodeficienza primitiva che interessa un individuo su settecento, di cui solo il 13% soffre di diarrea ricorrente o cronica con steatorrea, intolleranza al latte e infestione da Giardia lamblia.

La base percentuale di soggetti sintomatici è data dall’aumento notevole della mucosa intestinale delle cellule produttrici di IgM che compensano il deficit di IgA secretorie.

Associati ad un deficit di IgAs sono il morbo celiaco, l’iperplasia linfoide nodulare, la colite ulcerosa, il morbo di Crohn ed il deficit di disaccaridasi. In alcuni soggetti può verificarsi una dissociazione fra livelli circolanti e secretori di IgA, ciò comporta delle malattie solo a livello intestinale con infezioni opportunistiche e diarrea senza malassorbimento o con aspetto morfologico normale della mucosa digiunale.

Panipogammaglobulinemia. E’ un deficit immunologico di tipo comune variabile che si manifesta con diarrea cronica o ricorrente, malassorbimento associato o no ad infestione da Giardia lamblia con deficit secondari di disaccaridasi.

La mucosa intestinale a volte si presenta di struttura normale, in rari casi si presenta piatta e i malati rispondono ad una dieta priva di glutine.

A tutt’oggi non esiste una correlazione tra una condizione di proliferazione batterica ed i sintomi del paziente.

Complicanza rara dell’ipogammaglobulinemia variabile comune è la digiuno ileite ulcerosa che può associarsi ad un malassorbimento grave.

Malassorbimento può anche verificarsi a causa di acloridria gastrica e di deficit di fattore intrinseco con anemia perniciosa oppure con neutropenia e deficit di pancreas esocrino.

Espressione di ipogammaglobulinemia è la presenza di noduli linfatici nella lamina propria dell’intestino tenue (iperplasia linfoide nodulare), che rappresenta cellule T e B proliferanti.

L’incidenza dei linfomi di tipo sistemico è significativamente più elevata nei pazienti con deficit di immunoglobuline congenito ed anche variabile comune.

Linfomi dell’intestino tenue sono stati descritti in pazienti che presentavano iperplasia linfatica nodulare del tenue, con livelli d’immunoglobuline circolanti normali, sollevando il problema della predisposizione a lesioni maligne di detta iperplasia.

Diarrea grave e malassorbimento con arresto di sviluppo dei villi, edema della mucosa e presenza di numerosi macrofagi vacuolati si rinvengono in neonati con immunodeficienza di tipo combinato. Rare sono invece le lesioni intestinali nell’immunodeficienza primitiva mediata da cellule.

Ipersensibilità e malassorbimento. L’ipersensibilità è una reattività abnormemente aumentata da parte del sistema immunitario verso un antigene e si traduce in una lesione tessutale. Appare poco probabile che si possa avere malassorbimento in seguito ad ipersensibilità immediata con risposta di IgE, data la loro breve durata. Più verosimile appare una lesione della mucosa secondaria ad ipersensibilità mediata da complessi immuni fissanti il complemento, come può succedere in caso di allergia al latte di mucca, di enteropatia da glutine ed in alcuni casi di deficit selettivo di IgA.

Malattie immunoproliferative del tenue. I linfomi intestinali sono prevalenti nel Medio Oriente e nel bacino Mediterraneo e sono causa di malassorbimento. Essi rappresentano la trasformazione maligna del sistema delle IgA secretorie (malattia delle catene alfa) a livello della mucosa intestinale.

I sintomi principali sono rappresentati da diarree con steatorrea, dolori addominali generalizzati a tipo colica e calo ponderale.

I segni fisici sono deperimento, dita a bacchetta di tamburo, edema e nei casi avanzati masse addominali palpabili.

Il malassorbimento è dimostrato dalle prove di funzionalità intestinale, mentre un reperto biochimico tipico è l’aumento notevole dei livelli plasmatici di fosfatasi alcalina, a causa della presenza del suo isoenzima intestinale.



Ruolo dei peptidi derivati da proteine alimentari nelle patologie del sistema nervoso centrale
Attualmente le azioni del glutine e della caseina assumono un ruolo importantissimo nella genesi di numerose patologie del sistema nervoso centrale, quali l’autismo, il ritardo neuromotorio , la schizofrenia e le epilessie farmacoresistenti.

I primi studi risalgono al 1980 con Dohan il quale osservò una correlazione tra l’assunzione di glutine e l’incidenza della schizofrenia di 0.96, dimostrando l’assenza di schizofrenia nelle popolazioni dove, per motivi culturali, non sussisteva una alimentazione ricca di glutine, se non addirittura del tutto priva.

Già nel 1981 Reichelet, osservava l’incremento nei soggetti autistici e schizofrenici di peptidi nelle urine; nel 1986 dallo stesso fu osservata l’iperpeptiduria, come l’incremento della casomorfina bovina 1-8 fu rilevata nelle urine di bambini autistici, dimostrando come l’iperpeptidemia si accompagnasse ad una iperpeptinuria.

Tali osservazioni hanno permesso di stabilire il ruolo svolto dal glutine e dalla caseina, sotto forma di glutomorfina e casomorfina sul sistema nervoso centrale con l’inibizione della normale maturazione neuronale.

Nel 1995 Reichelet e Landmark hanno dimostrato come negli schizofrenici e negli autistici sia incrementato significativamente il valore delle IgA anticorpali contro la gliadina, la b - lactoglobulina e la caseina, come enorme si presentava il livello di peptidi urinari.

Da tali studi si evince che autismo e schizofrenia sono sindromi causate da enzimi differenti, in pazienti differenti, che presentano la stessa bioattività, infatti recentemente è stata osservata una struttura molecolare simile tra gli stessi enzimi. Poichè la peptiduria è determinata da un difetto del metabolismo peptidico, è ragionevole sospettare che differenti peptidasi possano agire in soggetti con aplotipi diversi. Poichè le peptidasi sono regolate e spesso inibite da attività ormonali, quali il testosterone e il cortisone, la correlazione tra insorgenza di queste patologie e la pubertà potrebbe essere strettamente correlata.

L’accumulo di oppioidi inibirebbe la normale maturazione del SNC e questo determinerebbe una progressiva disfunzione. A conferma di questa ipotesi subentra l’azione della casomorfina quale mediatore dello stato drammatico della psicosi post- partum; per tale motivo si ipotizza che gli oppioidi siano alla base di patologie quali la schizofrenia e la AS. Poichè gli oppioidi possono entrare nel liquor cefalorachidiano l’inibizione della maturazione del SNC può essere dipendente dalla loro azione .

Dagli studi di Paul Shattock si evidenzia che tali catene brevi di aminoacidi sono riconosciute come “ peptidi oppioidi” e fra le funzioni ritroviamo:

- riduzione della sensibilità al dolore, in particolare nel corso di stress;

- alterazione del pattern EEG, potenziali parossistici;

- modificazione dei patterns di sonno, in particolare durante lo stress;

- effetti sulla memoria e sull’apprendimento;

- diminuzione della socializzazione;

- modificazione dell’assunzione di cibi e liquidi;

- coinvolgimento del comportamento stereotipato;

- stispsi e rallentamento della peristalsi;

- regolazione della temperatura corporea;

- effetti sul sistema immunitario.



Il ruolo dei neuropeptidi intestinali e la modulazione della risposta immune
La risposta immune è regolata da numerosi meccanismi interagenti che possono classificarsi in tre categorie responsabili di

(A) una regolazione antigene specifico mediante:

A – 1) le sottopopolazioni T soppressori/ T induttori che hanno effetto tollerogeno;

A – 2) le citochine liberate dalle cellule immunitarie ( gamma interferone, interleuchina 2, fattore di inibizione dei macrofagi);

A – 3) gli anticorpi contro gli antigeni estranei e contro gli idiotipi di altre molecole anticorpali;

(B) fattori con attività immunoregolatrice indipendentemente da uno specifico antigene:

B- 1) componenti del siero ( alfa globuline, lipoproteine e prodotti di derivazione tumorale),

B- 2) corticosteroidi;

B- 3) radiazioni;



C- risposta immune regolata a livello delle mucose (tratto gastrointestinale, albero bronchiale, sistema genito-urinario) con la secrezione di peptidi ( PEPTIDE INTESTINALE VASOATTIVO VIP , SOSTANZA P, SOMATOSTATINA) mediante la stimolazione delle terminazioni nervose di senso .



Le mucose sono idonee per la secrezione di peptidi a causa della stretta prossimità ad esse dei linfociti della lamina propria che rispondono rapidamente alle sostanze secrete localmente e per la necessità di un meccanismo regolatore che può essere attivato da particolari stimolazioni biologiche, quali agenti infettivi .

Il meccanismo neuropeptidico, deputato alla regolazione delle risposte immuni locali, consente di aumentare la gamma degli eventi induttori e di determinare la possibilità di far evocare una risposta immune in un’area più ampia in seguito ad uno stimolo localizzato. Questo deriva dal fatto che la secrezione di peptidi può seguire la distribuzione dei nervi in un tratto di mucosa o anche dell’intero tessuto.

Il meccanismo neuropeptidico presenta il vantaggio di modulare finemente la risposta immune influenzando la migrazione linfocitaria, la sintesi delle immunoglobuline e il rilascio dei mediatori a seconda dei peptidi che vengono secreti selettivamente.



PEPTIDE INTESTINALE VASOATTIVO VIP

Sono stati dimostrati siti di legame specifici sulle cellule mononucleate (nel topo sono state trovate cellule T leganti VIP nei linfonodi mesenterici, nella milza, placche di Peyer).

Dopo 3-5 giorni di digiuno aumenta il legame del VIP alle cellule mononucleate del sangue di ratto per un aumento dell’affinità di entrambe le classi di siti di legame.

SOSTANZA P
Si lega ad un recettore-specifico ,a linfociti T e B di topo ottenuti dalle placche di Peyer e dalla milza , ed alle principali sottopopolazioni di T linfociti (CD4,CD8).

La sostanza P si lega alle cellule B indipendentemente dall’isotipo delle immunoglobuline presenti sulla loro superficie (IgG, IgA,IgM).

SOMATOSTATINA
Sono stati trovati recettori specifici su circa una metà dei linfociti T e B delle placche di Peyer e della milza.



NEUROPEPTIDI E FUNZIONE LINFOCITARIA
1) RISPOSTA PROLIFERATIVA AI MITOGENI mediante le lectine quali PHA (fitoemoagglutinina), ConA( concanavalina A). Queste lectine rappresentano un potente stimolo policlonale per la proliferazione dei linfociti.

2) MIGRAZIONE DEI T LINFOCITI.

3) SINTESI DELLE IMMUNOGLOBULINE.



I NEUROPEPTIDI RILASCIATI DALLE TERMINAZIONI DEI NERVI SENSITIVI MODULANO LA FUNZIONE DEI LINFOCITI RESIDENTI NELLE MUCOSE.

Questo può valere almeno per tre neuropeptidi presenti nell’intestino in concentrazione elevata : VIP (peptide intestinale vasoattivo), Sostanza P, Somatostatina.



Interazioni tra peptidi e monoamine nel sistema nervoso centrale
I fattori coinvolti nella trasmissione nervosa sono diventati sempre più numerosi.

I neurotrasmettitori classici comprendono le seguenti sostanze :

1) acetilcolina,

2) glutamato,

3) aspartato,

4) GABA ( acido gamma-aminobutirrico),

5) taurina,

6) glicina,

7) monoamine : a) noradrenalina, b)serotonina, c)istamina, d) dopamina.



I nuovi arrivati nella trasmissione centrale sono i peptidi; questi sono rappresentati da brevi catene di aminoacidi ( tra 3 e 40) che vengono sintetizzate e rilasciate dai neuroni come avviene per gli altri neurotrasmettitori. Molti di questi peptidi, come precedentemente abbiamo descritto, erano già noti come ormoni attivi nel sistema endocrino o come fattori di rilasciamento ipotalamici.

Numerosi sono i peptidi che, di anno in anno ,vengono classificati e identificati nel SNC:

1) CCK ( colecistochinina),

2) SS ( somatostatina),

3) VIP ( peptide intestinale vasoattivo),

4) neurotensina,

5) sostanza P,

6) vasopressina,

7) encefaline,

8) neuropeptide Y.



E’ frequente la domanda se questi peptidi interagiscano con altri neurotrasmettitori in maniera coordinata.

Possono agire in un sinergismo o con interazioni inibitorie o modulatorie; infatti a livello di un terminale presinaptico il rilascio di un neurotrasmettitore può essere regolato da quello di un altro .

Due o più neurotrasmettitori possono coesistere nella stessa terminazione nervosa.

Tale osservazione implica che molecole co-rilasciate dalle stesse terminazioni possano interagire a livello di siti pre- sinaptici o post-sinaptici in modo da modulare l’informazione in una determinata via neuronale.



INTERAZIONI TRA I NEUROTRASMETTITORI DEL SNC
Tali interazioni sono presenti a vari livelli :

a) localizzazione anatomica,

b) attività fisiologica,

c) funzione comportamentale.

Localizzazione anatomica:

per interagire due o più neurotrasmettitori devono essere presenti nello stesso posto e nello stesso momento in una determinata regione del SNC. Questo può verificarsi solo se i neurotrasmettitori sono co-localizzati e se sono contenuti in terminali assonici che finiscono in prossimità di comuni bersagli cellulari.



Attività fisiologica:
le conseguenze dell’interazione tra i neurotrasmettitori spaziano dal livello degli RNA messaggeri all’attività di enzimi che regolano funzioni cellulari, fino alle proprietà cinetiche di canali selettivi per un dato tipo di ioni. Quest’ultima azione si tradurrà in una modulazione dell’eccitabilità neuronale.



Funzione comportamentale:

le interazioni cellulari finiscono con l’integrarsi in processi multicellulari complessi che a loro volta sono responsabili di un determinato comportamento. Le interazioni tra i neurotrasmettitori possono in altri termini essere analizzate a questo livello più elevato implicante effetti comportamentali.

Le interazioni vengono rivelate mediante la tecnica della ibridizzazione in situ e ricerche hanno dimostrato che le alterazioni della neurotrasmissione dopaminergica (substantia nigra) con cellule peptidergiche striatali, influenzano fortemente i livelli dell’RNA messaggero codificante per certi peptidi dello striato, dove terminano i neuroni dopaminergici originatisi nella substantia nigra.

Da numerose osservazioni si evidenzia che neurotrasmettitori multipli possono convergere nel regolare l’eccitabilità neuronale attraverso un sistema effettore comune.

Sussistono vari meccanismi intracellulari nel modulare la sintesi ed il rilascio di ormoni peptidici da una linea cellulare di origine ipofisaria che possiede le proprietà di eccitabilità dei neuroni.

Diverse monoamine e neurotrasmettitori interagiscono nel regolare questi processi intracellulari.

Es. cellule della linea anteipofisaria del topo rilasciano ACTH (adrenocorticotropina) in presenza di neurotrasmettitori e di agenti che aumentino i livelli di AMP ciclico, o a seguito dell’aumento del calcio intracellulare indotto da una depolarizzazione, ad esempio il releasing factor della corticotropina (CRF) attiva l’adenilciclasi e la proteinchinasi cAMP-dipendente; nello stesso tempo il CRF innalza i livelli di calcio citosolico e stimola il rilascio di ACTH. Nel 2000 studi di Arancibia S ed altri , hanno dimostrato l’interazione tra la somministrazione di dexamethasone e l’espressione di somatostatina RNA messaggera (mRNA) a livello delle cellule periventricolari, con il rapido decremento della stessa

Al contrario , le depolarizzazioni indotte dal potassio determinano un aumento dei livelli di calcio e aumento del rilascio di ACTH senza un concomitante aumento dei livelli di cAMP.

Studi condotti per accertare l’importanza del calcio e dell’AMP ciclico, hanno dimostrato che due effettori intracellulari (calcio e AMP ciclico) possono agire in maniera coordinata nel trasdurre un effetto cellulare innescato da un singolo stimolo extracellulare, l’esposizione della cellula al CRF.

Dalle osservazioni sui complessi meccanismi che regolano i neurotrasmettitori sembra dunque che non soltanto possano verificarsi interazioni a livello della superficie extracellulare della membrana, in rapporto alla convergenza di neurotrasmettitori multipli sulla stessa cellula bersaglio, ma che un singolo neurotrasmettitore, agendo su un singolo recettore, possa innescare molteplici processi regolativi reciprocamente interagenti..

Sono anche interessanti ulteriori studi sulle interazioni tra peptide intestinale vasoattivo (VIP) e noradrenalina (NE) a livello della corteccia cerebrale.

Nella corteccia il VIP è contenuto in una popolazione omogenea di neuroni bipolari intracorticali orientati radialmente. Questi neuroni inviano proiezioni localmente e pertanto vengono a definire una serie di colonne corticali.

Quindi le azioni del VIP rilasciato da questi neuroni sono limitate a questi gruppi neuronali locali; invece il sistema contenente NE si origina dal locus ceruleus e si proietta diffusamente verso la corteccia cerebrale, dove le fibre noradrenergiche seguono una traiettoria prevalentemente orizzontale che le porta a diffondersi per l’intero mantello corticale.

In sintesi, a differenza del sistema VIP che svolge un’azione locale, le fibre noradrenergiche possono agire globalmente attraverso regioni corticali funzionalmente distinte.



Interazioni tra neuroimmunociti ed immunociti nel sistema nervoso centrale
E’ stato dimostrato che nel SNC esistono funzioni effettrici del sistema immune come è dimostrato dalle reazioni di rigetto di trapianti cutanei allogenici in cervelli di conigli presensibilizzati, dalla presenza di infiltrazioni di T-linfocitarie in casi di encefalite virale ed autoimmune, dalla possibilità di trasferire con successo l’encefalomielite allergica sperimentale mediante cellule T specifiche per la proteina basica della mielina e dalla prevenzione di certe forme di encefalite virale sperimentale con un trattamento immunosoppressivo .



Il cervello rappresenta un sito di risposta immunitaria contro agenti infettivi ed autoantigeni e questa considerazione ci spinge a credere che nel SNC la distruzione cellulare immunomediata dipende sia da cellule residenti nel SNC che abbiano acquisito un’immunocompetenza (GLIA), sia da linfociti periferici o da entrambi gli eventi.

A nostro avviso un grosso contributo è stato fornito dagli studi di P. Bongioanni che ha saputo descrivere, con dovizia di particolari, e con semplicità un meccanismo etiopatogenetico che oggi consente di proporre terapie omotossicologiche

E’ importante a tal punto, focalizzare i meccanismi intercellulari che intervengono nella risposta immune nell’Autismo con compromissione del SNC.



A) Riconoscimento dell’antigene con la processazione dello stesso da parte delle cellule APC

( cellule presentanti l’antigene), che esprimono molecole di II classe dell’HLA e secernono citochine, in primis IL-1, e l’interazione tra APC e linfociti T, con rilascio di fattori trofici e maturativi come l’IL-2 da parte dei linfociti T .

B) La sintesi anticorpale e o la distruzione delle cellule bersaglio mediante l’attivazione di Tc, cellule Killer o NK oppure tramite altri meccanismi citotossici, come quelli dipendenti da anticorpi.



L’espressione di molecole codificate dall’HLA e l’elaborazione di fattori stimolanti la crescita e la differenziazione cellulare costituiscono pertanto dei requisiti dell’immunocompetenza.

E’importante considerare le differenze dimensionali tra la cellula ed il complesso trimolecolare (recettore del linfocita T, antigene e molecole HLA) coinvolto nelle interazioni cellulari; un ruolo molto importante nell’adesione intercellulare e quindi nella presentazione dell’antigene, è ricoperto dall’antigene associato alla funzione linfocitaria (LFA)-1( integrina presente in alcuni tipi di cellule immunitarie come i linfociti B e T, le cellule NK, i macrofagi ed i granulociti).

La ricerca attuale ha dimostrato che nell’adesione intercellulare interviene una glicoproteina di superficie , chiamata molecola di adesione intercellulare (ICAM)-1 Mentre l’LFA-1 è localizzata esclusivamente su cellule della serie ematopoietica, l’ICAM-1 si trova anche su cellule non ematopoietiche come gli endoteliociti vascolari ed i fibroblasti.

Bisogna comprendere anche come esistano interazioni non soltanto tra cellula e cellula, ma anche tra cellule e matrice extracellulare, e questa oggi viene sempre maggiormente considerata quale elemento di estrema importanza nei processi citobiologici, sia in condizioni fisiologiche, sia patologiche.



Funzioni della matrice extracellulare
• stroma anatomico per le cellule



• supporto biochimico per le interazioni intercellulari



• presentazione delle citochine in forma attiva o inattiva



• modulazione degli effetti delle citochine



La matrice fornisce alla cellula una “memoria rudimentale” utile per rispondere adeguatamente agli stimoli che la raggiungono.

Le citochine rappresentano dei “simboli” in un linguaggio intercellulare e la matrice farebbe parte dello stesso linguaggio.

Gli organismi pluricellulari possono usufruire della loro “passata esperienza” per stabilire come le loro cellule debbano rispondere alle citochine e questo è importante, soprattutto per il SNC.

Le interazioni con la matrice consentono alle citochine di attivare risposte adattative ben più complesse di quelle di cui possono essere capaci proti o eucarioti unicellulari in virtù delle possibili varianti codificate nel loro patrimonio genetico.



Citochine - In condizioni di omeostasi le citochine agiscono localmente in forma solubile o legata alle membrane, mentre in stati patologici possono circolare e raggiungere aree ben lontane dal sito di produzione.

La presenza di un doppio segnale , uno diffusibile (citochine), l’altro non diffusibile (la matrice cellulare), è essenziale nella localizzazione di una risposta cellulare ad una particolare citochina che sia ampiamente distribuita nell’organismo.



Risposta neuroimmune nella AS – Nell’autismo, definito per troppi anni come una sindrome psicodinamica, o froidiana, ha assunto un ruolo importante la valutazione del modello biologico che combina le neuroscienze e la genetica. Nel 2001 un recentissimo studio di Robert Plomin conferma le nostre ipotesi etiopatogenetiche .

La reazione immune nel SNC dipende innanzitutto dal contatto delle cellule T con gli endoteliociti cerebrali e dalla penetrazione dei linfociti attraverso le pareti vasali.

In seguito all’interazione tra APC (cellule presentanti l’antigene) intracerebrali, antigeni e linfociti T, questi ultimi vengono ulteriormente attivati all’interno del SNC.

L’IFN gamma induce l’espressione di antigeni dell’HLA di classe 1 su astrociti, oligodendrociti e cellule microgliali e l’espressione di antigeni di classe II su una sottopopolazione astrocitaria ed altre cellule gliali.

Fenomeni di ipersensibilità ritardata comportano il rilascio di linfotossina (LT) da parte degli astrociti e delle cellule CD4, di IL-1 e TNF da parte dei gliociti e dei macrofagi, indotti a rilasciare tali citochine da stimoli di provenienza T-linfocitaria.

Macrofagi e microgliociti esercitano un ruolo molteplice nelle risposte di ipersensibilità ritardata, funzionando come APC (cellule presentanti l’antigene), secernendo prodotti citotossici, rilasciando citochine, fagocitando cellule danneggiate e morte.

Il bersaglio dell’attacco immune nelle risposte di ipersensibilità ritardata non necessita di esprimere alleli dell’HLA per essere distrutto mediante attivazione macrofagica e microgliocitaria.

Invece nel caso della citotossicità dipendente dall’attivazione dei linfociti Tc, la cellula bersaglio deve presentare alle Tc l’antigene associato a molecole di classe I dell’HLA. Allora le cellule CD8+ citotossiche rilasciano perforina, che forma canali di poliperforina in grado di consentire la fuoriuscita di ioni dalla cellula, causandone la morte.

Gli oligodendrociti possono essere lisati in questo modo tramite un sinergismo astrocito-linfocitario che determina il rilascio di perforina linfocitaria.

Il mantenimento e la riparazione tessutali nel contesto del SNC e la risposta agli agenti patogeni dipendono dalle interazioni neurogliali e dagli effetti biologici delle citochine prodotte dalle cellule del SNC e del sistema immune.

Nel SNC astrociti e neuroni si scambiano segnali che consentono loro di mantenere in equilibrio dinamico i rispettivi stati metabolici.
La rottura di tali meccanismi omeostatici può ingenerare uno scompaginamento delle comunicazioni intercellulari del SNC, la distruzione della barriera emato-encefalica e la proliferazione gliale.



Funzione degli astrociti nello scambio di ioni ossigeno e impiego del glucosio
Nell’Autismo, come in numerose forme di epilessie farmacoresistenti, oggi è documentato che un ruolo importantissimo è ricoperto dalle cellule gliari, infatti la moderna neuroimmunologia è sempre più attenta ai meccanismi biochimici ed immunogenetici che intervengono sulla GLIA.

L’omeostasi degli astrociti, come precedentemente abbiamo accennato, è regolata da un meccanismo delle citochine, infatti gli astrociti producono IL-1, (quando attivati da lesione traumatica o infettiva). Infezioni, lesioni e senescenza inducono gli astrociti a produrre IFN alfa e IFN beta che aumentano l’espressione plasmalemmale di molecole di classe I dell’HLA, rendendo le cellule suscettibili alla lisi da parte dei linfociti T.

Questo dimostra il ruolo importantissimo svolto dalla GLIA che per anni si pensava svolgesse semplici funzioni di sostegno, mentre con le proprie cellule ricopre un particolare ruolo energetico con la modulazione delle attività sinaptiche.

E’ utile a tal punto ricordare che nel cervello sono presenti circa seicento milioni di sinapsi per millimetro cubo, circa cento-centoventi miliardi di cellule e che il 90% circa delle cellule cerebrali è costituito da cellule gliari mentre solo il 10% da neuroni.

Il meccanismo neuronale prevede l’impiego della pompa sodio-potassio che ha necessità di energia proveniente dall’idrolisi dell’ATP (espelle gli ioni sodio ed incamera gli ioni potassio) , ma la produzione di ATP neuronale è scarsissima per il fabbisogno energetico della cellula nervosa. Tale pompa possiede un notevole impiego calorico e da ciò si evidenzia che le aree cerebrali più attive sono anche quelle che consumano più energia.

Gli Astrociti, maggiormente rappresentati nella GLIA, sono in possesso di abbondanti riserve di glicogeno. Sono dunque gli Astrociti i veri motori energetici in quanto sono in possesso di numerosi recettori di membrana specifici per i neurotrasmettitori che sono responsabili della trasmissione sinaptica tra due neuroni.

Ma anche gli Astrociti rispondono ai neurotrasmettitori modulando il loro metabolismo energetico.

E’ oramai noto che la noradrenalina aumenta la presenta di AMP ciclico dentro gli Astrociti e in tal modo attiva le protein - chinasi e meccanismi di fosforilazione che permettono la glicogenosi e in contemporanea l’assorbimento di glucosio da parte della medesima cellula. Tali attività , come è stato precedentemente descritto, sono proprie anche del VIP.

Un grande contributo allo studio dei meccanismi neurofisiologici dell’Autismo lo ha fornito Giovanni Pellegri nel 1999 con la sua disamina attentissima del ruolo svolto dalla GLIA .

L’idea che fino ad oggi è stata maggiormente sostenuta si riferisce alla correlazione tra l’attivazione delle cellule nervose e il contenuto di glucosio, ma recentemente viene messa in discussione.

L’architettura citologica e funzionale degli Astrociti dimostra come il glucosio sia assorbito in massima parte ad opera dei pedicelli astrocitari che rivestono per intero la superficie dei capillari cerebrali incanalando il passaggio dello zucchero verso l’interno delle cellule. Il glucosio che così viene captato dagli Astrociti , nel loro interno viene trasformato in lattato che diviene il principale elemento energetico dei neuroni, e tutto questo meccanismo estremamente complesso è regolato dal glutammato negli spazi extracellulari. E’ pertanto il glutammato ad interagire con le cellule della Nevroglia causando una risposta metabolica aumentando l’assorbimento del glucosio.

L’organizzazione strutturale degli Astrociti vede due poli: il primo circonda i vasi determinando l’assorbimento del glucosio ematico, mentre il secondo polo avvolge le sinapsi modulando la presenza dei neurotrasmettitori e conseguentemente l’attività cerebrale.

Quando gli Astrociti percepiscono il glutammato che viene emesso da circa il 90% dei neuroni, questi si attivano ed incominciano ad assorbire il glucosio dal circolo ematico.

L’assorbimento del glucosio si verifica in seguito alla successione di un processo complesso; uno stimolo nervoso consente la liberazione del glutammato ad opera dei neuroni nelle sinapsi e successivamente questo si lega ai recettori della membrana post-sinaptica modificandone l’eccitabilità .

In seguito il glutammato viene rimosso dalla propria sede extracellulare per l’intervento di proteine trasportatrici localizzate sugli Astrociti. Tali proteine, così come precedentemente è stato descritto, sono “specifiche di membrana” degli Astrociti, e quando il glutammato è penetrato subisce la trasformazione in glutammina ad opera dell’enzima glutammina-sintetasi (presente soltanto negli Astrociti).

Una fase seguente è il trasferimento della glutammina nei neuroni nei quali interviene un procedimento inverso con la costituzione di vescicole sinaptiche di glutammato.

Il trasporto del glutammato si sviluppa contemporaneamente a quello del sodio liberato dagli Astrociti per l’intervento della pompa sodio-potassio che sarà attivata sempre in presenza del glutammato captato.

Perutz M.F. e Windle A.H ,nel 2001 ipotizzano tra le cause della morte neuronale, nelle sindromi neurodegenerative, l’espansione dei ripetitori di glutamina in una proteina differente.

La funzione della pompa sodio-potassio si basa sulla presenza di glucosio ottenuto dalla glicogenolisi ad opera dell’ATP sin dall’Astrocita dove il glucosio è trasformato in lattato , questo in assenza di ossigeno, con la successiva produzione di due molecole di ATP, una finalizzata all’uso della pompa sodio-potassio e l’altra per la trasformazione del glutammato in glutammina.

E’ deducibile che negli Astrociti si avrà la produzione di due molecole di ATP per glucosio assorbito, e il neurone assorbe due molecole di lattato per ogni molecola di glucosio assorbita dagli stessi Astrociti.

Da tali molecole di lattato il neurone ricava ben 34 molecole di ATP. Tale processo viene definito “ Navetta del lattato Astrocita-neurone”.

Sinteticamente è possibile definire che il glutammato , nelle sinapsi eccitatorie, modula l’eccitazione del neurone post-sinaptico e stimola l’entrata del glucosio negli Astrociti con la successiva produzione di lattato.

Il trasporto del lattato oltre la barriera emato-encefalica è dovuto anche alla presenza di proteine cerebrali, presenti nei mammiferi adulti, mentre è stata documentata anche la presenza, a livello cerebrale, degli enzimi di sintesi e degradazione e quella degli RNA messaggeri per i due enzimi di trasporto del lattato , Mono Carboxylate Transporter (MCT1 e MCT2) ,che ci permettono dunque di ipotizzare una produzione cerebrale endogena di lattato.

A livello cerebrale è stata osservata anche la presenza della Latticodeidrogenasi (LDH). Questa si presenta in cinque forme differenti (isoenzimi) che scaturiscono da differenti combinazioni delle due subunità che la compongono.

Diversi studi istologici con l’impiego di anticorpi monoclonali diretti contro isoenzimi LDH, hanno dimostrato la presenza di LDH5 negli Astrociti e di LDH1 nei neuroni; quest’ultimo isoenzima è caratteristico per il consumo del lattato, quindi gli Astrociti si configurano come produttori e i neuroni come consumatori.

Con la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) e la Risonanza Magnetica Funzionale (fRMI) si è dimostrato come il flusso ematico cerebrale sia maggiorato in relazione all’aumento dell’attività cerebrale stessa.

In particolare con la TEP si è osservato che il funzionamento del tessuto neurologico è simile a quello del tessuto muscolare, tanto che nelle situazioni di intensa attività lavora in anaerobia, anche se nel cervello è presenta una notevole quantità di ossigeno .

Questa anaerobia funzionale è possibile definirla mediante la relazione Astrocita-neurone.

L’impiego dell’ossigeno è differente da quello del glucosio che viene trasformato immediatamente in lattato, negli Astrociti, in assenza di ossigeno che successivamente viene trattato nelle vie aerobiche dei neuroni.

La impermeabilità della barriera emato-encefalica al lattato imponeva di credere che lo stesso non potesse entrare o uscire dal tessuto cerebrale, quindi dovesse essere prodotto all’interno delle cellule nervose, non considerando che lesioni della barriera emato-encefalica su base autoimmunitaria potessero determinare l’incremento della permeabilità della stessa.

Estremamente interessante è la possibilità che l’intervento di mercuriali, presenti come adiuvanti in numerosissimi vaccini, possa bloccare i canali del sodio che sono particolarmente sensibili ai bassi dosaggi di Hg(2+). Tale blocco determinerebbe dunque una inibizione della produzione di ATP con conseguente danno cellulare.

E’ dimostrata tale azione dei mercuriali, Thimerosal (eccipiente vaccinale) quali inibenti i canali del sodio, che determinano una diminuzione della eccitabilità neuronale .



Nell’Autismo, si ipotizza che una lesione della barriera emato- encefalica su base autoimmunitaria determini la permeabilità e l’accumulo di radicali liberi nelle strutture mitocondriali degli Astrociti, inibendo così lo scambio degli ioni ossigeno tra il vaso sanguigno e la cellula nervosa.

La produzione di radicali liberi circolanti è strettamente correlata alla disbiosi intestinale, al malassorbimento, all’azione di batteri patogeni, virus e parassiti presenti nel lume intestinale, come la presenza della candida ricopre un ruolo fondamentale nella produzione di amine tossiche.

Pertanto tutti gli stati tossici hanno la conclamata possibilità di inibire l’attività mitocondriale delle cellule nervose con l’accumulo nelle stesse di radicali liberi che, in relazione al tipo di lesione presente, e ad aplotipi HLA individuati, determinano una inibizione delle funzioni biochimiche degli Astrociti con la comparsa di diversi quadri clinici associati a forme di epilessie farmacoresistenti, a stereotipie, a crisi ipercinetiche, anche queste farmacoresistenti, ad alterazioni sensoriali.

E’ quindi il network citochinico neurono – glio- linfocitario a rivestire un ruolo chiave nella genesi e nella regolazione della risposta neuroimmune.





*** Il consiglio che emerge da questi studi:


In tutti i bambini, prima delle vaccinazioni di legge, è altamente consigliato richiedere i seguenti esami :

1) Richiesta di Tipizzazione linfocitaria
2) Richiesta per l’estrazione DNA tipizzazione genomica HLA(A,B,C) DR DQ in bassa risoluzione da effettuarsi presso un laboratorio di tipizzazione tissutale
3) Es. emocromo con formula e dosaggio immunoglobuline.

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Primi esami da fare ad un bambino che presenti sintomi da reazione a vaccinazione sono quindi :

1) Ricerca anticorpi (1°,2°,3°) Antipoliovirus
2) Markers Epatite B e C
3) Test tipizzazzione tissutale HLA ( A,B,C) e HLA DQ- DR (sierologica)
4) IgG e IgM per CMV , EBV , VZV , HSV ( 1° e 2°)
5) Emocromo
6) Anticorpi antiendomisio , antigliadina , transglutaminasi
Stiamo valutando l’opportunità e l’affidabilità del Cytotoxic test - test citotossico - sul sangue da
additivi e alimenti (anche perché è un test a pagamento).


***Ove il medico lo ritenesse utile o necessario:

1. Sospensione della caseina : Alimenti con proteine del latte
DIETA PRIVA DI PROTEINE DEL LATTE VACCINO
EVITARE I SEGUENTI PRODOTTI :
latte (fresco, conservato, in polvere, ad alta digeribilità, ecc...), burro, latte di soja, panna, yogurt, formaggi . Latte condensato, liofilizzato, in polvere, siero di latte, latticello, lattosio, caseinati, creme di ogni tipo, salse cremose, besciamella, purea di patate, biscotti (PLASMON compresi),, dolci, torte, paste, croissant, merendine, gelati cremosi, gelati confezionati, cioccolato al latte, nutella e similari, prodotti tipo ovomaltina, nesquick, ecc... . Prosciutto cotto, mortadella, pancetta, lardo, salame industriale, wurstel, carne di vitello,
omogeneizzati al vitello, maionese confezionata, cibi fritti nel burro, pastella (frittelle, ecc..), pane bianco, pane al latte, pizza, marmellata di castagna, farinalattea,
(sapone di marsiglia, cosmetici contenenti derivati del latte)

CONTROLLARE E SELEZIONARE I SEGUENTI PRODOTTI :
TUTTI GLI ALIMENTI CONFEZIONATI
Pane, pasta, pasta all’uovo, grissini, crackers, salse, condimenti, caramelle, chewing-gum dolcificanti, surgelati saponi, shampoo, detersivi, (cosmetici, creme idratanti, detergenti, notte/giorno, ecc..
N.B. molti prodotti apparentemente “insospettabili” - pane, pasta, grissini, ecc... - contengono come additivi componenti del latte vaccino. Conviene comunque diffidare di tutto: se non si ha l’assoluta certezza che nel prodotto non sia presente latte, è meglio non assumerlo o non utilizzarlo).

(Dieta priva di latte vaccino)

CONSENTITI:
Latte di capra e derivati, latte di riso, latte di cocco, latte di mandorla, margarina di soia (le altre margarine vegetali sono consentite, ma biologicamente non sono consigliabili) burro di cocco, sorbetti artigianali alla frutta, dolci, biscotti e affini “esenti da latte vaccino”, dolci prodotti con latti vegetali (e possibilmente zucchero grezzo) , seitan, tamari, yogurt vegetale 100%, cioccolato fondente, cacao amaro pizza senza mozzarella o altri formaggi, prosciutto crudo, bresaola, prosciutto cotto o altri insaccati specificati “senza componenti del latte”, (saponi, detergenti, cosmetici, detersivi senza componenti del latte).

ALCUNI ESEMPI DI PRODOTTI SENZA COMPONENTI DEL LATTE VACCINO:

BISCOTTI: Privolat Colussi, Pavesini, Gran Cereale Mulino Bianco, Essere cereali aggregati, Hob Nobs Mc \Titie’s, linee alla soia “Cercai” o “Valsoia”, Tuc Saiwa, biscotti e crackers Wasa. Yogurt “Biflsoy”.PROSCIUTTO COTTO: Rovagnati gran biscotto, Lupi, Breda, Ferrarini. Mortadella “Regina” Citterio, Linea “Polial” Plasmon. (Linea per l’igiene “Neutralia”).

N.B. Sono solo alcuni esempi; i prodotti senza latte vaccino sono molti e vanno ricercati con cura. La rimozione di prodotti caseari ha effetti di solito rapidi e visibili. Entro 3 settimane abbiamo nel 66% dei pazienti grossi benefici,abbiamo scoperto che il picco delle beta –casomorfine ( peptidi
derivanti dal malassorbimento della caseina ) scompare dal profilo urinario rapidamente dopo la rimozione dei prodotti caseari (entro un paio di giorni). Nel 1995 Lucarelli S ed altri, hanno posto delle strette correlazioni tra intolleranze alimentari e autismo, in particolare, segnalando il ruolo dei peptidi alimentari nella produzione di effetti tossici a livello del SNC che interagissero con i neurotrasmettitori, evidenziavano l’intolleranza al latte vaccino presente in 36 pazienti autistici;
osservavano un miglioramento dei sintomi dopo circa due mesi dalla sospensione dalla dieta del latte vaccino, con un incremento delle IgA per caseina, latto-albumina e beta-lattoglobulina, nonchè IgG e IgM per caseina. Nell’Autismo sono presenti frequentemente disordini gastrointestinali, correlati essenzialmente al malassorbimento, al quale si associa nel 70% dei casi una patologia da reflusso gastro-esofageo. Nella nostra esperienza il reflusso gastro-esofageo era correlato soprattutto a gastropatie da intolleranze alimentari (latte vaccino e glutine). Nel novembre 1999, osservazioni analoghe sono state riportate da Horvath K ed altri : essi dimostrano la presenza, in pazienti autistici, di disordini gastrointestinali, specialmente esofagite da reflusso e malassorbimento di disaccaridi. Gli autori osservano anche un incremento di secrezione bilio-pancreatica che depone per un interessamento dei recettori della secretina del fegato e del pancreas.
E’ importante documentare ulteriori condizioni di malassorbimento che favoriscono l’accumulo di amine tossiche a livello del SNC, in particolare negli astrociti.

Dopo tre settimane

2. Sospensione del glutine . Alimenti contenenti glutine
Non è una operazione semplice . La riduzione dei peptidi derivanti dal glutine non avviene immediatamente (come nel caso della caseina) . Whiteley parla di una riduzione del 26% dopo cinque mesi.

DIETA PRIVA DI GLUTINE

EVITARE I SEGUENTI ALIMENTI:

Frumento (vedi dieta specifica), segale, orzo, avena, triticale (cereale ibrido di grano e riso) prodotti “ai cereali”, al frumento, al malto malto di frumento, seitan.
(I seguenti cereali possono o meno dare reazioni di allergia—intolleranza in soggetti sensibili al glutine. Si consiglia di introdurli nella dieta quotidiana uno alla volta e controllare eventuali reazioni; se non si manifestano sintomi il cereale è tollerato e può essere utilizzato 2 - 3 volte la settimana):
grano saraceno miglio amaranto sorgo.

CONSENTITI:

mais, riso (preferibilmente integrale), farro (a volte può non essere ben tollerato; è una questione individuale) quinoa, tapioca, manitoba, soia e derivati (esclusa la salsa di soia),
prodotti “senza glutine” (in farmacia e nei negozi di alimentazione naturale)
N.B. Sono stati generalmente citati gli alimenti “base”. E’ assolutamente obbligatorio controllare tutti gli alimenti preconfezionati ed informarsi al ristorante sulla composizione delle pietanze. In presenza del minimo dubbio, evitare l’assunzione dell’alimento.

N.B. A VOLTE LE AZIENDE ED I PANIFICATORI INSERISCONO LA FARINA DI GRANO NEGLI INGREDIENTI SENZA SPECIFICARLO NEL PROSPETTO DI COMPOSIZIONE
DELL’ALIMENTO.

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STELIOR Ginevra (CH) 29/30 marzo 2007 I DIFETTI DELLA PERMEABILITA’ INTESTINALE NEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO *Massimo Montinari MD FRSH , **Antonella Costi BD, *** Dr. Nicola Sacco Presidente Comitato Scientifico STELIOR Ginevra (CH) – Direttore Scientifico Centro Ricerca AIAS di Afragola.- Prometeo Medical S.r.l. Ricerca.- Dirigente Ufficio Sanitario IX reparto Mobile della Polizia di Stato. ** Biologa- Specialista in Biochimica e Chimica Clinica- Dottore di Ricerca in Scienze Infettivologiche – Docente STELIOR Ginevra (CH) – Ricercatrice AIAS di Afragola- .Prometeo Medical S.r.l.Ricerca ***Ispettore C. della Polizia di Stato- Segreteria scientifica dell’ Ufficio Sanitario IX Reparto Mobile della Polizia di Stato Distaccamento di Taranto-


Abstract

La somministrazione di diete privative di glutine e caseina nei pazienti affetti da Sindrome autistica (AS) , disturbi del comportamento, ed epilessia farmacoresistente, da diversi anni è stata proposta da questi studiosi che ricercavano gli oppioidi glutomorfina e casomorfina nelle urine di soggetti autistici. Era la concausale privazione alimentare che determinava un miglioramento del quadro clinico, pertanto gli studi di altri gruppi di ricerca miravano all’osservazione di una possibile presenza di alterazione della permeabilità intestinale quale causa determinante l’insorgenza di alcuni sintomi propri dei disturbi del comportamento. Con il presente studio condotto su pazienti affetti da AS, disturbi del comportamento e epilessia farmacoresistente, abbiamo dimostrato come tutti i pazienti portatori di tali quadri clinici, presentavano invece un aplotipo comune e come i portatori dello stesso aplotipo, anche se non affetti da patologie del comportamento ed epilessie farmacoresistenti presentassero nelle proprie urine i peptidi oppioidi quali la glutomorfina e la casomorfina. Questo per definire come l’alterata permeabilità della parete intestinale rappresenta un evento patologico concausale alla sindrome autistica e ai disturbi del comportamento, responsabile essenzialmente soltanto di un determinato corteo sintomatologico della malattia, generalmente correlato all’accumulo di radicali liberi, attraverso il circolo entero-ematico, in distretti dell’encefalo, con un conseguente accumulo citoplasmatico e mitocondriale. Parole chiave Permeabilità intestinale, Autismo, Disturbi del comportamento, Encefalite subclinica, Epilessia , Peptidi oppioidi Introduzione I difetti della permeabilità intestinale nell’etiopatogenesi dei disturbi del comportamento e della Sindrome autistica, da anni sono al centro di studi e ricerche che impegnano agguerrite formazioni di studiosi nel mondo. Sono state formulate ipotesi diverse che hanno, in massima parte, origine dalle osservazioni di ricercatori quali Reichelt e Shattock che proponevano diete privative di glutine e caseina per favorire il recupero clinico dei pazienti affetti da tali sindromi ancora mal definite. La somministrazione di diete privative di glutine e caseina nei pazienti affetti da Sindrome autistica (AS), disturbi del comportamento ed epilessia farmacoresistente, da diversi anni è stata proposta da questi studiosi che ricercavano gli oppioidi glutomorfina e casomorfina nelle urine di soggetti autistici. Era la concausale privazione alimentare che determinava un miglioramento del quadro clinico, pertanto gli studi di altri gruppi di ricerca miravano all’osservazione di una possibile presenza di alterazione della permeabilità intestinale quale causa determinante l’insorgenza di alcuni sintomi propri dei disturbi del comportamento. Dalle osservazioni di Reichelt e Shattock è emersa la presenza degli oppioidi nelle urine dei pazienti affetti da AS, ma alcune osservazioni sperimentali hanno evidenziato la presenza di casomorfina e glutomorfina anche in soggetti non affetti da AS. Tali deduzioni hanno generato non pochi dubbi sulla attendibilità della validità della ricerca di oppioidi condotta da Reichelt e Shattock, tanto da spingere taluni a dubitare della validità dei test eseguiti e contrastare la prescrizione di diete privative di glutine e caseina nei pazienti affetti da AS. Il difetto di permeabilità della parete intestinale veniva dunque posto al centro degli studi più avanzati, tanto da ipotizzare la “enterocolite autistica” quale aspetto anatomopatologico dell’autismo e dei differenti disturbi del comportamento. Per alcuni gruppi di ricerca la alterata permeabilità intestinale rappresentava la chiave di volta della sindrome autistica, quindi l’associazione di diete privative di glutine e caseina vedeva unicamente una stretta correlazione della sindrome alla funzione propria del circolo entero-ematico. I difetti della permeabilità intestinale, con le nostre osservazioni, si riferivano quadro istopatologico e alle caratteristiche delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale che svolgono un ruolo cruciale nella genesi della AS. Quattro anni dopo la nostra osservazione e descrizione dei meccanismi immunitari, già da noi individuati nel 2002, gli autori giapponesi, dimostravano come le cellule immunitarie che mostrano un inappropriato interesse verso i tessuti, possono essere bersaglio e quindi essere distrutte da altre componenti del sistema immunitario. Le cellule immunitarie che svolgono maggiormente questo compito sono pertanto rappresentate dalle cellule T. Quasi tutte queste cellule svolgono un ruolo di cellule mature nel timo e permangono in tutto il corpo come una sottopopolazione specializzata di cellule T. Gli studi più recenti si sono focalizzati nella ricerca di un regolatore delle cellule T capaci di ridurre le risposte immunitarie auto-aggressive. Tale fattore venne battezzato come “distruttore delle cellule T”. Negli ultimi anni i ricercatori sono riusciti ad individuare nel CD4+ CD25+ quelle “cellule regolatrici”, chiamate comunemente T-regs. Le T- regs riescono a sopprimere l’attività autoimmunitaria, i meccanismi non sono ancora ben conosciuti, ma si pensa alla codificazione che queste possano avere per le molecole di Classe II del Sistema HLA, facilmente suscettibili della rottura dei ponti disolfuro a causa di metalli o virus. Tali cellule riescono a sopprimere la moltiplicazione di molte cellule del sistema immunitario e la secrezione di citochine. Con il presente studio condotto su pazienti affetti da AS, disturbi del comportamento e epilessia farmacoresistente, abbiamo dimostrato come tutti i pazienti portatori di tali quadri clinici presentavano invece un aplotipo comune e come i portatori dello stesso aplotipo, anche se non affetti da patologie del comportamento ed epilessie farmaco resistenti, presentassero nelle proprie urine i peptidi oppioidi quali la glutomorfina e la casomorfina. Questo per definire come l’alterata permeabilità della parete intestinale rappresenta un evento patologico concausale alla sindrome autistica e ai disturbi del comportamento, responsabile essenzialmente soltanto di un determinato corteo sintomatologico della malattia, generalmente correlato all’accumulo di radicali liberi, attraverso il circolo entero-ematico, in distretti dell’encefalo con un conseguente accumulo citoplasmatico e mitocondriale. Con la nostra osservazione si dimostra che i peptidi oppioidi sono presenti nelle urine di soggetti con aplotipo comune e che, solamente nei casi in cui sia presente un’alterazione dei meccanismi enzimatici, propri della glia, si determina il transito di tali oppioidi attraverso la membrana ematoencefalica con l’accumulo neuronale e conseguente insorgenza dei differenti quadri clinici. Si potrebbe pertanto definire un difetto della permeabilità della membrana ematoencefalica l’evento patologico che determina la sindrome autistica ed i disturbi del comportamento mentre i difetti della permeabilità della parete intestinale rappresenterebbero un evento concausale della sindrome stessa. Tali osservazioni confermerebbero la validità delle ricerche di Reichelt e Shattock aprendo nuove frontiere per l’applicazione dell’immunogenetica alle patologie del SNC e al trattamento della AS nonchè dei disturbi del comportamento. Gli antigeni d’istocompatibilità individuati sono presenti nei soggetti affetti dalla malattia celiaca, non per questo i pazienti affetti da AS, disturbi del comportamento ed epilessia farmacoresistente, sono celiaci, e questa precisazione è utile per dirimere ogni dubbio sulla correlazione tra celiachia e AS. Il paziente affetto da AS potrebbe essere anche celiaco, ma non esclusivamente, come lo stesso potrebbe essere intollerante al latte, ma non necessariamente. Pertanto celiachia e intolleranza al latte non sono rappresentate, se non occasionalmente, nello stesso soggetto, ma tutti i pazienti affetti da AS presentano invece gli stessi antigeni d’istocompatibilità. Gli studi condotti da Pelliccia che associa varie forme di epilessia farmacoresistente con il latte, dimostrando un miglioramento del quadro clinico ed EEGrafico dei pazienti dopo la sospensione dell’alimentazione con latte e derivati trova anche conferma nella presenza dei medesimi antigeni d’istocompatibilità. Negli ultimi venti anni si è osservato l’incremento esponenziale dei casi di Autismo nei Paesi maggiormente industrializzati, come in Giappone dove si registrano ufficialmente 16 casi ogni 10.000 nati, con una media in tali Paesi variabile tra i 15 ai 20 casi ogni 10.000, con un incremento esponenziale negli ultimi anni, come è riportato precedentemente nella nostra trattazione, dove è più elevato l’uso di vaccini e antibiotici, in quelle popolazioni , definite da Classen, “pulite”. Non esistono, ad oggi, statistiche italiane attendibili per la differente definizione dei disturbi del comportamento tra cui rientra la AS, pertanto il problema è ancora sottostimato dalle Autorità sanitarie, ma si presenta in rapido incremento.

Un indice attendibile può essere rapportabile alla osservazione dei minori affetti da disturbi del comportamento monitorizzati dalla scuola dell’obbligo, ancor più che dalle strutture sanitarie. La non univocità diagnostica crea ancora una vasta confusione tanto da non consentire appropriati ed urgenti interventi. Etiopatogenesi L’etiopatogenesi della “sindrome autistica”(AS) è ampiamente discussa : riconosce diversi fattori quali l’azione del Mercurio, dell’Alluminio, dei DNA virus, virus attenuati, la Fenilchetonuria, l’Istidinemia, il Deficit di adenilosuccinato-liasi, il Deficit di Diidropirimidina deidrogenasi, la Superattività della 5’-nucleosidasi, il Deficit di Fosforibosil-Pirofosfato, la Carenza dell’enzima ornitina transcarbamilasi, l’esposizione al Talidomide. Frequentemente si tratta di soggetti con comportamenti autistici, in particolare pazienti affetti da patologie correlate, ma distinte, come nella Sindrome di Asperger, Sindrome da X Fragile, Sindrome di Landau-Kleffner, Sindrome di Rett, Sindrome di Williams. Tra le ipotesi etiopatogenetiche maggiormente accreditate nella letteratura internazionale rientra oggi l’azione di metalli tossici, quali il Mercurio (Hg) e l’Alluminio (Al) con la loro azione sulle funzioni biochimiche delle cellule nervose, sia neuroni, sia cellule appartenenti alla GLIA, l’azione dei virus attenuati e dei virus lenti. Ci riferiamo espressamente alla possibilità documentata che i metalli pesanti, specie il Mercurio (Hg), sotto forma di vapori, adiuvanti vaccinali, amalgame dentarie, o prodotti industriali , possa determinare danni enzimatici nel ciclo della respirazione cellulare, con danni irreversibili sul DNA, sia nucleare, sia mitocondriale. Ciò che è importante considerare è che l’azione dei metalli pesanti, con la conseguente insorgenza di una sindrome autistica (AS), non è correlata alle dosi “tossiche” degli stessi, ma all’azione diretta, anche di minimi quantitativi che sono in grado di agire sulla biochimica delle cellule nervose. Spesso nel trattamento e nell’osservazione di bambini autistici la dieta privativa di glutine e di latte vaccino ha dato risultati ottimali, così come la somministrazione di aminoacidi, in altri casi, ha fatto ben sperare in una terapia definitiva. In base all’esperienza acquisita e agli studi condotti da ricercatori molto attenti, l’autismo, o sindrome para-autistica come più opportunamente forse dovrebbe essere definita, presenta una stretta correlazione tra il Sistema Nervoso Centrale, in particolare le cellule che compongono la GLIA, il sistema immunitario , nel quale svolgono un ruolo importante gli antigeni d’istocompatibilità, l’apparato digerente ed il sistema neuroendocrino. Il presente studio ipotizza un ruolo importante ricoperto dalle funzioni biochimiche dei mitocondri, in particolare nel ciclo di Krebs, che rappresentano il motore energetico cellulare e nei quali, l’eventuale carenza enzimatica, potrebbe consentire un accumulo di radicali liberi con il conseguente blocco delle funzioni cellulari. Fondamentale risulta il ruolo ricoperto dal fenotipo di ogni paziente, infatti le reazioni avverse del SNC sono strettamente correlate a particolari aplotipi. Abbiamo cercato di esporre tali ipotesi, formulando pertanto delle teorie, dopo aver chiarito e definito alcune patologie che , concettualmente, sono di pertinenza di specialisti gastroenterologi, immunologi, endocrinologi, virologi e microbiologi, nonchè biochimici ed immunogenetisti. Una vera multidisciplinarietà che, a nostro avviso, meriterebbe un approfondimento maggiore in idonei Istituti di ricerca. Nei pazienti definiti affetti da “sindrome autistica”, o da “ritardo del linguaggio e dell’apprendimento” o da “ritardo psico-motorio” o da altre diagnosi similari ma sempre di n.d.d., la sintomatologia ha sempre un esordio subdolo, quasi mai allarmante per i medici curanti ed i genitori, ma progressivamente evolutivo. Difetti della permeabilità intestinale La permeabilità intestinale è aumentata nei pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale. Dal 1992 ad oggi si è registrato un incremento dell’insorgenza della RCU e del Morbo di Crohn in età pediatrica con abbassamento dell’età media al di sotto dei 12 anni con 4.3 casi 100.000 abitanti/anno (Svezia). Ipotesi etiopatogenetica: 1. Genetica 2. Immunogenetica 3. Genesi virale 4. Stimoli immunitari esogeni o da stress chirurgico Con la nostra osservazione dal 1992 ad oggi abbiamo potuto confermare la statistica svedese, infatti la revisione critica dei dati relativi a 280 bambini di età compresa tra 1 mese e 17 anni (gennaio 1992-gennaio 2007) ci permette di formulare le seguenti osservazioni: 172 maschi – 108 femmine, dei quali: 30 pazienti hanno avuto l’esordio della sintomatologia entro il primo anno di vita: 4 casi entro il 1°mese 9 casi entro il 2°mese 5 casi entro il 3°mese 5 casi entro il 4°mese 5 casi entro il 7°mese 2 casi entro l’8°mese 33 pazienti hanno presentato l’esordio della sintomatologia tra i 12 mesi e i 24 mesi, 176 pazienti hanno presentato l’esordio della sintomatologia tra i 5 anni e i 12 anni: 5 anni: 45 pazienti 10 anni: 53 pazienti 12 anni: 75 pazienti 41 pazienti hanno presentato l’esordio della sintomatologia tra i 13 e i 17 anni. Abbiamo osservato l’insorgenza dei primi sintomi generalmente dalle 4 alle 6 settimane seguenti uno stimolo immunitario. E’ stato seguito il seguente iter diagnostico: Iter diagnostico e parametri immunologici • Anamnesi • Esame obiettivo (valutazione stato nutrizionale) • Valutazione parametri ematochimici • Valutazione indici di flogosi • Esame colturale e parassitologico delle feci • Ricerca sangue occulto nelle feci • Cytotoxic test per alimenti e conservanti • Tipizzazione tessutale HLA(A,B,C) e HLA DR-DQ • Rettocolonscopia con biopsie multiple • Esame istologico • IgA, IgG, IgM, IgE totali • Sottopopolazioni linfocitarie • Sottoclassi delle IgG • IgG e IgM per CMV, VZV, HSV(1° e 2°), EBV • Rast alimenti • Enterovirus Teorie etiopatogenetiche Infettiva : Isolamento di agente infettivo nella mucosa intestinale (Shigella, Salmonella, E.Coli); oggi è ritenuta una conseguenza e non la reale causa responsabile delle lesioni. Psicosomatica :Immaturità emozionale, narcisismo, eccessiva dipendenza dai genitori, ansietà, tendenza depressiva ed egocentrica, scarsa adattabilità sociale; la presenza di depressione può essere legata sia a tratti di personalità pre-morbosi che alla risonanza emotiva della condizione morbosa cronica che tali soggetti si trovano a vivere. Le alterazioni comportamentali sembrano una conseguenza piuttosto che la causa scatenante. Immunologia: sembra essere quella più accreditata. Interazione dell’ospite con un antigene, sia esso un germe, una proteina del latte, il glutine, un virus: si scatenerebbe una reazione anticorpale inadeguata con alto titolo di anticorpi circolanti dotati di spiccato trofismo per la mucosa colica. Secondo la nostra osservazione le malattie infiammatorie croniche intestinali potrebbero rappresentare delle patologie autoimmunitarie dove è interessata più manifestatamente la mucosa intestinale. Il 90% dei pazienti ai quali abbiamo formulato la diagnosi di malattia infiammatoria cronica intestinale presentava, al momento della prima osservazione, l’associazione di altre patologie, generalmente ad etiopatogenesi autoimmune, quali allergie, intolleranze alimentari, eritema nodoso, psoriasi, collagenopatie, malattie demielinizzanti. Questo dato starebbe a dimostrare che, grazie ad una migliore e più accurata igiene sanitaria (popolazioni pulite), quanto più tardivo è nella vita il contatto con l’agente patogeno, tanto più il sistema immunitario del soggetto, non programmato ad una pronta reazione difensiva, risulterebbe abnormemente stimolato. Nella nostra osservazione, così come in studi recenti internazionali, nell’85% dei casi pediatrici si sono riscontrati alti titoli di IgG contro la BSA (albumina sierica bovina), BLG-a (beta lattoglobulina a) e BLG-b(beta lattoglobulina b) e alti titoli di IgA contro la caseina. Negli adulti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali è stato osservato un alto titolo di IgM per la Caseina. Dal 2001, nel nostro studio clinico , abbiamo introdotto il Cytotoxic test per alimenti e conservanti. Con l’impiego di tale metodica abbiamo ottenuto la dimostrazione della presenza di intolleranze alimentari (o ipersensibilità), con effetti di tipo subclinico, non immediatamente evidente, con la comparsa di fenomeni flogistici delle mucose. Altre forme di patologia correlabile alle ipersensibilità alimentari sono le forme infiammatorie come la cefalea e l’emicrania (spesso dovute alla ipersensibilità al latte e al glutine), l’artrite reumatoide, l’eczema, le dermatiti croniche (tipo psoriasico), le orticarie. Importante è individuare quindi i cibi o i conservanti e additivi che sono responsabili di questa reazione immunologica dell’organismo. Se si dimostra che il fattore scatenante è un agente infettivo, il sistema immunitario dell’ospite diviene facilmente il responsabile della patogenesi e della cronicizzazione della malattia, sia per l’incapacità a rimuovere l’agente infettivo, sia per una risposta inappropriata a quell’agente. Aumento delle IgE totali Aumento delle IgE Aumento delle IgA Forte positività delle IgG per CMV, EBV,HSV Coinvolgimento degli antigeni d’istocompatibilità HLA (A,B,C) e HLA DR-DQ (B8,B15, DR13,DQ3) Teoria della catena causale grosso intestino La concezione energetica della medicina cinese localizza a livello del colon una energia deputata a diverse funzioni che scorre lungo un Meridiano che, partendo dalla mano, risale lungo il braccio,la spalla, il collo fino a giungere nel solco del naso. L’alterazione del normale flusso qualitativo e/o quantitativo di questa energia può determinare svariati quadri clinici che, oltre ai previsti disturbi intestinali, si riconoscono in riniti, odontalgie, ecc. Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, la scuola di riflessologia ed in base al decorso del meridiano si può pensare a problemi della loggia Colon davanti ai seguenti disturbi: • Eruzioni cutanee eczematose. • Reazioni allergiche in seguito ad intolleranze alimentari e disbiosi. • Cefalea postprandiale. • Riniti, sinusiti (etmoidale) con secrezioni catarrali di difficile risoluzione, adenoiditi, epistassi. • Odontalgie, paradontosi. • Algie lungo il decorso del meridiano (tenosinovite, rizartrosi, epicondiliti, periartrite scapolo-omerale). • Algie al collo, gola, odinofagia. • Disturbi del corpo vitreo. • Cistiti, leucorree, algie pelviche. Quadro endoscopico del m. di Crohn • Interessamento dell’ileo distale (95%) • Interessamento del cieco (34%) • Interessamento ano-rettale (21%) Le lesioni anali aumentano di frequenza dopo i 7 anni e sono rilevabili nel 40% dei casi La mucosa presenta un numero variabile di ulcere (fessure lineari, ulcere, edema della mucosa rilevata con aspetto acciottolato) Quadro endoscopico della RCU • Lesioni interessano quasi tutto il colon (50%) • Interessano la metà sinistra ed il retto (50%) Flogosi diffusa di intensità diversa a seconda della gravità della malattia. Iperemia intensa della mucosa che sanguina facilmente, sia spontaneamente sia al transito dell’apparecchio. Non si rilevano ulcerazioni macroscopiche. Le valvole semilunari sono appiattite e nel lume c’è muco misto a sangue. A volte pseudopolipi di natura infiammatoria, esiti cicatriziali di pregresse lesioni. Nelle fasi di quiescenza della malattia il reperto endoscopico dimostra soltanto un’intensa e più accentuata vascolarizzazione mucosa che sostituisce il quadro della fine arborizzazione vascolare. Nella nostra esperienza abbiamo osservato che nella fase iniziale la mucosa, anche se non marcatamente caratterizzata dall’aspetto acciottolato, presentava una spiccata rifrangenza, dovuta alla propria superficie finemente granulare. Con l’istologia sono state definite Linfoplasmacellule ed eosinofili (indici di flogosi cronica iniziale), distorsione ghiandolare, cripte ed ulcere. In tutti i bambini osservati con età inferiore ai 6 anni abbiamo descritto la presenza di ragadi anali che, a nostro avviso, rappresentano un indice clinico di malattia infiammatoria intestinale. Il quadro endoscopico di malattia infiammatoria cronica intestinale è già apprezzabile un anno prima dell’esordio della sintomatologia. Il mantenimento o il ripristino della funzione di barriera dell'epitelio sono fondamentali per l'omeostasi immunologica della mucosa intestinale. L'epitelio intestinale è la struttura principe deputata a regolare il passaggio degli antigeni ed altre sostanze potenzialmente patogene contenute nel lume intestinale. Questa funzione, però, non è di pura barriera fisica: l'induzione della tolleranza antigenica ed il mantenimento della sua omeostasi, infatti, indicano come ci sia una continua e regolare stimolazione del sistema immune. L'epitelio intestinale è, quindi, fisiologicamente permeabile. Le sostanze endoluminali possono penetrare l'epitelio tramite la via paracellulare, costituita dagli spazi intercellulari, il cui accesso è modulato dalle giunzioni serrate, e quella transcellulare, attraverso la quale molecole vengono inglobate nelle cellule per mezzo di endosomi. I recettori proteasi-attivabili (PAR) sono una famiglia di recettori associati alla proteina G attivati da proteasi quali trombina, tripsina e triptasi. La presenza dei PAR sull'epitelio intestinale consente di ipotizzare che l'attivazione di tali recettori sia coinvolta nel mantenimento della omeostasi della mucosa intestinale e, quindi, anche della funzione di barriera epiteliale. La tripsina, che rappresenta un importante enzima digestivo, attivando il PAR2 su cellule epiteliali intestinali stimola la produzione di inositoltrifosfato, acido arachidonico e prostaglandine E e F, sostanze in grado di modulare le funzioni della mucosa. Nell'uomo il ruolo effettivo dei PAR della mucosa intestinale ed i fattori che possono aumentarne l'espressione od interferire con la loro attivazione non sono ben caratterizzati. Il lume intestinale è la sede del nostro organismo con il più alto contenuto antigenico. La molecola di superficie CD40 ed il suo ligando (CD40L) sono due costimolatori espressi rispettivamente dalle cellule presentanti l'antigene (APC) e dai linfociti T, come abbiamo riferito in precedenza, e svolgono un ruolo determinante nella regolazione dell'attività immunologica. Il legame tra queste due molecole è necessario, all'atto della presentazione dell'antigene al linfocita T, per l'attivazione della cascata immune. In assenza di una od entrambe tali molecole si verifica uno stato di tolleranza nei confronti dell'antigene. Quando l'APC è il linfocita B, dopo l'interazione tra il CD40 ed il suo ligando, si verifica un'attivazione anche di questa cellula, che aumenta l'espressione di un altro costimolatore di superficie, il B7 e di numerose interleuchine (IL-1b, IL6, IL10, TNFa, GM-CSF). Nel tessuto intestinale normale, il CD40 ed il CD40L vengono espressi, oltre che nei follicoli linfatici, dai linfociti della lamina propria, probabilmente in risposta a stimoli di origine luminale. Nelle infiammazioni croniche intestinali, anche in remissione della malattia, si ha un incremento dei CD40+ e CD40L+ sia nello strato sub-epiteliale che più in profondità; questo in associazione all’aumentata espressione di anticorpi diretti verso batteri commensali indica la perdita dello stato di tolleranza verso gli antigeni endoluminali. Costante è l'interazione tra l'epitelio intestinale ed il contenuto luminale.

I componenti della microflora intestinale (batteri residenti e loro prodotti) possono direttamente (es. secrezione di tossine, produzione di metaboliti trofici per gli enterociti, etc) o indirettamente (rilascio di fattori stimolanti le cellule immuni della mucosa, etc) influenzare la permeabilità intestinale. I toll like receptor (TLR) costituiscono una famiglia di proteine transmembrana coinvolte nell'induzione dell'immunità innata. In particolare il TLR4 e' il recettore di segnale per l'LPS, componente della parete dei batteri Gram negativi. L'interazione dei TLR con il loro ligando induce l'attivazione del fattore di trascrizione nucleare NFkB con conseguente produzione di citochine pro-infiammatorie quali IL-1, IL-6 e TNF-alfa. A seguito dell'attivazione di TLR4 si osserva anche un'aumentata espressione ed attività del recettore attivante la proliferazione dei perossisomi gamma (PPAR-gamma). Studi in vitro hanno dimostrato che l'attivazione di PPAR-gamma è anch'essa coinvolta nella regolazione di processi infiammatori. Ligandi naturali e farmacologici di PPAR-gamma riducono l'infiammazione influenzando la produzione di citochine e chemochine da parte delle cellule mieloidi ed epiteliali. Il PPAR-gamma è espresso soprattutto nel tessuto adiposo ma più recentemente la sua espressione è stata rilevata anche nell'epitelio colico dove, tuttavia, non è chiaro il ruolo svolto. Di recente è stato osservata una diminuita espressione di PPAR-gamma nell'intestino di pazienti affetti da IBD. Inoltre, il butirrato, prodotto del metabolismo batterico, aumenta l'espressione e stimola l'attività di PPAR-gamma, con miglioramento della permeabilità epiteliale. E' possibile, quindi, che la manipolazione della flora batterica in corso di infiammazione possa influenzare la funzione di barriera intestinale agendo direttamente od indirettamente sul PPAR-gamma. L'epitelio della mucosa intestinale è costituito da uno strato di cellule ad alto turnover capace di rispondere prontamente ad una vasta gamma di noxae. La perdita di continuità e di funzione di barriera comportano un'alterazione della capacità secretiva ed assorbitiva della mucosa intestinale rendendo l'epitelio più sensibile ai microrganismi residenti e/o patogeni ed ai loro prodotti. In condizioni normali, le lesioni di continuità più superficiali sono rapidamente riparate dal processo di restituzione, con migrazione di cellule dall'area perilesionale. Se la lesione è profonda, a questo processo può seguire una fase di proliferazione e di differenziazione, che consente di ricostituire l'architettura e la struttura della mucosa danneggiata. La restituzione cellulare è regolata da una varietà di citochine e da fattori di crescita (IL-4, IL-15, EGF, TGF-a, KGF) prodotti dalle cellule epiteliali e dalle altre cellule della mucosa ed è dipendente dall'adesione alla matrice extracellulare. Il rapporto tra cellule e matrice è modulato dalle integrine, strutture complesse materialmente connesse con alcune proteine del citoscheletro (a-actinina, talina e vinculina), capaci di modulare processi quali la proliferazione, la migrazione e l'apoptosi cellulari. In corso di infiammazione, la funzione di barriera epiteliale è alterata e si verifica uno squilibrio della produzione locale dei fattori che modulano la risposta infiammatoria. Tali eventi possono contribuire al perpetuarsi del danno mucoso, impedendo il ripristino funzionale ed anatomico dell'epitelio intestinale. L'applicazione di fattori di crescita, di molecole non proteiche e di oligoelementi attivi sull'epitelio potrebbe costituire un approccio alternativo per il controllo dell'infiammazione intestinale.Tornando al concetto dell'alterazione primitiva della barriera intestinale si offrono diverse ipotesi. Una prima parte dal presupposto di un'alterazione anatomica delle strutture giunzionali intercellulari. Sono state descritte in pazienti con MC alterazioni degli strands delle zonulae occludentes (ZO) in porzioni intestinali esenti da malattia infiammatoria . A livello molecolare questi strands sono costituiti da proteine transmembrana, occludina e la famiglia delle claudine. Più in profondità nel complesso giunzionale è collocata la N-caderina la cui assenza induce nell'animale da esperimento un quadro di infiammazione intestinale molto simile alla MC . La risposta immune contro il glutine causa un danno intestinale con conseguente alterazione delle caratteristiche del sistema immune mucosale, specificamente improntato all’induzione della tolleranza , facendo prevalere le citochine pro-flogogene . Gli aspetti istopatologici della MC sono caratterizzati dall’accorciamento e scomparsa dei villi intestinali. Queste alterazioni assumono spesso carattere segmentale e sono più accentuate a livello del digiuno anche se possono essere presenti a carico dell’ileo. Anche a livello subepiteliale si riscontrano infiltrati cellulari costituiti da linfociti, plasmacellule, granulociti neutrofili ed eosinofili . L’autoimmunità potrebbe essere la conseguenza di una incapacità del sistema immune mucosale di sopprimere risposte autoreattive stimolate da comuni fatti infettivi, quali ad esempio le infezioni da enterovirus per il diabete insulino-dipendente . Gli anticorpi anti transglutaminasi sarebbero solo un epifenomeno locale del danno intestinale, favoriti dal legame dell’enzima con la gliadina. La gliadina si lega alla transglutaminasi e la risposta antigliadina consente una reazione autoimmune contro la transglutaminasi e forse contro altri autoantigeni. Questa risposta anticorpale potrebbe interferire con fenomeni biologici quali l’apoptosi delle cellule intestinali e dei linfociti e condizionare in questo modo la comparsa di malattie autoimmuni.Anche alcune caratteristiche dell’infiammazione intestinale, quali l’espansione dei linfociti gamma delta, potrebbero in parte dipendere da reazioni di tipo autoimmune. Il danno intestinale, sia su base infettiva, sia allergica, aumenta la tossicità della gliadina determinando l’instaurarsi di un circolo vizioso . Il circolo vizioso che si instaura tra danno intestinale, attivazione della transglutaminasi ed aumento della tossicità della gliadina sembra rendere conto di alcuni fenomeni tipici della storia naturale della celiachia: - la crisi celiaca, che consiste in un importante aggravamento dell’enteropatia celiaca secondario alla sovrapposizione di una infezione gastrointestinale; - l’apparente guarigione della celiachia dopo un periodo di dieta. La dieta interromperebbe il suddetto circolo vizioso e la successiva reintroduzione del glutine, in assenza di altri fattori concomitanti, non porterebbe alla ricomparsa dei sintomi gastrointestinali. Va però sottolineato che una alterata reazione immune persiste nella mucosa intestinale; questa può condurre nuovamente ad una sintomatologia gastrointestinale esprimendosi con una sintomatologia da malassorbimento (anemia, osteoporosi) e, più subdolamente, mediante un disturbo da tolleranza immunologica, può creare le condizioni per lo sviluppo di malattie autoimmuni. L'associazione tra alterazione anatomica delle giunzioni e malattia infiammatoria cronica dell'intestino è ipotizzabile. In associazione a questo difetto strutturale dei complessi giunzionali va tenuta presente l'ipotesi di un'iperreattività di queste strutture. Dati confermati hanno dimostrato che i mediatori della flogosi sono in grado di indurre l'apertura delle ZO. Recentemente, in pazienti con MC, sono state identificate alcune mutazioni a carico del NOD2/CARD15, gene implicato nel contesto dell'immunità innata, e del gene del tumor necrosis factor-alpha e del suo recettore . Fino ad ora comunque mancano dati che colleghino queste alterazioni a difetti di barriera. Caratterizzazione delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale Le cellule infiltranti l’intestino tenue in corso di MC sono rappresentate essenzialmente da linfociti T attivati (CD25+), eosinofili e macrofagi. Di grande importanza appare la recente dimostrazione su biopsie digiunali di pazienti con enteropatia da glutine di cellule T HLA-DQ ristrette, specifiche per il glutine. Nei pazienti con MC vi sono inoltre segni di attivazione di macrofagi ed eosinofili degranulati. La prima difesa pertanto, in riferimento alle cellule T è presente nel timo dove nei primi anni di vita le cellule immature subiscono una vera programmazione immunitaria, ma alcune cellule definite “autoaggressive” di derivazione timica, possono sfuggire al controllo della autoregolazione, per cause generalmente iatrogene, e presentarsi nel torrente ematico con la potenzialità di attivare patologie autoimmunitarie. Alcuni tessuti però godono di una naturale protezione dall’azione di queste cellule, in particolare il cervello e il midollo spinale a causa dello specifico rapporto di contiguità tra vasi sanguigni e tessuto nervoso, mediato particolarmente dalla glia. Ma tale naturale protezione anatomica all’ingresso delle cellule T autoaggressive viene meno nel corso dei processi infiammatori o allergo immunologici dei tessuti del SNC, generalmente a causa di DNA virus, metalli pesanti, virus vivi attenuati (vaccinali) o iatrogeni (farmaci), per cui le cellule immunitarie auto-reagenti possono trovare la via per penetrare.

Tali osservazioni furono già evidenziate da nostri studi pubblicati nell’aprile 2002 (Massimo Montinari, Autismo- Macro Ed.) e successivamente convalidate dagli studi di Zoltan Fehervari e Shimon Sakaguchi nell’ottobre 2006 (Scientific American). Le nostre osservazioni si riferivano alle caratteristiche delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale che svolgono un ruolo cruciale nella genesi della AS. Quattro anni dopo la nostra osservazione e descrizione dei meccanismi immunitari, gli autori giapponesi, dimostravano come le cellule immunitarie che mostrano un inappropriato interesse verso i tessuti, possono essere bersaglio, e quindi essere distrutte da altre componenti del sistema immunitario. Le cellule immunitarie che svolgono maggiormente questo compito sono pertanto rappresentate dalle cellule T. Quasi tutte queste cellule svolgono un ruolo di cellule mature nel timo e permangono in tutto il corpo come una sottopopolazione specializzata di cellule T. Gli studi più recenti si sono focalizzati nella ricerca di un regolatore delle cellule T capaci di ridurre le risposte immunitarie auto-aggressive.tale fattore venne battezzato come “distruttore delle cellule T”. Negli ultimi anni i ricercatori sono riusciti ad individuare nel CD4+ CD25+ quelle “cellule regolatrici”, chiamate comunemente T-regs. Le T- regs riescono a sopprimere l’attività autoimmunitaria, i meccanismi non sono ancora ben conosciuti, ma si pensa alla codificazione che queste possano avere per le molecole di Classe II del Sistema HLA, facilmente suscettibili della rottura dei ponti disolfuro a causa di metalli o virus. Tali cellule riescono a sopprimere la moltiplicazione di molte cellule del sistema immunitario e la secrezione di citochine. Oggi i ricercatori sono convinti che le T-regs sono attivate dal contatto diretto tra cellule e svolgono la funzione di controllo nei confronti di agenti patogeni. Poter attivare dunque le T-regs potrebbe essere una prossima frontiera per controllare le risposte immunitarie che ben si conoscono nella AS come in molte altre patologie autoimmuni. La gastroenterologia appare senza dubbio una delle aree che ha ricevuto maggiore attenzione da parte degli immunologi ed oggi, pur permanendo ancora dubbi ed incertezze, si può affermare che il tratto gastroenterico ha assunto un ruolo sempre più importante come organo immunologico primario. Appare quindi evidente che ogni alterazione della complessa struttura anatomo funzionale dell’apparato digerente e dell’intestino tenue in particolare, possa modificare il ruolo fondamentale nell’equilibrio del sistema immunitario . La mucosa intestinale del tenue è continuamente esposta ad una stimolazione antigenica da parte delle sostanze ingerite e della flora microbica presente nel lume. Particolari meccanismi immuni consentono la identificazione e la elaborazione dell’antigene, l’induzione delle risposte immuni cellulari ed umorali, la memoria, la regolazione della tolleranza ed il richiamo del sistema effettoriale che vengono adattati a rispondere alla continua minaccia di lesioni. Il tessuto linfoide associato all’intestino è costituito sia da aggregati focali (placche di Peyer, appendice), sia da linfociti che da plasmacellule sparsi nella lamina propria e nell’epitelio. Le placche di Peyer sono ricoperte da un epitelio contenente la cellula membranosa M, che garantisce un accesso specializzato agli antigeni. Nelle placche di Peyer le cellule B, le più numerose, secernono le IgA secretorie (P.M. 390.000), mentre le cellule T, rappresentate da una popolazione più ridotta, comprendono un sottogruppo induttore/coadiutore e uno soppressivo/citotossico, che possono essere caratterizzati in parte da anticorpi monoclonali specifici. Nelle placche di Peyer non sembrano trovarsi cellule killer naturali e neanche i loro precursori, che potrebbero essere indotti a differenziarsi ad opera dell’interferon . Nell’epitelio intestinale sono presenti numerosi linfociti T e B, cellule killer naturali ed un piccolo numero di eosinofili, mast-cells, neutrofili e macrofagi. Le cellule T intraepiteliali reagiscono con un anticorpo monoclonale OTK8, attenuano la risposta immune ed agiscono come cellule citotossiche effettrici (funzione soppressiva/citotossica). Le cellule epiteliali dell’intestino tenue dell’uomo presentano antigeni simili agli HLA – DR, forse partecipanti alla elaborazione degli antigeni o aventi funzione analoga a quella delle cellule M delle placche di Peyer. Tali antigeni sono assenti nell’epitelio normale del colon, ma si repertano nel 50% delle mucose con carcinomi ad insorgenza in questa sede. Nella lamina propria prevalgono plasmacellule ed in numero ridotto si ritrovano eosinofili, mast-cells, neutrofili e macrofagi. Condizione necessaria per sviluppare la celiachia è la presenza sulla membrana delle cellule immunocompetenti di una molecola HLA di Classe II formata da due particolari catene alfa e beta (il cosiddetto eterodimero HLA), codificate dagli alleli 0201, in grado di legare con alta affinità peptidi e gliadina e di0501 e  presentarli agli specifici linfociti T . Quando la tipizzazione HLA veniva effettuata con tecniche sierologiche questa configurazione prendeva il nome di DQ2. In realtà non sempre al fenotipo DQ2 corrisponde la presenza dell’eterodimero caratteristico della celiachia. L’eterodimero celiaco è sempre presente quando al DQ2 si associa il DR3 (aplotipo DQ2-DR3) e in soggetti con aplotipo DQ2-DR7/DR5. Per quanto necessario, l’HLA non è però sufficiente a far sì che si sviluppi la malattia. Solo una piccola parte dei soggetti con gli HLA descritti (presenti quasi nel 40% della popolazione) ha la celiachia. L’assenza degli HLA tipici ha comunque un elevato valore predittivo negativo nella diagnosi di celiachia. Per identificare aree genomiche in linkage genetico con la celiachia, al di fuori dell’HLA, è stato eseguito uno studio basato sul polimorfismo di particolari sequenze di DNA dette microsatelliti, distribuite lungo l’intero genoma. Da questa indagine emerge la conferma del ruolo preponderante della regione HLA, ma studi più approfonditi sono necessari per valutare il possibile interessamento in questa regione di geni diversi dall’HLA. Citomegalovirus nella malattia infiammatoria cronica intestinale Il ruolo dei batteri è fortemente supportato da evidenze di laboratorio e cliniche mentre meno chiaro è il ruolo dei virus. i virus più frequentemente implicati como possibili fattori predisponenti sono gli adenovirus,gli herpes virus (Citomegalovirus,Epstein Barr). In particolare negli ultimi anni particolare attenzione è stata data al Cytomegalovirus. In relazione ai metodi usati per la ricerca del virus diversi tassi di prevalenza sono stati riportati: dal 11%(nelle biopsie rettali con ematossilina eosina)( ) al 92/100%(nelle biopsie con la PCR). Fino ad oggi non è chiaro quale è il ruolo del virus nel decorso clinico della malattia. le ipotesi sono: a)il virus è un normale commensale nell'intestino dei pazienti con IBD per particolari condizioni immunologiche che si determinano e non è determinante nella riattivazione della malattia e non è responsabile delle manifestazioni di malattia. b)il virus è direttamente o indirettamente(attraverso un attivazione immunologica) patogenico e pertanto è responsabile dell'infiammazione acuta. Non vi sono attualmente elementi per propendere per l'una o per l'altra ipotesi. Il citomegalo è un virus molto diffuso nelle popolazione generale. E' stato valutato che nel 80 % della popolazione generale vi è stato un contatto con il virus (come dimostrato dagli anticorpi IGG).Tuttavia nelle biopsie intestinali di pazienti senza patologia infiammatoria il virus non è identificato mentre è presente nelle biopsie intestinali di pazienti con infiammazione cronica. Il motivo per cui il virus è presente ove è l'infiammazione non è chiaro. L'immunodepressione potrebbe essere un fattore predisponente. Conoscere la prevalenza del virus (adoperando il metodo più sensibile di diagnosi cioè la PCR) nei pazienti con infiammazione ( Malattie infiammatorie croniche dell'intestino MICI) ma non immunosoppressi,nei pazienti con MICI immunosoppressi,nei pazienti senza infiammazione (pazienti con malattia ematologica che devono essere sottoposti a trapianto di midollo)e negli stessi pazienti che sviluppano una GVH potrebbe dare un indicazione del rapporto tra il virus,l'infiammazione e l'immunosoppressione. La pouchite è un modello particolare di infiammazione cronica dell'intestino in cui sembrano giocare un ruolo la flora batterica. Non vi sono dati sulla possibile sovrapposizione del citomegalo in questa condizione. Lo studio pertanto di prevalenza del virus in questa particolare condizione infiammatoria potrebbe aggiungere ul ulteriore informazione sul rapporti tra il virus ed il tipo di infiammazione.Il citomegalovirus ha dei meccansimi di evasione immunitaria tra i quali la risposta dell'interferone alfa attraverso l'alterazione dei pathways di trasduzione del segnale. E' stato segnalato che la permeabilità intestinale aumenta la probabilità di infezione del citomegalovirus . Pertanto lo studio della permeabilità intestinale potrebbe aggiungere ulteriori informazioni ai fattori predisponenti alla infezione con il citomegalovirus. Deficit selettivo di IgA. E’ una condizione di immunodeficienza primitiva che interessa un individuo su settecento, di cui solo il 13% soffre di diarrea ricorrente o cronica con steatorrea, intolleranza al latte e infestione da Giardia lamblia. La base percentuale di soggetti sintomatici è data dall’aumento notevole della mucosa intestinale delle cellule produttrici di IgM che compensano il deficit di IgA secretorie. Associati ad un deficit di IgAs sono il morbo celiaco, l’iperplasia linfoide nodulare, la colite ulcerosa, il morbo di Crohn ed il deficit di disaccaridasi. In alcuni soggetti può verificarsi una dissociazione fra livelli circolanti e secretori di IgA, ciò comporta delle malattie solo a livello intestinale con infezioni opportunistiche e diarrea senza malassorbimento o con aspetto morfologico normale della mucosa digiunale. Panipogammaglobulinemia. E’ un deficit immunologico di tipo comune variabile che si manifesta con diarrea cronica o ricorrente, malassorbimento associato o no ad infestione da Giardia lamblia con deficit secondari di disaccaridasi. La mucosa intestinale a volte si presenta di struttura normale, in rari casi si presenta piatta e i malati rispondono ad una dieta priva di glutine. A tutt’oggi non esiste una correlazione tra una condizione di proliferazione batterica ed i sintomi del paziente. Complicanza rara dell’ipogammaglobulinemia variabile comune è la digiuno ileite ulcerosa che può associarsi ad un malassorbimento grave. Malassorbimento può anche verificarsi a causa di acloridria gastrica e di deficit di fattore intrinseco con anemia perniciosa oppure con neutropenia e deficit di pancreas esocrino. Espressione di ipogammaglobulinemia è la presenza di noduli linfatici nella lamina propria dell’intestino tenue (iperplasia linfoide nodulare), che rappresenta cellule T e B proliferanti. L’incidenza dei linfomi di tipo sistemico è significativamente più elevata nei pazienti con deficit di immunoglobuline congenito ed anche variabile comune. Linfomi dell’intestino tenue sono stati descritti in pazienti che presentavano iperplasia linfatica nodulare del tenue, con livelli d’immunoglobuline circolanti normali, sollevando il problema della predisposizione a lesioni maligne di detta iperplasia. Diarrea grave e malassorbimento con arresto di sviluppo dei villi, edema della mucosa e presenza di numerosi macrofagi vacuolati si rinvengono in neonati con immunodeficienza di tipo combinato. Rare sono invece le lesioni intestinali nell’immunodeficienza primitiva mediata da cellule. Ipersensibilità e malassorbimento. L’ipersensibilità è una reattività abnormemente aumentata da parte del sistema immunitario verso un antigene e si traduce in una lesione tessutale. Appare poco probabile che si possa avere malassorbimento in seguito ad ipersensibilità immediata con risposta di IgE, data la loro breve durata. Più verosimile appare una lesione della mucosa secondaria ad ipersensibilità mediata da complessi immuni fissanti il complemento, come può succedere in caso di allergia al latte di mucca, di enteropatia da glutine ed in alcuni casi di deficit selettivo di IgA. Malattie immunoproliferative del tenue. I linfomi intestinali sono prevalenti nel Medio Oriente e nel bacino Mediterraneo e sono causa di malassorbimento. Essi rappresentano la trasformazione maligna del sistema delle IgA secretorie (malattia delle catene alfa) a livello della mucosa intestinale. I sintomi principali sono rappresentati da diarree con steatorrea, dolori addominali generalizzati a tipo colica e calo ponderale. I segni fisici sono deperimento, dita a bacchetta di tamburo, edema e nei casi avanzati masse addominali palpabili. Il malassorbimento è dimostrato dalle prove di funzionalità intestinale, mentre un reperto biochimico tipico è l’aumento notevole dei livelli plasmatici di fosfatasi alcalina, a causa della presenza del suo isoenzima intestinale. In condizioni normali, la mucosa intestinale presenta un quadro di "infiammazione cronica fisiologica" legata alla costante azione di "drive" antigenico della flora microbica che costituisce il contenuto luminale e alla risposta del sistema immunitario della parete intestinale che è, tuttavia, proporzionato allo stimolo. La perdita di tale equilibrio costituisce la base fisiopatologica delle Malattie infiammatorie croniche dell'intestino. Le teorie eziologiche oggi più accreditate sono la presenza di infezione intestinale persistente, un difetto di permeabilità dell'epitelio mucosale ed un'alterata risposta immunitaria verso antigeni ubiquitari. Rimane quindi da stabilire se l'infiammazione cronica ricorrente sia il risultato di una adeguata risposta ad uno stimolo anormale persistente o se, invece, rappresenti una risposta prolungata ed abnormemente aggressiva ad uno stimolo normale.

In entrambi i casi, comunque, i componenti della microflora intestinale rappresentano un drive antigenico persistente in grado di indurre la flogosi intestinale. Un altro importante fattore è la predisposizione genetica di questi pazienti a sviluppare MICI. Vi sono diverse evidenze scientifiche a favore di un possibile ruolo di fattori genetici nell'insorgenza delle MICI. Sono in corso molti studi che cercano di individuare i geni rilevanti nella patogenesi delle MICI. Un primo gruppo di geni potenzialmente implicati in questo modo è quello codificante le citochine. Le citochine hanno un ruolo chiave nell'iniziare e modulare la risposta immunitaria che nelle MICI sembra essere eccessiva e rivolta contro la microflora endoluminale. Un secondo gruppo di geni studiati è quello codificante i cosiddetti ‘pattern recognition receptors' (PRRs), molecole importanti nel riconoscimento di prodotti microbici. Queste molecole sono espresse da cellule immunitarie e funzionano come recettori in grado di riconoscere frazioni proteiche di microrganismi ben conservate nella scala evolutiva. Ne sono un esempio la famiglia recettoriale Toll-like (TLR) e NOD2/CARD15. POUCHITE L'etiologia della pouchite è sconosciuta ma la sovracrescita batterica e lo sbilanciamento nella composizione batterica endoluminale hanno un ruolo chiave. Il possibile ruolo dei batteri nella patogenesi della pouchite è dimostrato dalla risposta ai probiotici. Non è chiaro perchè solo alcuni pazienti(30%) sviluppano la pouchite. Un fattore importante potrebbe essere la predisposizione genetica. I Toll like receptors sono importanti nel riconoscere gli antigeni esterni.Il gene NOD2 sembra rilevante nella risposta ai polisaccaridi batterici. Pertanto un pattern genetico potrebbe condizionare la risposta. Il sistema immunitario intestinale e il malassorbimento nell’Autismo Alterazioni del sistema immune intestinale possono interferire con il processo di assorbimento, determinando particolari sindromi cliniche che interessano il piccolo intestino. Nel 1995 Lucarelli S ed altri, hanno posto delle strette correlazioni tra intolleranze alimentari e autismo, in particolare, segnalando il ruolo dei peptidi alimentari nella produzione di effetti tossici a livello del SNC che interagissero con i neurotrasmettitori, evidenziavano l’intolleranza al latte vaccino presente in 36 pazienti autistici; osservavano un miglioramento dei sintomi dopo circa due mesi dalla sospensione dalla dieta del latte vaccino, con un incremento delle IgA per caseina, latto-albumina e beta-lattoglobulina, nonchè IgG e IgM per caseina. Nella AS sono presenti frequentemente disordini gastrointestinali, correlati essenzialmente al malassorbimento, al quale si associa nel 70% dei casi una patologia da reflusso gastro-esofageo. Nella nostra esperienza il reflusso gastro-esofageo era correlato soprattutto a gastropatie da intolleranze alimentari (latte e glutine). Nel novembre 1999, osservazioni analoghe sono state riportate da Horvath K ed altri: essi dimostrano la presenza, in pazienti autistici di disordini gastrointestinali, specialmente esofagite da reflusso, e malassorbimento di disaccaridi. Gli autori osservano anche un incremento di secrezione bilio-pancreatica che depone per un interessamento dei recettori della secretina del fegato e del pancreas. E’ importante documentare ulteriori condizioni di malassorbimento che favoriscono l’accumulo di amine tossiche a livello del SNC, in particolare negli Astrociti: Ruolo dei peptidi derivati da proteine alimentari nelle patologie del sistema nervoso centrale Attualmente le azioni del glutine e della caseina assumono un ruolo importantissimo nella genesi di numerose patologie del sistema nervoso centrale, quali l’autismo, il ritardo neuromotorio , la schizofrenia e le epilessie farmacoresistenti. I primi studi risalgono al 1980 con Dohan il quale osservò una correlazione tra l’assunzione di glutine e l’incidenza della schizofrenia di 0.96, dimostrando l’assenza di schizofrenia nelle popolazioni dove, per motivi culturali, non sussisteva una alimentazione ricca di glutine, se non addirittura del tutto priva. Già nel 1981 Reichelet osservava l’incremento nei soggetti autistici e schizofrenici di peptidi nelle urine; nel 1986 dallo stesso fu osservata l’iperpeptiduria, come l’incremento della casomorfina bovina 1-8 fu rilevata nelle urine di bambini autistici, dimostrando come l’iperpeptidemia si accompagnasse ad una iperpeptinuria. Tali osservazioni hanno permesso di stabilire il ruolo svolto dal glutine e dalla caseina, sotto forma di glutomorfina e casomorfina sul sistema nervoso centrale con l’inibizione della normale maturazione neuronale. Da tali studi si evince che autismo e schizofrenia sono sindromi causate da enzimi differenti, in pazienti differenti, che presentano la stessa bioattività, infatti recentemente è stata osservata una struttura molecolare simile tra gli stessi enzimi. Poichè la peptiduria è determinata da un difetto del metabolismo peptidico, è ragionevole sospettare che differenti peptidasi possano agire in soggetti con aplotipi diversi. Poichè le peptidasi sono regolate e spesso inibite da attività ormonali, quali il testosterone e il cortisone, la correlazione tra insorgenza di queste patologie e la pubertà potrebbe essere strettamente correlata. L’accumulo di oppioidi inibirebbe la normale maturazione del SNC e questo determinerebbe una progressiva disfunzione. A conferma di questa ipotesi subentra l’azione della casomorfina quale mediatore dello stato drammatico della psicosi post- partum; per tale motivo si ipotizza che gli oppioidi siano alla base di patologie quali la schizofrenia e la AS. Poichè gli oppioidi possono entrare nel liquor cefalorachidiano l’inibizione della maturazione del SNC può essere dipendente dalla loro azione . Dagli studi di Paul Shattock si evidenzia che tali catene brevi di aminoacidi sono riconosciute come “ peptidi oppioidi” e fra le funzioni ritroviamo: - riduzione della sensibilità al dolore, in particolare nel corso di stress; - alterazione del pattern EEG, potenziali parossistici; - modificazione dei patterns di sonno, in particolare durante lo stress; - effetti sulla memoria e sull’apprendimento; - diminuzione della socializzazione; - modificazione dell’assunzione di cibi e liquidi; - coinvolgimento del comportamento stereotipato; - stispsi e rallentamento della peristalsi; - regolazione della temperatura corporea; - effetti sul sistema immunitario. Sintomatologia Feci mucosanguinolente Diarrea sanguinolenta Stipsi Algie addominali Calo ponderale Febbre Anoressia Tenesmo rettale Arresto della crescita Vomito Ragadi anali Patologie associate alla diagnosi Allergie Intolleranze alimentari Artrite Psoriasi Lesioni orali Colonscopia con biopsia: 280 pazienti RCU: 245 pazienti Morbo di Crohn: 35 pazienti Quadro clinico alla prima osservazione Lievi(45 casi): alternanza di stipsi e diarrea lieve con saltuaria presenza nelle feci di modeste quantità di sangue Moderate(39 casi): presenza costante di diarrea accompagnata da sanguinamento, febbre, aumento della VES, leucocitosi, ipoalbuminemia Severe(46 casi): scariche diarroiche sanguinolente molto frequenti, presenza di pus, riduzione marcata dell’elettrolitemia, ipoalbuminemia e alcalosi mettabolica Intrattabili (20 casi): mancata remissione clinica e istologica anche durante il trattamento farmacologico (approccio chirurgico) In remissione(130 casi): dopo trattamento farmacologico con miglioramento del quadro clinico, endoscopico ed istologico. Terapia farmacologica allopatica Sulfasalazina (50-70 mg/kg/die) Corticosteroidi rettali (forme lievi) Prednisolone(1-2 mg/Kg/die) Azatioprina(2 mg/Kg/die)(forme severe) Sulfasalazina, Prednisolone(fase di remissione) Terapia nutrizionale Alvo libero con feci morbide Terapia farmacologica e complementare Mesalazina priva di lattosio (1-2 gr.die) Cloruro di magnesio 360 mg Zinco 6.0 mg. Fermenti lattici vivi (milk free): Fermenti lattici Lactobacillus acidophilus 6.000.000.000, Bifidobacteria (infantis,longum,brevis) 3.000.000.000, Lactobacillus casei 12.000.000.000, Streptococcus thermophilus 12.000.000.000, Lactobacillus rhamnosus 6.000.000.000, Lactobacillus bulgaricus 3.000.000.000, Bacillus subtilis 3.000.000.000. Vit B1:0.7 mg. Vit B2: 0.8 mg. Vit. B6:1.0 mg. Vit. PP: 9.0 mg. Potassio: 60 mg. L-Arginina: 1700 mg Coenzima Q-10: 16 mg Biotina: 0.15 mg. Selenio: 25 mcg Omega 3 – Omega 6. • O.E. Melaleuca alterifolia adsorbita su Perossido di magnesio 50 gr e Ossido di magnesio 50 gr. • Acido Rodizonico Richinoyl 6DH, Glyoxal 6DH, Metilglyoxal 6DH, N,N Dimetilglycina 4DH. Fiale bevibili • Polichetone 6DH, N,N Dimetilglicina 4DH. Fiale bevibili . MM1-RNA/ISM/P.HLA-DR/IL-2/PAA/DNA/IL-5/P.HLA-B/IGD/TNF alfa 3,5,7,15,17,23,30,CH MM2- DNA/RNA/Prostaglandine E.2/PAA/P.HLA-DR/P.HLA.B/5CH Fitocomplessi: Bardana E.S.40 mg, Betulla E.S.50 mg, Equiseto E.S. 45 mg, Cardo mariano E.S. 45 mg, Tarassaco E.S. 50 mg Terapia chirurgica Dei 280 casi 20 sono stati sottoposti a intervento chirurgico: Colectomia totale ed anastomosi ileo-anale diretta con endorectal pull throught secondo Romualdi – Soave e variante di Lester Martin: 4 casi Ileostomia temporanea: 16 casi Discussione Il drenaggio nella “filosofia terapeutica” “attivazione di tessuti ed organi ad attività emuntoriale Invece per “detossificazione” si intende il processo volto alla neutralizzazione ed eliminazione dai tessuti di tossine specifiche per l’escrezione aspecifica di L. bulgaricusfattori tossici”. Terapia con Elevate Concentrazioni Batteriche Streptococcus thermophilus e L. acidophilus: attivazione NK, INF g: attivazione GALT, interazione con candida; attivazione di INF g, B linfociti e L. casei: protezione effettoNK, Th1, inibizione Th2, IL 4, IL 5, IL 6. tossico delle amine. Produzione di INF g Il ruolo dei neuropeptidi intestinali e la modulazione della risposta immune La risposta immune è regolata da numerosi meccanismi interagenti che possono classificarsi in tre categorie responsabili di (A) una regolazione antigene specifico mediante: A – 1) le sottopopolazioni T soppressori/ T induttori che hanno effetto tollerogeno; A – 2) le citochine liberate dalle cellule immunitarie ( gamma interferone, interleuchina 2, fattore di inibizione dei macrofagi); A – 3) gli anticorpi contro gli antigeni estranei e contro gli idiotipi di altre molecole anticorpali; (B) fattori con attività immunoregolatrice indipendentemente da uno specifico antigene: B- 1) componenti del siero ( alfa globuline, lipoproteine e prodotti di derivazione tumorale), B- 2) corticosteroidi; B- 3) radiazioni; C- risposta immune regolata a livello delle mucose (tratto gastrointestinale, albero bronchiale, sistema genito-urinario) con la secrezione di peptidi ( PEPTIDE INTESTINALE VASOATTIVO VIP, SOSTANZA P, SOMATOSTATINA) mediante la stimolazione delle terminazioni nervose di senso . Le mucose sono idonee per la secrezione di peptidi a causa della stretta prossimità ad esse dei linfociti della lamina propria che rispondono rapidamente alle sostanze secrete localmente e per la necessità di un meccanismo regolatore che può essere attivato da particolari stimolazioni biologiche, quali agenti infettivi . Il meccanismo neuropeptidico, deputato alla regolazione delle risposte immuni locali, consente di aumentare la gamma degli eventi induttori e di determinare la possibilità di far evocare una risposta immune in un’area più ampia in seguito ad uno stimolo localizzato. Questo deriva dal fatto che la secrezione di peptidi può seguire la distribuzione dei nervi in un tratto di mucosa o anche dell’intero tessuto. Il meccanismo neuropeptidico presenta il vantaggio di modulare finemente la risposta immune influenzando la migrazione linfocitaria, la sintesi delle immunoglobuline e il rilascio dei mediatori a seconda dei peptidi che vengono secreti selettivamente. PEPTIDE INTESTINALE VASOATTIVO VIP Sono stati dimostrati siti di legame specifici sulle cellule mononucleate (nel topo sono state trovate cellule T leganti VIP nei linfonodi mesenterici, nella milza, placche di Peyer). Dopo 3-5 giorni di digiuno aumenta il legame del VIP alle cellule mononucleate del sangue di ratto per un aumento dell’affinità di entrambe le classi di siti di legame. SOSTANZA P Si lega ad un recettore-specifico, a linfociti T e B di topo ottenuti dalle placche di Peyer e dalla milza, ed alle principali sottopopolazioni di T linfociti (CD4,CD8). La sostanza P si lega alle cellule B indipendentemente dall’isotipo delle immunoglobuline presenti sulla loro superficie (IgG, IgA,IgM). SOMATOSTATINA Sono stati trovati recettori specifici su circa una metà dei linfociti T e B delle placche di Peyer e della milza. NEUROPEPTIDI E FUNZIONE LINFOCITARIA 1) RISPOSTA PROLIFERATIVA AI MITOGENI mediante le lectine quali PHA (fitoemoagglutinina), ConA( concanavalina A). Queste lectine rappresentano un potente stimolo policlonale per la proliferazione dei linfociti. 2) MIGRAZIONE DEI T LINFOCITI. 3) SINTESI DELLE IMMUNOGLOBULINE. I NEUROPEPTIDI RILASCIATI DALLE TERMINAZIONI DEI NERVI SENSITIVI MODULANO LA FUNZIONE DEI LINFOCITI RESIDENTI NELLE MUCOSE. Questo può valere almeno per tre neuropeptidi presenti nell’intestino in concentrazione elevata : VIP (peptide intestinale vasoattivo), Sostanza P, Somatostatina. Interazioni tra peptidi e monoamine nel sistema nervoso centrale I fattori coinvolti nella trasmissione nervosa sono diventati sempre più numerosi. I neurotrasmettitori classici comprendono le seguenti sostanze : 1) acetilcolina, 2) glutamato, 3) aspartato, 4) GABA ( acido gamma-aminobutirrico), 5) taurina, 6) glicina, 7) monoamine : a) noradrenalina, b)serotonina, c)istamina, d) dopamina. I nuovi arrivati nella trasmissione centrale sono i peptidi; questi sono rappresentati da brevi catene di aminoacidi ( tra 3 e 40) che vengono sintetizzate e rilasciate dai neuroni come avviene per gli altri neurotrasmettitori. Molti di questi peptidi, come precedentemente abbiamo descritto, erano già noti come ormoni attivi nel sistema endocrino o come fattori di rilasciamento ipotalamici. Numerosi sono i peptidi che, di anno in anno, vengono classificati e identificati nel SNC: 1) CCK ( colecistochinina), 2) SS ( somatostatina), 3) VIP ( peptide intestinale vasoattivo), 4) neurotensina, 5) sostanza P, 6) vasopressina, 7) encefaline, 8) neuropeptide Y. E’ frequente la domanda se questi peptidi interagiscano con altri neurotrasmettitori in maniera coordinata. Possono agire in un sinergismo o con interazioni inibitorie o modulatorie; infatti a livello di un terminale presinaptico il rilascio di un neurotrasmettitore può essere regolato da quello di un altro . Due o più neurotrasmettitori possono coesistere nella stessa terminazione nervosa. Tale osservazione implica che molecole co-rilasciate dalle stesse terminazioni possano interagire a livello di siti pre- sinaptici o post-sinaptici in modo da modulare l’informazione in una determinata via neuronale.

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