| CITAZIONE Il ritrovamento del primo documento della storia fenicia ha qualcosa di avventuroso e comincia nel 1872.
Sembra che l'America sia stata scoperta 1000 anni prima dei Vichinghi, 2000 anni prima di Cristoforo Colombo.
Della stessa scrittura fenicia, nulla sapevamo fino a un secolo fa.
« Noi siamo figli di Canaan, veniamo da Sidone, la città del re. Il commercio ci ha gettati su questo lido remoto, in una terra di montagne. Abbiamo sacrificato un giovane agli dei e alle dee, nel diciannovesimo anno di Hiram, nostro potente sovrano. Partiti da Ezion-geber nel Mar Rosso, abbiamo viaggiato con dieci navi. Siamo rimasti assieme per due anni attorno alla terra di Cam (Africa), ma la tempesta ci ha separato dai nostri compagni. Così siamo arrivati qui, dodici uomini e tre donne, su una spiaggia che io, capitano, governo. Che gli dei e le dee possano benevolmente soccorrerci ». Queste parole sono raccolte su di una tavola di pietra: duecento e quarantasei caratteri fenici, oggi facilmente comprensibili e traducibili. Ma ciò che dà importanza a questo documento, e che ha fatto discutere gli esperti di tutto il mondo, è una circostanza eccezionale: l'incisione è stata ritrovata in Brasile!
Si può quindi dedurre che i Fenici giunsero per primi in America, prima ancora non solo di Colombo, ma anche dei Vichinghi?
La deduzione è però contrastata da molti autorevoli studiosi, che negano con argomenti degni del massimo interesse e rispetto l'autenticità del documento fenicio, ritenendolo un'abilissima prova di falsificazione, dovuta ad un esperto di cose fenicie. Ma vi sono pure autorevoli studiosi che ritengono autentica e veritiera l'incisione.
Cercheremo ora rapidamente di far comprendere ai nostri lettori i termini della questione, che sfumano spesso in caratteri degni d'un racconto giallo: non si tratta infatti d'una questione erudita, ma di una discussione di grande importanza per giungere diritto allo scopo di questo nostro capitolo: illustrare le caratteristiche della vita e della civiltà dei Fenici. L'iscrizione fenicia ha avuto certamente il merito di far riaccendere l'interesse non soltanto degli specialisti e degli studiosi, ma un po' di tutti, su di un popolo e su di una civiltà che per lungo tempo esercitarono il predominio indiscusso sui mari.
IL "TESTO DI PARAIBO" Dicevamo che la storia dell'iscrizione fenicia è essa stessa avventurosa: comincia nel 1872 ed il primo protagonista è uno schiavo d'una piantagione del Nord Est del Brasile; è lui a trovare questa pietra che porta strani segni sulla sua superficie levigata con cura. Incuriosito la porta al figlio del padrone, che con sensibilità certo rara, provvede a trascrivere con grande scrupolo quei segni misteriosi e poi spedisce la copia della trascrizione al Museo Nazionale di Rio de Janeiro. A questo punto inizia la seconda fase della storia di quello che intanto ha già un nome preciso, che gli viene dal luogo in cui è stato ritrovato: « testo di Paraibo ». Il direttore del Museo, benché non sia uno specialista, intuisce l'importanza del documento e rende pubblica la scoperta invitando gli studiosi a pronunciarsi. Intanto cerca di recuperare la pietra incisa, ma è scomparsa!
Gli studiosi sono profondamente divisi nel giudizio sul « testo di Paraibo »: autentica o falsa, le posizioni sono opposte e inconciliabili. E la questione finisce nell'oblio. Improvvisamente un colpo di fortuna: un professore americano acquista un fascio di vecchie carte presso un rigattiere; tra tante altre cianfrusaglie c'è un quaderno che contiene una lettera spedita dal direttore del Museo di Rio ad uno studioso americano: la lettera contiene il « testo di Paraibo »! E così il testo arriva al noto esperto di cose fenicie Cyrus H. Gordon, che lo studia con estrema attenzione, concludendo con l'affermazione della sua veridicità e autenticità.
Il Gordon basa la sua tesi non soltanto sull'esame linguistico del testo, ma anche sulla piena concordanza che c'è tra i fatti narrati nell'iscrizione e quelli tramandati a noi dagli storici antichi. Erodoto, infatti, racconta che durante il regno del faraone Necho (intorno al 500 avanti Cristo), fu allestita una flotta di navi fenicie, che salpò dal porto di Ezion-geber, sul Mar Rosso, e compì il periplo dell'Africa; le navi fecero ritorno soltanto tre anni dopo attraverso il Mediterraneo: i marinai, suscitando incredulità, affermarono d'aver navigato per lungo tempo con il sole a destra.
Possibile supporre che nel corso della navigazione, le navi fenicie trasportate verso occidente o da una tempesta o dalle correnti e dai venti, finirono per toccare la punta del Nord-Est del Brasile, che è pure la zona dell'America del Sud più vicina all'Africa!
Ma la tesi di Gordon è respinta da un altro autorevole studioso di cose fenicie, Sabatino Moscati, che in un'intervista ha dichiarato di non credere che l'iscrizione sia autentica: « E' troppo bella e interessante per esserlo ». Ma il parere negativo di Moscati si basa su di un'attenta discussione del testo linguistico dell'iscrizione, troppo bene elaborata per essere stata composta da un marinaio (ma siamo poi sicuri che era un semplice marinaio?). Ma il dubbio resta: è tutto vero o è soltanto l'invenzione d'un bizzarro e geniale cultore di testi orientali? articolo da www.cronologia.leonardo.itQuesto potrebbe ricondurre al "possibile" faccende scottanti come la carta di Piri Reis, o l'attesa da parte degli indios americani di un ritorno dei divini uomini da est, dall'Atlantico, che poi li condannò a Cortes o anche altri ritrovamenti americani in cui la scrittura ricorda il fenicio o l'egizio?
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