Ehm, ehm ... scusate ... ma questa sezione non era dedicata al mistero di TARTESSO???
https://xmx.forumcommunity.net/?t=948627Effettivamente, i due misteri - Atlantide e Tartesso - hanno legami in comune. Qualcuno pensa che siano due modi diversi di chiamare la stessa cosa. Altri, invece, sono convinti di avere a che fare con due cose differenti, o al massimo che Tartesso sia stata una colonia atlantidea.
In genere si ritiene che fosse situata in territorio spagnolo.
"Tartesso è uno degli innumerevoli misteri archeologici che assillano gli studiosi.
Citata più volte nell'antichità, veniva collocata in Spagna, sulla foce del Gudalquivir. Tartesso,
città fondata in epoca preistorica da una popolazione iberica di cui ci è rimasto quasi nulla a causa della profonda romanizzazione della penisola iberica, è ricordata in numerosi testi classici e nelle Sacre Scritture. Tuttavia, a parte qualche breve notizia,
la storia di Tartesso è in gran parte sconosciuta".Tratto da
http://dammo.altervista.org"I Sami, appreso da Corobio per filo e per segno l'accaduto, gli lasciarono provviste per un anno; essi poi salparono dall'isola decisi a raggiungere l'Egitto, ma venivano portati fuori rotta dal vento di Levante. E siccome il vento non calava,
finirono per attraversare le Colonne d'Eracle e giungere a Tartesso, con la scorta di un dio. A quell'epoca l'emporio di Tartesso era vergine, sicchè i Sami, al loro ritorno, ricavarono dalle merci il profitto più elevato fra i Greci di cui abbiamo notizia precisa [...]" (Erodoto, V secolo a.C.)
www.google.it/search?hl=it&site=img...q=tartessos&oq=www.google.it/search?hl=it&site=img...&q=tartesso&oq=http://it.wikipedia.org/wiki/La_Spagna_nel...7antichit%C3%A0"Un buon numero di studiosi ha creduto di individuare Atlantide nell'attuale Spagna [una terra affacciata sull'Oceano Atlantico, ricca di giacimenti minerari], e precisamente sulla costa atlantica fra il Portogallo e Gibilterra, facendola coincidere con la favolosa città di Tartesso, fiorente centro conquistato dai Cartaginesi nel 553 a.C., secondo quanto narrano gli storici antichi. Gli stessi descrivevano,questo centro urbano dell'antichità,come posto oltre le invalicabili colonne d'Ercole (da qui la similitudine con Atlantide), in una zona molto ricca di minerali(altra similitudine).
L'artigianato e il commercio erano particolarmente fiorenti,ma,a tutt'oggi,sappiamo pochissimo. Nel 1905 quattro scienziati tedeschi,Henning,Herman,Jessen e Schulten,iniziarono la ricerca di Tartesso,vicino a quella che,un tempo,era stata la foce del fiume Guadalquivir. Tale ricerca non ebbe successo,e forse e' stato meglio cosi',perche' i 4 teutonici erano intenzionati ad identificare Tartesso nientemeno che con una colonia tedesca,giacche' avevano scoperto in zona dell'ambra baltica,ed,a quel tempo,gli archeologi tedeschi erano convinti del fatto che i loro antenati avevano navigato per mare e si erano diffusi,un po' ovunque,in Europa.
In questo modo,infatti,potevano giustificare il pangermanesimo e la pretesa tedesca di svolgere il ruolo di nazione-guida dell'Europa.Ipotesi ridicole a parte,vale la pena di leggere in base a quale ragionamento Atlantide era stata identificata con Tartesso:
-Secondo Platone,Atlantide era "di fronte alle colonne d'Ercole".Tartesso si trovava immediatamente al di la' di esse.
-Atlantide "era piu' grande dell'Asia e della Libia".Tartesso lo era,come Creta,per via del suo esteso impero commerciale,che,all'interno del Mediterraneo,sarebbe giunto fino all'Egitto e all'Etruria.
-Platone dice che "un cordone di isole" univa Atlantide all'opposto continente.Probabilmente Tartesso commerciava ambra e stagno con altri popoli del Nordeuropa,ed in particolare con le isole Cassiteridi,oggi identificate con le Scilly,al largo della Cornovaglia,usate come base commerciale anche dai Fenici. L'"opposto continente" e' da identificarsi,allora,con le terre sconosciute,ma ricchissime,dell'Europa settentrionale.
Naturalmente,l'analogia piu' evidente fra Tartesso e Atlantide e' la loro totale scomparsa. Dopo la conquista cartaginese,essa spari' senza quasi lasciar traccia. Solo pochi reperti archeologici attestano la sua esistenza,e il suo passato splendore,come e' il caso della cosidetta "Dama di Elce".
Esistono pero' altre curiose coincidenze. Come ho gia' detto,Platone scrive che Atlantide era ricca di giacimenti e di miniere,e si sa bene che la Sierra Morena,in Spagna,era una delle zone minerarie piu' ricche dell'antichita',come dimostrano i metalli che le navi di Tiro (citta' fenicia) importavano nel Mediterraneo da quella regione.
Inoltre,la citta' di Atlantide era circondata da canali,mentre,a detta di Strabone,il celebre geografo greco del I secolo a.c.,nella zona del Guadalquivir (dove viene localizzata Tartesso) si irradiavano una vastissima rete di canali.La civilta' atlantidea doveva essere piuttosto evoluta ed antichissima.Strabone cosi' descrive i Tudetaniani [identificati da alcuni studiosi con i Tartessiani]:"I Tudetaniani sono i piu' civilizzati fra gli iberici.Conoscono la scrittura e possiedono libri antichi,ed anche poemi e leggi in versi che essi consideravano antichi di settemila anni...". Secondo altri,Tartesso sarebbe una colonia atlantidea.
E' per questa ragione,che qualcuno si e' spinto ad identificare la dama di Elce con una sacerdotessa di Atlantide. La scultura,come altri oggetti,viene attribuita alla civilta' Tartessiana perche' si e' scoperta nel sud della Spagna,vicino alla zona in cui si pensa che si trovasse la citta'. Non manca chi ha messo in dubbio la sua esistenza. Tuttavia,sembra che anche la Bibbia ne parli.Lo chiama il paese di Tarsis,posto ai "confini del mondo",in cui cerca di fuggire il profeta Giona. Ecco come lo descrive un'altro profeta,Ezechiele,nel libro omonimo:"Tarsis commerciava con te [Tiro] per le tue ricchezze di ogni specie,scambiando le tue mercanzie con argento,ferro,stagno e piombo". Secondo diversi studiosi,Tarsis non e' altro che la mitica Tartesso. Nel Salmo 71,10:"I Re di Tarsis e delle isole pagheranno il tributo,i re di Saba recheranno offerte". Le "isole" sono probabilmente le "isole delle genti",nome con cui gli Ebrei (tutt'altro che amanti della navigazione) indicavano genericamente i paesi del Mediterraneo".
Tratto da
www.fmboschetto.itwww.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestB...amp;Capitolo=10Secondo certe ipotesi,Tartesso,in realtà,
era una colonia spagnola degli Etruschi!"Gli Etruschi e la Spagna
Luciana Aigner Foresti
I primi accenni alla presenza di materiale etrusco o etruschizzante in Spagna risalgono al 1885 quando, sulla scia di alcuni passi biblici e classici che parlavano dei rapporti tra le città fenicie, Focei e Sami da una parte, e la città di Tartesso dall'altra, ci si pose il problema delle influenze delle aree mediterranee a cultura più avanzata, e cioè della cultura greca, fenicia ed etrusca, sulla cultura iberica preromana. In seguito gli studi sulla presenza etrusca in Spagna vennero a coinvolgere il problema dell'origine degli Etruschi - negli anni '30 di particolare attualità: gli abitanti di Tartesso sarebbero i Tirseni/Etruschi che, provenienti dall'Asia Minore ed in viaggio nel Mediterraneo alla ricerca di metalli, avrebbero fondato il sito nella Spagna meridionale dandogli il loro nome.
Una tale identificazione si basò in un primo tempo sull'omofonia del toponimo greco Tartessos - o meglio: pregreco dato il suffisso -essos - con il toponimo Tarsis testimoniato dal Vecchio Testamento in relazione a navi di lungo corso e dunque in grado di arrivare alla lontana Tarsis - ricordata per altro come Tarsis anche in un'iscrizione cuneiforme del re assiro Assurheddon (680-668 a.C.); e si basò sulla caratterizzazione, del resto topica, della Tarsis del Vecchio Testamento e della Tartessos delle fonti greche, descritte entrambe come luoghi particolarmente felici.
L'identificazione dei Tartessi con i Tirseni e la proposta che Tartessos sarebbe stata una fondazione etrusca si basò inoltre anche sull'osservazione che Tartessos era la capitale del paese chiamato Turta - dove abitavano in età romana i Tudertani - e che Turte potrebbe essere un gentilizio etrusco da riferirsi ai fondatori della città. Altra forma linguistica legata a Tartesso sarebbe il nome di persona
arcnti da cui sarebbe derivato il nome greco di
Argantonios, il re del luogo che, secondo Erodoto (1, 163) avrebbe accolto i Focei fuggiaschi davanti ad Arpago. Una forma onomastica
turte è in realtà ricostruibile in base ad un'iscrizione chiusina recente dove compare il patronimico
turte[...]a in genitivo; e in etrusco esiste anche una forma onomastica
arcnti.Anche il raffronto tra Tarsis e Tyrsenoi/Etruschi è suggestivo, ed oltretutto è supportato da un passo di Eliano che chiama i Tirreni
tarsenoi. Da un punto di vista metodologico tuttavia, questa serie di forme omofoniche - a Turte, Tarsis e Tartessos sarebbero da aggiungere i poleonimi asianici
Tyrrha (Lidia) e
Tyrsa (Licia) ed il nome di un paese africano
T[...]rss testimoniato nei testi egiziani di Medinet Habu - deve trovare un'altra spiegazione che non sia nel quadro del problema dell'origine degli Etruschi. Perchè è evidente che si tratta di semplici assonanze, di forme analoghe diffuse in tutto il Mediterraneo che tolgono valore alla comparazione, e che dunque sono prive di valore probatorio.
Nel 1947, M. Pallottino propose la tesi di un
sostrato mediterraneo preindoeuropeo, tesi che ancora oggi ha i suoi sostenitori. Sappiamo da Strabone e dal Vecchio Testamento che Tartesso fu conquistata dai Tirii
[*], ma, caduta Tiro, riebbe la sua libertà fin quando intorno al 500 a.C.
fu distrutta, forse dagli stessi Iberi o da Cartagine; si continuò tuttavia a favoleggiare a lungo sulle sue ricchezze e sulla sua vivace vita intellettuale. Oggigiorno la tesi di un'attività colonizzatrice in Spagna da parte degli Etruschi asianici alla ricerca di metalli, deve essere considerata superata. Anche i tentativi di localizzare l'antica Tartesso non hanno dato risultati certi.
Seguendo una traccia data da Strabone dovremmo cercarla nella Spagna meridionale, ma già gli antichi autori ebbero difficoltà a darne l'ubicazione: Avieno (85, 219) la identificava con Gades ma secondo lo Pseudo Scimmio (per. 162) le due città distavano due giorni di navigazione. Altri autori pensarono a Gadeira/Cadice o a Carteia/Algesiras. Tra i diversi pareri sembra prevalere quello che identifica Tartesso con Huelva. Nei decenni tra il '50 ed il '70 furono ripresi in esame vecchi materiali di scavo allo scopo di identificare oggetti etruschi di importazione e la loro eventuale influenza sulla produzione locale. Dagli anni '70 si assiste alla raccolta del materiale terusco o etruschizzante nel quadro di scavi sistematici, e ci si interroga sulla parte che questa presenza etrusca ebbe nello sviluppo delle culture locali, estendendo lo sguardo anche alla Francia meridionale, dove il materiale etrusco è relativamente ben testimoniato dalla metà del VII fin verso la fine del VI secolo a.C. scemando progressivamente fino ad esaurirsi.
[*] " ... Fu conquistata dai Tirii". Il discorso ha valore solo se la Tartessos greca era la Tarsis biblica.
L'articolo prosegue qui:
www.fondazionecanussio.org/atti2001/foresti.pdfPurtroppo, tutti gli scavi e le ricerche effettuate in Spagna, finora non hanno dato alcun esito certo, a parte alcuni reperti - come la dama di Elce - interessanti sì, ma di malsicura attribuzione.
"Del resto già gli antichi non risultavano concordi sull'ubicazione della città: basti pensare che, mentre nel proprio periplo Avieno (85,269) identificava
Tartesso e Gades, nel periplo dello Ps. Scimmio (162) si affermava che le due città distavano fra loro due giorni di navigazione. I più si mostravano divisi fra l'identificazione con
Carteia - odierna Algesiras - (così, fra gli altri, Plinio natur. hist. 3,7; Strabone 3,2,14; Pomponio Mela 2,6; Appiano Iber. 63) oppure con
Gadeira - l'odierna
Cadice - (così, fra gli altri, Plinio natur. hist. 4, 120; Valerio Massimo 8,13,4; Giustino 44,4,14; il periplo di Avieno 85;269-70 [...]). Da Erodoto abbiamo notizia dell'arrivo dei Greci presso Tartesso, leggendaria per le sue ricchezze, e più precisamente di Focei (1,163,1-2) e di Sami (4,152,2-3). Questi ultimi sarebbero giunti in queste terre sullo scorcio del VII secolo per puro caso, sotto la guida di
Corleo di Samo. I Focei, invece, avrebbero raggiunto questi luoghi all'inizio del VI secolo e avrebbero stretto rapporti amichevoli con il sovrano locale, Argantonio. Forse la città era già citata nell'Antico Testamento, dove ricorre il nome di
Tarshish (già nella "tavola dei popoli" nella Genesi 10,4 e poi in Re 10,22, Geremia 10,9, Ezechiele 27,12 [...]).
Fra i Greci i più antichi a farne menzione furono il siciliano Stesicoro (in Strabone 3,2,11) e il poeta ionico Anacreonte (in Strabone 3,2,14), entrambi di VI secolo".Tratto da
http://books.google.it/books?id=wwWuwKQR3PsC&dq=Cito alcuni brani del libro "Dalla Geografia di Strabone" (Strabone, geografo greco, circa 60 A.C. - 23 D.C.):"Or quale difficoltà ne impedirebbe di credere che anche Omero, guidato da questa fama, abbia diviso gli Etiopi in due, dicendo che gli uni si trovano verso il levante, gli altri verso il ponente? dacche non si ha notizia di quelli di mezzo, se vi siano o no.
Eforo poi riferisce un'altra antica tradizione, conosciuta probabilmente anche da Omero, secondo la quale narravano quei di Tartesso (I) avere gli Etiopi discorsa la Libia fino alle sue parti occidentali; e gli uni essersi colà fermati, gli altri avere occupato gran tratto della spiaggia marittima: e questo confermasi anche dal trovarsi detto da Omero:
...del mondo ai confini e alla remota
Gente degli Etiopi in duo divisa
Questo dunque potrebbe dirsi contro Aristarco e contro i seguaci di lui: ed anche altre cose più comprovanti si potrebbero addurre a liberare Omero dalla taccia di una troppo grande ignoranza. Perocchè se guardiamo all'usanza degli antichi Greci, essi ebbero in costume di chiamare con un solo nome, cioè Sciti, o Nomadi secondo Omero (I), tutti i popoli delle parti settentrionali di cui avevano cognizione; poi più tardi denominarono Celti o Iberi, o con nomi composti Celtiberi e Celto-Sciti quante nazioni conobbero nelle parti occidentali, mentre da prima per ignoranza comprendevano diversi popoli sotto una sola denominazione. E così chiamarono Etiopia tutti i paesi meridionali vicini all'Oceano. Però Eschilo nel Prometeo liberato (2) dice:
Vedrai la sacra corrente dell'Eritreo che volge sopra porporino terreno, e la palude scintillante di rame presso all'Oceano dove stanno tutti gli Etiopi, e dove l'onniveggente Sole lava sempre l'immortale suo corpo, e nei tiepidi flutti della molle onda dissipa la stanchezza de' suoi corridori. Sapendo Eschilo che in tutta la parte meridionale della terra conosciuta l'Oceano si trova nella stessa condizione rispetto al sole e serve allo stesso fine, vi collocò da per tutto gli Etiopi [...] Eforo poi ci riferisce nel modo seguente l'antica opinione che avevasi dell'Etiopia nel suo Trattato intorno all'Europa, ove dice che "lo spazio del cielo e della terra dividesi in quattro parti, delle quali gl'Indiani tengono l'Apeliote (levante), gli Etiopi quella di Noto (mezzogiorno), i Celti l'occidentale, e gli Sciti quella che è volta al vento Borea (settentrione). Aggiunge poi che l'Etiopia è più grande della Scizia [...]".
"Non molto lontano da Castalona [antica città spagnola] avvi anche quel monte da cui si dice che scorre il Beti [l'odierno Gudalquivir, fiume della Spagna meridionale], e lo chiamano Argenteo a cagione delle miniere di questo metallo che vi si trovano. Polibio afferma che l'Ana e il Beti (I) provengono dalla Celtiberia, distanti l'uno dall'altro circa novecento stadii: perocchè i Celtiberi essendo cresciuti in potenza diedero il proprio nome a tutto il paese che confina con loro.
Pare che gli antichi chiamassero Tartesso il Beti, ed Erithia il Gadi colle isole circonvicine: e così dicono doversi interpretare quel passo di Stesicoro intorno alla greggia di Gerione, cioè, ch'essa nacque rimpetto quasi all'inclita Erithia, presso le fonti inesauribili del Tartesso che han le radici d'argento tra le pietre delle caverne (2). Essendo poi due le foci di questo fiume, è fama che anticamente fosse fra l'una e l'altra fabbricata una città chiamata dal nome del fiume, Tartesso; e che quindi Tartessida si nominasse il paese ora occupato dai Turduli. Anche Eratostene afferma che il paese contiguo a Calpe [presso lo stretto di Gibilterra] si chiamava Tartessida, e così anche l'isola fortunata di Erithia; al quale peraltro contraddice Artemidoro, e sostiene che questa asserzione di Eratostene è falsa, come anche quell'altra, che il promontorio Sacro sia distante da Gadi [Cadice,nota città della Spagna] la navigazione di cinque giorni, mentre non v'hanno nel vero più che mille e settecento stadii; che quivi finisca il flusso e il riflusso del mare, il quale per lo contrario succede in tutta quanta la periferia della Terra abitata: e finalmente che sia più agevole il passare dall'Iberia nella Celtica per terra nelle parti settentrionali, di quello che navigando sopra l'Oceano (I). E in generale (dice Artemidoro) Eratostene asserisce il falso dovunque presta fede a Pitea, autore sfrontatamente bugiardo [in realtà non è proprio così]. Ma Omero che molto seppe e molto narrò ci dà a conoscere che non gli furono ignote nemmanco queste regioni, qualora noi vogliamo dirittamente considerare le opinioni di tutti coloro che hanno interpretate le sue parole, dei quali gli uni più, gli altri meno s'accostarono al vero nell'intendere ciò ch'egli ne dice. Meno accostaronsi al vero coloro i quali credono ch'egli considerasse Tartesso come l'ultimo punto occidentale, dove in grembo all'Oceano
La splendida cadea lampa del sole,
L'altra notte traendo sulla terra (2).
Ora gli è manifesto che la notte è di mal augurio e di natura consimile all'Orco, e questo al Tartaro; e però congetturano alcuni che avendo Omero sentito far menzione di Tartesso, di qui abbia denominato poi Tartaro il più profondo dei luoghi che si trovan sotterra; poi, conservando il costume poetico, vi abbia aggiunte le favolose invenzioni. Così per aver saputo che i Cimmerii abitavano in luoghi settentrionali ed oscuri vicini al Bosforo, li collocò vicino all'inferno. Ma forse ciò fece anche per quell'odio che gl'Ionii portano comunemente a questa nazione; perocchè nei tempi di quel poeta e poco prima fecero i Cimmerii una scorreria fino all'Eolia ed all'Ionia [...]
Pertanto, a interpretar male Omero, potrebbe dirsi che nella invenzione del Tartaro è da lui fatta menzione di Tartesso: a interpretarlo poi bene, ciò potrebbe congetturarsi da questi altri argomenti. Perocchè le spedizioni di Ercole e dei Fenicj fino a quel paese gli fecero conoscere la ricchezza e la dappocaggine degli abitanti, i quali si lasciarono superar dai Fenici per modo che la maggior parte delle città nella Tudertania e ne' luoghi circonvicini sono ora abitate da questi. E parmi eziandio che la spedizione di Ulisse in que' luoghi, raccontata da lui, gli abbia dato motivo di trasportare l'Odissea, come anche l'Iliade, dai fatti reali alla poesia, componendone un favoloso racconto secondochè hanno in costume i poeti. Perocchè non solamente ne danno indizio i luoghi d'Italia e di Sicilia ed alcuni altri, menzionati in quel poema; ma anche nell'Iberia sogliono ricordarsi di una città detta Ulissea, e un tempio di Minerva, e mille altri vestigi degli errori di quell'Eroe, e di alcuni altri sopravvissuti alla guerra di Troia [...]".
"I poeti poi che vennero dopo quei tempi favoleggiarono cose a queste somiglianti; come a dire le spedizioni fatte per rapire i buoi di Gerione ed i pomi d'oro delle Esperidi; e nominarono alcune isole dei beati (3), le quali sappiamo che anche al presente si mostrano non molto lontano da quelle estremità della Maurosia [Mauritania] che stanno rimpetto a Gadi [Cadice]. Io poi dico che di questi luoghi diedero notizia i Fenici, siccome quelli che innanzi ai tempi d'Omero occuparono il meglio d'Iberia e di Libia, e rimasero padroni di que' luoghi finchè i Romani non abbatterono la loro signoria. E delle ricchezze d'Iberia abbiamo anche queste altre testimonianze.
I Cartaginesi che vi approdarono sotto la scorta di Barca, secondochè narran gli storici, trovarono che i Turditani servivandi di coppe (I) e di botti d'argento. E si può credere che dalla molta felicità siansi denominati Macreoni (2) [cioè longevi] gli abitanti di que' paesi, massimamente i capi, e che per questo poi Anacreonte abbia detto: Io per me non desidero nè il corno di Amaltea, nè di regnare cento cinquant'anni a Tartesso. Ed Erodoto ci ha tramandato anche il nome di questo re, dicendo ch'egli chiamavasi Argantonio: perocchè o vuolsi interpretare quel passo di Anacreonte come se dicesse: Non bramo di regnare quanto costui; o in generale: Non bramo di regnare lungo tempo in Tartesso (3). Alcuni sostengono che Tartesso fosse quella città che ora nominiamo Carteia [città della Spagna]. Alla felicità poi del suolo conseguitarono presso i Turditani [o Turdetani, antica popolazione spagnola] e la mitezza dei costumi e la civiltà; e così anche fra i Celti per essere vicini e congiunti con quelli, come ha detto Polibio: ma sono peraltro inferiori ai Turditani, giacchè vivono per la maggior parte dispersi in villaggi. I Turditani, e principalmente quelli che abitano lungo il Beti, cambiarono al tutto i proprii costumi pigliando que' dei Romani, sicchè non conservano memoria nè anche dell'antico loro linguaggio; ma i più son diventati Latini (I) e ricevettero fra loro colonie romane, di qualità che per poco non sono tutti romani. E fanno manifesta la mutazione dei costumi anche i nomi delle città promiscuamente abitate, come sono Pezaugusta fra i Celti, Augusta-Emerita fra i Turduli, Cesaraugusta presso i Celtiberi creduti una volta più feroci di tutti. E questo di costoro".Tratto da
http://books.google.it/books?id=NqlQAAAAcAAJ&dq="
Ma Stefano di Bisanzio ci parla di una città de' Liguri, di nome Ligustina, nell'Iberia d'Occidente, presso il Tartesso e soggiunge, che gli abitanti si chiamano Liguri [...] Qui giustamente osserva il D'Arbois, che l'indicazione di Stefano ci riporta alla più antica geografia della Spagna, a quella di Erodoto e di Erodoro, del V secolo a. G.C., quando il nome del fiume Guadalquivir era Tartesso; dovechè al tempo di Polibio (II sec. a.G.C.) e di Strabone (I sec. d.G.C.), è Beti. I Liguri dunque furono naturali d'Iberia e furono Iberi nel senso stretto di questo nome, come furono altresì Iberi nel più largo senso, quando partiti da questa loro patria, si volsero a correre così gran parte dell'Europa settentrionale e meridionale, dall'Oceano alle Alpi e al mar di Sicilia"
Tratto da
http://books.google.it/books?id=_vkWAAAAYAAJ&dq="Strabone, citando Eforo, parla di
una tradizione conservata a Tartesso, portante che gli
Etiopi estesi eransi anticamente fino all'Oceano occidentale, ove fondato avevano lungo le coste alcuni stabilimenti; e nella catena dell'Atlante dependente da Marocco trovasi ancora una popolazione che assume il nome di Berberi, e che d'assai si assomiglia a quella delle sponde del Nilo. L'autore è tentato di trovare un tratto di rassomiglianza cogli Etiopi anche nelle mummie dei Guanchi, antichi abitanti delle Canarie, nelle quali forse passarono le antiche istituzioni etiopiche. Esistono finalmente popoli sotto il nome di Berberi nelle regioni abitate dal Negro, che formano un punto intermedio tra quelli del Nilo e quelli dell'Atlante. Ignota è l'epoca in cui fu dato il nome di Barbaria al settentrione dell'Africa. Chenier nelle sue ricerche su i Mori, crede questo nome assai più antico dell'epoca in cui fu ricevuto nelle lingue europee, il che può essere, giacchè i Greci e i Romani non parlarono di que' popoli se non sotto il nome di Libii, di Mauri, di NUmidi, ecc., nomi forse parziali di ciascuno di essi; se quel nome di Barberia è molto antico, è d'uopo ammettere che non è divenuto abituale nelle lingue europee se non dopo l'epoca degli Arabi. L'autore credesi dunque fondato nella sua opinione che il nome di Berberi fosse proprio di quella razza d'uomini che i Greci denominarono Etiopi. Gli abitanti di Axum, antico centro di un governo dell'Etiopia, si danno il nome di Agazi derivato dalla parola Geez della lingua sacra dell'Abissinia, che secondo il Ludolfo significa uomo libero; potrebbe essere che una parte della nazione adottato lo avesse dopo di avere spezzato le sue catene. Più difficile è il riconoscere l'estensione dei Berberis dalla parte dell'Europa e dell'Asia. Gli Etiopi, secondo Plinio, dominarono in età remotissima su di una porzione dell'Europa, ma non si vede donde quello scrittore abbia tratto siffatta notizia; più osservabile è il passo di Omero, là dove dice che gli abitanti della Caria parlavano il linguaggio dei barbari, giacchè è probabile che egli dire volle piuttosto il linguaggio dei Berberi, perchè troppo generale e contraria alla sua solida precisione sarebbe riuscita l'indicazione dei barbari presa nella latitudine che i Greci più moderati diedero a quel nome. Se i Carii dovettero l'origine loro a colonie cretesi, potevano parlare la lingua de' Berberi, giacchè i Cretesi, secondo Erodoto, riconoscevano gli Etiopi come una delle nazioni che popolata avevano la loro isola. Lo stesso forse può dirsi della divisione fatta da S. Epifanio dei tempi in cui predominarono i diversi sistemi religiosi; egli annovera quattro grandi periodi successivi, il Barbarico, lo Scitico, l'Ellenico ed il Giudaico, dei quali il primo sarebbe stato anteriore al diluvio; il nome di Barbarico debb'essere probabilmente inteso nel modo medesimo, come il nome di barbaro adoperato da Omero, altrimenti il periodo Barbarico si confonderebbe collo Scitico e col Giudaico. L'autore ravvisa in questo le tracce di una tradizione confusa relativa ad un'antica irruzione dei Berberi nell'Europa e nell'Asia, la quale avrebbe servito di base anche all'asserzione di Plinio, e spiegherebbe le rassomiglianze che si osservano tra i culti più recenti dei Greci e dei Romani, e quelli degli abitanti dell'Etiopia. Egli dubita quindi che a questo principio debbano riferirsi le memorie confuse che trovansi nelle storie greche e romane dell'invasione dei Pelasgi, così nominati, perchè lungo tempo errato avevano sul mare".Tratto da
http://books.google.it/books?id=Fs35phflD0MC&dq=Link:"I Turdetani erano un antico popolo pre-romano appartenente alla stirpe degli Iberi, stanziato nella valle del Guadalquivir, nel sud della penisola iberica all'interno dell'attuale Andalusia. Sono ritenuti i successori del popolo Tartessiano. I Turdetani furono fortemente influenzati dal contatto con le civiltà greche e cartaginesi, che proprio nel sud della Spagna possedevano alcune colonie. Erodoto descrive i Turdetani come un popolo civilizzato, con codici scritti di leggi, organizzati in nuclei urbani dominati da un unico monarca. L'economia del loro popolo era probabilmente incentrata su agricoltura e pastorizia, tuttavia era ampiamente sviluppato l'artigianato ed altrettanto fiorente era l'industria legata all'estrazione di minerali preziosi, come l'argento e il rame, abbondanti nei territori circostanti".
Tratto da
http://it.wikipedia.org/wiki/Turdetanihttp://en.wikipedia.org/wiki/Turdetani -
www.arkeotavira.com/Mapas/Iberia/Populi.htm -
www.treccani.it/enciclopedia/turdetani/ -
http://commons.wikimedia.org/wiki/Category...tani?uselang=it -
www.sapere.it/enciclopedia/Turdetani.html"Giunto colà (i Celtiberi e i Turdetani accampavano separati), i Romani si posero subito a far leggiere scaramucce co' Turdetani, dando dentro alle lor poste; e uscivan sempre vincitori da qualsivoglia, benchè temerario, cimento" (Tito Livio).
Tratto da
http://books.google.it/books?id=g0ETAAAAQA...=gbs_navlinks_s"Anche gli antichi testi greci parlano dei Tartessi, dando loro questo nome, mentre essi si chiamavano Turdetani (secondo alcune fonti solo dopo le guerre puniche). Il nome, comunque, viene dalla loro capitale Tartesso [...]".
Tratto da
http://books.google.it/books?id=jnriAAAAMAAJ&q="Lo Schulten
il quale erroneamente identifica i Turdetani con i Tirreni, ci dà un'interessante tavola degli alfabeti turdetani, messi a confronto non con gli alfabeti etruschi, ma con l'alfabeto di Lemno che egli crede etrusco e che non è etrusco".
Tratto da
http://books.google.it/books?id=gfEyAQAAIAAJ&q="Che gli Spagnoli antichi abbiano parlato, e scritto con molta similitudine cogli Etruschi [...]
E se Strabone riferisce, che gli Spagnoli, e specialmente i Turduli, o Turdetani vantavano fino ai suoi tempi scritti, e poesie di seimila anni addietro, (il che dee intendersi solamente d'una remotissima antichità, ma non mai di seimila anni); ben si vede, che si oltrepassa con ciò in Spagna i tempi Cartaginesi, e che probabilmente non potrebbero verificarsi, che in tempi Etruschi".
Tratto da
http://books.google.it/books?id=or4pAAAAYAAJ&dq="Io ben mi rammento, che Varrone presso Plinio (I), scrive, che nelle Spagne, erano venuti Iberi, Persi, e Cartaginesi. Dice Marco Varrone che in tutta la Spagna vennero Iberi, Persi, Fenici, e Cartaginesi (2), e forse anco i Greci, e si avverta bene, che dice in tutta, e non mica in una porzione, e Varrone, e Plinio, ed altro antico Scrittore, non dicano mai, che colà vi penetrassero Itali [...] Sembra in oltre, che questa colonia, diciam così di Toschi [Etruschi, Tirreni] che secondo il Guarnacci dette origine agli abitanti delle Spagne, overo del solo Tartesso secondo Licofrone, dovesse dargli ancora nomi Itali, ma in fra più nomi che in vari tempi ebbe Tartesso, non ebbe, che nomi Greci, Iberi, Tiri, e Fenicj, come può vedersi presso Plinio nel luogo citato, ed altrove (I), e più chiaramente presso Festo Avieno in questi versi (2)
Haec Continussa (3) prius fuerat sub nomine prisco,
Tartessumque dehinc Tyri dixere colonj. Barbara quin etiam Gades hanc linguam frequentat, Panus [Poenus] quippe locum Gadir vocat undique septum Aggere praeducto (4).
Dalli quì recitati versi, si scoprano tre nomi, che ebbe questo luogo,
Tirio l'uno, Punico l'altro, facendoci in oltre sapere il Poeta, che quello di continussa fu il più antico, e questo potrebbe esser voce Greca, e forse anche Ibera, e gli Iberi della Spagna, per testimonianza di Plinio (I) vennero dall'Asia, e perciò a fronte di queste Autorità non potrà dirsi sanamente col più volte rammentato Guarnacci, che gli Spagnuoli, ed Iberj discendessero dall'Italia".
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http://books.google.it/books?id=_dDxEZ21me8C&dq=www.ucm.es/data/cont/docs/106-2013-05-14-16.pdf"Oltredicchè i di loro viaggi per mare [dei Greci] innanzi di Alessandro il Grande eran sempre radendo la Terra, e non prima di Corleo della Città di Samos, che visse 600. anni dopo della celebre spedizione degl'Argonauti in Colchide, per la conquista del Vello d'oro, non passarono essi mai lo stretto di Gibraltar, e Corleo fu il primo, che appena uscendo da quello, non oltrapassò la Città di Tartesso, posta nell'imboccatura di detto stretto nell'Oceano".
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http://books.google.it/books?id=1iRWAAAAcAAJ&dq=http://books.google.it/books?id=Aos9AAAAcAAJ&vq="Dal fiume adunque, la chiamano Betica, e dagli abitatori Turdertania;
i quali e Turdetani, e Turduli parimente sono addimandati;
da alcuni creduti essere i medesimi; da alcuni che siano diversi; de' quali è Polibio, quando dice, i Turduli che abitano insieme con i Turdetani verso tramontana; ma ora non si conosce tra loro distinzione alcuna. Questi, sopra tutti gli Spagnuoli, sono reputati dottissimi; si dilettano di buone lettere, ed hanno libri, e poesie di molto antiche memorie, e leggi in versi (per quanto dicono) di seimila anni" (Strabone).
Tratto da
http://books.google.it/books?id=pFJZLsJMzQoC&dq="Adolf Schulten,
Tartessos, ein Beitrag zur altesten Geschichte de Westens [...] Un libro non solo interessante, ma (si direbbe) impressionante. Le testimonianze intorno a Tartesso, ai Tartessi, alle loro antichissime civiltà - a cominciare da quelle bibliche su Tarschisch - vi sono raccolte e vagliate con la massima accuratezza. E l'importanza di quelle civiltà, che, con centro a Tartesso, fioriva già prima del 1000 av Cr. nell'Andalusia, è messa in chiara luce. Che se anche l'A. è tratto qualche volta dalla passione del suo argomento a esagerare un pochino tale importanza e a risalire per le origini di essa civiltà a date remote che non appaiono, nello stato odierno della documentazione, sufficientemente assodate, tuttavia non par dubbio che Tartesso fu (dopo Creta) uno dei massimi centri di civiltà nell'Europa antichissima, quando, non ancora avviato lo sviluppo civile degli Etruschi in Toscana, s'iniziava quella della penisola greca sotto l'influsso della vicina Creta. Di codesta civiltà i vaghi cenni che abbiamo da Artemidoro presso Strabone (III, 139) intorno agli scritti storici e poetici e alle leggi dei
Tudertani (cioè dei Tartessi) ci fanno rimpiangere vivamente che ogni documento sia perito senza che sia possibile farcene alcuna idea [...] Tartesso, questo è uno dei punti su cui insiste di più lo Schulten, era effettivamente una delle città alla foce del Baetis (Guadalquivir). E qui credo che egli abbia ragione contro il Movers e contro quanti critici hanno fino ai nostri giorni seguito il Movers. Non c'è motivo infatti di dubitare della testimonianza di Erodoto (IV, 152) [...] o di Eforo [...]
La città non esisteva più nell'età romana. Dunque, argomenta lo Schulten, era stata distrutta dai Cartaginesi prima che il loro impero spagnuolo (poi rinnovato dai Barcidi) decadesse. E questo potrebbe essere, sebbene siamo nel campo delle ipotesi. Ma la testimonianza che dà Eforo della esistenza di Tartesso, pur non avendo valore incontrovertibile, per me fino a netta prova in contrario (che manca) vale non solo per l'età della fonte di Eforo, sì anche per Eforo stesso, il quale evidentemente ha ignorato quella distruzione di Tartesso circa il 500, di cui forse lo Schulten parla con troppa sicurezza. Che poi si riferiscano alla distruzione di Tartesso testimonianze che parlano d'un assedio cartaginese di Cadice, e che la fonte comune di esse sia incorsa in un equivoco, non è certo impossibile, tanti sono gli equivoci delle nostre fonti, ma è ipotesi, nello stato presente delle nostre cognizioni, alquanto arrischiata. Comunque però Tartesso sia perita, dalla scoperta del sito ove sorgeva non è troppo fantastico l'attendere, se non sorprese come quelle che si ebbero a Hissarlik, a Cnosso e a Phaestos [Troia e Creta], almeno risultati di grande importanza per la storia della civiltà dell'Occidente. Ma, data la scarsezza e la imprecisione delle testimonianze,
individuare il sito preciso non è facile. E non posso negare che le congetture, acute e degnissime di considerazione, che fa in proposito lo Schulten mi lasciano alquanto perplesso. Tuttavia l'esploratore deve avere non solo acume critico, ma anche ardire e fede. Io ricordo le alternative di fede e di dubbio con cui noi della missione archeologica italiana nell'isola di Creta percorrevamo nel 1899 le colline su cui sorse l'antica Phaestos prima che la missione decidesse di iniziare quello scavo che insieme con lo scavo inglese di Cnosso ha segnato un'epoca nuova nello studio della preistoria europea. Possa lo Schultem avere uguale fortuna nelle sue ricerche per rinvenire il sito dell'antica Tartesso".
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http://books.google.it/books?id=-k-WqOsi2xgC&dq=Le ricerche dello Schulten (1870-1960) non furono coronate da successo.
E' palese che già ai tempi di Strabone non si avevano le idee chiare riguardo la posizione geografica di Tartesso, scomparsa ormai da lustri. Troppa confusione !
Sorgono spontanee tre domande:
1) considerando ciò che è stato detto nei primi post di questa discussione, Tartesso era ubicata in Spagna?
2) La Tarsis della Bibbia era Tartesso?
3) I Tudertani (Turduli, Turdetani) erano gli eredi dei Tartessiani?Edited by Barbanera3 - 21/12/2013, 10:21