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TARTESSO, Riprendiamoci la sua storia

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RAGNOUOMO
view post Posted on 12/11/2006, 03:06 by: RAGNOUOMO




Non so che pensare, sinceramente, visto che diversi e autorevoli ricercatori insistono col dire che Tartesso era spagnola.
Chi avrà regione,secondo voi? :unsure:
Dovrò fare un riassunto delle notizie che ho trovato in merito.

Da fonti classiche risulta che doveva sorgere probabilmente vicino alla foce del fiume Guadalquivir (all'epoca Bactis Flumen) ed essere culla di una civiltà piuttosto progredita, che intratteneva scambi commerciali con vari paesi del bacino del Mediterraneo, e forse anche più remoti (le Americhe?).

Pare inoltre che Tartesso avesse origini antichissime. Dagli anni '50 ad oggi sono stati ritrovati numerosi reperti attribuiti alla civilta' di Tartesso: monili e gioielli scoperti vicino Siviglia (antica Hispalis), vasi e anfore, ed infine la famosa "dama di Elche", un busto di 53 cm di altezza, raffigurante una donna con ricchi ornamenti, scoperto nei pressi di Elche (l'antica Ilici).

All'epoca romana di Tartesso non c'era piu' traccia, ma il golfo che attualmente prende il nome dalla citta' di Cadiz (Cadice,antica Gadira o Gades) si chiamava allora Tartessius Sinus (golfo di Tartesso).

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CITAZIONE
...Ritengo che abbastanza presto i Fenici abbiano frequentato l'Iberia per fini commerciali, occupando alcuni posti.
Per lo stesso scopo i Greci giunsero a Tartesso e presso il suo re Argantonio.
Alcuni si stabilirono in Iberia: il regno di Argantonio era infatti in Iberia.
Ritengo che Tartesso fosse allora la città posta sulla riva del mare chiamata ora Carpesso.

Ritengo, inoltre, che siano stati i Fenici a costruire il tempio di Eracle sullo stretto.
I rituali che vi si celebrano sono propri della religione fenicia e il dio è considerato dai suoi fedeli come Tirio, non Tebano.
Ma lascio questo argomento a chi ama le antichità.

[Appiano Alessandrino, Storia Romana,90/95 d.C.-163/165 d.C.]

Link: www.fenici.unibo.it

"Viriato [celebre condottiero lusitano che combattè vanamente per l'indipendenza della penisola iberica da Roma] gli nascose le insidie, e poi diè vista di ritirarle: appena però Vetilio ebbe oltrepassate le insidie, egli voltò faccia, ed altri uscirono di agguato, e tutti furon sopra ai Romani, uccidendo, imprigionando, dirupandoli. E fin lo stesso Vetilio cadde prigioniero: ma chi lo imprigionò, nol conoscendo e trovandolo vecchio e corpulento, diedelo a morte come vil cosa. Delle dieci migliaia romane le sei appena fuggirono in salvo a Carpesso, città di mare; la quale io credo nominata anticamente Tartesso dai Greci, e stata reggia di Argantonio, il quale dicono pervenuto all'età di cento cinquant'anni. Il questore di Vetilio dispose que' fuggitivi ancora tremanti su le mura di Carpesso. Quindi chiesti e ricevuti dai Belli e dai Titti cinque mila ausiliarj gli addirizzò contro di Viriato, il quale pur tutti li distrusse, non lasciatone almeno chi narrasse l'evento. Pertanto il questore teneasi a bada in quella città su la espettazione dei rinforzi da Roma" (Appiano Alessandrino).

http://books.google.it/books?id=latQAAAAcAAJ&dq=

Tartesso fa rima con Carpesso.

"Carteia [...] o Carpesso; porto meridionale della Spagna, vicino all'odierna El Rocadillo"
Link: www.romaeterna.org/vetrina/topon_c.html

CITAZIONE
Ritornando a Tartesso situata presso lo sbocco del fiume Beti, oggi Guadalquivir, noi troviamo presso Strabone lib. III, pag. 140, presso Pomponio Mela lib. 3, cap. I, ed Avieno la menzione di un lago in cui si getta il fiume prima di sboccar in mare, e ne sorte per mezzo di due rami.
Questo portava la denominazione di Lago Libistino ossia Libico, la quale per altro è ricordata dal solo Avieno.
Eccone le parole:"Insulam Tartessus amnis ex Libistino lacu per operta lapsus undique ab lapsu ligat".

Link: http://books.google.it/books?id=Az6KoGiUvk8C&dq=

CITAZIONE
Giuseppe, i Caldei, l'Arabo spiegano Tharsis (4) per Tarso città della Cilicia.
I Settanta, s. Girolamo, Teodoreto lo intendono di Cartagine.
La Volgata traduce Tharsis per Carthaginenses in Ezechiele cap. XXVII v. 12.
Il geografo arabo vuole che sia Tunisi; ed Eusebio crede che gli Spagnuoli sieno usciti da Tharsis.
Il Bochart segue qui Eusebio, e crede che Tharsis noti Tartesso isola e città dello stretto di Cadice, ove gli antichi assicurano che si faceva un grandissimo traffico.
Sforzasi il Bochart di provare che Tartesso era stata popolata da Fenici [...]
Il signor Le Clerc intende per Tharsis l'isola e la città di Tasso nel mare Egeo sulle coste della Tracia ed alla foce del fiume Nesso.
Plinio loda le miniere e il marmo di Tasso.
Erodoto parla vantaggiosamente delle sue ricchezze, delle sue miniere d'oro, delle sue forze marittime [...]
Il Grozio è d'avviso che tutto l'Oceano sia nomato Tharsis a motivo della famosa città di Tartesso situata sulle coste di Spagna bagnata dall'Oceano.
Il p. Sanchez vuole che il mare in generale sia appellato Tharsis, e che la scrittura chiami vascelli di Tharsis quelli che compongono le flotte di cui si fa uso nei viaggi di mare, per opposizione alle piccole navi ed ai battelli dei fiumi.
Per confermare la sua sentenza egli nota che i Settanta tradussero col nome di mare la parola Tharsis [...]
Si supposero adunque due Tharsis; l'uno nel Mediterraneo e l'altro nell'Oceano Indiano.
Si tradusse naves Tharsis per navi delle Indie, dell'Oceano, del mare, dell'Africa.
Ma noi crediamo che si possa concordar ciò che sembra sì opposto nella Scrittura, senza cercare due Tarsis, e senza porre Tharsis lungi dal Mediterraneo.
Noi ci sforzeremo di mostrare:1°. che Tharsis è la medesima che Tharso nella Cilicia; 2°. che le navi di Tharsis sono grandi navi, navi di lungo corso, una flotta tale quale la allestivano i Fenici per fare il viaggio di Tharso in Cilicia, per opposizione alle piccole barche, alle navicelle ecc.

Link: http://books.google.it/books?id=WXNMAAAAcAAJ&dq=

http://books.google.it/books?id=wwWuwKQR3PsC&pg=

CITAZIONE
Sidone e Tiro fondavano, forse dieci secoli prima dell'era cristiana, Tartesso, Utica e Cartagine (I); le quali a loro volta davano origine a Caliaris in Sardegna, a Timiaterio presso le colonne d'Ercole, e ad un gran numero d'altre città sulle coste dell'Africa, della Spagna e della Grecia.
Queste colonie punico-fenicie, figlie di conquiste e madri di commerci, dilatarono per tutto il Mediterraneo i traffici delle loro metropoli; e sotto questo aspetto fu vero il detto biblico, che le città fenicie distribuivano corone ai principi della terra.

(I) Tartesso era nome collettivo delle colonie Fenicie in Ispagna. V. Scherer, Storia del Commercio, I, Per. I, Cap. III [...]

Link: http://books.google.it/books?id=R2lCAAAAYAAJ&dq=

http://books.google.it/books?id=ZdudiI1bM1MC&dq=

CITAZIONE
Tartesso dicono essere un fiume nel paese degli Iberi entrante in mare per due foci; ed avere il medesimo nome anche una città piantata nel mezzo tra gli sbocchi del fiume, il più grande di quanti ne sono in Iberia, ed ha flusso e riflusso.
I posteri lo chiamarono Beti.
Altri poi vi sono che stimano esser ora chiamata Carpia (185) (una città degli Iberi) l'antichissimamente detta Tartesso.

[Pausania,Periegesi della Grecia,110 d.C.-180 d.C.]

http://books.google.it/books?id=gn8BAAAAQAAJ&dq=

"..Sembra che gli antichi chiamassero col nome Tartesso il fiume Baetis, e Gadeira, con tutte le sue isole limitrofe, Erytheia [...] avendo il fiume due fonti, si tramanda che in antico, nella terra mediana, esistesse una città che portava lo stesso nome del fiume, Tartesso, mentre la zona era chiamata Tartesside, occupata attualmente dai Turduli. Tuttavia Eratostene afferma che la terra contigua a Kalpe si chiamava Tartesside" (Strabone, 60 a.C.-23 d.C. circa).

Il fiume Baetis è il moderno Guadalquivir. "Cadice [...] Fondata con il nome originale di Gdr (Gadir,fortezza,con la stessa etimologia di Agadir in Marocco) su quello che in passato era un piccolo arcipelago ed ora una sola isola [...] Nell'antica Grecia era conosciuta come Gadeira e ai tempi dell'impero romano come Gades da cui deriva il gentilizio attuale di gaditano" (tratto da Wikipedia).

http://it.wikipedia.org/wiki/Guadalquivir
http://it.wikipedia.org/wiki/Cadice

"... Distante 25 miglia dall'imbocco dello stretto, si trova l'isola di Cadice [...] L'isola ospita una città con abitanti di cittadinanza romana, detti Augustani, dalla città di Iulia (Augusta) Gades. Dalla costa che si affaccia sulla Spagna, a circa 100 passi, si scorge un'altra isola su cui era situata la prima città di Cadice. E' detta anche Giunonide dai nativi [...] la nostra gente la chiama Tarteso, mentre i Cartaginesi Gadir, che è poi la parola per "siepe" in punico" (Plinio il Vecchio, 23 d.C.-79 d.C.).

"Qui è collocata la città di Cadice, anticamente chiamata Tartesso, e qui sono poste le colonne del potente Ercole, Kalpe e Abyla [...] Qui c'è la rocca di Gadir (Cadice) infatti la lingua dei punici richiama ad un luogo recintato, la stessa località prima era chiamata Tartesso" (Rufo Festo Avieno, 4° secolo d.C.).
Circa 2500 anni fa,nel 533 a.c.,una città dell'antica Spagna (Iberia) fu conquistata dai Cartaginesi,e successivamente scomparve.
Tartesso (Tartessos) non e' stata ancora ritrovata.
Secondo gli autori classici Tartesso era situata probabilmente alla foce del Guadalquivir (nome latino,Bactis Flumen);la sua popolazione raggiunse un alto livello di civiltà,commerciava con molti paesi del bacino del Mediterraneo,e anche più distanti,forse addirittura le Americhe.
Pare che le origini di Tartesso fossero molto antiche.
Già all'epoca dell'Impero Romano di Tartesso non era rimasta alcuna traccia,ma il golfo che oggi prende il nome della città di Cadice (Cadiz in spagnolo) era chiamato Tartessius Sinus (golfo di Tartesso).
Il nome latino del fiume Guadalquivir era Bactis;Hispalis era l'odierna Siviglia e Gadira (o Gades) Cadice.
L'antico nome di Cadice si ritrova in un brano del "Crizia",uno dei dialoghi di Platone su Atlantide;parlando a proposito di Atlante,il primo re di Atlantide,dice:"Il gemello nato dopo di lui (Atlante),cui era assegnata la parte estrema dell'isola verso le Colonne di Eracle,di fronte a quel tratto della regione che,in rapporto a quel luogo,è oggi chiamata Gadirica,ebbe il nome in greco di Eumelo,che nella lingua del posto è Gadiro".
Gadiro,dunque,secondo il Crizia,sarebbe stato il primo principe di quella regione di Atlantide posta di fronte alla penisola iberica.
Onoba Aeustuaria sorgeva nei pressi dell'attuale Huelva,città sul Rio Tinto, al cui nome sono legate delle antiche miniere dove si estraeva il rame.
Lo stretto di Gibilterra era noto come Fretum Gaditanum,dal nome della città di Gades (Cadice),o anche Herculeum (Colonne d'Ercole).
L'esistenza dell'impero tartessiano,a lungo discussa,è ora un'evidenza storica grazie a storici come Gomez-Moreno,Schulten,Crossbowmen,Garcia Bellido e Blazquez.
Il più antico regno iberico ci ha fornito esempi della sua civiltà e cultura già dall'Età del Rame;dell'Eta' del Bronzo (2500-1000 a.C.) possediamo molti reperti,come i 400 oggetti di bronzo scoperti ad Odiel (Huelva) nel 1923;dell'Eta' del Ferro,infine,tesori quali il "Carambolo" (sec.VII-VI a.c.) e molti testi.
I Tartessiani (gli abitanti di Tartesso) vivevano nella valle del Guadalquivir dall'Età del Bronzo,e costituirono un regno che si estendeva a tutta l'Andalusia e alla Murcia;essi assoggettarono i popoli vicini,come i Bastetani,gli Oretani e i Bastuli,divenendo l'unico grande regno dell'antica Iberia.
I loro dei erano le stelle,essi nutrivano grande rispetto verso gli anziani,ed erano animati da un forte senso di ospitalità e liberalità.
L'ultimo re di Tartesso,Argantonio,regnò per 80 anni.
Secondo Strabone,una complessa rete di canali si irradiava dal fiume Guadalquivir;gli abitanti di Tartesso (Tartessiani o Tudertani),erano inoltre il popolo più civilizzato dell'Iberia:essi possedevano sin dai tempi piu' antichi scritti in prosa,poemi e raccolte di leggi in versi i quali,secondo gli stessi Tartessiani o Tudertani,erano vecchi di 6000 anni.
All'epoca di Poseidonio (100 a.C.) vi era ancora traccia della letteratura tartessiana.
La scrittura in uso a Tartesso era differente da quella iberica,ed i suoi caratteri sono impressi sulle monete di diverse città.
Un esempio di scrittura di Tartesso sembra essere un'iscrizione incisa su un anello,trovato da Schulten in un villaggio di pescatori spagnolo.
Secondo gli autori antichi,i Tartessiani erano esperti nella lavorazione dei metalli;Diodoro afferma che nel regno abbondava l'oro,l'argento e specialmente il rame.
Nella Bibbia vi sono numerosi riferimenti a Tarsis.
Tartesso era nota nell'antichita' per le sue ricchezze,in particolare le sue miniere d'argento.
Poseidonio parla di un'agricoltura prospera,canali d'irrigazione,olivi e vite.
Rilevante anche l'allevamento del bestiame (bovini,ovini e suini).
L'estrazione del sale doveva rivestire un ruolo fondamentale nell'economia di Tartesso,giacchè i Tartessiani esportavano cibi salati ad Atene nel V secolo a.C.
Di importanza non secondaria il commercio del pesce,e specialmente di molluschi.
Le navi tartessiane giungevano fino alle isole britanniche,esportandovi manufatti di bronzo in cambio di stagno e piombo.
La città non e' stata ancora trovata,sebbene tracce di antiche costruzioni siano state individuate,durante scavi eseguiti in suoli fangosi,troppo vicini al mare per permettere ulteriori indagini.
Le rovine di Tartesso potrebbero trovarsi sott'acqua,o sotto il livello del suolo,seppellite sotto centinaia di tonnellate di fango.
A partire dal 1905 alcuni archeologi tedeschi,tra i quali il prof. Schulten,Jessen,Herman,Hennig,iniziarono la ricerca di Tartesso.
Furono trovati molti reperti,attribuiti alla civiltà tartessiana:gioielli,scoperti presso Siviglia (antica Hispalis),vasi e anfore,e la famosa "Senora de Elche"(Dama di Elche),uno splendido busto alto 53 cm,raffigurante una donna con preziosi ornamenti e gioielli,scoperta nei pressi di Elche (antica Ilici).
Henning,Schulten ed altri studiosi tedeschi consideravano Tartesso una colonia germanica,piuttosto che una colonia atlantide,a causa dei ritrovamenti di ambra del Baltico vicino Tartesso.
Inoltre essi basavano sulle teorie di un altro studioso tedesco,Redslob,il quale affermava che le tribù germaniche preistoriche si erano spinte molto lontano con le loro imbarcazioni.
E.M. Wlshaw,direttrice della "Anglo-Spanish-American School of Archeology",e autrice di "Atlantis in Andalusia",portò avanti una ricerca nella presunta area di Tartesso per 25 anni!
Dopo aver scoperto un "tempio solare" nel sottosuolo di Siviglia,era sicura che Tartesso fosse seppellita sotto l'odierna città.
Nelle miniere di rame di Rio Tinto si trovano rovine datate 8000-10.000 anni fa,e associate all'antica civilta' di Tartesso.
Inoltre a Ronda,un porto interno di Niebla,ci sono tracce di antichissime canalizzazioni,che ricordano le decrizioni delle opere di irrigazione atlantidi,riportate nei dialoghi platonici.
La Wlshaw,al contrario dei suoi colleghi tedeschi,non pensa che Tartesso abbia ispirato i racconti su un continente perduto,bensì ritiene Tartesso una colonia atlantide.
Scrive in proposito:"La mia teoria suggerisce che il racconto di Platone sia in accordo con quanto stiamo trovando qui [...] La stupenda e civilizzata popolazione preistorica che ho descritto discende dalle popolazioni libiche preistoriche,che giungevano in Andalusia da Atlantide per comprare l'oro,l'argento e il rame estratti dalle miniere di Rio Tinto;essi,una generazione dopo l'altra,unificarono la cultura iberica e africana così profondamente che Tartesso e l'Africa hanno probabilmente radici comuni nella razza Libica-Tartessiana".
La Wlshaw compilò una lista contenente molte iscrizioni iberiche pre-romane,che nessuno è riuscito poi a tradurre,e notò che almeno 150 caratteri alfabetici erano stati trovati nelle caverne della Libia.
Tartesso è ancora oggi uno dei misteri irrisolti del passato;la città non è stata ancora riportata alla luce,ma tracce di costruzioni e altri reperti sono stati trovati vicino Huelva alla foce dei fiumi Odiel e Rio Tinto (il Rio Tinto delle antiche miniere),alla foce del Guadalquivir e in altre località,ad esempio Siviglia.
Ciò ovviamente non è una prova dell'esistenza di Tartesso,ma dimostra comunque l'esistenza di un'antica cultura iberica che potrebbe fornirci le risposte ai molteplici quesiti sul nostro lontano passato.

La Dama di Elche: http://images.google.it/images?q=ELCHE+DAM...it&start=0&sa=N
www.edicolaweb.net/am07f55g.htm
www.edicolaweb.net/oc07f02g.htm
http://comunidad-escolar.pntic.mec.es/658/cultura1.html

Il ritrovamento di un busto di donna presso Elche creò nel 1897 una grande eccitazione tra ricercatori e profani.
La scultura,diventata famosa con il nome di "Dama di Elche",presenta uno stile antico sconosciuto.
Nei pressi del luogo del ritrovamento non è stato trovato tuttavia nulla da cui poter dedurre la data di origine:non le vestigia di una tomba,di un tempio,di un'abitazione.
I gioielli della donna non somigliano nè a quelli in voga al tempo dei Romani nè a quelli usati dalle donne nel regno spagnolo dei Visigoti (fine Impero Romano).
La scultura viene messa in relazione con i Cartaginesi e con il leggendario continente di Atlantide.
A giudicare dallo stile potrebbe risalire al IV o al V secolo a.C, vale a dire a un'epoca in cui i Cartaginesi fondarono alcuni insediamenti in Spagna.
La "Dama di Elche" sembra leggermente deforme o sono i pesanti gioielli a giustificarne l'inusuale posizione?
Nella parte posteriore il busto presenta una strana apertura.
Oggi la "sacerdotessa di Atlantide" si trova nel Museo del Prado di Madrid.
Nell'antichità Tartesso era la prima città a vocazione commerciale e il più vecchio centro culturale dell'Occidente.
Scrittori dell'antichità,tra cui Erodoto,Plinio e Strabone hanno nominato e descritto Tartesso nelle loro opere storiche.
Si trova qui l'origine della leggenda di Atlantide?
Il leggendario regno si trovava su Tartesso?
Con molta probabilità la città è affondata nella prima metà del millennio precristiano.
Il luogo dove probabilmente si trovava è in mezzo alla foce del Guadalquivir (o Betis),una zona paludosa.
Nel vasto territorio,a settentrione di Sanlucar de Barramela,vengono a mala pena compiute ricerche ed eseguiti scavi archeologici,poichè là dove un tempo si trovava il centro della cultura occidentale si estendono oggi boschi paludosi e dune.
Se si scava in profondità si incontrano falde acquifere gia' dopo 2 metri.
Eppure le rovine di Tartesso,la capitale del presunto regno di Atlantide,secondo Schulten e come hanno dimostrato campioni di scavi,si estendono dai 5 ai 10 metri di profondità.
Si conoscono un'infinita' di reperti significativi provenienti dalla sfera di cultura tartessica nei quali,fino a Schuten,nessuno ha mai visto l'eredità degli Atlantidei.
Grandi quantità di gioielli in oro,vasellame di terracotta,vasi in bronzo,oggetti in avorio intagliato,frammenti di marmo e un busto di una bellezza veramente raffinata sono venuti alla luce nel corso degli scavi.
Schulten ha proseguito le sue ricerche.
Egli ha controllato le indicazioni contenute nei Dialoghi del Crizia ed è pervenuto a risultati sorprendenti:una serie di concordanze evidenti tra il racconto di Atlantide e Tartesso,distrutta intorno al 500 a.c. dai Cartaginesi,portò Schulten alla conclusione che le due mitiche località coincidevano,"un background completo,sia dal punto di vista topografico che culturale":
Tartesso si trovava oltre lo stretto di Gibilterra nelle immediate vicinanze di Gades, probabilmente su un'isola posta tra le due foci del fiume Betis.
La costa meridionale dell'Andalusia è ripida e presenta alti rilievi.
Anche nella zona settentrionale dell'Andalusia si trova una catena montuosa,la Sierra Morena, e,per mezzo di questa catena montuosa,la pianura del fiume Betis viene protetta dai venti del nord,mentre a est viene protetta da altre montagne.
Anche i 3000 stadi di lunghezza del territorio coincidono con la distanza da est a ovest,come del resto i 2000 stadi di larghezza.
Il geografo romano Strabone attesta la presenza di un sistema di canali nella valle del Betis.
Tartesso era la più ricca città dei suoi tempi.
Gli storici narrano storie fantastiche,in particolar modo delle sue ricchezze in argento.
Rame e argento sono presenti nella Sierra Morena.
Strabone elogia la ricchezza della valle del Betis in termini di boschi,frutti,animali e così via.
Nell'antica Iberia il toro era un animale sacro,che godeva di grande venerazione;lo confermano innumerevoli figure di toro in pietra,bronzo,terracotta.
Tartesso era il primo impero marittimo d'Occidente;la sua fascia mercantile si allargava non soltanto ad oriente fino in Tirrenia e in Asia, ma anche a nord,fino in Inghilterra.
Nella zona settentrionale della foce del braccio meridionale del fiume Betis sono stati localizzati i resti di un grande tempio,attribuito da qualcuno a Poseidone.
Strabone annota che i Tudertani incidevano le loro leggi più antiche su colonne di metallo.
Sia Atlantide sia Tartesso sono scomparse.
Le similitudini con il continente perduto di Platone,a dire di Schulten,sono davvero ragguardevoli.

http://racines.traditions.free.fr/tartesso/tartesso.pdf

"Dopo Aristeo passarono in Sardegna gli Iberici, avendo come condottiero Norace, e fu da questi edificata la città di Nora:questa è la prima città che si rammenta ci sia stata nell'isola;dicono inoltre che Norace fosse figlio di Erithia nata da Gerione e Mercurio". (Pausania, 110-180 d.C.).

Secondo Frau, il nome "Iberia" negli scritti di Erodoto designa in modo generico l'Occidente, ma è una teoria criticata e criticabile.

CITAZIONE
Si deve ai Greci il nome di Iberia. Citato infatti da Erodoto nel V secolo a.C., indicava popolazioni stanziate presso il fiume Iber (forse l'Ebro, ma non necessariamente). I Romani latinizzarono il nome in Hiberia, tuttavia denominarono sempre le loro province iberiche come Hispania, utilizzando il toponimo cartaginese Span o Spania [...]

Link: http://it.wikipedia.org/wiki/Penisola_Iberica

CITAZIONE
Secondo la leggenda Nora era la prima città della Sardegna che sarebbe stata fondata dagli Iberi sotto la guida di Norace. Gli storici sostengono che questi Iberi erano in realtà Fenici che avevano lasciato la penisola iberica per stabilirsi in Sardegna. Il ritrovamento della stele di Nora sulla quale l'iscrizione si menziona per la prima volta il nome dell'isola sembra confermare questa leggenda. La stele, datata al VIII secolo a.C., è esposta al Museo Aercheologico Nazionale di Cagliari. Tuttavia mancano dati precisi per poter affermare che Nora sia la città più antica della Sardegna.

Link: www.tharros.info/ViewSites.php?cat=101&lng=it

http://it.wikipedia.org/wiki/Colonie_nell'antichità

CITAZIONE
Norax [Norace] [...] è un'antico eroe della mitologia sarda. E' il figlio del dio Ermes e di Eriteide, figlia di Gerione. Compare nei testi di Pausania, Sallustio e Solino. Secondo Pausania nella sua opera "Periegesi della Grecia", Norace dalla Penisola Iberica giunse in Sardegna passando per le Baleari e la Corsica, alla guida degli Iberi i quali fondarono la città che da lui prese il nome: Nora [...] Solino racconta che Norace giunse in Sardegna dalla mitica città di Tartesso situata nell'Iberia meridionale.

Link: http://it.wikipedia.org/wiki/Norax

" ... Non importa dunque narrare come Sardo, nato da Ercole, Norace da Mercurio, l'uno dall'Africa e l'altro da Tartesso della Spagna, arrivassero sino a quest'isola, e da Sardo si sia denominata la regione, e da Norace la città di Nora" (Solino, III secolo d.C.).

CITAZIONE
Pertanto io penso che l'Ercole di Tiro sia quello appunto che si venera dai Spagnuoli in Tartesso, ove sono le colonne dette di Ercole: perchè fu Tartesso fondata da' Fenici, e con Fenicio rito fecesi il tempio, ed ora si fan sacrificj all'Ercole di quel luogo.

[Arriano, Le storie di Arriano su la spedizione di Alessandro,95 d.C.-175 d.C. circa]

Link: http://books.google.it/books?id=gy_gAAAAMAAJ&dq=

CITAZIONE
Avendo i Fenicj una Colonia a Cartagine avanzarono agevolmente la lor navigazione più lontana fino allo Stretto di Gibilterra, dove fecero degli stabilimenti considerabili.
Tutti gli antichi Scrittori ne fanno pienissima testimonianza.
Uscirono dallo Stretto, e furono i fondatori di Cadice.
Arriano nella sua spedizione di Alessandro parla di molti Ercoli, e pretende che l'Ercole adorato dagl'Iberi (gli Spagnuoli) a Tartesso, dove erano certe colonne dette Colonne di Ercole, fosse il Tirio; mentre soggiunge che Tartesso sia stato fabbricato dallo stesso Ercole, a cui si facevano dei Sacrificj alla maniera Fenicia.
Intende Arriano con ciò la Città situata in un'Isola che i Latini appellavano Gades; ed è quella di cui Plinio scrive: Nostri Tartesson appellant, Poeni Gadir, ita Punica lingua Saepem significante.
Non bisogna confonderla con un'altra Tartesso detta Carteja.
Plinio che fa anch'esso menzione di questa colle parole: Carteia Tartessus a Graecis dicta, la distingue benissimo: era stata altresì fondata dai Fenici, ma secondo le osservazioni del Boccarto c'era una terza Tartesso, che i Fenicj non edificarono, ma ritrovarono fondata.
Era al basso del Guadalchivir, ch'entrava anticamente nel mare per due imboccature.
Strabone lo dice precisamente scrivendo che cotesto Fiume si divide in due; che l'Isola che c'è fra quelle due imboccature tiene cento stadj di spiaggia lunghesso il Mare, secondo alcuni, e piu secondo altri.
Scrive poi più abbasso che siccome il Guadalchivir entra in Mare per due imboccature, dicesi che nel mezzo vi sia una Città detta Tartesso, come il Fiume, e che si chiamava Tartesside il Territorio posseduto allora dai Turdoli.
Lo stesso asserisce Pausania, dicendo esservi nella Spagna il Fiume Tartesso che scorre nel Mare per due imboccature, fra le quali c'è una Città dello stesso nome.
Non è da stupirsi che Plinio non abbia punto nominata quella Tartesso, la quale non sussisteva più al tempo di Strabone.
Il Boccarto crede dunque che cotesta antica Città non fosse punto fondata dai Fenicj, ma che la ritrovassero edificata al tempo della loro venuta.
Vero è che il Guadalchivir non ha oggidì che una sola imboccatura; ma oltre che lo stesso è avvenuto a moltissimi altri Fiumi, gli antichi attestano che ne aveva due.
Abbiam vedute le prove di Strabone e Pausania; aggiungiamovi Tolomeo, il quale fa menzione della imboccatura orientale del Fiume Baetis [...]
Bisogna conchiuderne che ven'era un'altra senza dubbio occidentale [...], la quale oggidì non si trova punto nel suo Libro, probabilmente per negligenza dei Copisti.
Questa terza Tartesso la più antica di tutte, è quella che gli Ebrei nominarono Tbarfis, quando vogliam credere al Boccardo, ed ivi i primi Fenicj che vi si portarono ritrovarono ricchezze immense.
C'è un passo considerabile in Aristotile nel suo Libro de Mirabilibus, narravi che i primi Fenicj che navigarono a Tartesso vi cambiarono l'olio ed altre cose vili, che portavano sulle navi, in argento in tanta quantità che i loro bastimenti non potevano contenerlo nè portarlo; soggiugnendo, che vi fecero le ancore di questo metallo, e tutti gli attrezzj, vasellami e stoviglie.
Questo è quanto si può dire sulla navigazione dei Fenicj a Tartesso.
Erodoto scrive l'accidente, per cui una nave de' Sami fu portata a Tartesso.
Il capitano chiamavasi Colco, e fu il primo Greco che fece questo viaggio.
Sembra dal ragionamento di Erodoto, che questo Porto non fosse molto da essi frequentato, che Corleo vi trovò gran ricchezze, e ritornò con un carico che fece la sua fortuna, avendogli toccato di sola porzione sei talenti.
E' osservabile che i tre Tartessi erano nella Betica, l'una cioè Carteja nella Baja di Gibilterra, l'altra Gadir o Gades nel Golfo di Cadice, e l'altra alla imboccatura del Guadalquivir fralle due sboccature di cotesto Fiume.
Uniscasi a questa situazione la ricchezza del Paese in argento, tanto decantata dagli antichi Storici, e che confermano gli antichi viaggiatori di que' tempi.

Link: http://books.google.it/books?id=G4dNAAAAcAAJ&dq=

CITAZIONE
Per raggiungere i paesi dove abbondavano metalli come l'oro, l'argento e lo stagno, e per stabilire rapporti profittevoli e amichevoli con le genti che avrebbero acquistato le mercanzie che stipavano le stive delle loro imbarcazioni, i Fenici prendevano il mare e si affacciavano sulle coste del Mediterraneo occidentale.
Qui erano ben accolti, questi mercanti abili, volubili, che procuravano oggetti pratici ed esotici, dai colori seducenti e dagli aromi insidiosi come liquori gelosamente custoditi.
Alle loro mercanzie, inoltre, si aggiungevano altre cose che colpivano il cuore e la mente: presso di loro si poteva trovare qualche rimedio efficace per i piccoli problemi quotidiani, così come l'elemento fantastico per coloro che desideravano trascendere l'ingombrante materialità.
La flotta fenicia, le cui chiglie non smettono di fendere il mare, potente, ricca, capricciosa e senza scrupoli, è in grado di raggiungere l'Africa e la Spagna, non senza ormeggiare nei porti generosamente offerti da grandi isole come Malta, la Sicilia, la Sardegna e le Baleari.
Nel 1100 a.C. i Fenici scelsero di toccare terra all'estremità delle regioni occidentali e fondarono Gadeira, toponimo che, in bocca ai Romani, si trasformò in Gades per diventare, ai nostri giorni, Cadice.
Nella lingua dei Fenici questo toponimo designa un luogo chiuso, fortificato [...]
Anche se alcuni contestano la cronologia di questa fondazione, ritenendo che sia collocata troppo indietro nel tempo, essa non sembra affatto arbitraria, nonostante la documentazione archeologica si arresti, a tutt'oggi, ai confini dell'VIII secolo a.C.
Siamo ancora lontani dalla data che viene indicata tradizionalmente.
Il dossier, tuttavia, si arricchisce in continuazione, grazie agli scavi condotti dall'archeologo spagnolo Diego Ruiz Mata dell'Università di Cadice.
Le navi fenicie che osavano intraprendere traversate così lunghe probabilmente corrispondono alle imbarcazioni che la Bibbia designa con il nome di "navi di Tarshish".
Per Omero erano le "navi da largo".
I commentatori si ingegnano a elaborare teorie al fine di localizzare la Tarshish biblica.
E' possibile identificarla con Tartesso?
Questa proposta seducente è stata al centro dell'attenzione della storiografia contemporanea ed è stata accolta favorevolmente da studiosi come Sabatino Moscati e J.M. Blazquez.
Entrambi riconoscono Tarshish in Tartesso e situano questo paese nel sud della penisola iberica, in particolare fra le terre che si estendono da una parte e dall'altra del Guadalquivir.
Secondo Diodoro Siculo erano terre ricche di metalli:

"Questa terra possiede pressochè le più abbondanti e più belle miniere d'argento ...
Ma mentre il suo uso era ignoto alla gente del paese, i Fenici, che praticavano la mercatura acquistavano l'argento in cambio di altre merci di poco valore.
Perciò, appunto, i Fenici, trasportando sia in Grecia sia in Asia e presso tutti gli altri popoli, si assicurarono grandi ricchezze ... perciò, per molto tempo i Fenici, grazie ad un commercio di questo genere, accrebbero progressivamente la propria potenza, e inviarono molte colonie, alcune in Sicilia e nelle isole vicine, altre in Libia, Sardegna e Iberia".

I Fenici dovevano fare di tutto per preservarsi l'appannaggio di questo Eldorado.
I Greci, a quanto pare, le tentarono tutte per seguirli.
Erodoto riferisce una tradizione che, malgrado qualche abbellimento, sembra ispirata a eventi storici.

"Poi una nave di Samo, il cui comandante era Corleo e che navigava verso l'Egitto, fu trascinata dai venti nell'isola di Platea (...)
I Sami, partiti dall'isola con il desiderio di andare in Egitto, navigarono spinti fuori rotta dal vento di levante.
E, poichè il vento non cessava di soffiare, attraversate le colonne d'Eracle, giunsero a Tartesso come scortati da un dio.
Allora questo emporio non era toccato: così i Sami, tornati indietro, guadagnarono dal carico della nave più di tutti i Greci di cui si abbia conoscenza esatta, dopo Sostrato, figlio di Laodamante, di Egina" (IV 152).

Dopo aver fondato Gadeira, i Fenici sciamarono nella Spagna meridionale.
Secondo Strabone:"Giunsero al di là delle Colonne d'Eracle e fondarono delle città in quei paraggi" (I 32).

Il geografo greco riconosce che occuparono le migliori regioni dell'Iberia (III 2,14).
Le città che fondarono sono state sovente oggetto di accurate esplorazioni.
A Carmona, a nordest di Siviglia, sono state portate alla luce alcune tombe.

Link: http://books.google.it/books?id=EsHpFVsP0uwC&dq=

http://books.google.it/books?id=TRd6LRZWpw8C&dq=

Edited by RAGNOUOMO - 7/6/2013, 10:49
 
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