| Barbanera3 |
| | CITAZIONE Esistono dei punti oscuri Barbanera ... aveva scoperto delle affinità tra gli etruschi e le popolazioni dell'Anatolia ... Non è il caso di entrare nei dettagli, ma questo tipo di ricerche genetiche presenta dei limiti e notevoli margini d'incertezza. "La civiltà micenea della età del bronzo durò, secondo il Montelius, a lungo. La ceramica permette di distinguere quattro periodi, e la fine del terzo corrisponderebbe al XV secolo a.C. Ceramiche di quest'epoca sonosi rinvenute in Egitto (XVIII dinastia), e sono di quest'epoca la maggior parte delle camere sepolcrali di Micene, Orcomeno, e Vaphio. I Pelasgi ed i Tirreni furono i portatori della civiltà micenea. L'espulsione dalla Grecia li volse all'Asia Minore un'altra volta, e all'Occidente [...]; e queste migrazioni furono conosciute in Italia come quelle dei Tirreni. Da quest'epoca cominciarono differenze cospicue in Italia, fra le regioni separate dall'Appennino. La civiltà etrusca non è che l'ultima fase della civiltà micenea, la quale non è che una fase della orientale, l'hethea. Ciò spiega la rarità dei veri tipi micenei dell'Etruria; nel secolo XV il miceneo era già in decadenza. Per cui, dice il Montelius "io credo che i dati archeologici confermino le migrazioni degli Etruschi in Etruria e nel bolognese, cui ci hanno tramandato Erodoito e Tito Livio". linkContrapponendosi alla vecchia teoria dell'immigrazione da Oriente, di origine erodotea, G. De Santis e L. Pareto sostennero l'ipotesi autoctonista, in quanto sembrava loro più consona ai risultati delle ricerche archeologiche.linkIl mondo degli Etruschidi Massimo Pallottino "Che la Toscana come entità storica tragga le sue lontane origini dal mondo degli Etruschi o Tusci,che l'abitarono e le lasciarono il nome,è un concetto gia' vigorosamente affermato dagli eruditi del secolo XVIII.Si sa bene che il territorio etrusco - cioè l'Etruria o Tuscia costituente la settima regione d'Italia ai tempi di Augusto - era notevolmente più esteso della Toscana comprendendo anche tutte le parti del Lazio e dell'Umbria attuali situate sulla riva destra del Tevere.Ma l'Etruria meridionale fin dall'età romana e poi nel corso del Medioevo come Patrimonio di S.Pietro era venuta a poco a poco gravitando culturalmente e politicamente verso Roma (pur conservando anch'essa a lungo il nome di "Tuscia" o "Tuscia romana");nè le testimonianze delle sue antiche e gloriose città quali Caere,Tarquinia,Vulci,Volsenii riemergeranno alla luce della cultura,salvo scoperte sporadiche,prima degl'inizi dell'Ottocento.Cosicche' la Toscana alle soglie dei tempi moderni si trovò ad essere la naturale erede spirituale dell'antica Etruria,e a raccoglierne e rievocarne le memorie [...]
I Greci li avevano conosciuti con il nome di Tirreni (Tyrsenoi,Tyrrhenoi,nella forma dorica Tyranoi),e sin dai tempi più remoti della colonizzazione ellenica delle coste dell'Italia meridionale e della Sicilia,cioè dall'VIII secolo A.C.,ne avevano sperimentato e temuto la potenza navale - soprattutto su quel mare che da loro appunto fu denominato Tirreno - creando intorno ad essi una fama di pirati leggendari.I popoli italici li denominarono invece Turskus,Tusci (da Tursci) o altrimenti Etrusci.Ma è interessante notare che sia il nome greco sia il nome italico derivano,con diversi suffissi,da un'antica radice Turs-,di cui ignoriamo l'origine.D'altra parte sappiamo dallo storico Dioniso d'Alicarnasso che gli Etruschi si designavano da loro stessi con un nome del tutto diverso,cioè Rasenna,che effettivamente è testimoniato più volte dalle iscrizioni etrusche nella forma Rasna.
Se per la tradizione letteraria greca gli Etruschi appaiono essenzialmente ricordati come navigatori,la tradizione romana formata più tardivamente ne sottolinea piuttosto l'estensione territoriale e la supremazia politica su tanta parte dell'Italia:non soltanto sul loro paese originario,cioè l'Etruria vera e propria,ma anche sul Lazio e sulla Campania e,oltre l'Appennino tosco-emiliano,nella pianura padana.Catone il Vecchio [...]parlava addiritturadi un dominio etrusco su quasi tutta l'Italia;e lo stesso Tito Livio,il grande storico di Roma,insiste sulla presenza attiva degli Etruschi dalle Alpi fino allo stretto di Messina.Può darsi che vi sia stata qualche esagerazione nel ricordare questa passata grandezza [...] Purtroppo ci manca proprio la diretta testimonianza di un'autentica tradizione storica degli Etruschi la cui letteratura nazionale andò del tutto perduta.
Ma anche e soprattutto alla luce dei dati archeologici noi possiamo considerare certa l'esistenza di una fase di particolare potenza e ricchezza del mondo etrusco nel periodo arcaico fra l'VIII e il V secolo A.C. [...] Il fatto è che l'Etruria fiorì precocemente,con un'esplosione di vita prorompente intorno ai suoi grandi centri produttori di metalli,rame,piombo,argento,ferro,materie prime preziose e ricercatissime in quei tempi - pensiamo alle miniere delle Colline Metallifere e dell'isola dell'Elba - ;con mercati aperti ad ogni genere di importazioni orientali [...];essa stessa creatrice ed esportatrice di proprie mercanzie attraverso una vastissima rete di commerci marittimi,in gara con i Fenici e con i Greci;faro di attrazione,motore di sollecitazione e,inevitabilmente,zona di irradiazione di colonizzazioni e conquiste territoriali in una Italia ancora in gran parte attardata a livelli di cultura preistorica,specialmente nell'interno della penisola e nel settentrione.
Ma tutto questo avvenne in un'epoca in cui la documentazione scritta era appena all'inizio e in cui non si era ancora formata una solida e circostanziata tradizione letteraria storiografica e geografica del mondo classico.E altrettanto precocemente l'impulso dell'espansione politica/economica etrusca si esaurì come in una rapida fiammata,proprio mentre la Grecia raggiungeva,nel V e nel IV secolo,il punto culminante del suo sviluppo creativo nelle istituzioni,nel pensiero,nell'arte,tale da lasciare un'impronta indelebile nella storia del progresso umano;e prima che Roma iniziasse la sua ascesa [...] In questo senso si è parlato e si parla di una provenienza degli Etruschi per via di mare dall'Oriente,o di una loro calata terrestre da settentrione,o di una loro autoctonia,nel senso che essi debbano identificarsi con i più antichi abitatori della penisola anteriore all' "invasione" degli Indoeuropei.
Il punto essenziale sta nel carattere della lingua etrusca che,per quanto sappiamo,almeno nelle sue strutture originarie della grammatica e del vocabolario,non appartiene al ceppo linguistico indoeuropeo dal quale derivano invece le lingue latina,umbro-sabellica,venetica,messapica,cioè le lingue parlate dalla maggioranza dei popoli italici storici.Cosicchè ci si può chiedere se questo sostanziale isolamento,già avvertito dagli antichi,sia da spiegare attribuendo le lontane origini della lingua etrusca ad una stratificazione linguistica mediterranea preesistente al diffondersi in Italia delle lingue indoeuropee,come porterebbero a credere certe affinità con la toponomastica - cioè i nomi di luoghi,monti,fiumi,contrade,località abitate ecc. - che ha carattere pre-indoeuropeo;ovvero immaginando una intrusione più o meno recente di portatori della lingua etrusca dall'esterno,possibilmente dall'area egea o anatolica,come suggerirebbe tra l'altro l'indubbia somiglianza dell'etrusco con il dialetto parlato nell'isola di Lemno in epoca arcaica prima della conquista ateniese.A quest'ultimo proposito va ricordato che alcuni storici greci ricollegavano i Tirreni proprio con i Pelasgi abitatori dell'isola di Lemno,nell'ambito delle leggende relative alla presenza del misterioso popolo navigatore dei Pelasgi in Italia;mentre un'altra versione,assai accreditata nell'antichità perchè risale ad Erodoto,faceva arrivare gli antenati degli Etruschi dall'Asia Minore e precisamente dalla Lidia (ma in realta' non esiste nessun rapporto fra la lingua etrusca e la lingua lidia).
Comunque è evidente che la nazione etrusca come entità storica definita in tutti i suoi aspetti etnici,politico-sociali,culturali non può identificarsi con questa o quella componente preistorica alla quale ci richiamano piuttosto vagamente gli elementi linguistici o singole tradizioni erudite della letteratura classica.La stessa lingua etrusca ,quale ci è nota dai testi almeno a partire dal VII secolo A.C.,presenta sensibilissime tracce di reciproche influenze e commistioni con le lingue italiche indoeuropee,tali da suggerire un lungo processo di contatti e sviluppi comuni.ANCHE I NOMI PERSONALI RIVELANO UNA POPOLAZIONE MISTA con fattori di diversa provenienza.Tutto fa presumere dunque che la nascita del popolo etrusco debba esser concepita nel senso di una LENTA E COMPLESSA FORMAZIONE piuttosto che in quello di un'improvviso arrivo di colonizzatori o di invasori esterni [ TANTO PER FARE UN ESEMPIO, LE COLONIE GRECHE IN ITALIA MERIDIONALE]: ciò che del resto è ormai generalmente ammesso dai piu' autorevoli indagatori di questo problema.In ogni caso è da escludere che gli Etruschi possano essere immigrati in massa in Italia COME NAZIONE GIA' FORMATA dall'Oriente agli albori dei tempi storici,parallelamente alla colonizzazione greca e portando con se' la cosidetta "cultura orientalizzante" [...] fonti storiche antiche che parlano di immigrazioni di Tirreni e di Pelasgi per una fase molto più remota,cioè per i tempi eroici della Grecia intorno alla guerra di Troia,che corrispondono all'età micenea della fine dell'Età del Bronzo.
Le più recenti scoperte archeologiche hanno dimostrato la presenza in Etruria di tracce di commercio miceneo;ed effettivamente è possibile che in quelle fasi di intense attività marittime e di movimenti etnici che accompagnano e seguono il crollo del mondo miceneo,fra il XIII e il XI sec A.C.,gruppi di navigatori orientali si siano installati sulle coste tirreniche:ciò che spiegherebbe le già citate consonanze linguistiche con l'Egeo.Il FORMARSI DELL'ETHNOS etrusco vero e proprio avrebbe luogo,con il sostanzioso concorso degli ELEMENTI INDIGENI preindoeuropei e indoeuropei,fra l'Età del bronzo e l'Età del ferro,in quei periodi che archeologicamente definiamo "tardo-appenninico" e "protovillanoviano",culminando nell'apparizione dei grandi centri storici dell'Etruria durante il periodo "villanoviano"(IX-VIII secolo) [QUESTO E' UN PUNTO MOLTO INTERESSANTE].
Anche l'altro proverbiale "enigma" della lingua etrusca e' stato ormai ridimensionato [...]S'intende che qui non si tratta di un problema di "decifrazione" come ancora si sente spesso ripetere erroneamente,o impropriamente,da parte degli inesperti.In verità i testi etruschi sono scritti in un alfabeto greco leggibilissimo,ricevuto dai primi coloni ellenici provenienti dall'isola di Eubea e adattato ai suoni della lingua etrusca.Lo stesso alfabeto fu accolto più o meno contemporaneamente,con qualche variante,dai Latini.Recenti ritrovamenti fatti nella colonia euboica di Pitecusa ad Ischia,in Etruria e nel Lazio ci consentono di precisare sempre meglio le modalità di questo processo di adozione della scrittura,avvenuta senza dubbio verso la fine dell'VIII secolo e che costituisce uno degli aspetti essenziali dell'ingresso del mondo tirrenico nella luce della storia.u>La vera questione consiste nel comprendere il significato dei documenti e nel definire i caratteri della lingua.Ora si sa che il materiale a nostra disposizione è piuttosto scarso.Esso non è neppure lontanamente paragonabile a quello delle grandi lingue di cultura parlate in Italia nell'antichità come il greco e il latino,anche se è il più abbondante lasciato dagli altri popoli del mondo italico.
Purtroppo,nessuno scritto originale ci è stato tramandato attraverso i secoli come per la letteratura greca e latina,perchè la lingua etrusca non era più parlata nè compresa alla fine dell'epoca antica.Il solo manoscritto superstite consiste nei frammenti di un libro su tela che,in seguito a casi sconosciuti,finì con l'essere adoperato per fasciare una mummia egiziana:trovato in Egitto nel secolo scorso,si conserva ora nel Museo Nazionale di Zagabria;proveniva dall'Etruria settentrionale,forse dal territorio di Chiusi,e contiene parte di un calendario rituale.E' uno dei pochissimi testi etruschi scoperti fuori d'Italia.Per il resto possediamo iscrizioni sacrali,funerarie,esplicative,in numero di parecchie migliaia,ma soltanto pochissime di una certa lunghezza e in grande maggioranza consistenti soltanto di nomi propri.L'onomastica personale è simile a quella latina,con prenome,nome gentilizio e patronimico (cioè il prenome paterno al genitivo);ma a differenza dei Romani gli Etruschi usavano anche il metronimico,vale a dire il nome della madre con il proprio gentilizio;aggiungevano raramente il cognomen.I nomi di divinità sono spesso simili a quelli greci e latini (per esempio Menerva=Minerva);altri,senza dubbio più antichi,ne differiscono totalmente (Tin,Tina=Giove).Un grande numero di nomi mitologici greci appaiono trascritti in forma etrusca specialmente nelle scene figurate delle incisioni degli specchi di bronzo [...]
Le epigrafi funerarie,le dediche più brevi,le didascalie si traducono senza gravi difficoltà proprio perchè contengono in gran parte nomi propri e presentano formule analoghe a quelle dell'epigrafia greca e latina.Nei testi di maggiore lunghezza e complessità le difficoltà sono proporzionalmente più gravi:spesso ne intendiamo il contenuto generale,ma il senso di molte parole e di molte frasi resta inafferrabile!Ciò dipende essenzialmente dalla mancanza di confronti esterni con altre lingue conosciute,come dimostra il fallimento di ogni tentativo fatto nel passato per stabilire una stretta parentela originaria dell'etrusco con lingue indoeuropee o semitiche o ugro-finniche ecc.[...] Pur con queste limitazioni e difficoltà si può affermare che ci è dato oggi riconoscere o intravvedere la sostanza della struttura grammaticale dell'etrusco ed una parte rilevante,e sempre crescente,del suo vocabolario.Lo sviluppo della civiltà etrusca s'inizia,come già si e' detto,nel periodo Villanoviano,caratterizzato dalla cremazione,dai cinerari d'impasto nero di forma biconica,dalla decorazione a disegni geometrici rettilinei,dalla piccola plastica con figurine umane e animali schematiche di bronzo o di terracotta;nelle fasi più recenti,dal moltiplicarsi e arricchirsi delle suppellettili di bronzo laminato lavorato a sbalzo,dall'apparire della ceramica dipinta geometrica d'importazione o d'imitazione greca,dal progressivo prevalere dell'inumazione.
Questa cultura,ben distinta dalle altre manifestazioni dell'Età del Ferro italiana per la sua impronta unitaria e intensamente evolutiva,è tipica appunto dell'area dell'Etruria,con qualche diffusione sporadica e marginale oltre gli Appennini (Emilia,con particolare riguardo a Bologna,Romagna,Marche)e nell'Italia meridionale(costiera salernitana,Valle del Tanagro):zone piu' o meno toccate dalla presenza storica degli Etruschi.Al Villanoviano,succede il periodo Orientalizzante,che occupa il VII secolo e l'inizio del VI e durante il quale l'Etruria - come del resto la stessa Grecia contemporanea - si apre a una travolgente ondata di importazioni e di influenze orientali,provenienti soprattutto dall'area siro-cipriota presumibilmente per tramite dei commerci fenici.Gli aspetti della cultura e delle produzioni locali si mescolano con i motivi esotici,in un quadro di lusso e di splendore di cui sono eloquenti testimonianze gli oggetti d'oro,d'argento,di bronzo,d'avorio accumulati nei sepolcri sovente costruiti in forma di grandiosi tumuli.E' questo senza alcun dubbio il momento di massima fioritura economica e politica del mondo etrusco.La sua piena organizzazione civile è segnata dal diffondersi della scrittura e dal costituirsi delle strutture urbane simili alla polis greca:si sa che l'Etruria non ebbe mai una sua unita' politica,ma era formata da città-stati,chiamate con espressione latina populi,tradizionalmente ricordate in numero di dodici (dodekapolis) ,indipendenti ed anche differenziate istituzionalmente e culturalmente,ma talvolta - come sembra - soggette a temporanee egemonie di una di esse sulle altre e,almeno a partire da un certo periodo,associate in una lega religiosa,non priva di riflessi politici,intorno al santuario nazionale del dio Voltumna presso Volsinii.Nel tardo orientalizzante l'influenza della civiltà greca comincia ad affermarsi in modo sempre piu' deciso con l'importazione delle ceramiche dipinte di Corinto,della Ionia,quindi di Atene [...]
Da questo momento,l'Etruria rimarrà indissolubilmente legata alla Grecia non soltanto nelle espressioni figurative,ma anche nel costume,nella tecnica,nelle forme istituzionali,nella concezione e nella rappresentazione delle divinità,diremmo cioè soprattutto negli aspetti esteriori dell'intellettualità e della vita,pur conservando,come già si è detto,un proprio carattere profondo di diversità e di originalità.[...].Nonostante il progressivo declino commerciale e politico determinato dalla crescente potenza dei Greci e dei Cartaginesi(questi ultimi spesso alleati degli Etruschi contro le colonie greche) ancora in questi tempi le città etrusche appaiono fiorentissime e tra i centri di più raffinata civiltà del Mediterraneo,come dimostrano le pitture di Tarquinia,le splendide terrecotte dei templi di Veio e di Caere,i bronzi figurati di Vulci,e così via.Più tardi,perduta la supremazia etrusca sul Lazio e caduta la Campania in potere dei Sanniti,l'Etruria tirrenica entra definitivamente in crisi.In sua vece prospererà per qualche tempo il dominio etrusco della Pianura Padana,alimentato dal porto adriatico di Spina;ma nel corso del IV secolo sara' anch'esso travolto dalle invasioni galliche.Frattanto la crescente potenza di Roma verrà imponendosi sulle città dell'Etruria,attraverso una serie di guerre nel mezzogiorno e con più o meno pacifiche alleanze nei territori centro-settentrionali,che beneficeranno ora di condizioni di sviluppo particolarmente favorevoli.Nella prima metà del III secolo A.C. la vecchia Etruria fa ormai già parte del grando stato federale romano-italico esteso sull'intera penisola".CITAZIONE Non scordiamoci però dei Villanoviani linkEdoardo Brizio, archeologo e paletnologo torinese, simpatizzante della tesi nordica sull'origine dei Rasenna, attribuì la cultura villanoviana agli antichi Umbri. Le fonti antiche raccontano che i Sabini derivavano dagli Umbri, mentre i Piceni, i Sanniti, i Bruzi e i Lucani si originarono dai Sabini. Le ricerche moderne hanno stabilito che tutte queste popolazioni parlavano delle lingue appartenenti ad uno stesso gruppo. Plinio il Vecchio segnalava la presenza di Umbri anche in Campania.linklinklinklinklinklinklinklinklinklinklinklinklinklinklinklink"Gli Umbri furono un popolo italico che si ritiene giunto in Italia nel II millennio A.C. e che si sovrappose e si sostituì a quelli presenti (in Umbria la presenza dell'uomo è attestata sin dal primo Paleolitico).Parlavano una lingua indoeuropea del gruppo osco-umbro,l'umbro,scritta con alfabeto proprio di derivazione greco-occidentale,non molto dissimile dagli altri alfabeti italici.Occuparono un'area che in epoca classica si estendeva dall'alta e media valle del Tevere fino al mar Adriatico,comprendendo anche l'odierna Romagna;delimitata dal Tevere ad ovest e dall'Adriatico ad est,in precedenza avevano occupato anche i territori dell'odierna Toscana e della Valle Padana [SECONDO LE FONTI ANTICHE];poi l'espansione di Celti ed Etruschi confinò gli Umbri alla zona ad est del medio corso del Tevere,mentre ad ovest del fiume fioriva la potenza etrusca.Non è noto se gli Umbri indicassero se stessi con un endoetnonimo,nè quale forma avesse.Il termine "Umbri" è l'etnonimo con il quale il popolo era indicato dai vicini Latini (latino umbri) e dai Greci [...] L'ingresso dei popoli osco-umbri in Italia,provenienti dall'Europa centro-orientale dove si cristallizzarono come un gruppo linguistico autonomo all'interno della famiglia indoeuropea è generalmente collocato nella seconda metà del II millennio A.C.,probabilmente intorno al XII secolo A.C.,anche se i contorni di questo processo sono ancora oggetto di dibattito storico. L'arrivo degli Osco-umbri in Italia è stato posto da alcuni studiosi in correlazione con lo sviluppo della cultura protovillanoviana,cronologicamente compatibile;tuttavia tale nesso è,allo stato,soltanto una delle ipotesi formulate,anche se rafforzata dal fatto che gli insediamenti storici degli Umbri,soprattutto nella fase della "Grande Umbria",coincidono sostanzialmente con l'area vilanoviana.Descrivendone l'origine,Plinio il Vecchio afferma:"Umbrorum gens antiquissima Italiae existimatur,ut quos Ombrios a Graecis putent dictos,quod in inundatione terrarum imbribus superfuissent.Trecenta eorum oppida Tusci debellasse reperiuntur (Plinio il Vecchio,Naturalis Historia,III,112-113)."La popolazione umbra è ritenuta la più antica d'Italia,si crede infatti che gli Umbri fossero stati chiamati Ombrici dai Greci perchè sarebbero sopravvissuti alle piogge quando la terra fu inondata.E' attestato che gli Etruschi sottomisero trecento città umbre".Questa descrizione è oggi considerata con attenzione.Sebbene sia certo che la zona fosse abitata già da millenni prima dell'arrivo degli Indoeuropei,ai tempi di Plinio gli Umbri erano oramai la popolazione "più antica d'Italia" tra quelle allora esistenti nella penisola italica,cioè Italici ed Etruschi.Inizialmente gli Umbri avevano occupato anche i territori dell'odierna Toscana e della Valle Padana [MANTOVA e RAVENNA],solo successivamente conquistati da Etruschi e Galli (questo territorio viene chiamato "Grande Umbria")".linklinklinklinklink"Non altrimenti attestano i dati archeologici: i quali nella loro essenza, ci dicono che: mentre fino al 1000 circa, ossia fino al termine dell'età del bronzo, in Toscana viveva una popolazione scarsa, che abitava in villaggi, inumava i suoi morti, trascinava una civiltà tardiva di tipo eneolitico, non sfruttava ancora le ricchezze metalliche offerte dal paese, nè esercitava importanti commerci marittimi; al passaggio dall'età del bronzo a quella del ferro, la popolazione vi si fece d'un tratto densa, scomparvero i villaggi dell'età precedente, sorsero centri urbani in località forti, che corrispondono alle città etrusche del periodo classico, e il rito funerario d'un tratto dominante fu quello dell'incinerazione. Nel tempo stesso si sfruttano le miniere locali, si usa largamente il bronzo, ma sempre più largamente il ferro, i primi commerci transmarini si denotano, la civiltà toscana non è più alla retroguardia e tardiva, ma, quel che più conta, i tipi ed i sistemi artistici sono quelli "villanoviani", che da poco si sono affermati al di là dell'Appennino, in Emilia. Pare dunque evidente, non solo che gli Etruschi si sono affermati in Toscana nel X secolo, come vuole la tradizione indigena, ma ch'essi provennero dalla Padana, culla della civiltà villanoviana. Ma la civiltà villanoviana, e quelle molto affini, ma distinguibili, che chiameremo "para-villanoviane": di Pianello, poi sviluppata nelle zone dell'Italia centrale in cui sciamarono gli Osco-Umbri, e di Ateste tipica dei Veneti, sono le risultanze evidenti dell'innesto e dell'influsso reciproco di due filoni culturali sfociati in breve area geografica: uno balcanico, che dovette essere importato nella Padana appunto dagli Osco-Umbri e dai Veneti-Illiri: e l'altro derivato dai cosidetti Terramaricoli [...] Pare dunque evidente che, mentre le due "facies" paravillanoviane, di Pianello e di Ateste, appartengono agli Osco-Umbri ed ai Veneti, i veri Villanoviani o Etruschi, che abitarono in Emilia ed in Toscana, si connettono etnicamente coi Terramaricoli [...] Le schiere di genti etrusche, [...] si riversarono verso il X secolo av. Cr., in Toscana, restando poi separate dai loro affini, rimaste nella Padana, non solo a causa dell'Appennino [...]". link, Studi minori di storia antica di L. Pareti "Umbri: "La memoria di qusto popolo giunge a noi come il suono delle campane di una città sprofondata nel mare", così esclamò lo storico Theodor Mommsen, probabilmente avendo notato che gli Umbri, pur essendo l'etnia più antica d'Italia, tuttavia non hanno storia. Nei libri dopo poche pagine e qualche volta poche righe, essi non vengono più menzionati e si parla di loro com Aborigeni, Indigeni, Villanoviani, Italici ... mentre i Latini restano Latini, i Sabini - Sabini, i Piceni - Piceni, ecc.
Elio Rossi Passavanti, nel volume Interamna Nahars, Storia di Terni dalle origini al Medioevo (Roma, 1932, pp. 24-29), riporta numerose testimonianze di scrittori greci e latini a proposito del misterioso popolo umbro e del suo dominio:"La tradizione classica ci ha sempre mostrato gli Umbri come uno dei popoli più antichi d'Italia e che aveva dominato su un territorio vastissimo. Dioniso d'Alicarnasso dice: "In molte regioni abitano gli Umbri e questa è gente fra i primi molto numerosa ed antica" [Rom. Ant. Lib. I, c. 19]. Altri scrittori li hanno chiamati: "Il popolo più antico d'Italia" [Flor. Lib. I, cap. 7]; "La gente più antica d'Italia è detta Umbra, perchè si crede sopravvissuta alle inondazioni delle terre" [C. Plinii Secundi, Historia Mundi, Lib. III, cap. 19]. Erodoto li ricorda abitatori delle regioni in cui scorrevano i fiumi Carpis ed Alpis, e prima delle invasioni dei Veneti essi avevano anche sede nel territorio padano [Erodoto, IV, 49, 3]. Si noti che i fiumi Carpis ed Alpis sono affluenti del Danubio! L'elnco potrebbe continuare a lungo con Scylax di Cariando che scrisse: "La navigazione lungo le coste del territorio umbro può compiersi in due giorni ed una notte e che al medesimo territorio appartiene anche la città di Ancona" [Periplo, 16 F]. Strabone afferma infine: "L'Umbria inizia dagli Appennini e ancora più oltre dall'Adriatico ... Cominciando da Ravenna gli Umbri occuparono Sarsina, Ariminum, Sesa e Marinum ed inoltre il fiume Metauro ed il tempio della fortuna ..." e cita poi le città di Ocriculum, Interamna, Spoletium, Aesium, Camertes, Ameria, Tuder ed Hispellium [Geografia, Lib. V, Cap. II, n. 10].
Nel 1853 fu rinvenuta la necropoli di Villanova, un villaggio nei pressi di Bologna, e da tale scoperta il nome di "Civiltà Villanoviana" fu successivamente dato ai vari ritrovamenti, sparsi per tutta la penisola, aventi caratteristiche simili. A Terni, a partire dal 1884, in occasione degli scavi per l'edificazione delle Acciaierie, venne alla luce una necropoli tra le più vaste d'Europa, segno che la zona era molto popolata fin dai tempi preistorici. Fu rinvenuta una gran mole di reperti archeologici che avrebbe potuto trovare una giusta collocazione nel nuovo Museo Archeologico della città, invece è rimasta chiusa nei depositi della Soprintendenza oppure, in minima parte, fa bella mostra di sè nei musei di Perugia, Spoleto e Roma.
Ma verniamo al punto: cosa hanno in comune le località Villanova e Terni? Ce lo spiega ancora il Passavanti descrivendo l'originaria espansione degli Umbri lungo la penisola, dall'Agro Reatino all'Insubria o Insumbria nella pianura padana (pp. 25-29): "Ma oltre la tradizione storica, l'antichità e l'estensione verso nord e verso il sud d'Italia di questo popolo è dimostrata dai numerosi sepolcreti scoperti in varie parti della nostra penisola. L'archeologia moderna, in questi ultimi tempi, ci ha dato notizie fino a poco fa sconosciute, che servono a confermare la tradizione storica, come questa serve a confermare queste scoperte. Però i moderni archeologi, impediti da non so qual pudore, queste scoperte e questa civiltà Umbra, non ebbero il coraggio di chiamarla Umbra. Da un villaggio, dove fecero una prima scopertta di una necropoli Umbra, Villanova, la chiamarono Villanoviana. Forse temevano fare ombra a qualche altra civiltà, che si era usurpata l'onore dovuto all'Umbria?".
Civiltà Villanoviana non civiltà Umbra come sarebbe stato più giusto chiamarla! In sostanza, mentre la tradizione classica ci ha sempre mostrato gli Umbri come uno dei popoli più antichi d'Italia che aveva dominato su un territorio vastissimo, il termine Villanoviano (di origine recente) è servito ai moderni archeologi per identificare una cultura ancora sconosciuta esclusivamente con la civiltà Etrusca. Oggi si continua a parlare di Villanoviani, Aborigeni, Italici, Galli, ecc., ma si ignorano completamente gli Umbri.
Ma torniamo al Passavanti: "Gli Umbri avevano fondato nella valle del Po, ad Este e presso Bologna prima, dei centri importantissimi di popolazioni, che poi scesero verso il sud della penisola italica, estendendosi fino a Verrucchio e Rimini e proseguendo per la costa adriatica fino ad Ancona. Qui si arrestarono nettamente e, deviando, penetrarono attraverso le valli e i monti Appennini nel Piceno e nell'Umbria, ove lasciarono ricordi nelle necropoli di Nocera, di Monteleone di Spoleto e in Terni. Dall'Umbria passarono nella regione che in seguito fu occupata dagli Etruschi e s'inoltrarono fino ad Allumiere, ove lavorarono nele miniere di rame, a Civitavecchia e altre località del Lazio fino ad Antium. La maggior parte dei centri che poi divennero metropoli Etrusche, data al periodo Villanoviano od Umbro. Questa civiltà deve riportarsi ad oltre i mille anni innanzi l'Era Volgare, e a quell'epoca si riferiscono le urne funerarie, i cosidetti rasoi lunati, i bronzi decorati e tanti altri oggetti rinvenuti nei vari sepolcreti e i primi oggetti in ferro. Sul finire dell'IX secolo a.C. e sul principio dell'VIII, vicino alle tombe a incinerazione compaiono le tombe a inumazione come a Tarquinia, a Terni, a Bologna e nel Foro Romano. Man mano che si scende verso il sud della Toscana e nel basso Lazio questa civiltà si attenua, fino a scomparire [...] Tutto dimostra che questa grande civiltà Villanoviana sia quella che la leggendaria tradizione classica chiamò civiltà Umbra, che aveva edificato tante città e centri abitati, da averne trecento soli nella regione poi occupata dagli Etruschi. All'epoca storica gli Umbri sono ridotti al territorio limitato, che occupano al presente ... Gli Umbri appariscono all'epoca romana, confinati nelle montagne dell'Appennino e l'est del Tevere. Ma una tradizione storica, mescolata evidentemente a qualche leggenda, li presenta come gli antichi padroni della gran parte dell'Italia centrale".
Così scriveva Elia Rossi Passavanti [...] Gli antichi scrittori romani sapevano che prima della grande potenza di Roma, in Italia era esistito un vasto dominio che risaliva all'Età del Ferro (intorno al X secolo a.C.) e tale dominio era quello degli Umbri che popolarono quasi tutta la penisola come molti nomi geografici tendono a dimostrare. Esaminando infatti toponimi che si riferiscono agli Umbri presenti in ogni regione italiana, si potrebbe pensare che se la prima Europa fu celtica, la prima Italia fu umbra. A tal proposito ci viene ancora in aiuto il Passavanti (pp. 25-26): "Vari nomi geografici sparsi in quasi tutta la penisola Italica indicano chiaramente la permanenza e il dominio di questo popolo:
- Umbria, piccola cittadina in provincia di Piacenza; - Umbrile, monte presso lo Stelvio; - Umbriatico, presso Crema; - Umbriano, monte della Garfagnana; - Ombrone, fiume della maremma grosstana; - Ulubra o Ulumbra, cittadina distrutta che esisteva nel territorio di Velletri presso Cisterna; - Valle degli Umbri o Catino degli Umbri, nel centro dei monti selvosi del Gargano; - Umbrio, fiume presso Catanzaro; - Piano dell'Umbrio, presso Nicotera".
Noi, dal canto nostro, oltre le Alpi abbiamo trovato un passo alpino di nome Umbrail ... Quanti altri toponimi riferibili all'Umbria esistono in Europa? [...] In Portogallo: Umbria, Umbrias de Camacho. In Spagna: La Umbria (in tre diverse località), Umbria de Arriba, Umbria Alta, Umbria Baja, Umbria de Matasamos [...]".linkIl carro etrusco di Monteleone di Spoleto: http://it.wikipedia.org/wiki/Carro_etrusco_di_Monteleonewww.canino.info/inserti/monografie/...biga_monteleonewww.treccani.it/enciclopedia/montel...;-Arte-Antica)/Lo stato della questione che intendiamo discutere è questo: Gli Umbri, nel paese de' quali narra Erodoto essere arrivati i Tirreni Etruschi [], sono in forza del testo erodoteo e senza alcuna ragione di dubitare, quelli delle coste adriatiche, ovvero quelli che abitavano nella parte occidentale e lungo il mar Tirreno? Il Pottier e il Pais difendono l'arrivo de' Tirreni alle terre degli Umbri adriatici, e dicono questo essere il senso del testo di Erodoto. Il Mariani, per converso, pure ammettendo la tradizione erodotea della venuta de' Tirreni-Etruschi d'Asia in Italia, sostiene che dal testo di Erodoto non è evidente trattarsi degli Umbri adriatici, sì bene degli Umbri occidentali e che perciò l'approdo de' Tirreni fu dalla parte del mar Tirreno. Diamo prima brevemente le ragioni sulle quali si fondano le due opinioni e poi diremo ciò che a noi sembra potersi giudicar più probabile nella presente controversia. Gli Umbri poi di cui dovremo discorrere, furono popoli d'Italia intorno al seno Adriatico, tra il Po e il Piceno [...] Il passo di Erodoto dice: [...] vennero nel paese degli Umbri dove fabbricarono città e vi abitano tuttora. Edmondo Pottier difende l'arrivo de' Tirreni dal lato orientale [...] Anche il Pais segue l'opinione del Pottier. Il dotto ceramografo francese crede che la sua soluzione possa conciliare delle opinioni contraddittorie e mettere l'accordo desiderato, fra' testi degli antichi autori e ciò che risulta dagli scavi. Causa, infatti, del malinteso nella questione della venuta degli Etruschi in Italia, è il confondere generalmente l'Etruria antica con l'Etruria classica, ovverosia l'odierna Toscana. Il perchè ammessa la tradizione di Erodoto che fa venire gli Etruschi dalla Lidia per mare, alle coste dell'Adriatico, la civiltà etrusca procederebbe così da nord a sud, e allora come si spiegherebbe che gli Etruschi sbarcati in Toscana si spingano e si spargano di là dall'Apennino? Il Pottier risponde negando che il testo di Erodoto accenni menomamente all'Etruria, ad un approdo fra l'Arno e il Tevere, perciocchè vi si parla formalmente dell'Umbria:"dopo d'aver costeggiato molti paesi, arrivarono agli Umbri, dove fabbricarono città e dove tuttora abitano". La testimonianza di Erodoto è confermata, secondo lui, da quella di Ellanico di Lesbo, scrittore del VI secolo av. l'Era nostra:"... i Tirreni che prima si chiamavano Pelasgi, dopochè cominciarono ad abitare in Italia, presero il nome che ora portano". E altrove: " ... regnante Nanas, i Pelasgi furono da' Greci scacciati dalle loro stanze, e lasciate le loro navi al fiume Spinete nel seno ionio, presero Cortona posta in luoghi entro terra, e servendosi di questa posizione militare si scagliarono alla conquistab e crearono quella che oggi si chiama Tirrenia" [...] Da numerosi testi di antichi autori, raccolti dal Bertrand e da S. Reinach, è provato che l'Umbria di quel tempo fu vasta e che il suo dominio si stese sopra una gran parte della Valle del Po. Di che fu naturale l'inganno di Dionigi di Alicarnasso, il quale negò la venuta degli Etruschi dall'Adriatico, perchè dopo tanti secoli e nell'età romana, non conobbe altra Etruria se non la classica, quella cioè che l'Arno e il Tevere chiudevano in mezzo. Senonchè lo stesso Dionigi non è coerente seco medesimo quando dice che i Tirreni nel VI secolo furono cacciati da' Celti dalla costa orientale d'Italia. Se furono cacciati, vi erano. Polibio chiaramente afferma che i Tirreni furono signori della Valle del Po in quel tempo medesimo che possedevano i campi intorno a Capua ed a Nola, che un dì furono detti Flegrei [...] Il Pottier ricorda poi in favore della tradizione erodotea dell'origine lidia degli Etruschi, (che qui non è in questione) tutte le somiglianze scorte e affermate tante volte da' dotti, fra le civiltà, le costumanze e l'arte de' popoli asianici, con quelle degli Etruschi: richiama l'iscrizione di Lemnos, la quale sembra testificare che un ramo della stessa stirpe aveva fissata la sua stanza nelle isole vicine della costa asiatica; e finalmente ci fa sapere che un dono di gioielli d'oro, di Sardi, fatto al Museo del Louvre dal sig. Paolo Gaudin, ha suggerito un confronto istruttivo fra la civiltà dell'antica Lidia e quella di Villanova. Egli perciò rigetta pienamente la teoria dell'Helbig che fa venire gli Etruschi per terra e dalle Alpi. Ed in vero, la tradizione antica risponde perfettamente, secondo lui, alla concatenazione cronologica dei fatti osservati negli scavi delle necropoli italiche. La civiltà muove dal nord-est, cioè dalle regioni umbro-adriatiche e padane, verso il sud-ovest, cioè per l'Appennino alla terra posta tra l'Arno e il Tevere, nell'Etruria propriamente detta da' Romani. I Tirreni, dunque, ebbero da principio signoria nella costa dell'Adriatico presso la foce del Po e nella sua valle, conquistata sugli Umbri. La civiltà umbro-tirrenica o umbro-etrusca dal X al XI secolo a. G.C. fino all'VIII, fiorì dalla parte orientale adriatica e nella Valle padana, ed è rappresentata, per il Pottier, da quella che va sotto il nome di arte o civiltà di Villanova [...] Dopo questo breve cenno delle ragioni onde il Pottier ritiene la tradizione di Erodoto ben fondata e accettabile, e potersi altresì conciliare fra loro le opinioni contrarie, le quali poggiano su ciò che risulta dagli scavi, diamo con la stessa brevità, gli argomenti del prof. Mariani, onde la conciliazione del Potter non gli sembra ammissibile. E primamente, il dotto archeologo dichiara che il sistema della conciliazione nella questione etrusca, non gli pare che faccia fortuna. Loda sinceramente i meriti del Potter, e pur chiamando la costui teorica seducente "come quella che mette d'accordo la tradizione coi fatti archeologici" non la stima accettabile per queste ragioni. "Se si segue il Pottier, dice l'autore, si rinucia al distacco fra la civiltà Villanoviana e quella delle tombe a fossa contrariamente a quello che il Brizio ha cercato di dimostrare, mentre all'unisono con lui si ammette un distacco fra la civiltà delle terremare e quella Villanoviana. E' noto che il Brizio attribuisce la civiltà dei terramaricoli ai Liguri, e quella di Villanova agli Umbri, quella delle tombe a fossa ed a camera, agli Etruschi, separando così i tre periodi, che il Pigorini e l'Helbig fanno derivare l'uno dall'altro (p. 24-25)" [...] Non basta che il Brizio "abbia cercato di dimostrare il distacco fra la civiltà Villanoviana e quella delle tombe a fossa; bisogna vedere se l'ha veramente dimostrato e se la sua dimostrazione sia stata accettata dagli altri paletnologi".http://books.google.it/books?id=FXURAAAAYAAJ&dq="L'asserzione che la cultura villanoviana si irraggi dal Nord verso il centro Italia ha fatto decisamente il suo tempo. E infatti il Bolognese e il Riminese costituiscono le estreme punte settentrionali di un'area culturale che si estende senza soluzione di continuità nella regione compresa tra il crinale dell'Appennino tosco-emiliano ed il bacino del Tevere. L'evidente priorità dei sepolcreti di Tolfa-Allumiere-Tarquinia su quelli bolognesi (San Vitale compreso) indica poi che la cultura si formò nell'Etruria meridionale, quale rapida evoluzione delle locali culture di tradizione enea sotto l'impulso di una nuova realtà economico-spirituale e di qui si irradiò verso nord e nord-est. Il villanoviano bolognese e riminese sono dunque emanazioni dell'analoga cultura dell'Italia centrale e non possono assolutamente essere spiegati come il corrispondente archeologico di una invasione etnica dal nord. Il Brizio ed i suoi seguaci, fondandosi sulle testimonianze letterarie (numerose ed esplicite, innegabilmente) e su vaghe consonanze tipologiche tra i vari sepolcreti ad incinerazione dell'Italia del nord e dei territori d'Oltralpe (particolarmente l'Ungheria) credettero di poter affermare che i villanoviani erano identificabili col popolo indo-europeo degli Umbri e provenivano dalle regioni dell'Europa centro-orientale, scambiando per un vero e proprio iter etnico, quella che - verosimilmente - non fu che la via seguita da un'idea religiosa di grande importanza: l'incinerimento del cadavere. Nello stesso errore caddero i sostenitori dell'origine transalpina degli Etruschi, con la sola differenza che all'equazione Villanoviani = Umbri, essi sostituivano l'altra di Villanoviani = Protoetruschi. Chi erano, dunque, i Villanoviani? Quesito arduo e, forse, illegittimo, perchè parte da due presupposti teorici assai discutibili: che vi sia cioè identità costante tra ethnos e cultura e che l'ethnos sia qualcosa di perenne e immutabile, che sorge e si mantiene tale pur attraverso i mutamenti di ambiente e di civiltà. Potremmo ammettere che i villanoviani della Tolfa, di Allumiere e di Tarquinia fossero etnicamente e linguisticamente degli Etruschi, ma ciò non autorizza minimamente a considerare tali, ad esempio, i villanoviani di Chiusi e di Fermo, di Bologna e di Verrucchio. Anche qui, come per l'intera questione dell'origine degli Etruschi, le vecchie rigide posizioni teoriche rivelano la loro insufficienza e vanno rivedute con nuovi criteri di giudizio [...] considerando la cultura villanoviana, e i popoli che ne furono imbevuti, alla stregua di una delle componenti (forse la principale) che concorsero alla formazione dell'Etruria storica".http://books.google.it/books?id=BQYX4Hw22usC&dq="Nella più diffusa tradizione degli studi moderni la conquista etrusca dei territori della pianura padana, cioè di quella che suol definirsi appunto "Etruria padana" avrebbe avuto luogo con notevole ritardo rispetto alla nascita dell'Etruria propria, e cioè non prima della fine del VI secolo, quando a Bologna, a Marzabotto e a Spina - i centri archeologicamente più significativi dell'etruschismo nordico - appaiono i primi segni di una civiltà d'inconfondibile impronta etrusca e con iscrizioni etrusche. Questa tesi fu proposta dai primi scavatori delle necropoli bolognesi e in particolare sostenuta da E. Brizio in rapporto alla generale teoria della provenienza degli Etruschi dall'oriente e della loro sovrapposizione agli Umbri identificarti con i "Villanoviani", tenuto conto del perdurare della cultura villanoviana a Bologna fino all'inoltrato VI secolo e dell'apparente distacco topografico fra i sepolcreti appartenenti a questa cultura e le tombe di tipo "etrusco". Ma questa interpretazione è stata già stata oggetto in passato di più o meno cauti dubbi".http://books.google.it/books?id=6jRv3sicBUkC&dq= "Al tempo re Atys,figlio DI Mane,c'era IN tutta la Lidia [REGIONE DELL'ODIERNA TURCHIA E DELL'ANTICA ASIA MINORE] una grande carestia;all'inizio la popolazione la sopportò pazientemente ma,durando essa,cercarono di rimediarvi chi in un modo chi in un altro [...] E così vissero per diciott'anni.Ma poichè la carestia cresceva,il re lidio divise tutto il popolo in due gruppi,lasciando decidere alla sorte quale dei due sarebbe dovuto emigrare e quale restare nel paese.Il re Atys si pose dalla parte di quelli destinati a rimanere,dando suo figlio Tyrsenos [TIRRENO] come capo degli esuli.Allora la metà scelta dalla sorte a migrare scese a Smirne,vi costruì navi e,caricato quanto poteva tornarle necessario,salpò alla ricerca di mezzi di sussistenza e di terra.Dopo aver costeggiato le terre di molti popoli,gli esuli approdarono a quella degli Ombrici [UMBRI] dove si stabilirono,fondandovi città nelle quali vivono tuttora.Essi mutarono di nome,chiamandosi da quello del figlio del loro re che li aveva guidati.Onde ebbero nome di Tyrsenoi [TIRRENI]" (Erodoto, V secolo A.C.)."La notizia di Erodoto che poneva l'immigrazione al tempo della guerra troiana,fu tenuta per buona in tutta l'epoca romana,quando sopravviveva ancora la lingua etrusca.Innumerevoli sono gli esempi:Virgilio,nativo di Mantova (antica città etrusca),parla nell'Eneide dei Tirreni come dei Lidi;viceversa,gli abitanti di Sardi,l'antica residenza regale lidia,si richiamavano essi stessi in epoca imperiale alla loro parentela con la stirpe regale etrusca dei Tarquini.Contro la provenienza degli Etruschi dal vicino Oriente l'antichità non levò mai il minimo dubbio,con un'unica eccezione:quella di Dionigi di Alicarnasso.Questi - greco al servizio dei Romani - sosteneva che i Tirreni erano autoctoni,residenti in Italia da tempo remotissimo;anche se era poi costretto ad ammettere che "questo antico popolo ... non somigliava agli altri nè nella lingua nè nei costumi".Le argomentazioni a favore o contro il racconto di Erodoto hanno occupato a lungo la scienza.Per rintracciare gli antenati degli Etruschi,si è setacciato tutto l'Oriente,dal Nilo alla Mesopotamia,dall'Asia Minore all'Egeo.E si credette di aver trovato una traccia:in Egitto,nel vocabolo "Turusa" presente in certi geroglifici del XIII secolo A.C.,e nel nome "Iun-Tursa" di un funzionario di palazzo vissuto attorno al 1300 a.C.,e in Lidia,nel toponimo "Tursa",anche "Tyrrha" e in turannos parola lidia per principe.Si stabilì quindi la somiglianza fra le tombe a tumulo di Sardi e i tumuli dell'Etruria,come quella fra il tripode bronzeo di Gordio,capitale della Frigia [ALTRA REGIONE TURCA] ,e i corredi delle tombe etrusche.Fatica vana perchè non si fece un passo più avanti.Fuori d'Italia non si potè infatti rintracciare - sia nel vicino Oriente,sia nell'Egeo - una sola località etrusca [RICORDO ANCORA UNA VOLTA LE COLONIE GRECHE DELL'ITALIA MERIDIONALE E L'ANTICA GRECIA, LE COLONIE FENICIE IN ITALIA E LE CITTA' FENICIE NELL'ODIERNO LIBANO] o una sede di provenienza di questo popolo [...] L'etrusco non è,a quanto si sa,lingua indoeuropea,ma non appartiene neppure al ceppo semitico,nè è riportabile ad alcun altro gruppo di lingue morte o vive.Sembra tuttavia mostrare talune particolarità grammaticali che si ritrovano anche in dialetti dell'Asia Minore occidentale:licio,lidio e cario.Ma abbiamo finora un solo testo,fuori d'Italia,che offre un migliore punto di appoggio:sull'isola di Lemno nell'Egeo si rinvenne una stele funeraria del VI secolo A.C. con iscrizioni in un dialetto che presenta una serie di singolari analogie con l'etrusco".www.viandante.it/sito24/work/7VIIAC_secolo/690.php, http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_lemnia, www.canino.info/inserti/monografie/...lemno/index.htmC'è chi continua a difendere la teoria dell'immigrazione. Certi affermano che gli Etruschi erano una popolazione egea poco numerosa, portatrice del ferro e della lingua etrusca, insediatasi nell'Italia centrale, dove usufruì delle strutture realizzate dai Villanoviani. link"La Toscana,allora occupata dagli Umbri,si trovava allo stadio di civiltà villanoviano.I nuovi venuti recavano con sè una tecnica e degli strumenti ben superiori a quelli di cui disponevano gli indigeni,ma,provenienti com'erano dal mare e da molto lontano - come le bande di Normanni nel Medioevo - vi giunsero in ranghi necessariamente ridotti,fatto che spiega meglio di ogni altro la lentezza della conquista"."Partiti dal litorale toscano,i conquistatori sono gradualmente avanzati verso l'interno,ricacciando a poco a poco le popolazioni umbre verso gli Appennini" (Leon Homo,1953, L'Italia primitiva e il debutto dell'imperialismo romano). "Quale nome possiamo attribuire ai Villanoviani?Apparentemento quello di Umbri.Erodoto non sbagliava nel pensare che essi avevano in antico abitato alle sorgenti della Drava e della Sava.Al momento dello sbarco degli Etruschi,gli Umbri erano padroni dell'Etruria,dove possedevano trecento città.Con essi rivaleggiavano i Veneti,a sud di Padova,verso Este:essi sono stati a lungo considerati,a torto,come un popolo tipicamente illirico,mentre la loro lingua è imparentata con il latino".
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"Da dove e quando gli Etruschi siano sbarcati in Toscana lo ignoriamo.Ciò che è certo è che quel popolo aveva alle spalle un lungo passato,in quanto latore di una civiltà fiorente.Popolo robusto,iniziato alle armi,edificò città con mura e fortezze imponenti,seppe piegare la natura alla necessità delle sue opere,prese con audacia la via del mare,lavorò la terra e si dedicò con ardore al commercio.In seguito,valicati gli Appennini,gli Etruschi penetrarono fin nella Pianura Padana,mentre a sud si stabilirono nel Lazio e nella Campania (F. Schillmann,1919, Florenz und die Kultur Toskanas). " Quale fosse la realtà storica ed etnica dei Pelasgi era,nel mondo greco,oggetto di discussione:già Omero conosceva i "divini" Pelasgi (II.XVII,288;Od. XIX,177) ed Esiodo li definiva autoctoni (fr. 160 M.W. apud Ps. Apoll. II,2).Gli scrittori anteriori alle guerre persiane,negli scarsi frammenti a noi giunti (fr. 25,2 J.;fr. 156,3 J.) li collegavano ora con l'Attica,da cui erano stati cacciati dagli Ateniesi,ora con l'Argolide o con l'Arcadia,ma era soprattutto la Tessaglia la regione della Grecia che si riteneva,in epoca antichissima,abitata dai Pelasgi e ad una delle sue tetradi Aleva aveva dato,alla fine del VI secolo,il nome di Pelagiotide;nel V secolo Ellanico identificava i Pelasgi con i Tyrrenoi che,cacciati dagli Elleni dal suolo greco,si erano rifugiati in Italia (fr. 4,4 J.).Questa immagine dei Pelasgi come barbari,da identificare con i Tyrrenoi,si ritrova in Erodoto e in Tucidide:in Erodoto i Pelasgi erano coloro che,cacciati dall'Attica dagli Elleni,avevano occupato Lemno ed erano stati poi espulsi dall'isola da Milziade padre di Cimone (HER. VI,136-140):e Lemno è,com'è noto,l'isola da cui proviene una stele scritta in una lingua affine [AFFINE NON UGUALE] all'etrusco;secondo Tucidide (IV,109) la Tracia,nella zona di Anfipoli,era abitata "da quei Tirreni che un tempo abitarono Lemno ed Atene".Ma Erodoto era anche consapevole di una versione che faceva del popolo attico un popolo pelasgico (I,57) e attribuiva un'origine pelasgica agli Ioni (VII,94-95) e un'origine pelasgica agli Ateniesi (VIII,44,2); [...]" (G. Urso,2001, Integrazione mescolanza rifiuto:incontri di popoli,lingue e culture in Europa dall'antichità all'umanesimo). "Gli Etruschi si distinguono dalle altre popolazioni della penisola per la loro diversità culturale e linguistica.Mentre le altre genti sono infatti riconducibili a una comune matrice italica e all'ambito linguistico indoeuropeo,la lingua degli etruschi non è indoeuropea,e rimane fino ad oggi completamente isolata [...] La percezione della diversità degli Etruschi era ben presente alla cultura antica,che non mancò di elaborare teorie al riguardo.La più famosa è tramandata da Erodoto,secondo il quale gli Etruschi sarebbero venuti dalla Lidia al tempo del re Atys,nella seconda metà del II millennio A.C. per sfuggire a una tremenda carestia (Erodoto I 94,1ss.).Il racconto di Erodoto ha esercitato un notevole fascino anche sugli studiosi moderni,suggestionati dalle affinità esistenti tra aspetti della cultura etrusca e di quelle del Vicino Oriente,come l'esistenza delle tombe a tumulo in entrambe le aree o la presenza di oggetti orientali nei corredi di queste tombe in Etruria.Ma questi fenomeni non riguardano la cultura etrusca delle origini,e sono riferibili alla fine dell'VIII e al VII secolo a.C.,un momento in cui la cultura orientalizzante si diffonde in tutto il Mediterraneo,dalla Grecia fino all'IberiaUn altro autorevole storico greco del V secolo a.C.,Ellanico di Lesbo,sosteneva che gli Etruschi fossero da identificarte con i Pelasgi,e fossero giunti dalla Grecia,seguendo un itinerario settentrionale che toccava l'isola di Lemno.Non mancano suggestioni archeologiche anche a favore di questa teoria,perchè la lingua documentata a Lemno in età arcaica,soprattutto dalla celebre stele con figura di guerriero da Kaminia,è simile all'Etrusco.Ma invano cercheremmo nell'Egeo settentrionale tracce di una cultura simile a quella etrusca delle origini.Una terza teoria,trasmessa da un erudito del I secolo A.C.,Dionigi di Alicarnasso (I 26-30),sostiene infine l'autoctonia degli Etruschi.Questa ipotesi è stata riformulata in una prospettiva culturale moderna da Massimo Pallottino:egli osserva che è inutile cercare gli Etruschi prima della loro comparsa nelle loro sedi storiche,poichè la loro civiltà è il risultato di un processo di integrazione fra vari popoli e di diverse culture verificatosi in Etruria alla fine del II millennio.Questa impostazione,convincente per quanto concerne gli aspetti culturali,lascia tuttavia irrisolto il problema della lingua".linkIn Italia solo gli Etruschi parlavano ai loro tempi una lingua non indoeuropea? Ho forti dubbi ... basti pensare al ligure o al protosardo. linklinklinklinkEdited by Barbanera3 - 14/5/2015, 17:03
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