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Alzheimer - come combatterla?

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view post Posted on 24/2/2009, 17:20
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CITAZIONE (oro @ 24/2/2009, 15:33)
magari tra qualche anno la "scienza" avrà trovato altre spiegazioni, nuove vie, nuove ipotesi, nuovi coinvolgimenti, spesso anche del tutto opposti a quelli oggi ritenuti solidi e assodati.

Credo di afferrare quel che vuoi dire... tipo come nel nostro caso, che il coinvolgimento dell'insulina potrebbe non essere un fattore totalmente determinante (dico solo per ipotesi eh?!), oppure che esistano altri fattori nascosti e attualmente sconosciuti.

messa giù così però non è molto incoraggiante.
Nel senso che si sa benissimo che la scienza medica non è perfetta, ma spererei almeno in un avvicinamento progressivo alla verità
Come dira "raffinazione" più che sconvolgimento.
Se la soluzione di prima venisse capovolta, significherebbe che era completamente errata.
 
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view post Posted on 24/2/2009, 17:30

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Come sempre si è verificato nel corso dei tempi.

Ma alcune realtà di fondo, anche se solo concausali, sono assodate e non credo possano cambiare se non per quanto riguarda il profilo endobiodinamico.

E' chiaro che l'eccesso di carboidrati raffinati è una concausa importante anche in questi casi. Ma si parla ancora troppo poco di micotossine, ad esempio.

E si trascurano completamente o quasi fenomeni di parassitosi, ad esempio da ossiuri, comunque da "vermi".

E ancor più si tendono a trascurare alcune cause prevalentemente psichiche, da associarsi alle altre, non indipendenti.
 
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rubinia
view post Posted on 27/2/2009, 10:53




dal repubblica di oggi

http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/s...mer-prioni.html
CITAZIONE
Le proteine prioniche, che, in versione alterata sono responsabili di diverse malattie come il morbo della mucca pazza, potrebbero essere alla base anche dell'Alzheimer. Solo nel momento in cui i frammenti di beta amiloide, le proteine che si accumulano nel cervello di chi è colpito dalla malattia, interagiscono con queste, infatti, danneggiano i neuroni. Proprio questa interazione causerebbe i danni neurali alla base della demenza, spiega Stephen Strittmatter della Yale University School of Medicine di New Haven, su Nature.

L'Alzheimer è la forma più diffusa di demenza senile. "Rappresenta una delle maggiori sfide sanitarie e sociali del nostro tempo e oggi i malati sono 24 milioni in tutto il mondo, 500mila in Italia, e nei prossimi vent'anni si stima che raddoppieranno", dice Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, la maggiore organizzazione nazionale non profit dedicata alla promozione della ricerca medica e scientifica sulle cause e la cura della malattia, al supporto e sostegno dei malati e dei loro familiari e alla tutela dei loro diritti.

Le cause della malattia non sono note, ma si sa che nel cervello si accumulano frammenti di proteina beta-amiloide, tossici per i neuroni che progressivamente muoiono, causando nei pazienti deficit di memoria sempre più gravi, oltre ad un peggioramento graduale del ragionamento, del linguaggio, fino ad arrivare ad una compromissione dell'autonomia funzionale e della capacità di svolgere le normali attività quotidiane. "Era un mistero", chiarisce il professor Strittmatter. "Sapevamo che la beta-amiloide è dannosa per il cervello, ma non in che modo ciò accadesse", aggiunge.

Ora, professore e colleghi ritengono di aver osservato il meccanismo con cui si attiva la degenerazione dei neuroni: i frammenti di beta-amiloide si legano a proteine prioniche. Queste proteine sono normalmente innocue ed esistono in diverse cellule, ma in alcuni rari casi mutano, causando malattie come il morbo della mucca pazza o la malattia di Creutzfeldt-Jacob. Quando i peptidi beta-amiloide si legano alle proteine prioniche cellulari, fanno precipitare i danni alle cellule nel cervello.

"E' una scoperta interessante", commenta il professor Fabrizio Tagliavini, direttore del dipartimento di malattie neurodegenerative dell'Istituto Carlo Besta di Milano, esperto della malattia. "Negli ultimi anni si è scoperto che il danno nell'Alzheimer è dovuto non tanto alla forma finale degli amiloidi - le aggregazioni proteiche considerate le principali responsabili della patologia - ma alle forme iniziali di aggregazione, più piccole, chiamate oligomeri. Queste formazioni tossiche danneggiano le cellule nervose in modo grave, alterano le sinapsi e processi di base della memoria" spiega il professore.

Non era però chiaro come avviene questo processo. "Questo lavoro ora indica che la proteina prionica cellulare funziona da recettore per questi oligomeri, ed è un punto centrale del processo di neurotossicità. E suggerisce così un nuovo target per potenziali terapie", conclude.

 
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view post Posted on 27/2/2009, 11:04

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E' un punto di ricerca interessante.

Comunque, traggo in qua e in là:

Il termine Prione è stato coniato nel 1982 da Stanley Prusiner, per denominare una particella infettiva con caratteristiche inedite, in particolare la resistenza ai raggi U.V., la mancanza di acidi nucleici e la composizione esclusivamente proteica (pr per proteina, i per infettiva e one per particella). Si tratta di una particella infettiva di natura proteica (glicoproteina), priva di acido nucleico e resistente quindi all'azione degli enzimi che distruggono l'RNA ed il DNA.
La sua struttura ultramiscroscopica è diversa da quella dei virus e pertanto non può essere considerato nè un virus nè un viroide (cioè una struttura dotata di acido nucleico), nè tantomeno un fungo, un batterio od un parassita.

L'isoforma fisiologica della proteina Prionica (PrPC, Prion related Protein) è presente sulla superficie di tutte le cellule nucleate, ma è maggiormente espressa nei neuroni e viene codificata da un gene situato sul braccio corto del cromosoma 20 dell'uomo. Il suo ruolo è sconosciuto, si sa che è una proteina che lega il Rame.

La proteina Prionica esiste però in dueisoforme [Korth_1997], PrPC e PrPSc, che hanno peso molecolare e sequenza aminoacidica identici ma differiscono nella struttura terziaria e quaternaria: PrPC (o PrP-sens), isoforma normale già sopracitata, sensibile a detergenti e proteasi, e PrPSc (o PrP-res), isoforma patologica, parzialmente resistente a detergenti e proteasi, che quando viene trattata con queste sostanze dà origine alla PrP27-30.

PrPSc e PrP27-30 sono correlate invariabilmente con le TSE (encefalopatie spongiformi trasmissibili) e l'isoforma PrPC presenta un polimorfismo associato specificamente con alcune TSE.

Si ipotizza che l'isoforma PrPSc trasmetta la sua caratteristica resistenza all'isoforma PrPC, e che questo provochi un accumulo di materiale proteico che causerebbe la malattia [Weber_1997, Weber_1999]. Questo tipo di modificazione strutturale, da una conformazione prevalentemente alfa-elicoidale ad una forma denominata beta-PrP è stata riprodotta in vitro, e l'attitudine della forma beta-PrP a costituire aggregati fibrillari sembra fornire un plausibile meccanismo molecolare della propagazione del Prione [Wadsworth_1999].

Il Prione esiste in due forme. Quella normale, innocua (PrPc), può cambiare la sua forma e diventare patogena (PrPSc). La conversione da PrPc a PrPSc procede poi con una reazione a catena. Quando viene raggiunta una concentrazione sufficiente di proteine PrPSc, queste si aggregano a formare un lungo filamento che gradualmente danneggia il tessuto neuronale.

La proteina prionica (PrPc) è generalmente innocua. Nella forma benigna, il suo scheletro si ripiega formando diverse eliche (mostrate come spirali nel plausibile modello a nastro a sinistra, e come cilindri nello schema in alto a destra). La PrPc si converte nella forma infettiva (PrPSc) quando gran parte dello scheletro si distende, formando i cosidetti filamenti beta (rappresentati come frecce nella struttura ipotetica in basso a destra). I siti in rosso nel modello a nastro della PrP normale evidenziano posizioni nelle quali la sostituzione di un amminoacido promuove probabilmente l'avvolgimento nella forma infettiva della molecola.

E' stata dimostrata l’esistenza, all’interno della proteina prionica, di una struttura con notevole stabilità se disposta a quattro a-eliche, che però è pure molto stabile in conformazione b-sheet; anche studi di diffrazione di raggi X hanno convalidato il modello della conversione da a-elica a b-sheet. Inoltre poiché il blocco della sintesi proteica porta ad un arresto della formazione di PrPSc è probabile che nella transizione da PrPC (a-elica) verso PrPSc (b-sheet) sia essenziale l’azione di altre proteine cellulari, molto probabilmente tipo chaperonine.

Edited by oro - 27/2/2009, 11:22
 
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SILVY64
icon13  view post Posted on 30/6/2010, 12:43




BUONGIORNO, HO LETTO CON INTERESSE LA SUA TESTIMONIANZA SULL'ALZHEIMER. MIA MAMMA, 76 ANNI, HA UN INIZIO DI ALZHEIMER E VORREI PROVARE ANCH'IO A CURARLA OMEOPATICAMENTE. PUO' DARMI QUALCHE CONSIGLIO IN MERITO? IO E LA MIA FAMIGLIA SIAMO SEGUITI DA ANNI DA UN OMEOPATA E PENSAVO DI FAR AFFIDAMENTE SU DI LUI MA AVREI PIACERE DI CONFRONTARMI ANCHE CON LA SUA ESPERIENZA.
GRAZIE MILLE. SALUTI
SILVY
 
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view post Posted on 30/6/2010, 16:57
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Ciao Silvy.

Innanzitutto faccio gli auguri a tua madre e a voi famigliari, affinché affrontiate questa malattia nel migliore dei modi.
E' un'esperienza che riserva anche momenti difficili naturalmente, ma ... si fa quel che si può, giusto?!
A posteriori, si possono fare bilanci e vedere la cosa nel suo insieme, per cui ora posso dire che tutto sommato non è andata troppo male: il decorso della malattia si sa qual è, per cui l'ottica in cui ci si deve mettere deve tenere presente che attualmente non ci sono rimedi veri e propri, ma che si deve cercare almeno di rallentare il più possibile le perdita delle facoltà della persona. In più credo che se si riesce ad assicurarle una vita dignitosa e a darle quel qualcosa di cui ha bisogno, nel momento in cui ha bisogno è comunque un successo.
Dunque, i nomi dei farmaci omeopatici non li ricordo tutti (erano 3), ma di quello che mi ha dato più soddisfazioni me lo ricordo bene. FInché chiedo se si può metterli nel forum te li mando per messaggio privato.

E' probabile che il tipo di aiuto che riuscirete a darle voi, oggi, sia molto meglio di quello che sono riuscito a trovare io.
Per cui sarebbe bello e magari utile anche per altri se riportassi anche qui sul forum tutto quanto possa essere utile. Tipo di cure, farmaci, consigli etc.etc.
Anzi più gente partecipa e meglio è.
Ignoro oggi che tipo di farmaci offra la terapia del SSN, e se è ancora a livello sperimentale.
Io non ho fato niente di alternativo alle terapie ufficiali, ma le ho integrate con altro tipo di aiuto ;)
Se all'epoca avessi conosciuto "Oro", ad esempio avrei fatto tesoro delle indicazioni che ha riportato qui sul forum.
Oggi magari integrerei con qualcos'altro, ad esempio io ho usato anche il reiki che facevo in sedute, ma in modo non regolare. Però successivamente sono venuto a conoscenza anche del Pranic healing che per esperienza ritengo molto efficace e altre cose ancora.
E' qualcosa che ha un approccio totalmente diverso dai precedenti, ma... come si dice: tutto fa brodo.
Eppoi un altro fattore molto importante che ho imparato a considerare con il tempo è stato quello che forse è alla base di tutto, cioè: Lei/Lui (ammalato) la sua storia, la sua volontà intesa come "essere" umano e spirituale.

Comunque il mio piano è stato più o meno il seguente.
Non avendo la benchè minima nozione in materia, ho semplicemente fatto il ragionamento da due lire: devo trovare qualcosa che faccia bene "là" cioè aiutasse la vita e la salute cerebrale.
Dunque, la cosa che ho fatto io è stata quella di iniziare a girare e chiedere e informarmi e alla fine mi sono orientato in prodotti adatti a per affrontare problemi di arteriosclerosi, carenze microcircolatorie, o integratori che aiutassero.
Qualcuno in particolare mi ha lasciato una soddisfazione maggiore.

Mi sono concentrato per così dire nel posto dove il problema mostra il suo effetto, ma probabilmente se si riuscisse a risalire anche un po' di più alle possibili cause, magari non sarebbe male. Naturalmente sono sconosciute per la scienza ufficiale, non di meno però si possono fare delle ipotesi e perseguire dei tentativi - con avvedutezza.
Ancora auguri.
 
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SILVY64
view post Posted on 1/7/2010, 12:05




ciao Ayni, grazie innanzitutto del prezioso aiuto anche morale...ho preso appuntamento dall'omeopata e nel frattempo curiosando qua e la' su internet ho trovato che potrebbe essere d'aiuto a mia madre NUTRIMAX a base di un'alga molto preziosa che per ora ha contribuito a tirarla un po' su di spirito però non ha migliorato la memoria, ha alti e bassi e oltretutto mi sembra che non abbia più voglia di cucinarsi però accetta di buon grado le attenzioni di noi figlie.....resto in attesa se possibile del nome del rimedio. a presto ciao
 
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SILVY64
view post Posted on 9/7/2010, 12:38




ho letto tutte le opinioni di ORO...mia madre è diabetica ed ho ancora vivo il ricordo di tutti i cibi cucinati e conservati nelle pentole di alluminio!!!!! mi sono chiesta : Come si ci può sottoporre alla terapia chelante? Basta una semplice richiesta al medico?
 
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view post Posted on 9/7/2010, 16:15
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Eh, il doc (oro) passa saltuariamente a quanto pare. Lui ti può dare delle indicazione più precise sulla terapia chelante più su misura, perciò magari prova a mandargli un messaggio privato con cui lo avverti. E poi magari fateci sapere gli sviluppi... ;)
Auguri.

Pentole di alluminio. Si pensi che è molto usato in tutti i ristoranti e le cucine perchè trasmette bene il calore per una cottura migliore.
Però a quanto pare , e chiedo anche conferma su questo se c'è qualcuno di più informato, il problema non sarebbe tanto il cucinare, quanto il "conservare" gli alimenti là dentro. Che andrebbe perciò evitato.
 
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view post Posted on 9/7/2010, 23:44

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Il problema è anche nel cucinare, probabilmente minore ma non è certo.

Prima di procedere alla terapia chelante vera e propria sarebbe bene indagare una eventuale presenza di metalli pesanti ma vi è da considerare che questa terapia è considerata la terapia antinvecchiamento per eccellenza e che se non esistono le controindicazioni specifiche si può ad essa accedere per trarne giovamenti di vario genere.

Nell'Alzheimer è certamente una terapia che consiglio, se possibile.

Il medico classico probabilmente non la conosce, non è una terapia classica ed è anche piuttosto costosa, sui 120 euro a seduta, , minimo 10 sedute ma in questi casi ne potrebbero servire anche 30.

Per farsene una minima idea c'è questo sito: www.terapiachelante.it/index2.htm

Nella Terapia Chelante qui considerata l'EDTA è solo una delle tante sostanze utilizzate.
 
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view post Posted on 27/7/2010, 18:05

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Ah, si, giusto perchè a volte mi si taccia di "diagnosi scorrette" o di invenzioni diagnostiche, ho ritrovato questo, è un pò vecchiotto ma può essere utile, è tratto da Le Scienze, edizione italiana di Scientific American - 14 Marzo 2005 :

I suoi fattori di crescita vengono espressi nei neuroni del cervello
Un legame fra insulina e Alzheimer

La scoperta che l'insulina e i suoi fattori di crescita vengono prodotti anche nel cervello fa crescere le possibilità di un diabete di tipo 3

APPROFONDIMENTI

Alzheimer ed eccesso di insulina Le cause molecolari del diabete Uno stesso enzima degrada insulina e peptidi beta-amiloidi
I ricercatori del Rhode Island Hospital e della Brown Medical School hanno scoperto che l'insulina e le proteine a lei collegate vengono prodotte anche nel cervello, e che livelli ridotti di entrambe sono associate alla malattia di Alzheimer. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul numero di marzo della rivista "Journal of Alzheimer's Disease". "Abbiamo scoperto - afferma la neuropatologa Suzanne M. de la Monte, principale autrice dello studio - che l'insulina non viene prodotta soltanto nel pancreas, ma anche nel cervello. E che l'insulina e i suoi fattori di crescita, necessari per la sopravvivenza delle cellule cerebrali, contribuiscono alla progressione dell'Alzheimer. Tutto questo fa salire la possibilità di un diabete di tipo 3". In precedenza era noto che la resistenza all'insulina, una caratteristica del diabete, era legata alla neurodegenerazione. Anche se gli scienziati sospettavano un legame fra diabete e morbo di Alzheimer, questo è il primo studio a fornire prove di questa connessione. Studiando un'anormalità genetica nei ratti che blocca la segnalazione dell'insulina nel cervello, i ricercatori hanno scoperto che l'insulina e i suoi fattori di crescita IGF I e II vengono espressi nei neuroni in diverse regioni del cervello. Inoltre, gli scienziati hanno determinato che un calo di produzione di insulina nel cervello contribuisce alla degenerazione delle cellule cerebrali, uno dei primi sintomi dell'Alzheimer. "Queste anormalità - spiega de la Monte - non corrispondono al diabete di tipo 1 o di tipo 2, ma rispecchiano un processo differente e più complesso che ha origine nel sistema nervoso centrale".
 
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view post Posted on 27/7/2010, 18:48

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Inoltre, dati come questi, confortati da riscontri successivi, indicano che il fegato potrebbe avere un problema a monte e rappresentare un serio rischio di diabete il quale può essere collegato all'Alzheimer:


Intervenire sul fegato per curare il diabete?

Che il diabete non sia una malattia solo del pancreas è un concetto ormai largamente condiviso nella comunità scientifica. Il fegato in primo luogo, ma anche il tessuto adiposo e quello muscolare sono spesso la sede di alterazioni del metabolismo che si trovano a monte, sono cioè la causa, di quelle che si verificano nel pancreas. Un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora negli Stati Uniti, ha identificato il principale meccanismo molecolare che regola la produzione di glucosio da parte del fegato (gluconeogenesi o neoglucogenesi). Tutto ruoterebbe intorno ad una molecola (GCN5) che funziona da interruttore nelle cellule del fegato. In presenza di GCN5 il fegato smette di produrre glucosio e riprende a farlo quando i livelli di questa molecola scendono. Per ora si tratta solo di dati sperimentali su cellule in coltura e su topi, ma certamente questa scoperta apre la strada a possibili nuovi trattamenti farmacologici del diabete.

Fonte: Lerin C et al. Cell Metab. 2006 Jun;3(6):429-38.

 
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SILVY64
view post Posted on 29/7/2010, 12:40




scusa la domanda...ma l'insulina fa peggiorare i sintimoni dell'alzheimer?
 
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view post Posted on 29/7/2010, 21:01

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Dunque, una corretta produzione di insulina a livello neuronale o cerebrale che dir si voglia protegge dall'Alzheimer, in questo caso (definito in via ufficiosa Diabete di Tipo 3), il neurone non produce insulina (e proteine collegate) a sufficienza, quindi vi è una carenza insulinica, nociva.
 
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view post Posted on 9/9/2010, 09:55

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http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/...lo/lstp/319922/


Una nuova potente arma contro l’Alzheimer: la vitamina B

Rallentare o addirittura arrestare la progressione devastante della malattia di Alzheimer utilizzando una vitamina.

Lo studio

Sembrerebbe una soluzione troppo semplice, facile. Eppure è quanto hanno scoperto scienziati britannici: la vitamina B può rallentare o arrestare la progressione della demenza, o malattia di Alzheimer.

Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford, ha coinvolto 168 pazienti poi suddivisi a caso in due gruppi. Agli appartenenti al primo gruppo è stata data da assumere una compressa giornaliera contenente alte dosi di vitamine del gruppo B, acido folico, B6 e B12, il tutto per due anni. A quelli del secondo gruppo, o gruppo di controllo, un placebo.
Dai risultati si è scoperto che questa supplementazione riduce dal 30 al 53% il marcato restringimento del cervello associato alla demenza. Una scoperta rivoluzionaria che suggerisce come, spesso, le soluzioni non devono necessariamente essere complicate.

«E’ una soluzione molto semplice: dare a qualcuno delle vitamine e proteggere il cervello», ha commentato un co-autore dello studio, il dottor David Smith, sulle pagine della rivista PloS One (Public Library of Science ONE). I «risultati sono estremamente promettenti», ha poi aggiunto, e questo, a detta dei ricercatori, potrebbe aprire un’interessante discussione se i supplementi a base di vitamina B debbano essere prescritti a tutte le persone con la Mild Cognitive Impairment (MCI) – un’anticamera della demenza e Alzheimer che si sviluppa nella metà delle persone colpite.

A detta degli scienziati, questo è il primo studio a mostrare una speranza che potrebbe rivoluzionare tutta la ricerca in merito. Sei si tiene conto che solo nel Regno Unito 500 persone ogni giorno sviluppano l’Alzheimer, la possibilità di tagliare questa incidenza anche solo del 10% avrà un significativo impatto, sottolineano gli scienziati.

A provocare il restringimento del cervello, che nei limiti è un fenomeno naturale con l’avanzare dell’età, si ritiene sia una sostanza chiamata omocisteina, un aminoacido presente nel sangue. Tuttavia nelle persone anziane che presentano livelli più elevati di omocisteina, si mostra un maggiore restringimento del cervello. La vitamina B potrebbe essere l’arma per combattere questo restringimento anormale poiché regola la presenza di questo aminoacido nel sangue.

Anche se altri scienziati si dicono scettici nei confronti delle vitamine, il professor Smith e colleghi ritengono che questi risultati siano degni di nota e maggiori di quello che ci si poteva aspettare.
«E' nostra speranza che questo semplice e sicuro trattamento ritarderà lo sviluppo della malattia di Alzheimer in molte persone che soffrono di lievi problemi di memoria», conclude Smith.

Il 21 settembre 2010 ci sarà la XVII Giornata Mondiale dell’Alzheimer, e questa potrebbe essere una buona notizia per tutte le persone coinvolte in questa problematica.
(lm&sdp)
+ ALZHEIMER ITALIA
 
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