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Il Testo di Paraibo, popoli mediterranei nelle Americhe prima di Colombo

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RAGNOUOMO
view post Posted on 5/3/2007, 15:26 by: RAGNOUOMO




Le discusse teorie di Jacques de Mahieu, PARTE 2.
CITAZIONE
Ma i Guayaqui, di fronte al disegno, non esitarono un secondo: per loro si trattava di simboli cartografici; l'albero rappresentava la strada principale intersecata da altre cinque strade; i serpenti, sentieri sinuosi. Mostrarono all'esploratore analoghi disegni che loro stessi avevano inciso su alberi. La parete di Cerro Polilla costituiva dunque il cartello indicatore della stazione di posta. I drakkar erano pieni di segni facilmente traducibili che significavano "ricchezza" in nordico. Le imbarcazioni ricordavano forse quelle che avevano trasportato Thunupa dall'Europa e che erano ripartite cariche di argento estratto dalle miniere di Potosi.

Vi sono anche due date: la prima è chiaramente leggibile, 1431; la seconda è incerta, ma sembrerebbe 1433.

Infine sulla croce si distingue l'immagine di un uomo barbuto con in testa l'elmo di Odino, dunque un vichingo. I tratti del viso sono nettamente nordici, ma il torace sviluppato è quello degli abitanti dell'Altopiano e dei Guayaqui attuali. E' vestito di una tunica o di una cotta di maglia e sembra che abbia i piedi nudi. Chi èquel guerriero? L'elmo da un lato e l'iscrizione in caratteri runici dall'altro, ci permettono di dare una risposta, forse. Si legge infatti: "Dio del cavallo"; il dio che abitualmente si rappresenta a cavallo è Odino.

Lo sembrerebbe confermare del resto l'elmo. Nella parte superiore della croce troviamo un insieme di caratteri, il cui senso è abbastanza chiaro:"Nella foresta soffocante, il Sole e la marea (ci portano) i beni della nostra eredità". A Cerro Polilla troviamo quindi iscrizioni runiche, attribuibili agli antenati vichinghi di Tiahuanaco, datate X secolo, e altre più recenti, talvolta latinizzate e mescolate a caratteri derivanti dal contatto stabilito con l'Europa del XIII secolo.

Dopo la distruzione di Tiahuanaco, i Danesi rifugiatisi nella foresta paraguaiana non furono in grado di conservare l'eredità ancestrale. La scrittura runica degenerò riducendosi ad un insieme di segni simbolici. I Guayaqui attuali ne adoperano ancora qualcuno. Jacques de Mahieu trova dapprima uno strumento musicale coperto di segni apparentemente runici, e poi ancora una ceramica di fattura amerindia in cui si distingue delle rune perfettamente tracciate e recenti. I Guayaqui dunque adoperavano i caratteri scandinavi come elementi decorativi e non come lettere. Incuriosito dalla scoperta, de Mahieu vuole tentare un esperimento.

Chiede ad alcuni Guayaqui di scrivere; il risultato, a tutta prima deludente, si rivela a un tratto positivo: uno di loro traccia delle iscrizioni autenticamente runiche. Nel corso di una spedizione che doveva condurlo ad Asuncion, Jacques de Mahieu approfitta per recarsi a Cerro Moroti. Quel nome infatti destava la curiosità dell'esploratore: cerro significa "monte" in spagnolo, moroti "bianco" in guaranì, dunque Monte Bianco. Ma sulla sierra di Caagua non nevica mai. Un giorno, gli portano alcuni frammenti di ceramica che i Guayaqui di un villaggio vicino hanno tratto alla luce dissodando il terreno. Spinto dalla curiosità, de Mahieu si reca sul posto e scopre l'imboccatura di uno scavo. Allargata la cavità, vengono riportati alla luce 144 frammenti di recipienti, si riesce a ricostruire un'urna intera.

Come spiegare quel nascondiglio? All'inizio del XVII secolo, incalzati dalle milizie guaranì al servizio delle missioni gesuitiche, i Guayaqui avevano dovuto abbandonare il loro villaggio e rifugiarsi nella foresta. Non avevano potuto quindi portare con sè lo stretto necessario. Ma quei frammenti ricoperti di iscrizioni runiche, di cui pure non comprendono più il significato, ai loro occhi dovevano avere un valore sacro. Quel tesoro non doveva cadere nelle mani del nemico e perciò lo nascosero in grandi urne e lo sotterrarono. L'urna ricostruita conteneva 33 frammenti di terracotta coperti di terracotta coperti di segni runoidi modellati con il pollice o incisi.

Quei frammenti erano di fattura assai superiore all'urna che li conteneva. De Mahieu riuscì a scoprire sui frammenti alcune iscrizioni runiche completamente deformate. Il che si spiega con il fatto che i Vichinghi di Tiahuanaco, verso il 1290, erano rimasti tagliati fuori dalla patria per più di 300 anni e i contatti sporadici non erano stati sufficienti a far loro conservare la precisione grafica.

E' anche possibile che, pur continuando a servirsi della loro lingua, essi adoperassero altre lettere per trascrivere i dialetti indigeni. In particolare si nota una data scritta in cifre arabe, 1305. Le cifre arabe furono introdotte tra i Vichinghi nel X secolo. Uno dei frammenti è stato particolarmente analizzato; esso reca la raffigurazione di due alberi della Vita, sormontati tutti e due dall'acquila. Anche qui troviamo la trasposizione del mito scandinavo del frassino Yggrdrasil. Ai piedi di uno degli alberi vediamo il Serpente del Mondo tante volte riprodotto sulle stele e sui monumenti vichinghi.

Sopra l'acquila vi sono tre lettere RIP, cioè Requiescat In Pace dei cimiteri cattolici. I Danesi dell'Altopiano, verso la meta' del XIII secolo, avevano ricevuto un apporto cristiano abbastanza profondo da lasciar traccia sui monumenti di Tiahuanaco. Tra il Serpente del Mondo e il piede dell'albero si distingue una serie di segni facilmente traducibili. Uno di essi, Inqukz, significa Inguk, nome proprio tipicamente scandinavo. Un altro frammento esaminato rivela i seguenti segni: uruz, fehu, kaunaz, odala, uruz, ehwaz; tradotti danno "uomo", "donna", "audace", "Odino", "uomo", "cavallo". Per Mahieu dunque la frase è da tradurre: "Un uomo e una donna audaci (hanno incontrato) il messsaggero di Odino". L'uomo-cavallo, infatti, nella mitologia scandinava è il messaggero di Odino.

A questo punto, Jacques de Mahieu, non dubitando più della presenza dei Vichinghi nell'America del Sud, decide di spingere la ricerca più in là. I Guayaqui costituiscono nell'est paraguaiano una tribù che le popolazioni vicine temopno moltissimo. Guayaqui significa "biancastro della pianura". Sulla loro origine sono state formulate varie ipotesi. Ma Jacques de Mahieu, insoddisfatto delle conclusioni che giudica affrettate, intraprende lo studio di 28 individui, uomini e donne. Dal punto di vista morfologico, il maschio guayaqui possiede alcune caratteristiche fondamentali: taglia piccola (in media 1,57 metri), testa molto grossa, stretta e lunga, collo praticamente inesistente. Il tronco, molto ampio, si assotiglia nettamente alla vita. Il guayaqui è dotato di una capacità toracica eccezionale [...] membra corte. Comparando questa morfologia con i vari tipi indiani e europei, Jacques de Mahieu conclude che il guayaqui è assai vicino all'ariano nordico.

Inoltre ha muscoli allungati [...] un'estrema agilità. Infine, particolare interessante, i Guayaqui ridono con grande facilità, con tutto il viso, il che non si verifica nei loro vicini. Il viso del maschio guayaqui presenta caratteristiche di meticciamento con netto predominio di tratti fisiognomici ariani. Gli altri indiani del Paraguay sono branchicefali, cioe' lunghezza e larghezza del cranio sono quasi equivalenti. I Guayaqui invece sono dolicocefali: il loro cranio è allungato. I Guayaqui "bianchi" sono pallidi come gli Europei nordici. Ci sono però anche i Guayaqui "neri"; essi hanno una pelle che varia nelle diversità del bruno, dal chiaro allo scuro.

Gli occhi sono marrone chiaro nei bianchi, marrone scuro nei bruni. I capelli sono castano chiari o castano scuro con riflessi rossastri. Gli uomini hanno la capigliatura abbondante. La fronte, assai scoperta, lascia indovinare gli effetti della calvizie, fenomeno fisico che non si riscontra mai negli altri Amerindi. Due dei soggetti esaminati avevano perfino capelli ondulati del tipo europeo. L'analisi ha permesso anche di stabilire che presentavano le caratteristiche dei capelli della razza bianca: sezione ovoidale, mentre quella degli altri Amerindi è rotonda. Infine, gli uomini hanno una barba abbondante che ricopre il mento, il labbro superiore e le guance, e hanno della peluria sulle membra, mentre gli altri Amerindi sono generalmente imberbi. L'analisi dattiloscopica, cioè delle impronte digitali, sembrerebbe poi escludere completamente i Guayaqui dalla razza amerindia (nonostante qualche tratto comune) e li collocherebbe nella razza ariana.

Le impronte digitali umane hanno infatti creste epidermiche che possono assumere la forma di archi, riccioli o volute. Le proporzioni delle tre figure varia a seconda delle razze. Negli Europei, i riccioli predominano rispetto alle volute nel rapporto di 2,24 a 1. Negli Amerindi le volute sono nello stesso rapporto di 2,24 a 1. L'analisi effettuata alla facoltà di medicina di Buenos Aires rivela che nei Guayaqui il rapporto e' di 2,66 a 1 per i riccioli. Come risultato delle sue ricerche, de Mahieu trae le seguenti conclusioni: i Guayaqui appartengono ad una razza nordica bianca, leggermente meticciata con elementi amerindi. Questo meticciamento è recente, come prova l'indice cefalometrico: i Guayaqui si discostano troppo dalla media e ciò significa che non hanno avuto ancora il tempo di assimilare gli elementi stranieri.

Come indica la struttura corporea, questi indigeni [...] dapprima erano longilinei come i nordici. Hanno vissuto a lungo sull'Altopiano, il che spiega le caratteristiche brevilinee del tronco, il grande sviluppo del torace e la grande capacità polmonare. I Guayaqui sono dunque discendenti di un gruppo umano di razza bianca e di biotipo longilineo che è vissuto per secoli sull'Altopiano, dove si è prodotto l'allargamento del tronco. In seguito questo gruppo è sceso nella foresta tropicale e subtropicale e ciò ne ha accellerato la trasformazione fisica. Il contatto con le donne amerindie avrebbe finito per apportare al gruppo i geni mongoloidi.

Com'è dunque possibile che non rimanga più alcuna testimonianza diretta delle incursioni vichinghe nell'America del Sud? Jacques de Mahieu lo spiega così: in primo luogo, il commercio d'oltremare era praticato nel Medioevo da gruppi molto chiusi e in forte concorrenza, che custodivano gelosamente il segreto delle loro scoperte.

Del resto, più tardi i sovrani delle grandi potenze marittime, Spagna e Portogallo, punivano con la morte la divulgazione delle carte che tracciavano i cartografi al loro servizio [...] Una carta famosa, tracciata da Martin Waldseemuller, dimostra che all'inizio del XVI secolo si conoscevano bene non solo il Vinland scandinavo, ma, con sconcertante precisione, i contorni dell'America meridionale.

Questa carta, pubblicata nel 1507 in un atlante di 12 tavole, è anteriore al viaggio di Magellano (1520). Essa presuppone conoscenze che soltanto i Vichinghi di Tiahuanaco potevano aver acquisito [...] Dunque, l'esistenza del continente americano era nota ben prima del XVI secolo e quel mondo non era così nuovo come si volle far credere nel 1492. La carta di Martin Waldseemuller mostra che in Germania si conoscevano dati che non erano stati resi pubblici. Per de Mahieu i Vichinghi organizzavano spedizioni regolari verso l'America [...] il gruppo di Vichinghi che si era stabilito fin dall'XI secolo sull'Altopiano e che si era costruito un immenso impero

Tratto da Marcopolo.it

http://it.wikipedia.org/wiki/Martin_Waldseem%C3%BCller

http://en.wikipedia.org/wiki/Martin_Waldseem%C3%BCller

http://images.google.it/images?q=waldseemu...it&start=0&sa=N

www.google.it/search?hl=it&site=img...ers+telenet&oq=

Edited by RAGNOUOMO - 2/2/2013, 09:35
 
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