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TARTESSO, Riprendiamoci la sua storia

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Barbanera3
view post Posted on 22/10/2005, 23:59 by: Barbanera3




La Stele di Nora

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Stele di Nora
Stele di Nora

Si tratta della famosa Stele di Nora,il più antico documento scritto mai ritrovato in Sardegna.L'alfabeto è quello dei Fenici.La sua datazione oscilla fra l'830 e il VII secolo a.C.

CITAZIONE
La stele di Nora è un blocco in pietra arenaria recante un'iscrizione ritenuta per la maggior parte degli studiosi in alfabeto fenicio. Fu rinvenuta nel 1773 in un muretto a secco vicino alla chiesa di sant'Efisio a Pula, un centro urbano situato nella Sardegna meridionale che trae origine dall'antica città di Nora, una delle prime città sardo-fenicie. Visibile al Museo archeologico di Cagliari [...] La sua datazione oscilla tra i secoli IX e VII a.C. Il documento epigrafico è stato pubblicato all'interno del Corpus Inscriptionum Semiticarum sotto il numero CIS I, 144, e gli studiosi ritengono che si tratti della parte minore (ed unica parte sopravvissuta) di un'iscrizione molto più lunga, distribuita su più pietre. Gli studiosi moderni sono divisi sulla lettura epigrafica del testo e la sua traduzione. Ad ogni modo è possibile dividere le varie opinioni in due blocchi in base al significato dato al documento. Da un lato ci sarebbero coloro che ritengono si tratti di una commemorazione di una spedizione, dall'altro coloro che invece pensano al culto celebrativo di una divinità.

In uno studio del 1991, Shea propone la seguente trascrizione e traduzione:

Trascrizione II Traduzione

1 BTRSS II a Tarshish,
2 WGRSH II e egli scacciò
3 BSRDNS II in Sardegna.
4 LMH'SL II Lui è al sicuro.
5 MSB'M II Le sue truppe sono al sicuro.
6 LKTNBN II Milkaton, figlio
7 SBNNGD II di Shubon il precedente
8 LPNY II comandante.

Lo studioso ritiene che la stele testimoni le attività militari di "Milkaton" a "Tarshish" e in Sardegna. Riguardo l'ubicazione di Tarshish, egli ritiene che si possa trattare di una località della Spagna; si starebbe pertanto parlando di una fallita (o parzialmente fallita) penetrazione in Spagna e quindi del necessario ritorno in una base meno occidentale (appunto la Sardegna). Il comandante inoltre con il verbo SLM (tradotto per la prima volta da Zuckerman come "salvo/al sicuro") intenderebbe che la spedizione in Spagna non avrebbe del tutto compromesso la possibilità di un'ulteriore azione.

Fortemente contrari ad ogni identificazione tra Tarshish e l'iberica Tartesso si sono schierati Tackholm e Blazquez mentre più possibilista si è mostrato Wagner. In fine Antonelli sul problema si esprime così:

" [...] Le testimonianze su Tarshish, al di là di ogni moderno tentativo di identificazione puntuale, sembrano contenere un'allusione generica: quella con cui il mondo semita faceva riferimento alle estreme regioni occidentali, meta dei primi traffici commerciali fenici".
(L. Antonelli, I Greci oltre Gibilterra, Roma, 1997, p. 21)

F. M. Cross, dell'Università di Harvard, ritiene che non si parli di Tartessos, in Andalusia, ma di Tarsis in Sardegna. Inoltre ritiene che Milkaton sarebbe un comandante di Pumayaton di Tiro (831-785 a.C.), conosciuto presso i Greci come Pigmalione. Le sue traduzioni (con integrazioni) è la seguente:

1. [a. Lui combattè (?)]
2. [b. con le popolazioni sarde (?)]
3. a Tarshish
4. ed egli gli scacciò.
5. Tra le popolazioni sarde
6. lui è [adesso] in pace,
7. (e) il suo esercito è in pace:
8. Milkaton figlio di
9. Shubna (Shebna), generale
10. del (re) Pummay.

Secondo Cross questa iscrizione documenterebbe la colonizzazione fenicia della parte meridionale dell'isola.

Secondo Gmirkin invece, l'iscrizione testimonierebbe il periodo in cui i Fenici venivano sconfitti e in parte costretti ad emigrare verso occidente dall'avanzata assira. In questo senso Tarshish non si riferirebbe ad una località spagnola o sarda ma a Tarso in Cilicia. Si tratterebbe pertanto della testimonianza della fuga di profughi approdati in Sardegna nella disperata ricerca di salvezza e pace. Concorda con questa interpretazione anche Delgado Hervas.

Ridgway ritiene che Tarsis non si riferisca nè a Tarso in Cilicia, nè a Tartesso in Spagna, ma indicherebbe una località mineraria in Sardegna. In questa prospettiva l'iscrizione testimonierebbe la vittoria di un generale fenicio contro delle popolazioni locali per il controllo delle miniere della zona.

Anche Markoe, Dyson e Rowland ritengono che la scritta testimoni una vittoria dei Fenici contro i Sardi.

Lipinsky non è convinto dall'ipotesi nè che la stele sia un decreto pubblico, come ipotizzano alcuni studiosi, nè che essa sia un'iscrizione commemorativa per un generale fenicio; al contrario, ritiene si tratti di una dedica al dio Pummay da parte di un alto ufficiale fenicio.

Semerano avanza un'altra interpretazione del testo:

" ET RS S NGR S EA B SRDN SLM ET SM SBT MLK T NB NS BN NGR LPN J"
"Accanto al sacello, quello che l'ambasciatore di Ea in Sardegna ha edificato: questa memoria esprime il voto che il re per iscritto espone: elevi la costruzione l'ambasciatore davanti all'isola".

Maria Eugenia Aubet e José Luis Maya Gonzàlez ritengono che sia un'iscrizione commemorativa per la costruzione di un tempio dedicato al dio PMY.

[...] Secondo Albright la stele si riferirebbe invece proprio e unicamente a Nora.

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CITAZIONE
E' in ogni caso difficile - rispondo a un quesito specifico del professore Asheri - ricostruire un'ideologia fenicia dei rapporti metropoli/colonie. Sono ancora le fonti classiche a informarci della continuità delle relazioni tra Cartagine e Tiro fino all'epoca di Alessandro Magno, ma tali notizie (relative alle decime cartaginesi al dio tirio) non sono sufficienti a delineare un quadro attendibile in proposito. Va anche rilevato che sono quasi del tutto assenti documenti fenici che valgano a illuminarci sull'argomento. L'unico utilizzabile, non senza qualche riserva, è la famosa stele iscritta di Nora, dell'VIII-VII secolo a.C., che nell'interpretazione di A. Dupont Sommer recherebbe la menzione di "Tiro madre di Kition e Larnaka". Si avrebbe in tal caso una documentazione preziosa sull'esistenza di rapporti intesi come "filiali" tra madrepatria e colonie, ma occorre dire che la lettura del passo è assai controversa.

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Una sorprendente interpretazione delle stele di Nora:
sardegna-stele-di-nora
"Il bordo inferiore della mappa coincide con la costa sarda meridionale".
www.cairomontenotte.com/abramo/sardegna.html

CITAZIONE
Le prime frequentazioni del luogo dove sorge Nora risalgono probabilmente all'epoca nuragica,anche se su questo periodo le informazioni sono molto scarse.

Secondo la tradizione letteraria Nora è la città più antica fondata in Sardegna,e ciò parrebbe confermato anche dalla stele fenicie trovate in loco.

La colonizzazione fenicia a partire dall'VIII secolo circa,fa di Nora un importante centro commerciale dotato di tre porti,oggi non più visibili.

Relativamente a questo periodo importanti informazioni provengono dalle indagini archeologiche ancora in corso,con la scoperta di un complesso sacro nella zona di Coltellazzo (sotto la torre spagnola),e di un quartiere abitativo di età punica al di sotto del foro romano.

Successivamente,in età punica,Nora accresce ulteriormente la sua importanza raggiungendo un alto grado di prosperità e divenendo sicuramente una delle più importanti città della costa meridionale sarda [...]

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"La città di Nora",scrive lo studioso Carlo Tronchetti,"si trova collocata su un promontorio (Capo di Pula) [...] La situazione attuale del promontorio non rispecchia fedelmente quella antica. Il luogo comune della "Nora sommersa" si basa,infatti,sul reale arretramento della linea costiera,in talune parti abbastanza sensibile,anche se non in modo tale da giustificare le fantasie locali sulla città giacente sul fondo marino. L'esame delle fotografie aeree,condotta dal Prof. Schmidt,ha permesso di ricostruire,nella cala di libeccio,un arretramento della costa di meno di m 90,e di identificare una serie di strutture portuali (moli) che si protendono nel mare [...] L'esplorazione subacquea non ha recato importanti contributi a questa indagine,se si eccettua l'identificazione di resti di una cinta muraria di epoca punica all'altezza della "Casa della Guardiania",in quanto,nella cala di libeccio,il Rio Arrieras-Tintioni ha provocato,con i suoi sedimenti,il rialzo del fondale marino [...] Non sappiamo con sicurezza dove sia sorto il primo insediamento di Nora [...] Pare quindi di poter affermare che l'estensione della città punica fosse sensibilmente più ristretta di quella romana [...] Con ogni verosimiglianza il luogo era abitato da genti nuragiche [...] Di queste tracce nuragiche non conosciamo [...] la cronologia e pertanto non sappiamo se fossero vitali al momento dell'arrivo dei Fenici,ovvero se questi abbiano trovato il luogo ormai abbandonato. Sulla fondazione fenicia siamo più documentati [...] I risultati di recenti scavi (anni 1995-1999) hanno finalmente portato alla luce i primi resti dell'insediamento fenicio di Nora".
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La traduzione della stele è oggetto di controversie.Vi comparirebbero alcune parole fenicie corrispondenti a "Sardegna" e "Tartesso" (Tarshish?).
Certo,non si tratta di una prova decisiva ... sono indizi interessanti ... però ...
La Sardegna un tempo era ricchissima dal punto di vista minerario (argento,piombo,rame e via dicendo).
I nomi di certe località sarde,com'è già stato fatto notare nei primi post,sembrano ricordare la parola Tartesso:per esempio Tharros.
Se questa ipotesi fosse giusta,bisognerebbe però ammettere per forza di cose che ai tempi di Erodoto le colonne d'Ercole,oltre le quali secondo lo storico greco era situata Tartesso,non fossero situate a Gibilterra,ma nel canale di Sicilia.

"I Sami, appreso da Corobio per filo e per segno l'accaduto [...]",scrive Erodoto,"salparono dall'isola decisi a raggiungere l'Egitto, ma venivano portati fuori rotta dal vento di Levante. E siccome il vento non calava, finirono per attraversare le Colonne d'Eracle e giungere a Tartesso, con la scorta di un dio".

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Erodoto non afferma in modo esplicito che Tartesso fosse situata in Spagna.

"Questi Focei furono i primi Greci a compiere lunghe navigazioni: furono loro a scoprire l'Adriatico, la Tirrenia, l'Iberia e la regione di Tartesso: non navigavano con grandi navi da carico ma con delle penteconteri".

Tharros

CITAZIONE
La penisola del Sinis era abitata già da epoca più antica,come dimostrano i resti nuragici nella zona dell'abitato di S. Giovanni,della collina di Su Muru Mannu e il nuraghe Baboe Cabitza nella piana di Capo S. Marco.

I resti urbani si dispongono di fronte al Golfo di Oristano,delimitati a nord dalla collina di "Su muru mannu",ad ovest da quella della torre di San Giovanni,a sud dell'istmo che porta al promontorio di Capo S. Marco.

I grammatici antichi hanno spesso posto l'accento sulla pluralità del nome Tharros (Pseudo Probo e Marco Plozio Sacerdote:Tharros nomen est numeri semper plurali).Questo particolare sarebbe da ricollegare alla duplicità delle aree cimiteriali:due necropoli a incinerazione di epoca fenicia (San Giovanni di Sinis e Capo San Marco).

I Fenici si stabilirono a Tharros nell'VIII sec. a.C.,su territori già frequentati dai Protosardi.Sono state formulate varie ipotesi sull'ubicazione dell'abitato arcaico,tra le quali quella di Barreca che propose come primo insediamento fenicio il pianoro di Capo San Marco.

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"Una Stele di Nora in caratteri fenici arcaici (Corpus Inscriptionum Semiticarum,I,44)",scrive Massimo Pallottino,"ha dato luogo a vivaci discussioni circa la lettura ed il contenuto del testo e circa la datazione del monumento, che oscilla fra il IX ed il VII secolo a.C. (ma sembra sia da avvicinarsi piuttosto al termine finale che all'iniziale); essa comunque contiene assai probabilmente la più antica menzione che noi possediamo del nome dell'isola, nell'espressione B-SRDN "IN SARDEGNA", mentre assai più dubbia deve ritenersi la supposta menzione di TARTESSO (B-TRSS) o di una località sarda dello stesso nome (si è pensato,seppure con incerto fondamento,alla stessa città di Nora)".
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Stando alle antiche testimonianze, Tartesso è il nome di un fiume, di una città e di un territorio.
Omero ed Esiodo non parlano mai di Tartesso.
Strabone (I secolo a.C. - II secolo d.C.) pensava che Omero identificasse il Tartaro, l'oltretomba, con Tartesso.
Un commentatore bizantino arrivò a collocare l'Averno a Tartesso.
La biblica Tarsis è identificabile con Tartesso? Non vi sono certezze.
Alcuni scrittori greci e romani credevano che Tartesso, ormai scomparsa, fosse la città spagnola di Carteia, nei pressi di Gibilterra.
Certi autori latini scrissero che probabilmente Tartesso fu distrutta dai Cartaginesi.
Gli archeologi cercano Tartesso da oltre un secolo nella valle del Guadalquivir, soprattutto nei pressi della foce.
Di fronte al fallimento di queste ricerche, diversi studiosi hanno ipotizzato che Tartesso fosse soltanto il nome di una regione e dal fiume omonimo che l'attraversava; in quell'area forse esistevano tanti piccoli villaggi che ubbidivano a un unico re.
Sergio Frau, in seguito ai suoi studi sulla posizione delle Colonne d'Ercole, ha sostenuto che Nora, in Sardegna, è la leggendaria Tartesso.
Lo storico Santo Mazzarino ha proposto la discussa equivalenza fra Tarsis e Tartesso.

"Se ci si attiene ai testi antichi, è indubbiamente l'argento il metallo più cantato, per esempio da Stesicoro, poeta di Imera del VI secolo, che ricorda "le radici argentee del fiume Tartesso" (Strabone, Geografia, 3.2.11).
Due autori greci - lo Pseudo Aristotele nel trattato Storie meravigliose, 135, e Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, 5.3 5.4-5 - riferiscono che l'argento era talmente abbondante che, "quando le loro navi ne erano già cariche, i Fenici tagliarono il piombo delle loro ancore e lo sostituirono con l'argento che vi si trovava ancora in abbondanza".
Tartesso era ricca pure di piombo, ferro, stagno; almeno se questa Tartesso è la Tarsis della Bibbia (Ezechiele, 27.12).
Solo lo Pseudo Scimmio (Periplo, 165) menziona l'oro e il rame.
Lo stagno arriverebbe a Tartesso dalla Celtica, secondo Rufio Festo Avino (Ora Marittima, 296-98) e lo Pseudo-Scimmio (Periplo, 165), ma Pausania (Descrizione della Grecia, 6.19.2-4) non garantisce affatto che i reliquiari del tesoro eretto nel 648 a Olimpia da Mirone, tiranno di Sicione, siano in bronzo di Tartesso, come affermavano gli Eleati".


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CITAZIONE
Colaio di Samo sarebbe stato il primo greco a superare le Colonne d'Ercole (Herod. IV,154) circa nel 660 a.C.,andando oltre Gades (Cadice) e arrivando alla regione di Tartesso,cioè alle foci del fiume Baetis (od.Guadalquivir).

Siamo poco informati delle navigazioni ed esplorazioni dei Fenici:verso il 600 a.C. un Faraone dispose la circumnavigazione del continente africano (Herod.,IV,42) partendo dal Mar Rosso in direzione Sud e doppiando il Capo di Buona Speranza per poi ritonare nell'Atlantico (all'andata i naviganti vedevano il sole tramontare dalla banda dritta,dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza,lo vedevano tramontare da babordo).

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Il geografo greco Strabone assimila i Tudertani con i Tartessiani:"I Tudertani sono i più civilizzati fra gli Iberici. Conoscono la scrittura e possiedono libri antichi, ed anche poemi e leggi in versi che essi considerano antichi di settemila anni".
Dov'era Tartesso?
Qualcuno la identifica con i presunti ritrovamenti presso Cadice (Marisma de Hinojos):

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"Secondo Erodoto", scrive Conrad Malte-Brun, "gl'Iberi erano divisi in sei tribù: Cineti, Cleti, Tartessi o Tudertani, Eleusinii, Martinii e Celeiani. Parlando Strabone (lib. V, cap.2) de' Tudertani dice, che presso d'essi la civiltà era molto inoltrata; ch'essi si applicavano alle belle lettere, che possedevano de' poemi e de' libri di storia antichissimi, e leggi, le quali pretendevano essere state scritte in versi sei mill'anni innanzi" (Geografia universale o descrizione di tutte le parti del mondo, Conrad Malte-Brun, 1830).

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"Ma dobbiamo a Strabone", scrivono C.C. Fauriel e Girolamo Ardizzone, "le notizie più interessanti che l'antichità ci abbia trasmesso sulle lingue, e più generalmente sulla cultura letteraria degli antichi Spagnuoli. Parlando dei Turduli e dei Turditani, due popoli della estremità meridionale della penisola; Strabone gli rappresenta come i più istruiti degli Spagnuoli. "Essi hanno, egi dice, una letteratura e monumenti dei loro antichi tempi: hanno racconti scritti, poemi e leggi in versi che, secondo assicurano, hanno seimila anni di antichità". Di là Strabone passando agli Spagnuoli, riferisce:"che han pure una letteratura, ma non tutti la stessa, non avendo la stessa lingua" (Dante e le origini della lingua e della letteratura italiana, C. C. Fauriel, Girolamo Ardizzone, 1856).

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"Quale è quello che parlarono le popolazioni aborigeni [in Spagna, prima di latinizzarsi]? [...] I Turditani", scrive Pietro Giuria, "che erano riputati i più dotti dell'Iberia, possedevano opere scritte in versi, e si vantavano d'avere annali che risalivano a sei mila anni. Che rimase di questa lingua dei Turditani? Brevi iscrizioni in caratteri illeggibili, scoperte sopra antiche rovine, sopra qualche medaglia, porsero argomento a molte dissertazioni; si vollero interpretarle, e si crede d'esservi riusciti. Tuttavia si ha la certezza di aver indovinato il valore delle lettere che la compongono. L'opinione più generalmente ammessa si è, che la lingua basca, o escuaraz, è quella degli antichi abitatori [dell'Iberia]. Si crede che siasi conservata intatta da ogni miscuglio, ad onta delle vicende, cui la Penisola andò soggetta" (La Spagna, Pietro Giuria, 1850).

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Tartesso era famosa per il suo argento.
La Sardegna e la Spagna erano ricche di argento.

"La lavorazione dei minerali, e dunque il lavoro nelle miniere, risale in Sardegna a tempi remotissimi. Antichi mercanti e conquistatori presero a frequentare le coste dell'isola attirati dalle formidabili ricchezze del sottosuolo sardo. Testimonianza dell'antica lavorazione dei metalli sono anche i numerosi toponimi legati in qualche modo all'attività estrattiva: Argentiera, Montiferru, Funtana Raminosa, Capo Ferrato, solo per fare alcuni esempi [...] La Sardegna, dopo la Spagna e la Bretagna, costituiva la terza regione, fra i domini di Roma, per quantità di metalli prodotti [...] L'attività estrattiva dei Romani non si limitò solo al bacino dell'Iglesiente (dove peraltro, ancora oggi, esiste un rione chiamato Campo Romano, a ricordo degli antichi insediamenti estrattivi), infatti essi conobbero e sicuramente sfruttarono i ricchi giacimenti argentiferi del Sarrabus, alla cui importanza forse si riferiva il geografo Solino nello scrivere:"India ebore, argento Sardinia, Attica melle".

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I Greci la chiamavano la Sardegna "Agyrophleps nésos", "l'sola dalle vene d'argento".

"L'Argentiera è una frazione di Sassari ubicata nel nord-ovest della Sardegna [...] La località è una delle più suggestive della Sardegna per la particolare bellezza e varietà di paesaggio con montagne costituite da pietra argentata che lambiscono la costa. Fino agli anni sessanta era in funzione un impianto minerario per l'estrazione dell'argento con gran parte delle strutture in legno. L'attività estrattiva è cessata nel 1963. Attualmente tutti gli impianti e gran parte delle abitazioni costruite in un particolare stile con le pietre del luogo, sono in disuso e in stato di abbandono".

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Gennargentu significa "porte d'argento";probabilmente ciò deriva dal fatto che le montagne del massiccio sono costituite da rocce scistose,le quali sotto i raggi del sole brillano come l'argento.

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"Pertanto io penso che l'Ercole di Tiro sia quello appunto che si venera dai Spagnuoli in Tartesso, ove sono le colonne dette di Ercole: perchè fu Tartesso fondata dai Fenici, e con fenicio rito fecesi il tempio, ed ora si fan sacrificj all'Ercole in quel luogo (Arriano, 95-175 d.C.).

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"Fu da' Fenicj fondata la Colonia di Tartesso, che è lo stesso nome, che il Tarsis delle scritture".

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Edited by Barbanera3 - 4/2/2014, 02:19
 
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