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Sars-CoV-2, Covid19, terapie - Plasma Iperimmune

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oro
view post Posted on 27/5/2020, 10:35 by: oro

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Qualcuno si è presa la briga di fare una trascrizione scritta di un video delle Iene:

Oggi c’è una grande novità che ha stupito tutti: durante un’audizione in Senato in cui è intervenuto anche il dottor Giuseppe De Donno è stato presentato a sorpresa, cioè senza essere stato ufficialmente invitato, il presidente di Kedrion Biopharma, Paolo Marcucci che ha illustrato un mega progetto farmaceutico legato all’utilizzo del plasma iperimmune contro il COVID-19.

Ma andiamo con ordine: la cura con il plasma iperimmune, sperimentata per la prima volta in Occidente negli ospedali di Pavia e Mantova, ha dato ottimi risultati. E sono partite sperimentazioni in tutto il mondo.

Il ministero della Salute, insieme ad Aifa e all’Iss, ha fatto partire una sperimentazione nazionale. Il cosiddetto progetto “Tsunami”. Come capofila di questo studio, insieme all’ospedale di Pavia, viene scelta l’università di Pisa che ha all’attivo solo due casi di pazienti trattati con il plasma. Mantova invece è stata inizialmente estromessa: avevamo chiesto al ministro Speranza il perché, ma non abbiamo avuto risposta.

Dopo le polemiche a seguito del nostro servizio, Mantova è entrata nella sperimentazione nazionale. E di questo il nostro Alessandro Politi ha parlato con il dottor Giuseppe De Donno, come potete vedere nel servizio qui sopra. Torniamo però all’audizione in Senato di cui vi abbiamo parlato all’inizio.

È il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, a introdurre il presidente di Kedrion. Kedrion è una multinazionale farmaceutica che ha sedi in tutto il mondo, ma quella centrale si trova in Toscana, e ha collaborato spesso con l’università di Pisa finanziando progetti, fondazioni, bandi e concorsi. La Kedrion tra l’altro sponsorizza conferenze web sul plasma in cui, insieme al suo responsabile della ricerca Alessandro Gringeri, ci sono il professor Francesco Menichetti, che dall’università di Pisa guiderà la nuova sperimentazione nazionale, ma anche i direttori dei centri regionali sangue della Lombardia e dell’Abruzzo e anche quello nazionale.

“Chiederò al dottor Paolo Marcucci che ha un’azienda fortemente impegnata in questo studio clinico, magari vi darà qualche aggiornamento su come siamo messi”, ha detto Scaccabarozzi. Prima di ascoltarlo, è importante sapere che il business del plasma nel mondo vale miliardi di euro e che Kedrion Biopharma è della famiglia Marcucci. Paolo è il presidente, la sorella Marialina è stata vicepresidente della Regione Toscana per diversi anni e il fratello Andrea è nel consiglio di amministrazione dell’azienda e capogruppo del Partito democratico al Senato.

Per prima cosa Paolo Marcucci spiega il suo programma a lungo termine: “Il piano di contrasto si identifica in tre elementi. Il primo: l’industria ha risposto all’appello lanciato dagli ospedali fornendo gratuitamente la strumentazione e i kit necessari per l’inattivazione virale”. La Kedrion senza bando di gara, sia perché ha agito in situazione di emergenza vista la pandemia, sia perché non c’è stato scambio di denaro, ha regalato agli ospedali i kit per trattare il plasma iperimmune.

Il progetto però non si ferma qui: “Kedrion intende mettere a disposizione il proprio stabilimento di Napoli Sant’Antimo per inattivare il plasma delle regioni e restituirlo come plasma industriale”. E inoltre aggiunge: “Nel paese ci sono quantitativi sufficienti per garantire la produzione di lotti industriali, così si eviterebbe di eseguire l’inattivazione virale nei singoli centri che è costosa”. Chi lavora questo plasma tutti i giorni però ci ha detto che il costo è bassissimo, come potete sentire nel servizio qui sopra.

Il progetto di Kedrion comunque va oltre: “Il terzo elemento è un passaggio a una fase industriale più avanzata, che è l’utilizzo delle gammaglobuline iperimmuni. Kedrion ha siglato una partnership con Kamada, che è una eccellenza israeliana delle biotecnologie. L’idea è quella di renderle disponibili in termini farmaceutici”. Dal plasma si arriverebbe a un vero e proprio farmaco, che non servirebbe solo a curare i malati ma anche “per rafforzare le difese immunitarie di coloro che sono in prima linea. Penso ai medici, agli infermieri”. Quindi proteggere anche le persone a rischio.

Parliamo di un progetto enorme, che potrebbe fruttare milioni di euro e che partirebbe proprio dal plasma dei nostri donatori che per legge in Italia possono donare solo a titolo gratuito. Se i donatori sapessero di questo progetto, cosa direbbero? Alessandro Politi è andato a parlare con alcuni di loro: “Ti viene da dire ‘allora sai, ciao’”, ci dice una di loro. “Io sono un donatore gratuito, voglio che sia dato gratuitamente a quella persona che devo salvare”, aggiunge un altro.

La Iena interpella anche il professor Santin dell’università di Yale: il plasma standardizzato farmaceutico quanto costerà di più di quello delle donazioni? “Stiamo parlando sicuramente di migliaia di dollari, contro i meno di 100 dollari che in questo momento costa una sacca di plasma. Sapendo però bene che questo si trasforma poi in un farmaco. Guarda che i farmaci vengono ricaricati dieci, cento, mille volte sul costo reale. E le case farmaceutiche producono un prodotto per guadagnarci”.

Ma voi che state trattando migliaia di pazienti con questo metodo, lo fate lavorare dalle case farmaceutiche? “No”. Ci sono dei vantaggi a farlo lavorare da una casa farmaceutica? “Prima di tutto hai un prodotto superconcentrato, essendo piccole quantità le congeli e le puoi mandare in tutto il mondo”. E ha anche degli svantaggi? “Gli svantaggi sono che il plasma sappiamo che funziona perché è carico di anticorpi neutralizzanti, però ci sono alcune delle proteine presenti nel plasma che hanno funzioni antivirali e questa componente nella raffinazione viene persa. Ecco quindi che questi nuovi anticorpi concentrati hanno bisogno di studi per poter dimostrare che funzionano come il plasma”.

La lavorazione industriale quindi sembra lunga, e potrebbe anche non andare a buon fine. Quindi ci sorge una domanda: Kedrion da chi ha avuto mandato di fare il progetto che ha presentato? Lo chiediamo al direttore generale di Aifa, sotto cui è partita la sperimentazione nazionale ‘Tsunami”: “Io non ne so niente, non ero all’audizione e non è compito mio. È di competenza del Centro nazionale sangue. In questa sperimentazione Kedrion non ha nessun ruolo”.

Qui ci tornano in mente le parole del presidente di Farmindustria, che in Senato presenta il presidente di Kedrion in questo modo: “Ha un’azienda fortemente impegnata in questo studio clinico, uno studio nazionale… Per valutare l’efficacia e il ruolo del plasma ottenuto da pazienti guariti dal COVID-19”. Quindi Kedrion c’entra o no in questo studio? Ha vinto oppure no un appalto per lavorare il plasma iperimmune e farlo diventare un prodotto farmaceutico?

E ci viene in mente un altro passaggio apparentemente poco chiaro: “Queste tre fasi sono tutte in corso… sono tutte in forse e le stiamo… perseguendo”, ha detto Marcucci. Ma sono in corso, in forse o le stanno perseguendo?

La Iena parla con Raffaello Stradoni, direttore generale dall’Asst di Mantova. Voi avete un accordo con Kedrion per la lavorazione del plasma iperimmune? “No, per il plasma iperimmune ancora non c’è. Adesso viene preso da singolo donatore a singolo ricevente e viene sempre lavorato internamente”. In Senato il presidente Marcucci dice: “Per dare seguito a questa progettualità stiamo lavorando con la regione Lombardia, Veneto, Toscana, Campania, con l’auspicio che il progetto possa svilupparsi su scala nazionale”. Perché allora Marcucci dice che è una cosa già in atto? “Non ne ho la più pallida idea”, risponde Stradoni.

Alessandro Politi allora va a parlare anche con Carlo Nicotra, direttore generale del policlinico San Matteo di Pavia: a voi è arrivato un accordo che vi invita a mandare il plasma a Kedrion? “Assolutamente no, anche perché in Lombardia questo tipo di gestione del plasma è centralizzato”. Quindi non c’è nessun tipo di previsione di mandare a industrializzare il plasma? “Assolutamente no”. E anche dall’università di Padova ci confermano che non c’è alcun accordo con Kedrion per la fornitura di plasma iperimmune.

Allora la Iena telefona al direttore scientifico dello Spallanzani di Roma, da cui passa l’approvazione di tutte le sperimentazioni nazionali, per chiedere il ruolo della Kedrion. “Non ne so niente di questo”. Ma è previsto che poi il plasma venga lavorato da loro? “Che io sappia no, anzi. Se vuole sapere, starei molto lontano da questi affari che sono sempre difficili da valutare”. Cosa vuol dire? “Se qualcuno pensa di farne un fatto di tipo economico, è un’altra cosa ma preferisco occuparmi di aspetti scientifici. Questo è plasma di convalescenti, conservato nei centri trasfusionali e rinfuso, basta”. Perché dice che starebbe lontano da questi affari? “Perché in questa vicenda del sangue non ho mai capito quale sia la catena e vorrei dire che i cittadini donano il sangue e lo Stato si ricompra il sangue più volte. Ma questa è una cosa che va lontana sul costo del sangue”.

Quello che è certo è che se si deciderà di industrializzare la produzione del plasma iperimmune, una cosa è chiara: “La decisione, questa sì politica, è lo diamo in mano pubblica o privata?”, ci dice Stradoni. “Facciamo una gara o chiamiamo un’università e facciamo fare a lei? Lo affidiamo tramite un controllo o ai militari come in America?”. Se l’accordo l’avessero fatto in questo modo sarebbe stato giusto, il problema è che nell’audizione in Senato è uscita questa persona che sembra che dica ‘lo faccio io’. I rappresentati democraticamente eletti prendano queste decisioni attraverso tutto il gioco democratico”, aggiunge Stradoni.

Ministro Speranza, noi siamo sempre qui. Anche se a noi non vuole rispondere, può almeno controllare che il plasma non diventi un business fatto sulla nostra pelle?

https://www.iene.mediaset.it/2020/news/pla...ss_795057.shtml

Edited by oro - 27/5/2020, 12:33
 
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